Cattolici subalterni: i frutti

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Una crescente parte del Popolo di Dio diviene sempre più succube della cultura moderna dominante, delle sue idee, mode e tendenze.
 E' l'eterno ritorno del "cedere per non perdere", che si oppone alla santa intransigenza fondata sulla verità.
 Il risultato? La scomparsa del Popolo di Dio, senza escludere la scomparsa delle strutture stessa della Chiesa.

"Cedere su qualcosa per non perdere applausi" è da sempre l'atteggiamento spirituale della Terza Forza giansenistica, del cattolicesimo liberale, di quello democratico o modernista, del progressismo, dei cattolici adulti della "scelta religiosa" del postconciliare.
 Al suo opposto, la vera fede ci ricorda che "la Chiesa non può sottrarsi al compito di evangelizzazione e di educazione" (Mons. L. Negri): una fede che non è missionaria, è un fede destinata all'estinzione.
 Una chiesa che rinuncia al proselitismo (cioè ad operare per la conversione di tutti degli uomini e delle nazioni), che rifiuta il comandamento finale del Vangelo di Matteo (28,19) è stata quella del QUEBEC, in Canada, sulla quale si riporta l'impressionante situazione.

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Nel regno senza cieli

Benvenuti in Québec, il luogo più ateo d’occidente. Dove il cattolicesimo è stato allegramente espugnato

di Giulio Meotti | Il Foglio del 03 Ottobre 2016

 

Un paesaggio sterminato, grande come mezza Europa, che ha il sapore della provincia francese, dove le strade sono fiancheggiate da file di case in stile franco-normanno, dalle quali si diffonde un’aria di intimità che le rende subito care al turista. E poi le botteghe che commerciano ricordi e oggetti sacri. Le strade che hanno nomi di santi, di re, di generali di Francia, tortuose e strette. Case di mattoni, con gli abbaini aperti negli aguzzi tetti d’ardesia. E le insegne: “La laiterie du public”, “Boulangerie Lapointe”, “Restaurant chez Denise”, “Hotel Normandie”…

Benvenuti in Québec, uno degli angoli più religiosi e fertili d’occidente, i cui nomi delle strade dicono tutto: Saint-Augustin-de-Desmaures, Saint-Nicolas, Saint-Basile-Sud, Sainte-Catherine-de-la-Jacques-Cartier, Notre-Dame-de-Portneuf, Saint-Marc-des-Carrières, Sainte-Anne-de-la-Pérade, Saint-Pierre-les-Becquets, Sainte-Geneviève-de-Batiscan, Saint-Luc-de-Vincennes, Saint Maurice, Saint-Louis-de-France. Ma religioso e fertile soltanto nel ricordo, ormai. Un saggio sulla rivista First Things racconta il Québec come la provincia più decristianizzata dell’emisfero occidentale.  La “scomparsa del cattolicesimo in Québec” è diventato persino un classico della sociologia della religione. “Non c’è luogo religiosamente più arido tra il Polo Nord e la Terra del Fuoco”, si legge in First Things. “E tutto è successo in un batter d’occhio”.

E pensare che fu fondata qui, in Québec, la prima chiesa di tutto il Nord America, Stati Uniti inclusi, da cui venne lanciata l’evangelizzazione del continente. La voce si è diffusa in tutto l‘occidente: “Stanno chiudendo le chiese in Québec”. Fino agli anni Ottanta, anche l’Italia importava parrocci dalla Belle Province canadese. A Montereale arrivarono dieci sacerdoti canadesi, nominati parroci dall’arcivescovo dell’Aquila, per poter riaprire finalmente le troppe chiese abbandonate da anni. Ma la colonia canadese all’Aquila non si limitava al cospicuo gruppo che si è formato intorno alla comunità del Figli di Maria. Canadese è il rettore del seminario, padre Denis Laprise, e poi il vicerettore, padre Pierre Mastropietro. L’elenco si allunga con il prefetto degli studenti del seminario, padre Roger Botly, e con il vicerettore del seminario aquilano “De Urbe”, padre Michel Palud. Oggi è il Québec a dover importare sacerdoti dal Vietnam, da Haiti e dall’America Latina.

Oggi, all’interno della chiesa di Saint-Jude, a Montréal, i personal trainer hanno preso il posto dei preti e le macchine per il body building hanno sostituito i fonti battesimali. In questa città, ex roccaforte cattolica in cui Mark Twain ha detto una volta che non si poteva buttare un mattone senza rompere una finestra di una chiesa, i canadesi non sanno più che farci con le chiese. Saint-Jude ha così lasciato il passo a un centro benessere e a una spa che ha aperto nel quartiere alla moda di Plateau Mont-Royal. La ristrutturazione, che è costata 2,65 milioni di dollari canadesi, ha vinto pure un premio della rivista Canadian Architect.

“Diventa quasi una religione per alcune persone”, ha detto al National Post Sonya Audrey Bonin, direttore generale della palestra Saint-Jude Espace Tonus. “Lo yoga, il prendersi cura di sé, essere attenti a ciò che si mangia, avere uno stile di vita sano”. E in un’epoca laica in cui le persone vanno più in palestra che in chiesa, la spa e palestra è stata salutata come un modello per preservare gli edifici religiosi che costituiscono una parte importante del patrimonio architettonico del Québec.
In Québec si è passati dal famoso “cattolicesimo culturale” all’aperta discussione sulla “exculturation” della religione cattolica. Il Théatre Paradoxe nel sud-ovest di Montréal ha rilevato la chiesa di Notre-Dame-du-Perpétuel-Secours dopo la sua chiusura nel 2009. A un costo di  2,7 milioni di dollari, il progetto ha mantenuto la chiesa nella facciata, ma la navata centrale è oggi teatro di concerti e conferenze, e gli spettacoli da discoteca hanno sostituito gli inni della domenica. Gli edifici religiosi sconsacrati in Québec sono così abbondanti che il governatorato ha istituito un comitato consultivo per contribuire ad affrontare la vendita di queste chiese. Come racconta la radio pubblica canadese Cbc, “anche la diocesi anglicana del Québec potrebbe presto essere estinta”.

Il 64 per cento delle congregazioni protestanti chiuderanno entro cinque anni o verranno integrate con altre chiese.
Al campus dell’Università del Québec, la stanza cattolica è stata trasformata in una sala da preghiera per gli studenti musulmani. E come racconta il Globe and Mail, “un terzo delle chiese cattoliche di Québec City hanno chiuso”. Nella regione di Gaspésie, un solo prete si prende cura di dieci parrocchie. A rotazione. In rue Saint Laurent, nel quartiere italiano di Montréal, un condominio di lusso sorge dove un tempo c’era Saint Jean de la Croix, vecchia e grande chiesa, dopo aver rimosso le campane e aver trasformato le navate in bilocali a migliaia di dollari il metro quadro. La diocesi cattolica di Montréal ha venduto 50 chiese ed altri edifici religiosi negli ultimi quindici anni.

Il 24 maggio 2015, è stata celebrata l’ultima messa nella famosa chiesa di San Giovanni Battista. Costruita nel 1880 e dedicata al patrono dei canadesi francesi, la chiesa era fra quelle di maggior profilo dell’arcidiocesi e della provincia del Québec. La sua capienza di 2.400 persone ne dà una importanza pari alla cattedrale di San Patrizio a New York. E nonostante fosse annoverata tra gli edifici considerati “intoccabili”, il vescovo ausiliare del Québec, Gaetan Proulx, ha parlato del “segnale che ci stiamo muovendo verso qualcosa di diverso”. Il vescovo Proulx ritiene “realistico” che la metà delle chiese debba chiudere nei prossimi dieci anni. Michael Gauvreau, uno storico della McMaster University in Ontario, e Kevin J. Christiano, un sociologo alla Notre-Dame, in un libro dal titolo “Church confronts Modernity”, fanno risalire questo deserto religioso alla “rivoluzione tranquilla” degli anni Sessanta, “il raggiungimento della maggiore età di un popolo nel suo incontro con la modernità tardiva”.

