13 agosto, memoria del Beato Marco d’Aviano

  • Categoria dell'articolo:Islam

 Padre Marco, piazzato sulla collina, levava il crocifisso verso il luogo dove maggiormente si manifestava il pericolo per le armi cristiane; Jan Sobieski, a capo della sua cavalleria, spalleggiato dagli alleati si diresse con disprezzo del pericolo e grandissimo coraggio direttamente verso il cuore dell’accampamento turco, la tenda di Kara Mustafà, e superò di slancio anche il fossato che la circondava per difenderla.
Il terrore si impadronì del Gran Visir che fece precipitosamente suonare la tromba della ritirata: la rotta fu totale!

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Si ricorda che il magnifico film di cui è protagonista il Beato Marco d'Aviano è visibile gratuitamente su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=A0Fh0BOUZLQ
 

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Preghiera del Beato Marco d'Aviano

da lui composta per l'occasione e letta all'alba del 12 settembre 1683, dopo la celebrazione della S. Messa e la benedizione impartita all'esercito cristiano che si accingeva a dare vittoriosamente battaglia ai
Turchi che assediavano Vienna

 

O grande Dio degli eserciti, guardaci prostráti qui ai piedi della Tua Maestà, per impetrarTi il perdono delle nostre colpe.
Sappiamo bene di aver meritato che gl’infedeli impugnino le armi per opprimerci, perché le iniquità, che ogni giorno commettiamo contro la Tua bontà, hanno giustamente provocato la Tua ira.
O gran Dio, Ti chiediamo il perdono dall’intimo dei nostri cuori; esecriamo il peccato, perché Tu lo aborrisci; siamo afflitti perché spesso abbiamo eccitato all’ira la Tua somma Bontà.
Per amore di Te stesso, preferiamo mille volte morire piuttosto che commettere la minima azione che Ti dispiaccia.
Soccórrici con la Tua grazia, o Signore, e non permettere che noi Tuoi servi rompiamo il patto che soltanto con Te abbiamo stipulato.

Abbi dunque pietà di noi, abbi pietà della tua Chiesa, per opprimere la quale già si preparano il furore e la forza degl’infedeli.
Sebbene sia per nostra colpa ch’essi hanno invaso queste belle e cristiane regioni, e sebbene tutti questi mali che ci avvengono non siano altro che la conseguenza della nostra malizia, síici tuttavia propizio, o buon Dio, e non disprezzare l’opera delle Tue mani. Ricordati che, per strapparci dalla servitù di Satana, Tu hai donato tutto il Tuo prezioso Sangue.
Permetterai forse ch’esso venga calpestato dai piedi di questi cani?
Permetterai forse che la fede, questa bella perla che cercasti con tanto zelo e che riscattasti con tanto dolore, venga gettata ai piedi di questi porci?
Non dimenticare, o Signore, che, se Tu permetterai che gl’infedeli prevalgano su di noi, essi bestemmieranno il Tuo santo Nome e derideranno la Tua Potenza, ripetendo mille volte: “Dov’è il loro Dio, quel Dio che non ha potuto liberarli dalle nostre mani?”
Non permettere, o Signore, che Ti si rinfacci di aver permesso la furia dei lupi, proprio quando T’invocavamo nella nostra miserevole angoscia.

Vieni a soccorrerci, o gran Dio delle battaglie! Se Tu sei a nostro favore, gli eserciti degl’infedeli non potranno nuocerci.
Disperdi questa gente che ha voluto la guerra! Per quanto ci riguarda, noi non amiamo altro che essere in pace con Te, con noi stessi e col nostro prossimo.
Rafforza con la tua grazia il tuo servo e nostro imperatore Leopoldo; rafforza l’animo del re di Polonia, del duca di Lotaringia, dei duchi di Baviera e di Sassonia, e anche di questo bell’esercito cristiano, che sta per combattere per l’onore del Tuo Nome, per la difesa e la propagazione della Tua santa Fede. Concedi ai príncipi e ai capi dell’esercito la fierezza di Giosué, la mira di Davide, la fortuna di Jefte, la costanza di Joab e la potenza di Salomone, tuoi soldati, affinché essi, incoraggiati dal Tuo favore, rafforzati dal Tuo Spirito e resi invincibili dalla potenza del Tuo braccio, distruggano e annientino i nemici comuni del nome cristiano, manifestando a tutto il mondo che hanno ricevuto da Te quella potenza che un tempo mostrasti in quei grandi condottieri.
Fa’ dunque in modo, o Signore, che tutto cospiri per la Tua gloria e onore, e anche per la salvezza delle anime nostre.

Te lo chiedo, o Signore, in nome dei tuoi soldati.
Considera la loro fede: essi credono in Te, sperano tutto da Te, amano sinceramente Te con tutto il cuore.
Te lo chiedo anche con quella santa benedizione, che io conferirò a loro da parte Tua, sperando, per i meriti del Tuo prezioso Sangue, nel quale ho posto tutta la mia fiducia, che Tu esaudirai la mia preghiera.
Se la mia morte potesse essere utile o salutare, per ottenere il Tuo favore per loro, ebbene Te la offro fin d’ora, o mio Dio, in gradita offerta; se quindi dovrò morire, ne sarò contento.

Libera dunque l’esercito cristiano dai mali che incombono; trattieni il braccio della Tua ira sospeso su di noi, e fa’ capire ai nostri nemici che non c’è altro Dio all’infuori di Te, e che Tu solo hai il potere di concedere o negare la vittoria e il trionfo, quando Ti piace.
Come Mosè, stendo dunque le mie braccia per benedire i tuoi soldati; sostienili e appóggiali con la Tua Potenza, per la rovina dei nemici Tuoi e nostri, e per la gloria del Tuo Nome. Amen.

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Breve descrizione degli eventi bellici della fine del Seicento
che videro questo grande europeo nel ruolo di assoluto e decisivo protagonista.

L’idea del Sultano era quella di creare un secondo impero turco al centro d’Europa con Vienna capitale.
Nel luglio 1683 il Visir Kara Mustafà giunse a Belgrado e la conquistò; nell’avanzare, le guarnigioni cristiane venivano massacrate.
I turchi dilagarono in Ungheria e l’Imperatore Leopoldo, per non essere fatto prigioniero fuggì a Linz.
Le truppe turche arrivate sotto Vienna, trasformarono i suburbii in un mare di fuoco. La città subì un assedio di due mesi.
La popolazione poteva vedere l’immensità dell’accampamento turco ed udire la sera ed il mattino il terribile grido di Allah Akbar.

Padre Marco, su istanza dell’Imperatore Leopoldo I, fu nominato, da Innocenzo XI, Legato Pontificio. La situazione destava grande preoccupazione ed il Papa temeva per la sorte del cattolicesimo e della cristianità in tutta Europa.
Padre Marco raggiunse immediatamente l’esercito della coalizione che era stata promossa dallo stesso Pontefice.

Contro l’esercito turco forte di 150.000 uomini, i príncipi cristiani ne potevano schierare a malapena 70.000: austriaci al comando del Duca Carlo di Lorena, polacchi guidati dal Re Jan Sobieski, tedeschi guidati dai Duchi di Baviera e di Sassonia, volontari italiani posti agli ordini delle truppe del principe Eugenio di Savoia, tutti erano coscienti del loro ruolo e del loro gravoso compito.
Mancavano del tutto i francesi e gli inglesi. I primi si erano addirittura alleati con la Sublime Porta in chiara posizione antagonista nei confronti dell’Austria: tutto sommato credevano che la caduta del Sacro Romano Impero germanico, avrebbe spalancato la porta alla loro egemonia sul continente, dopo che una dinastia francese aveva già sostituito i sovrani spagnoli. Balza alla vista la miopia di questo disegno e l’inconsistenza assoluta di certe mire. Ma se davvero i turchi avessero vinto, forse che si sarebbero fermati a Vienna o, secondo i loro piani politico-religiosi, sarebbero dilagati in Italia e messo in scacco e cercato di mandare in fumo i deliranti disegni del Re di Francia?
Gli inglesi, nel loro splendido isolamento insulare, erano pronti a fare affari con un’Europa musulmanizzata, ma alla fine il loro potenziale finanziario avrebbe comunque prevalso e reso dipendente in modo assoluto un Impero che oltre alla vis religiosa altro non offriva se non desertificazione e miseria!

I capi della coalizione cristiana, al solito, erano divisi, ognuno avrebbe voluto essere il capo della coalizione medesima a dispetto degli altri. Il tutto mentre a Vienna si moriva di fame e le sue difese erano sempre più rese inoffensive dalle mine che i turchi facevano brillare sotto i forti e sotto le mura della città.