Gauvreau parla di “due decenni di intimidatoria e  sempre più acuta denigrazione di un’élite spirituale auto-nominatasi”. Come ha scritto Charles Doran, uno studioso americano: “Il clero che aveva salvato il Québec dall’arretratezza di Luigi XV e della sua corte ora è diventato un peso. Una fede cattolica che aveva fornito il cemento sociale per la colonia, il conforto dalla paura, è diventata un ricordo imbarazzante di un passato che tutti volevano dimenticare”. E’ così, come ha spiegato Richard John Neuhaus in “Appointment in Rome”, che i vescovi del Canada sono entrati “finemente in sintonia” con le preferenze e i capricci della cultura d’élite. “Con stupefacente rapidità, paragonabile soltanto dai Paesi Bassi, il Québec è passato da essere una delle società più osservanti a una fra le meno”, scrive Neuhaus. “Scuole, ospedali e servizi sociali sono stati rigorosamente confiscati; le vocazioni sacerdotali sono evaporate; la partecipazione alla messa è crollata; le chiese si sono svuotate; e i politici e i preti insieme hanno dichiarato la rivoluzione un successo”.

Anche per questo Papa Benedetto XVI aveva nominato relatore del sinodo dei vescovi del 2008 e poi prefetto della congregazione per i vescovi il canadese originario del Québec Marc Ouellet, proveniente dalla rivista internazionale di teologia Communio, fondata tra gli altri da Joseph Ratzinger e Hans Urs von Balthasar, e che da primate del Canada si è battuto per ridare voce e corpo al cristianesimo nella sua terra. Ma senza grande successo. Lo stato del cattolicesimo in Québec oggi è a dir poco triste. I sociologi parlano di una “caduta libera”. Nel 1966, c’erano 8.800 sacerdoti; oggi ce ne sono 2.600, la maggior parte dei quali anziani e molti in case di cura. Nel 1945, la partecipazione alla messa settimanale era pari al 90 per cento; oggi siamo a quattro per cento. Centinaia di comunità religiose sono semplicemente scomparse.

Il tasso di natalità è sceso da una media di quattro figli per coppia a 1,5, ben al di sotto di quello che i demografi chiamano il “tasso di sostituzione”. Si parla di un calo della fertilità così rapido e netto che non ha uguali nei paesi sviluppati. Per quanto riguarda il ruolo pubblico del clero, esso è trattato con “indifferenza gentile”. Il Consiglio del Québec per il patrimonio religioso ha riferito che un record di 72 chiese sono state chiuse nel 2014. La situazione è apparentemente ancora peggiore nell’arcidiocesi di Montréal. Da 257 parrocchie nel 1966 si è passati a 169 parrocchie nel 2013. Il nuovo arcivescovo di Montréal, Christian Lépine, ha dovuto lanciare una moratoria a tempo indeterminato sulla vendita delle chiese. I vasti edifici cattolici si svuotano, le risorse sono sempre più scarse, il clero sta invecchiando.

Nell’arcidiocesi di Québec, dal 1997 al 2010 il numero dei sacerdoti è passato da 166 a 73. Dal 2001 al 2006, la percentuale totale di battesimi in Québec è passato dal 73,5 per cento al 59,9. Quarant’anni fa, la diocesi di Montréal aveva già chiuso un certo numero di parrocchie nel centro della città. Una dozzina di chiese monumentali, vendute alle autorità pubbliche, sono state demolite per far posto a strade, scuole e parchi pubblici. Allo stesso tempo, una crescente consapevolezza dell’importanza del patrimonio cattolico ha fatto sì che questi grandi monumenti siano entrati nell’immaginario collettivo.

Uno slogan è apparso all’improvviso in tutto il Québec: “Le nostre chiese sono i nostri castelli!”. Con il suo alto campanile che può essere visto da tutta la città, la chiesa di San Giovanni Battista a Montréal era “il simbolo che la fede cattolica è ben definita qui”, ha detto il vescovo Proulx. “Le chiese sono in Québec ciò che i castelli sono in Francia”. Nello stemma del Québec vi è il giglio, il leone e la scritta “Je me souviens”: mi ricordo. Ma cosa, esattamente, si ricorda oggi in Québec?
Mentre a Roma si discute del sesso degli angeli, la Bella Provincia cattolica è già stata espugnata.

(Su questo stesso argomento, Meotti aveva scritto relativamente alla Francia: http://www.ilfoglio.it/articoli/2014/01/27/cattolici-adieu___1-v-93088-rubriche_c184.htm

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Ricordando Plinio Corrêa de Oliveira

  • Categoria dell'articolo:Totus tuus

          Un giorno come oggi, il 3 ottobre 1995, il grande leader cattolico prof. Plinio Corrêa de Oliveira lasciava questa vita per entrare nell’eternità. Confortato dai Sacramenti e avendo ricevuto la Benedizione Apostolica, portando nella mano destra un Crocefisso e in quella sinistra il Santo Rosario, egli andò incontro a Colei che, nel suo testamento spirituale, aveva definito “la luce della mia vita”: Maria Santissima.

         Sulla sua tomba volle un epitaffio che riassumesse la sua lunga vita: Fuit vir Catholicus, Apostolicus, plene Romanus – fu un uomo cattolico, apostolico, pienamente romano.

         Nel ricordare il ventunesimo anniversario del transito di Plinio Corrêa de Oliveira, proponiamo ai nostri cari amici alcuni testi che descrivono aspetti della sua profonda pietà nei confronti di Santa Romana Chiesa. In un’epoca in cui la Fede viene posta a durissime prove, possano queste pagine aiutarci a continuare con animo sereno la “buona battaglia”:

Testamento spirituale: http://www.atfp.it/2005/76-ottobre-2008/223-testamento-spirituale.html
I miei vincoli con la Chiesa: http://www.atfp.it/rivista-tfp/2011/96-marzo-2011/484-plinio-correa-de-oliveira-e-la-chiesa.html
Vir Catholicus:http://www.atfp.it/2005/76-ottobre-2008/232-vir-catholicus-apostolicus-plene-romanus.html 
Ecco un video del solenne Pontificale celebrato nella chiesa di Santo Spirito in Sassia da S.Em. il cardinale Alfons Maria Stickler: https://www.youtube.com/watch?v=v8xuZ6s7Ams
Alla Messa seguì un convegno nell’Hotel Columbus:https://www.youtube.com/watch?v=LlWUskkNxxI
Per una breve biografia illustrata, in formato flipbook, cliccate: http://www.youblisher.com/p/1206756-Plinio-Correa-de-Oliveira-Breve-biografia-illustrata/

Julio Loredo

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Un autoritratto filosofico

[Nel 1976, dietro richiesta del gesuita Stanislas Ladusans che allora preparava una Enciclopedia del Pensiero Filosofico Brasiliano in vari volumi, il prof. Plinio Correa de Oliveira scrisse una prima versione del suo autori tratto filosofico. Nel 1989, lo stesso sacerdote gli chiese di aggiornare il testo. A causa dei molteplici impegni però riuscì a farlo solo nel 1994, quando il sacerdote era ormai scomparso. Si tratta quindi di uno scritto rimasto finora inedito].

 

Sono tomista convinto. L'aspetto della filosofia che più mi interessa è la filosofia della storia. In funzione di essa trovo il punto d'unione tra i due generi di attività ai quali mi sono dedicato durante la mia vita: lo studio e l'azione.

Quest'ultima l'ho esercitata in un campo ben definito: la propaganda dottrinale, realizzata tanto con carattere di dialogo come pure di polemica. Per quanto la nozione e la parola sembrino anacronistiche, mi sento pienamente a mio agio nel fare questa affermazione. Il saggio nel quale condenso l'essenziale del mio pensiero spiega anche il senso della mia azione ideologica. Si tratta del libro Rivoluzione e Contro Rivoluzione.

Uno dei presupposti di questo saggio è che, al contrario di ciò che pretendono tanti filosofi e sociologi, il corso della storia non è tracciato esclusivamente o precipuamente dai fattori materiali. Essi influiscono, senza dubbio, sull'attività umana. Ma la direzione della storia appartiene all'uomo, dotato di un'anima razionale e libera. In altri termini, è lui che, operando alcune volte più profondamente ed altre meno sulle circostanze nelle quali si trova, e lasciandosene del pari influenzare, in modo variabile, modella il corso degli avvenimenti.

Orbene, l'azione dell'uomo si sviluppa, normalmente, in funzione delle sue concezioni sull'universo, su se' stesso e sulla vita. Se ne può dedurre che le dottrine religiose e filosofiche dominano la storia, e che il nucleo più dinamico dei fattori che condizionano le grandi trasformazioni storiche si trova nelle attitudini dello spirito umano di fronte alla religione ed alla filosofia.

Civiltà cristiana: in completa consonanza con i princìpi basilari e perenni della Legge naturale e divina

Passo ad un altro presupposto di Rivoluzione e Contro Rivoluzione. Una concezione cattolica della storia deve tener conto del fatto che la Legge Antica e la Legge Nuova contengono in sé non soltanto i precetti secondo i quali l'uomo deve modellare la sua anima per imitare Cristo, preparandosi in questo modo alla visione beatifica, ma anche le norme fondamentali della condotta umana in conformità con l'ordine naturale delle cose.
Così, man mano che l'uomo si eleva nella vita della grazia, nel contempo va elaborando, con la pratica della virtù, una cultura, un ordine politico, economico e sociale, in completa consonanza con i princìpi basilari e perenni della Legge Naturale e della Legge di Dio. È ciò che si chiama Civiltà Cristiana.

È ovvio che la buona disposizione delle cose terrene non si limita a questi princìpi basilari e perenni, ma contiene anche molto di contingente, transitorio e libero. La civiltà cristiana abbraccia un'incalcolabile varietà di aspetti e sfumature. Ciò è tanto vero che, sotto un certo punto di vista, si può anche parlare di "civiltà cristiane" e non soltanto di civiltà cristiana. Tuttavia, data la comunanza dei princìpi fondamentali inerenti a ogni civiltà cristiana, la grande realtà che le riempie tutte è una potente unità, che merita il nome di Civiltà Cristiana per antonomasia. L'unità nella varietà e la varietà nell'unità sono elementi di perfezione. La civiltà cristiana continua ad essere una in tutte le varietà delle sue realizzazioni, dimodochè si può dire, nel significato più profondo della parola, che c'è una sola civiltà cristiana.

Però è così prodigiosamente variegata nella sua unità che, facendo uso di una legittima libertà di espressione, si può affermare, da un certo punto di vista, l'esistenza di diverse civiltà cristiane.

Fatto questo chiarimento – che d'altronde vale in modo analogo per il concetto di cultura cattolica – preciso che impiegherò le espressioni civiltà cristiana e cultura cristiana nel loro significato maior, che è quello dell'unità.

Mi esimo dal comprovare le suddette affermazioni riportando le citazioni dai testi di San Tommaso o del Magistero della Chiesa, in quanto sono tanto numerose e così conosciute da coloro che studiano seriamente questi argomenti, che il lavoro risulterebbe allo stesso tempo fastidioso e superfluo. Questa osservazione vale ugualmente per altre considerazioni che appariranno in questa prima parte della presente esposizione.

In funzione dei citati presupposti, è facile definire il ruolo della Chiesa e della civiltà cristiana nella storia.

Le nazioni possono raggiungere la perfetta civiltà soltanto mediante la conformità alla grazia ed alla Fede

È vero che, benché l'uomo possa conoscere con salda certezza e senza errore ciò che nelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla ragione umana, per effetto del peccato originale gli è impossibile praticare durevolmente la Legge di Dio [Denzinger-Schoenmetzer, 33ed, N°. 3005]. Vi arriverà soltanto per mezzo della grazia. Anche così, per proteggere l'uomo contro la sua propria cattiveria e la sua propria debolezza, Gesù Cristo dotò la Chiesa di un Magistero infallibile che gli insegnasse, senza errore, non soltanto le verità religiose, ma anche le verità morali necessarie per la salvezza.

L'adesione dell'uomo al Magistero della Chiesa è frutto della Fede. Senza di essa, l'uomo non può praticare durevolmente e integralmente i Comandamenti.

Ne deriva che le nazioni possono raggiungere la perfetta civiltà, che è la civiltà cristiana, soltanto mediante la conformità alla grazia ed alla Fede, il che include un fermo riconoscimento della Chiesa Cattolica come l'unica vera, e del Magistero ecclesiastico come infallibile.

Così, il punto chiave più profondo e centrale della storia consiste nel fatto che gli uomini conoscano, professino e pratichino la Fede cattolica.

Nel dire questo non nego, evidentemente, che siano esistite civiltà non cristiane di alto livello. Tuttavia, esse furono tutte deformate da questi o quei tratti che contrastavano in maniera aberrante con la elevatezza dimostrata in altri campi. Basti ricordare l'ampia diffusione della schiavitù nonché la condizione servile imposta alla donna prima di Gesù Cristo. Non vi fu alcuna civiltà che presentasse l'eccelsa perfezione propria della civiltà cristiana.

Allo stesso modo non contesto il fatto che, in paesi con popolazione a predominanza scismatica od eretica, la civiltà possa contenere importanti tratti di tradizione cristiana. Tuttavia, la pienezza della civiltà cristiana può fiorire soltanto con la Chiesa Cattolica e può conservarsi integralmente soltanto in popoli cattolici.

"Fu già un tempo che la filosofia del Vangelo governava gli Stati…"

Ma qualcuno si chiederà: quando ci fu storicamente questa perfetta civiltà cristiana? È realizzabile la perfezione in questa vita?

La risposta a queste domande indisporrà e irriterà molti lettori. Tuttavia, devo affermare che vi fu un tempo nel quale gran parte dell'Umanità conobbe questo ideale di perfezione e tese verso di esso con fervore e sincerità. A causa di questa tendenza nelle anime, i tratti basilari della civiltà divennero tanto cristiani quanto lo permettevano le circostanze di un mondo che stava sollevandosi dalla barbarie. Mi riferisco al Medioevo di cui, malgrado questa o quella pecca, Leone XIII scrisse eloquentemente: "Fu già un tempo che la filosofia del Vangelo governava gli Stati, quando la forza e la sovrana influenza dello spirito cristiano era entrata bene addentro nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in tutti gli ordini e ragioni dello Stato; quando la religione di Gesù Cristo posta solidamente in quell'onorevole grado che le conveniva, traeva su fiorente all'ombra del favore dei Principi e della dovuta protezione dei magistrati; quando procedevano concordi il Sacerdozio e l'Impero, stretti avventurosamente fra loro per amichevole reciprocanza di servizi. Ordinata in tal guisa la società recò frutti che più preziosi non si potrebbe pensare, dei quali dura e durerà la memoria, affidata ad innumerevoli monumenti storici che niuno artifizio di nemici potrà falsare od oscurare". [Leone XIII, enciclica Immortale Dei, dell'1-11-1885, in ASS, vol. XVIII, p. 169.]

Questo giudizio sull'ampiezza dell'influenza della Chiesa nel Medioevo lo troviamo anche nel seguente testo di Paolo VI, riguardo il ruolo del Papato nell'Italia medievale: "Non dimentichiamo i secoli durante i quali il Papato ha vissuto la sua storia [d'Italia], difeso i suoi confini, custodito il suo patrimonio culturale e spirituale, educato a civiltà, a gentilezza, a virtù morale e sociale le sue generazioni, associato alla propria missione universale la sua coscienza romana ed i suoi migliori figli". [Allocuzione al Presidente delle Repubblica Italiana, 11 gennaio 1964. Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. II, p. 69.]