Padre Marco con la forza che gli era concessa dal divino, dopo aver parlato con l’Imperatore Leopoldo, riuscì nella improba impresa di portare la pace e l’unità nel campo cristiano. Così si esprimeva in un dispaccio inviato al cardinale Cibo, Segretario di Stato Vaticano: «Due volte composi e sedai il Re di Polonia, altissimamente disgustato et indussi ad affrettare la marcia più di una settimana. Col Divino aiuto potei aggiustar moltissime e gravi differenze insorte nei primi capi dell’esercito».
Poi, scrivendo all’Imperatore, affermò: «… Ebbi tanta grazia di Dio da sollecitare il soccorso di almeno 10 giorni di quello che sarebbe conseguito; che essi soli cinque giorni fusse tardato, sarebbe forse caduta Vienna nelle mani dell’inimico».

L’8 settembre, festa della Natività di Maria, l’esercito cristiano nella pianura di Tulnn si fermò per una giornata di preghiera. Una cosa del genere non si era mai vista prima: JanSobieski, il Re polacco, scrisse alla moglie: «Padre Marco ha celebrato la Messa con molta devozione; ha tenuto un infiammato discorso; c’è chiesto di avere molta confidenza in Dio e nella Madonna, calata la sua benedizione, facendoci ripetere più volte: Gesù! Maria!».

Alle prime luci dell’alba del 12 settembre 1683, padre Marco, celebra la Messa sulla collina del Kahlemberg, Messa che viene servita dal Re di Polonia e da suo figlio Giacomo.
I paramenti usati per questo rito sono ancora conservati a Rizzios di Calalzo in Cadore, ovviamente del tutto ignorati e dimenticati. Certi avvenimenti e reliquie è meglio che cadano nell’oblio, come succede per la vittoria sui protestanti ottenuta da Wallenstein, oppure la Madonna sfregiata dagli stessi protestanti e conservata in Santa Maria delle Vittorie a Roma. È quasi assurdo ma sembra che ci si vergogni di certe vittorie cristiane volute e benedette da Dio.
Al rito seguì l’assoluzione e la distribuzione dell’Eucarestia ai comandanti cattolici; i protestanti furono comunque benedetti da padre Marco che, ricordiamolo, era il Legato Pontificio. Seguì la recita di una commovente preghiera da lui stessa composta.

Lo scontro fu brevissimo. Padre Marco, piazzato sulla collina, levava il crocifisso verso il luogo dove maggiormente si manifestava il pericolo per le armi cristiane; Jan Sobieski, a capo della sua cavalleria, spalleggiato dagli alleati si diresse con disprezzo del pericolo e grandissimo coraggio direttamente verso il cuore dell’accampamento turco, la tenda di Kara Mustafà, e superò di slancio anche il fossato che la circondava per difenderla.
Il terrore si impadronì del Gran Visir che fece precipitosamente suonare la tromba della ritirata: la rotta fu totale! Il potentissimo esercito turco abbandonò tutto: tende, armamenti, vettovaglie ed anche le ingenti ricchezze frutto dei saccheggi e delle ruberie precedenti.
Il numero dei cristiani morti fu basso, ma nel campo turco le perdite furono ingenti, molte dovute alla confusione e al panico che seguì l’assalto delle armate cristiane.
A Roma le campane suonarono a festa per tre giorni: in ricordo dell’evento Papa Innocenzo XI estese a tutta la Chiesa la festa del Santo Nome di Maria.
Il Re di Polonia Jan Sobieski scrisse al Pontefice: «Venimus, Vidimus et Deus vicit». Lo stesso padre Marco fu convinto che la vittoria era stata un miracolo: niente è impossibile a Dio!

Cosa ancora più toccante: mentre i comandanti cattolici cantarono il solenne Te Deum nella cattedrale di Santo Stefano nella Vienna liberata, padre Marco si ritirò nella chiesa dei Cappuccini per pregare per i soldati caduti, cristiani e musulmani, vittime loro malgrado della violenza bellica.
Padre Marco è sepolto nella Chiesa dei Cappuccini di Vienna, sopra alla celebre cripta dei cappuccini (Kapuziner Krypt), ove giacciono le spoglie di tutta la Casa d'Austria.