La civiltà cristiana non è quindi un'utopia. Essa è realizzabile, e difatti fiorì in un'epoca determinata, sussistendo in certa maniera ancora, dopo il Medioevo, al punto che il papa San Pio X poté scrivere: "Non si deve inventare la civiltà, né si deve costruire la nuova società tra le nuvole. Essa è esistita ed esiste: è la Civiltà cristiana, è la società cattolica. Non si tratta che di instaurarla e restaurarla incessantemente nelle sue naturali e divine fondamenta, contro i rinascenti attacchi della malsana utopia, della rivolta e dell'empietà: Omnia instaurare in Cristo", [S, Pio X, Lettera Notre Charge Apostolique, 25 agosto 1910, in AAS, vol. II, pp, 615-619.]. Dunque, la civiltà cristiana possiede grandi vestigia, ancora vive ai nostri giorni.

Le crisi non nascono dalla mente di alcun pensatore, ma dalle passioni disordinate, istigate dal Potere delle tenebre

C'è chi immagina che tutte le crisi della cultura e della civiltà nascano necessariamente da qualche pensatore, dalla cui vigorosa mente scaturirebbe sempre la scintilla rischiaratrice – o distruttrice – destinata a propagarsi, in primo luogo, negli ambienti di alta cultura, conquistando poi tutto il corpo sociale.

È chiaro che, a volte, le crisi nacquero in questo modo. Ma la storia non conferma che siano tutte nate così. E, in particolare, non fu così che nacque la crisi che fece declinare il Medioevo e che suscitò l'Umanesimo, il Rinascimento e la Pseudo-riforma protestante.

Proprio perché chiede all'uomo un'austerità di costumi faticosa per la natura umana decaduta, l'influenza della Chiesa sulle anime, sui popoli, sulle culture e sulle civiltà è continuamente minacciata. Le passioni disordinate, aizzate dall'azione preternaturale del Potere delle tenebre, attraggono continuamente gli uomini ed i popoli verso il male. La debolezza dell'intelligenza umana può essere sfruttata da queste tendenze. Facilmente l'uomo genera sofismi per giustificare le cattive azioni che desidera praticare, o che già pratica, così come i cattivi costumi che ha acquisito o che va acquisendo. Lo ha detto Paul Bourget: "Bisogna vivere come si pensa, se no, prima o poi, si finisce col pensare come si è vissuto" (Paul Bourget, Il demone meridiano, Salani Editori, Firenze 1956, p. 395 [ora tra i libri scaricabili gratuitamente da http://www.totustuus.net/ , NdR]).

Orgoglio e sensualità: la loro capitale importanza nel processo di ribellione contro la Chiesa

Due sono le passioni che possono suscitare in special modo la ribellione dell'uomo contro la Morale e la Fede cristiana: l'orgoglio e la sensualità.

L'orgoglio lo porta a respingere qualsiasi superiorità esistente in un'altra persona e genera in lui una voglia di preminenza e potere che giunge facilmente al parossismo, poiché il parossismo è il punto finale verso il quale tendono tutti i disordini. Nel suo stato parossistico, l'orgoglio assume tutti i risvolti metafisici: non si accontenta di scrollarsi di dosso questa o quella superiorità, questa o quella struttura gerarchica, ma desidera l'abolizione di ogni e qualunque superiorità in qualsiasi campo essa esista, L'uguaglianza completa e a tutti i costi gli si presenta come l'unica situazione sopportabile e, dunque, come la suprema regola di giustizia.

In questa maniera, l'orgoglio finisce col generare una propria morale. Al cuore di questa morale orgogliosa, troviamo un principio metafisico: l'ordine delle cose richiede l'uguaglianza, e tutto ciò che è disuguale è ontologicamente cattivo.

L'uguaglianza assoluta è, per colui che chiameremo" l'orgoglioso integrale", il supremo valore al quale tutto deve conformarsi.

La lussuria è l'altra passione disordinata di importanza cruciale nel processo di ribellione contro la Chiesa. Di suo, essa conduce al libertinaggio, incitando l'uomo a calpestare ogni legge ed a respingere come insopportabile ogni freno. I suoi effetti si sommano a quelli dell'orgoglio suscitando nella mente umana ogni specie di sofismi capaci di corrodere dall'interno il principio di autorità.

Perciò, la tendenza svegliata dall'orgoglio e dalla sensualità punta all'abolizione di ogni disuguaglianza, di ogni autorità e di ogni gerarchia.

Due processi: la Fede invita all'amore per la gerarchia; la corruzione, all'ugualitarismo anarchico

È chiaro che queste passioni disordinate, anche quando gli uomini capitolano davanti a esse, possono trovare in un'anima o nello spirito di un popolo contrappesi rappresentati da convinzioni, tradizioni, ecc.

In questo caso, l'anima della persona o la mentalità del popolo rimane divisa in due poli opposti: da un lato la Fede, che invita all'austerità, all'umiltà, all'amore per tutte le gerarchie legittime; dall'altro lato la corruzione, che incita all'egualitarismo anarchico, nel significato etimologico della parola. Come si vedrà tra poco, la corruzione finisce per indurre al dubbio religioso ed alla negazione completa della Fede.

La maggior parte delle volte, l'opzione tra questi poli non avviene all'improvviso, ma a poco a poco. Mediante atti successivi d'amore verso la verità ed il bene, una persona o una nazione può progredire gradualmente nella virtù fino a convertirsi completamente. Fu ciò che successe all'Impero romano sotto l'influenza delle comunità cristiane, delle preghiere dei fedeli nelle catacombe e nei deserti, dell'eroismo che mostravano nell'arena e dei loro esempi di virtù nella vita quotidiana. È un processo ascensionale.

Ma il processo può anche essere di decadenza. L'ondata delle passioni disordinate mina le buone convinzioni, le buone tradizioni perdono la loro presa, i buoni costumi vengono sostituiti da costumi "piccanti", che degenerano in costumi francamente censurabili arrivando, alla fine, a costumi scandalosi.

Principali elementi dottrinali di Rivoluzione e Contro Rivoluzione

Detto questo, possiamo riassumere i principali elementi dottrinali sui quali ho basato Rivoluzione e Contro Rivoluzione:

a) la missione della Chiesa come l'Unica Maestra, Guida e Fonte di Vita dei popoli sulla via della perfetta civiltà;

b) la continua opposizione delle passione disordinate, particolarmente dell'orgoglio e della lussuria, all'influenza della Chiesa;

c) l'esistenza, nello spirito umano, di due poli opposti, verso uno dei quali ci si incammina necessariamente: da un lato la Fede cattolica, che invita all'amore, all'austerità e alla gerarchia; e dall'altro lato, le passioni disordinate, che incitano al libertinaggio, alla ribellione contro la legge, contro la gerarchia e contro qualsiasi forma di disuguaglianza e, alla fine, al dubbio ed alla completa negazione della Fede;

d) la nozione di un "processo" – che non toglie l 'esercizio del libero arbitrio – mediante il quale, gradualmente, gli individui ed i popoli, subendo l'attrazione dei suddetti poli contrapposti, si avvicinano ad uno dei due distanziandosi dall'altro;

e) l'influenza di questo processo morale sull'elaborazione delle dottrine. Le cattive tendenze inducono all'errore; le buone tendenze, alla verità. Le grandi modificazioni nello spirito dei popoli non sono il mero risultato di dottrine elaborate da piccoli cenacoli di intellettuali che elucubrano serenamente al di fuori della realtà. Affinché una dottrina trovi eco in un popolo è necessario, la maggior parte delle volte, che le tendenze di tale popolo siano affini a questa dottrina. E non è raro che la medesima riflessione effettuata dai dotti, in privato, sia più influenzata di quanto si immagini da queste inclinazioni dell'ambiente in cui vivono.

Alcune definizioni fondamentali: Ordine, Rivoluzione, Contro rivoluzione

In base a tutto ciò è facile definire i concetti di:

1) Ordine, che non è semplicemente la disposizione metodica e pratica delle cose materiali ma, secondo il concetto tomista, la giusta disposizione delle cose in base alloro fine prossimo e remoto, fisico e metafisico, naturale e soprannaturale.

2) Rivoluzione, che non è essenzialmente un'agitazione di piazza, una sparatoria o una guerra civile, ma ogni sforzo che pretende disporre gli esseri contro l'Ordine.

3) Controrivoluzione, ogni sforzo che punti a circoscrivere ed eliminare la Rivoluzione.

Rivoluzione A, tendenziale e sofistica; Rivoluzione B, nelle leggi, strutture, istituzioni e costumi

Come si può ben vedere, l'Ordine, la Rivoluzione e la Controrivoluzione possono esistere: I) nelle tendenze; II) nelle idee; III) nelle leggi, nelle strutture, nelle istituzioni e nei costumi.

In questa maniera, chiamo" tendenziale" la Rivoluzione in quanto esistente nelle tendenze. E "sofistica" in quanto si svolge sul terreno delle dottrine, al soffio delle tendenze.

Queste due modalità di Rivoluzione costituiscono un fenomeno eminentemente spirituale, cioè hanno come campo d'azione l'anima umana e la mentalità delle società. Formano un insieme che denomino "Rivoluzione A" .

Quando la Rivoluzione passa dalla sfera in interiore homine a quella degli atti, producendo convulsioni, sconvolgendo le leggi, le strutture, le istituzioni, ecc, costituisce ciò che chiamo "Rivoluzione B".

È chiaro che queste nozioni, esposte così sinteticamente, presentano una serie di premesse ed eccezioni trattate in Rivoluzione e Contro Rivoluzione, e su cui non è qui il caso di ritornare.

Mi limito a chiarire che, delineando in queste righe ciò che vi è di più essenziale nella storia, non pretendo che essa si riduca a questo. La più elementare osservazione mostra che innumerevoli fattori – etnici, geografici, economici, ecc. – condizionano fortemente il corso della storia.

Le inevitabili obiezioni dell'ugualitario contro la Fede

Mi resta da dire una parola sul nesso tra l'ugualitarismo metafisico e la Fede. Chi è radicalmente ugualitario ha, inevitabilmente, obiezioni senza fine contro la dottrina cattolica. L'idea di un Dio personale, perfetto ed eterno, che sovrasta infinitamente dall'alto le Sue creature imperfette e contingenti; dell'ordine soprannaturale che trascende il naturale; della Legge promulgata da Dio, alla quale si deve obbedire; della Rivelazione, che comunica alla mente umana verità superiori alla sua naturale capacità di conoscenza; del Magistero infallibile della Chiesa; degli elementi monarchici ed aristocratici nella sua struttura; tutto, infine, compresa la nozione di un Giudizio nel quale i buoni saranno premiati ed i cattivi castigati, irrita l'ugualitario e lo incita alla negazione.

In contrario sensu, il cattolico apprende in San Tommaso (Summa Theologica, I, q. 47, a. 2) che la disuguaglianza è una condizione necessaria per la perfezione dell'ordine creato. E, di conseguenza, le disuguaglianze di potere, scienza, categoria sociale e di fortuna sono intrinsecamente legittime e indispensabili al buon ordine, sempre che non giungano al punto di negare la dignità, la sufficienza e la stabilità di vita alla quale ha diritto ogni persona per la sua condizione di uomo, per il suo lavoro, ecc.

Prima Rivoluzione: Umanesimo, Rinascimento, Protestantesimo

Così arriviamo al significato profondo della "Rivoluzione A sofistica" e della "Rivoluzione B" che scossero l'Europa nel XV secolo in conseguenza dell'anteriore "Rivoluzione A tendenziale" descritta sopra.

Il declino del Medioevo fu segnato da un'esplosione di orgoglio e sensualità. Questa esplosione generò tendenze ugualitarie e liberali che non fecero che progredire lungo i secoli successivi.

Nell'Umanesimo e nel Rinascimento si rivela l'ostilità al soprannaturale, al Magistero della Chiesa, così come all'austerità dei costumi. Nel Protestantesimo si trovano il libero esame, il minimalismo davanti al soprannaturale, l'impulso al divorzio, l'abolizione dello stato religioso, dell'austerità e della sottomissione espressa nei voti di povertà, castità e obbedienza, e l'eliminazione virtuale della gerarchia ecclesiastica. Effettivamente, in quasi tutte le sette protestanti esiste lo stato ecclesiastico. Ma la differenza limpida e profonda tra l'ecclesiastico ed il secolare, esistente nella Chiesa Cattolica, rimane in esse offuscata in virtù del modo in cui viene inteso il sacerdozio. Inoltre, la struttura gerarchica dello stato ecclesiastico, così come è istituita nella Chiesa, fu anche profondamente mutilata nelle sette protestanti con la negazione dell'elemento monarchico, che è il Papato. Se tra gli anglicani la tendenza ugualitaria non arrivò a sopprimere la dignità episcopale, tra i presbiteriani non vi sono più dignitari con il titolo di vescovo, ma soltanto preti. In altre sette il soffio dell'ugualitarismo giunse fino al punto di abolire perfino lo status sacerdotale.

È chiaro che mettendo in risalto l'importanza del fattore liberale ed ugualitario nell'Umanesimo, nel Rinascimento e nel Protestantesimo, non pretendo negare che abbiano concorso altre cause nella loro genesi e espansione. Dico solamente che, all'origine, nella psicologia, nelle dottrine, in quello che oggi si chiamerebbe successo propagandistico, e nelle attività concrete di queste movimenti, la "Rivoluzione A tendenziale" , di significato radicalmente anarchico ed ugualitario, svolse il ruolo di forza trainante.

Neppure pretendo affermare che questa forza trainante abbia operato soltanto nelle nazioni che si separarono dalla Chiesa. Il Rinascimento e l'Umanesimo soffiarono con la massima intensità anche nei paesi che si mantennero nominalmente cattolici. E, benché la "Rivoluzione A tendenziale" non fosse arrivata a provocare una rottura esplicita con la Chiesa, svegliò tuttavia forme latenti di protestantesimo, delle quali la principale fu il giansenismo. Questo produsse un progressivo raffreddamento religioso che culminò nello scetticismo. Un attento studio dell'assolutismo monarchico, che in nessun paese protestante assunse forme più radicali che nella Francia cattolica, mostra come la politica dei monarchi assoluti, in tutto ciò che non colpiva la loro propria autorità, era contrassegnata da un certo spirito ugualitario. La riduzione dei privilegi del clero e della nobiltà, progressivamente attuata dai monarchi assoluti, tendeva all'equiparazione politica di tutti i cittadini, ugualmente sottomessi al potere del re. Il continuo appoggio dei re alla parte più attiva e sviluppata delle plebe, cioè alla borghesia, contribuì ancor più all'uguaglianza politica.

Seconda Rivoluzione: Enciclopedismo, Assolutismo, Rivoluzione Francese.

La corruzione dei costumi, che andava crescendo verso la fine del Medioevo, raggiunse nel XVIII secolo un grado tale da allarmare persino qualcuno dei suoi corifei.

La società francese, infiammata dai fattori che nei paesi nordici avevano prodotto il protestantesimo, si avviava, attraverso l'Enciclopedismo e l'Assolutismo, ad una profonda convulsione, la quale non sarebbe stata altro che la proiezione, nella sfera politica, sociale ed economica, e con nuovi sviluppi nel campo religioso e filosofico, di quella che era stata l'essenza del protestantesimo.

Così, quando quest'ultimo, alla fine del XVIII secolo, vecchio e stanco, mostrava di non avere più forza d'espansione, minato interiormente dai progressi crescenti del dubbio e dello scetticismo, conservando alcuni residui di vita grazie principalmente al sostegno dello Stato, le tendenze liberali ed ugualitarie raggiunsero l'apice in Francia. L'Umanesimo ed il Rinascimento erano morti da molto tempo. Nel Protestantesimo, come si è detto, tutto si era logorato. Ma ciò che questi tre movimenti avevano di più dinamico e fondamentale – lo spirito che li aveva suscitati – gli sopravvisse, risultando più forte che mai. Detto spirito doveva gettare la Francia, e poi tutta l'Europa, in un cataclisma liberale ed ugualitario.