A Vienna c’è un monumento dedicato al cappuccino: «A padre Marco d’Aviano, anima della liberazione di Vienna. 12 settembre 1683».
Questo è scritto sul cippo del monumento.

L’attività e la sua missione in Austria continuò: riuscì a fare stipulare un’alleanza tra Santa sede, Serenissima Repubblica di Venezia e Polonia, che portò alla liberazione di Buda, capitale ungherese, dopo ben 145 anni di dominazione turca.
Padre Marco scrisse all’imperatore: «Viva Gesù e Maria! Buda è stata presa d’assalto. È un vero miracolo di Dio!».
Padre Marco d’Aviano passò attraverso la breccia della città portando una statua della Madonna che personalmente collocò nel Duomo di Santo Stefano che era stato trasformato in moschea dai turchi. Ottenne dall’Imperatore il restauro di tutte le chiese ungheresi che i turchi avevano devastato e che i sacerdoti svolgessero il ruolo di ufficiali di stato civile.

Nel 1688 anche la strategica roccaforte di Belgrado tornò ai cristiani. Dopo la caduta della città, 800 soldati turchi caddero prigionieri: essi temevano moltissimo per l’incolumità della propria vita, dal momento che era loro costume massacrare i prigionieri nemici; padre Marco intercedette per loro presso il Duca di Baviera e per loro ottenne che fossero risparmiati in quanto anch’essi figli di Dio.
I prigionieri volevano ricompensare il francescano con doni, ma fedele ai suoi voti di povertà ed umiltà mostrò loro che dovevano ringraziare Gesù Crocefisso.
Essendo scoppiata una rivoluzione nell’impero turco, padre Marco tentò di far liberare anche la Bosnia, la Moldavia e la Bulgaria. Non tutti sentivano, come lui, la causa dell’Europa unita in Gesù Cristo e libera dall’oppressione.
Possiamo facilmente immaginare, alla luce di ciò, quali esiti completamente differenti avrebbe potuto avere il corso degli avvenimenti recenti nella ex Jugoslavia.

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Welfare: dalla culla alla bara

  • Categoria dell'articolo:Socialismo

 Quando lo Stato tenta di regolamentare la vita degli uomini dalla culla alla bara, siamo di fronte ad un vero e proprio "Welfare State".
Il Welfare è il modo subdolo in cui oggi si avverano le premonizioni di Orwell e Huxley su una società composta da schiavi, individui isolati gli uni dagli altri, per i quali lo Stato provvede a tutto, avendo così diritto a decidere tutto.
La Famiglia naturale, fondata sulla fedeltà indissolubile e la procreazione, è il maggiore ostacolo allo Stato totalitario welfarista.

 

A che cosa serve l'uomo? In Svezia non serve a niente

Ogni individuo dovrà essere considerato come autonomo, non come l'appendice di qualcun altro. È dunque necessario creare le condizioni economiche e sociali che ci renderanno finalmente individui indipendenti

Manifesto del Partito Socialdemocratico svedese, 1972

Olof Palme, pilastro della socialdemocrazia svedese, voleva modernizzare il Paese. Riformò il sistema pensionistico, stabilì sussidi e forme di sostegno, edificò il paradiso del welfare attorno a un'idea non così scontata, quando si parla di Stato e diritti sociali: l'autonomia individuale. L'indipendenza degli individuio. L'indipendenza della donna dall'uomo, dei figli dai padri, della madri dai figli. In qualche modo, la distopia immaginata dal grande drammaturgo svedese August Strindberg nella riscrittura post-amletica del Padre, ma senza più ossessioni per la solitudine.

Oggi, in Svezia il 50% dei cittadini vive solo. Una vita senza l'altro e una morte che non è da meno: 1 cittadino su 4 muore in solitudine, abbandonato dai figli. È la teoria svedese dell'amore: un'idea talmente assoluta di indipendenza che porta a considerare che l'amore autentico può esistere solo tra estranei. O tra sconosciuti. O tra sé e sé: la relazione è un peso che sempre meno svedesi sembrano disposti a sopportare. Non serve. Nemmeno per avere figli.

In Svezia va per la maggiore la fecondazione fai da te. Una gran parte delle donne svedesi – svela Gandini – acquista sperma per corrispondenza. Lo fa dalla Cryos, una società danese fondata da Ole Schou. «La banca del seme più grande del mondo», alimentata da donatori che dichiarano di «volere il bene dell'umanità» e disponibile per tutti e per tutte le tasche. Lo sperma in Europa arriva con corriere espresso, conservato in ghiaccio secco e pronto all'uso (vengono fornite delle apposite fiale/siringhe fai da te). I tempi di consegna vanno da 1 a massimo 2 giorni.