La Rivoluzione francese era in tal modo marcata dallo spirito protestante che la Chiesa Costituzionale, da essa creata, non era altro che un mal dissimulato strumento per instaurare in Francia un vero protestantesimo. Il sentimento ugualitario, antimonarchico e antiaristocratico della Rivoluzione francese è la proiezione, nella sfera civile, della tendenza ugualitaria che aveva portato il Protestantesimo a respingere gli elementi aristocratici e monarchici nella gerarchia ecclesiastica. Il fermento comunista, che lavorava all'estrema sinistra della Rivoluzione e che finì per esprimersi in movimenti come quello di Babeuf, non era altro che la versione laica dei movimenti radicali, come quello dei Fratelli Moravi, che germogliarono da ciò che si poteva chiamare l'estrema sinistra protestante. La completa laicizzazione dello Stato, la parodia greco-romana, la continua evocazione delle repubbliche del paganesimo classico, mostravano l'effetto dell'Umanesimo, del Rinascimento e dell'Enciclopedismo sulla Rivoluzione Francese.

Dobbiamo insistere. Il Protestantesimo, l'Umanesimo, il Rinascimento non furono altro che aspetti che lo spirito anarchico e ugualitario adottò nella sua lunga traiettoria storica. Questi aspetti si estinsero in parte perché lo spirito che li aveva suscitati, distruttore per eccellenza, li annichilì per andare sempre più avanti. La Rivoluzione francese non fu se non un nuovo aspetto, ancora più energico, di questo stesso spirito.

La Rivoluzione francese si propagò in tutta l'Europa sulla punta delle baionette napoleoniche

Attraverso vicissitudini storiche ben conosciute, la Rivoluzione francese, apparentemente conclusa con l'instaurazione dell'Impero, si propagò in tutta l'Europa sulla punta delle baionette napoleoniche. Le guerre e le rivoluzioni che contrassegnarono il periodo dal 1814 al 1918, cioè dalla caduta di Napoleone fino alla caduta degli Asburgo, dei Romanov e degli Hohenzollern, formano un complesso di convulsioni nel corso delle quali l'intera Europa si trasformò secondo lo spirito della Rivoluzione francese. I risultati della II Guerra Mondiale non fecero che accentuare ancor di più questa metamorfosi. Attualmente, resta soltanto una mezza dozzina delle antiche monarchie europee e tutte così timide e docili nel lasciarsi modellare sempre di più dallo spirito repubblicano, da dare l'impressione di scusarsi costantemente se sono ancora in vita.

Nell'esporre queste osservazioni, non voglio negare in alcun modo che nelle strutture distrutte esistessero veri abusi, i quali richiedevano di essere corretti. Neppure voglio dire che l'adozione di una forma di governo elettiva e popolare possa essere solo il risultato dello spirito ugualitario e liberale che sto analizzando. Ciò non sarebbe la verità a livello dottrinale e neppure si giustificherebbe di fronte alla storia. Il Medioevo conobbe diverse strutture politiche aristocratiche, anche se non monarchiche, come la Repubblica di Venezia, e varie strutture senza carattere monarchico né aristocratico, come certi cantoni elvetici e città libere tedesche. Tutte queste forme di governo convivevano pacificamente tra di loro, poiché appariva chiara la legittimità delle diverse forme di governo secondo i tempi, i luoghi e le altre circostanze.

La Rivoluzione che scoppiò alla fine del Medioevo era animata da uno spirito completamente differente da quello che portò alla formazione degli Stati aristocratici o borghesi dell'Europa medievale. Questo spirito comportava l'affermazione della libertà assoluta e anarchica e dell'uguaglianza completa come unica regola di ordine e di giustizia, valide per tutti i tempi e luoghi.

Da parte sua, detto spirito minò la società borghese, politicamente ugualitaria, a cui diede origine. E passò, alla fine, a manifestare la più audace delle sue affermazioni nella terza grande Rivoluzione dell'Occidente, che è il comunismo.

I principi del 1789: tendenza verso la completa libertà e uguaglianza

La concezione ugualitaria si espresse nella" Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo" – magna charta della Rivoluzione francese e dell'era che inaugurò – in tutta la sua crudezza: "Gli uomini nascono e permangono liberi ed uguali nei loro diritti". È chiaro che questo principio è suscettibile di una corretta interpretazione. Fondamentalmente, cioè considerati nella loro natura, tutti gli uomini sono realmente uguali. Sono disuguali soltanto per le loro caratteristiche accidentali. D'altra parte, per essere dotati di un'anima spirituale e quindi di intelligenza e di volontà, sono fondamentalmente liberi. I limiti di questa libertà si trovano soltanto nella legge naturale e divina e nel potere delle diverse autorità spirituali e temporali alle quali devono sottostare gli uomini.

Nessuno può negare che in ogni tempo siano esistite autorità che violarono la fondamentale uguaglianza e la fondamentale libertà dell'uomo, ed è evidente che nel corso della storia vi furono, di contro, successivi movimenti di difesa contro gli eccessi dell'autorità per cercare di contenerla nei suoi giusti limiti. Ed è ugualmente indiscutibile che tali movimenti, in quanto circoscritti a questo obiettivo, meritino soltanto plauso. L'uguaglianza e la libertà – rettamente intese – potevano utilmente essere riproposte nel XVIII secolo come in qualsiasi altra epoca.

È certo che, nel 1789, tra i rivoluzionari della prima ora, c'erano persone che non desideravano che un giusto argine al potere pubblico, ed intendevano l'uguaglianza e la libertà promulgate dalla" Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo" nella sua interpretazione più accettabile.

Ma il testo della famosa dichiarazione era troppo generico: affermava l'uguaglianza e la libertà senza porre loro alcuna restrizione, favorendo un'interpretazione elastica e inaccettabile, e quindi un'uguaglianza ed una libertà assoluta e senza freni.

Ovviamente, questa interpretazione era quella che corrispondeva allo spirito della Rivoluzione nascente. Lungo il suo corso si sbarazzò di tutti quei suoi seguaci che non si adeguavano a questo spirito. La caccia ai nobili ed ai chierici fu seguita dalla caccia ai borghesi. Doveva soltanto sopravvivere il lavoratore manuale.

Dopo la caduta del Terrore, la borghesia europea, desiderosa di eliminare le antiche classi privilegiate, continuò ad affermare gli "immortali princìpi" del 1789. Lo faceva in modo ambiguo e imprudente al fine di ottenere l'appoggio delle masse popolari contro il potere del re, dell'aristocrazia e del clero, incurante del fatto che avrebbe suscitato in loro la tendenza verso l'uguaglianza e la libertà complete.

Questa imprudenza facilitò in ampia misura la nascita del movimento che avrebbe sfidato il potere della borghesia.

Se tutti gli uomini sono liberi ed uguali, con quale diritto esistono i ricchi? Con quale diritto i figli ereditano, senza lavorare, i beni dei loro genitori?

Il comunismo utopistico proclama essere una burla l'uguaglianza politica senza quella sociale ed economica

Prima che l'industrializzazione formasse le grandi concentrazioni di sottoproletari affamati, il comunismo utopistico denunciava già come una burla la mera uguaglianza politica istituita dalla borghesia ed esigeva l'assoluta uguaglianza sociale ed economica. L'anarchia, che sognava una società senza autorità, guadagnava terreno. Questi princìpi radicali, che ebbero un numero ristretto di militanti nella fase del comunismo utopistico, raggiunsero più tardi una prodigiosa diffusione in Occidente. A poco a poco minarono anche la mentalità di non pochi monarchi, potenti ed altre personalità civili ed ecclesiastiche. Istillarono così, in ampie frange dei beneficiari dell'ordine allora vigente, una certa simpatia per la "generosità" degli "ideali libertari" ed ugualitari, nonché un "rimorso" riguardo la legittimità dei poteri dei quali erano investiti.

La grande realizzazione di Carlo Marx non fu, a mio parere, l'elaborazione del cosiddetto comunismo scientifico, dottrina confusa e indigesta che pochi conoscono. Il marxismo è tanto ignorato dalle basi comuniste e dall'opinione pubblica dei nostri giorni quanto le elucubrazioni di Plotino o Averroè. Marx riuscì invece, e questo è vero, a scatenare l'offensiva comunista mondiale collegando gli adepti di una tendenza radicalmente ugualitaria e anarchica, ispirata al comunismo utopistico.

In altre parole, se i leader marxisti sono imbevuti di Marx in maggiore o minore misura, i soldati da loro comandati ordinariamente non sono in grado di apprendere la dottrina. Ciò che li porta a seguire i capi sono vaghi aneliti di uguaglianza e di giustizia ispirati al socialismo utopistico. E se i marxisti trovano in certi settori dell'opinione pubblica un'aureola di simpatia, lo devono in fondo all'irradiazione quasi universale dei princìpi ugualitari della Rivoluzione francese e del sentimentalismo romantico inerente al socialismo utopistico.

Un sostrato ugualitario e anarchico continua ad influire profondamente sull'opinione pubblica

Da tutte queste considerazioni risalta con chiarezza il fattore che è la causa principale del caos nel quale va sprofondando l'Occidente e verso il quale sta trascinando il resto del mondo. Questo fattore consiste nell'accettazione assai generalizzata delle tendenze e dottrine di sostrato ugualitario e anarchico che, sebbene interamente démodées nei circoli propriamente intellettuali, continuano tuttavia ad influire profondamente sull'opinione pubblica. E così servono da esca ai comunisti per trascinare dietro di loro, in determinate congiunture politiche, le moltitudini con le quali intendono demolire le ultime vestigia di sacralità e gerarchia della civiltà cristiana ancora esistenti.

Questo non vuol dire che il pensiero di Proudhon e dei suoi correligionari costituisca il grande motore ideologico degli avvenimenti contemporanei. Gli utopisti sono morti e quasi nessuno si ricorda di loro. Essi non furono che una tappa nella grande traiettoria cominciata con i movimenti ideologici e culturali del XV secolo. Contribuirono a universalizzare le aspirazioni di livellamento economico-sociale che la Rivoluzione francese conteneva soltanto in germe. Dette aspirazioni di totale uguaglianza economica e sociale, di cui gli utopisti furono solo i portavoce, raggiunsero un'eco diffusa in tutto il mondo. Questa eco prosegue lungo la storia molto dopo che sono caduti nel dimenticatoio sia loro che le loro opere.

Se vogliamo, quindi, fermare il cammino verso la nuova catastrofe che incombe, bisogna principalmente eliminare il tragico errore dottrinale che identifica l'uguaglianza assoluta con la giustizia assoluta, e la vera libertà – alla quale la Verità e il Bene assoluto hanno diritto – con il via libera e anche il sostegno a tutti gli errori e a tutti i disordini.

Tutto questo ci conduce a pensare alla Controrivoluzione.

La Contro rivoluzione deve segnalare gli errori metafisici fondamentali della Rivoluzione

Nel corso degli ultimi secoli molti movimenti si sono levati contro il processo rivoluzionario. Tuttavia il loro successo fu effimero e, a volte, addirittura nullo. Non che a questi movimenti mancasse l'appoggio di brillanti talenti, né di persone collocate in posizioni elevate, né di ampi settori popolari. Ma questi movimenti si limitarono, la maggior parte delle volte, a combattere contro l'una o l'altra delle espressioni religiose, politiche, sociali ed economiche della Rivoluzione. Sebbene di tanto in tanto indicassero gli errori rivoluzionari più profondi e di portata metafisica, non insistevano sufficientemente su di loro. Di conseguenza la Rivoluzione continuava imperterrita il suo corso.

Altri giudicavano più abile usare il suo linguaggio e le sue tecniche per fermarla e scagliarsi contro qualcuno degli innegabili abusi che la stessa Rivoluzione denunciava. In questo modo cercavano di "toglierle i pretesti". Certo, combattere gli abusi è sempre meritorio. Ma quanta ingenuità c'era nell'immaginare che la forza della Rivoluzione avesse le radici soprattutto nell'indignazione causata da certi abusi contro i quali si scagliava! La storia ha provato quanto fosse fallace questa tattica. Alcuni abusi, che esistevano alcuni decenni or sono, furono corretti così efficacemente in Europa che Pio XII poté dire ai cattolici riuniti a Vienna per il Katholikentag: "La Chiesa guarda oggi indietro alla prima epoca delle lotte sociali contemporanee. Al centro dominava la questione operaia: la miseria del proletariato e il dovere di elevare questa classe, consegnata senza difesa alle incertezze della congiuntura economica, alla dignità delle altre classi dotate di diritti concreti. Questo problema può essere oggigiorno considerato risolto, almeno nella sua essenza, e il mondo cattolico ha contribuito in modo leale ed efficace a questa soluzione" (Radiomessaggio del 14 settembre 1952. Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. XIV, p. 313). E tuttavia, la Rivoluzione continua a ruggire più minacciosa che mai.

Così, senza negare il carattere meritorio di tanti movimenti di valenza controrivoluzionaria nel passato o nel presente, senza neppure negare ciò che vi è di benemerito nella lotta contro le ingiustizie insite nell'attuale ordine di cose, mi sembra che la grande necessità dei nostri giorni consista nel segnalare gli errori metafisici fondamentali della Rivoluzione e l'intimo nesso esistente tra queste tre grandi ondate che si rovesciarono contro la Cristianità occidentale: in una prima tappa l'Umanesimo, il Rinascimento e la Pseudo-Riforma protestante (prima Rivoluzione); più tardi la Rivoluzione francese (seconda Rivoluzione); ed infine il Comunismo (terza Rivoluzione).

Nel campo delle idee non esistono soltanto l'antico ed il nuovo ma soprattutto, il vero e l'eterno

Nel leggere questo "autoritratto filosofico" sarà venuta in mente a molti, fin da principio, un'obiezione: tutto questo è anacronistico e incapace di attecchire nel mondo in cui viviamo.

I fatti parlano in senso contrario. Nel campo delle idee non esiste soltanto l'antico ed il nuovo come vogliono gli evoluzionisti. Esiste, soprattutto, il vero, il buono, il bello ed il perenne, in irriconciliabile contrapposizione con l'errore, il male ed il mostruoso. E di fronte al verum, bonum e pulchrum significativi settori della gioventù moderna non solo non rimangono insensibili, ma si schierano risolutamente a favore della sua espansione.

La tradizione del perenne non è morte, ma vita. Vita di oggi e vita di domani. Non si spiegherebbe in altro modo l'influsso delle diverse TFP tra i più giovani.

Non pretendo tanto difendere solamente il passato, quanto collaborare – assieme ad altre forze vive – per influire sul presente e preparare il futuro. Sono sicuro che i princìpi ai quali ho consacrato la mia vita sono oggi più attuali che mai e indicano il cammino che il mondo seguirà nei prossimi secoli.

Gli scettici potranno sorridere, ma il sorriso degli scettici non è mai riuscito a fermare la marcia vittoriosa di coloro che hanno Fede.

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Plinio Corrêa de Oliveira, Autoretrato filosófico, in Catolicismo, octubre de 1996; Trad. Italiana in: Supplemento di Tradizione Famiglia Proprietà, periodico d'informazione sulle associazioni per la difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà – TFP. A cura della Fondazione per una Civiltà Cristiana.Trad. Inglese in: http://www.tfp.org/who_we_are/philos_self_portrait.html 

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Francesco: parole chiare sulla famiglia

  • Categoria dell'articolo:Socialismo

 I cattolici di tutto il mondo esultano per le lacrime che i massmedia piangono di fronte alle parole del Papa.
Costoro, abituati a dare risalto ad alcune espressioni poco chiare, si erano recati in massa all'incontro del sabato pomeriggio con gli "agenti di pastorale" (quale più adatto?), con la speranza di poter nuovamente diffondere confusione nel Popolo di Dio.
Ma il 1° ottobre Papa Francesco è stato chiarissimo e ha riproposto la dottrina cattolica.

 

1. Ecco un estratto di ciò che ha detto sulla famiglia (qui il testo ufficiale della conversazione):

La Bibbia ci dice che Dio ha creato l’uomo e la donna, li ha creati a sua immagine (cfr Gen 1,27). Cioè, l’uomo e la donna che diventano una sola carne sono immagine di Dio. […] chi paga le spese del divorzio? Due persone, pagano. Chi paga? […]
Paga Dio, perché quando si divide “una sola carne”, si sporca l’immagine di Dio. E pagano i bambini, i figli.

L'espressione "si sporca l'immagine di Dio" richiama la philosophia perennis, esposta nei due Catechismi universali (Trento e S. GIovanni Paolo II) che la Chiesa Cattolica propone ai fedeli di ogni tempo e luogo.
Eccola: "2384 Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. […]  Il divorzio offende l'Alleanza della salvezza, di cui il matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente".

"Si sporca l'immagine di Dio" non significa soltanto che si fa peccato mortale.
Significa che il divorzio è un atto contro natura. Infatti, la natura umana è stata creata direttamente da Dio; è perciò che l'indissolubilità viene detta "di diritto naturale divino".
Dunque, nessuna eucaristia per i divorziati volontariamente è possibile. Come per nessuna convivenza e libera unione, per nessuna unione civile e matrimonio omosessuale, per nessun omosessualismo, per nessun rapporto sessuale al di fuori del vincolo matrimoniale.

 

2. Ma c'è ancora qualcosa.
La lobby del relativismo massmediatico piange anche per questa seconda frase della conversazione del Papa in Georgia:

[C'è] un grande nemico del matrimonio, oggi: la teoria del gender. Oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio. Oggi ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee. Pertanto, bisogna difendersi dalle colonizzazioni ideologiche.

E' una frase che riprende quanto detto ai vescovi polacchi in tema di "gender": "Papa Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!
Lo riprende e lo migliora, abbandonando la tesi che la diffusione del gender sia fatta per fare soldi e che sia voluta da alcuni paesi.
Ora si capisce meglio: il gender è diffuso in odio a Dio e alla natura umana, ed è promosso dalle centrali relativistiche mondiali.

 

3. Infine, una sottolineatura tutt'altro che scontata: l'invito a "difendersi".
E siccome parla di difendersi da idee distruttive, la frase può essere di sostegno a chi non ha abbandonato la battaglia delle idee e l'apologetica.
Quante espressioni poco chiare del passato sono state corrette in due sole frasi!
La lobby relativistica mondialista piange, e ha commesso un grave errore: segnalare una conversazione del Papa che contiene due utili strumenti per combattere quella stessa lobby.

 

4. Preghiamo e ringraziamo Maria Santissima che ci ha ottenuto una grazia specialissima all'inizio del mese del Santo Rosario.
Preghiamo e chiediamo che ci ottenga una nuova "Loreto", una pastorale subordinata alla dottrina cattolica e incentrata su "l’impegno dei cristiani nella costruzione di una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio".
Preghiamo per avere la forza e l'intelligenza di diffondere, incessantemente, queste frasi per combattere la Rivoluzione.

In alto gli stendardi!
Non è mai finito il tempo delle falangi di Cristo Redentore!

© totustuus.it

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Massoneria: agenti della Rivoluzione

  • Categoria dell'articolo:Fede e ragione

 Massoneria: "Seminare il dubbio" 

 Quasi mai un cambiamento sociale è spontaneo; quasi sempre c'è una minoranza elitaria che prepara il sommovimento: gli agenti della Rivoluzione.
 La massoneria è una di queste minoranze che, prima dell'arcigay e del Partito radicale, ha operato per la dissoluzione d'Italia e dell'Occidente.
 Ancora oggi la sua azione segue un preciso modello organizzativo e operativo che permette di influenzare il nostro modo di pensare. 
 Ancora attualissima l'enciclica "Humanum genus".
 Alcuni recenti e utili informazioni ricavate da una celebrazione.

Massoni, metti una sera a cena con una loggia

In un hotel per i 130 anni della ‘Risorgimento VIII Agosto’ Bisi, il Gran Maestro: «Non si parla di religione e politica»

 

Bologna, 26 settembre 2016 – «Le nostre riunioni sono così segrete che la cena per i 130 anni della loggia si tiene nel ristorante di un hotel, sotto gli occhi di tutti». Sono circa 120 i partecipanti alla festa per un compleanno speciale: quello della loggia massonica ‘Risorgimento VIII agosto’, la più antica di Bologna e quella che oggi conta il numero maggiore di iscritti. Una serata normale, quella di sabato, al Savoia: completi scuri e cravatta per gli uomini, tacchi e giro di perle per le signore.

Le quali, certo, hanno raggiunto i mariti soltanto a cena, perché nella prima parte, quella dei ‘riti’, non sono ammesse. Ed è lì, a metà pomeriggio, che compaiono grembiuli e spadoni. «Cappucci? Ma per favore, sono stati aboliti da anni». In una sala riservata dell’hotel è stato ricostruito un ‘tempio’: 12 colonne, candelabro a 7 bracci, squadra e compasso.
L’età media è alta, ma ci sono anche tanti quaranta-cinquantenni. Molti si avvicinano, stretta di mano e sorriso, pochi aggiungono il cognome dopo il nome. «Eppure tutti sapevano che stasera alla cena avrebbe partecipato l’occhio del Carlino e nessuno ha scelto di non venire». Al vertice della loggia festeggiata c’è un dirigente di banca.

L’unico che per statuto può parlare pubblicamente è Stefano Bisi, Gran Maestro (il capo nazionale) del Grande Oriente d’Italia.
La ‘Risorgimento VIII Agosto’ venne fondata nel 1886 da Carlo Carli, quello che nel 1890 sarebbe poi diventato sindaco di Bologna.
Tra i membri onorari Giosue Carducci, Gaetano Tacconi (sindaco dal 1875 al 1889), Andrea Costa, Quirico Filopanti.

Ora è una delle 13 logge del Grande Oriente sotto le Due Torri. Ha 67 iscritti.
«A Bologna saremo circa 600. Mille e 200 in tutta la regione, divisi in 42 logge», fa i conti Bisi.

I ‘fratelli’ si riuniscono due volte al mese. «Dove? Ma a Bologna lo sanno tutti: in via Castiglione, a fianco di Palazzo Pepoli.
Nei locali ci sono due ‘templi’ e le 13 logge si trovano tutte lì, ruotando a turnazione», prosegue Bisi. Come con il calcetto? Non proprio. «I nomi dei nostri iscritti non sono segreti, sono riservati. Per rispetto della privacy. Del resto, la lista degli iscritti al Pd mica è pubblica. Io non ho mai fatto mistero della mia scelta. Ma c’è tanta discriminazione al contrario e bisogna rispettare chi preferisce non rivelare l’appartenenza a una loggia».

Medici, avvocati, commercialisti, informatici, ingegneri e manager. «Ma non è una cricca, non siamo una élite. È necessario studiare, documentarsi, leggere molto. Avere voglia di coltivare il dubbio. Con una regola: non si parla di religione né di politica».

All’anno, alla Risorgimento VIII Agosto, arrivano 3 o 4 quattro domande. «Ma chi crede di entrare per ottenere favori e prebende, sbaglia di grosso. C’è l’obbligo ad aiutare i ‘fratelli’, ma sempre nei limiti del giusto e del lecito. Noi giuriamo sulla Costituzione italiana».

 

(Da: Il Resto del Carlino del 26/9/2016: http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/massoni-loggia-gran-maestro-bisi-130-anni-1.2546960 )

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