Il prezzo va da 63 euro per 1 fiala/siringa ai 12mila euro per il "donatore esclusivo". Si possono poi consultare i dati ex post, con le fotografie dei bambini, il loro – testuale – «profilo di intelligenza emotiva e il campione vocale». Si può pure scegliere – anche qui: testuale – la razza: caucasica, africana, medio orientale. Più della metà dei clienti della Cryos sono donne single.

«Ho pensato che fosse meglio avere un figlio da sola, ed evitarmi la fatica di trovare un partner», dichiara una donna.

A 40 anni dal manifesto Familjen i framtiden – en socialistisk familjepolitik l'utopia svedese si è rivelata una desolante emancipazione regressiva. Si nasce soli, si vive soli, si muore soli. Come nota Gandini nel Docu-film: “Ognuno va per la propria strada ma non c'è nulla che li tenga insieme”. Quest’ultimo fenomeno è talmente aumentato negli ultimi anni che lo Stato svedese ha dovuto creare uffici appositi che si occupano di tutte le incombenze legali e burocratiche legate alla scoperta di un morto senza legami, nel disinteresse di figli e parenti.

 

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La scienza dice no al “matrimonio” gay

 La scienza dice no al “matrimonio” gay

 

Un saggio, quello del dottor Gerard van den Aardweg – psicoterapeuta di fama internazionale, specializzato nel trattamento delle persone omosessuali, smonta le erronee concezioni al momento dominanti (con l’incredibile appoggio di tanti Governi e l’apatia, quando non peggio, della Chiesa cattolica), le quali vogliono far apparire l’omosessualità come un “orientamento sessuale” normale, naturale, che l’individuo, agendo in piena libertà da costrizioni di qualsiasi tipo, dovrebbe solo scoprire in se stesso (La scienza dice “no”. L’inganno del “matrimonio” gay, con un’introduzione del prof. Paolo Pasqualucci, Solfanelli, Chieti 2016, p. 168, € 12).

Lo studioso, forte di mezzo secolo di esperienza sul campo, riporta l’origine dell’omosessualità ad un disturbo mentale, che prende piede soprattutto nel periodo dell’adolescenza, allorché il soggetto che ne è vittima, per una serie di motivi dovuti solo in parte a rapporti squilibrati con uno dei due genitori, si forma complessi di inferiorità, di esclusione, di autocommiserazione, che finiscono con il coinvolgere la percezione della sua identità sessuale.
L’omosessualità deve dunque ritenersi, quanto alla sua origine, una patologia di origine nevrotica, da considerarsi sempre nel novero delle malattie mentali: infatti, in nessuno di noi esiste un “orientamento sessuale” omosessuale naturale, cioè innato.

L’attualità dell’argomento qui trattato è bruciante, dopo che il percorso per l’introduzione del “matrimonio gay” nell’ordinamento giuridico è ufficialmente iniziato anche nel nostro Paese, nonostante le ben note proteste e contestazioni di quella che possiamo considerare la parte ancora sana del popolo italiano.
Il saggio del decano degli psicologi, che da oltre cinquant’anni ha affrontato questa tematica, è solidamente fondato sui dati di una ineccepibile ricerca scientifica. La subcultura gay è riuscita a far prevalere l’idea che l’omosessualità sia un “orientamento sessuale” naturale, innato, pertanto non trattabile con le terapie di tipo psichiatrico e psicoanalitico (invece perseguite con successo dal dottor Aardweg).
Con dovizia di argomenti scientifici l’Autore dimostra la falsità dell’assunto, illuminandoci, nello stesso tempo, sulla vera natura dell’omosessualità e dello “stile di vita” dell’universo gay, ben diverso dall’immagine edulcorata fabbricata dal mondo dell’informazione.

«Che l’omosessualità non abbia un’origine nella natura umana in quanto tale ma sia il frutto di un sentire malato e/o vizioso, risulta anche da quella forma di depravazione a sfondo omosessuale nota come trasgenderismo […]», scrive nella presentazione Paolo Pasqualucci, professore emerito di Filosofia del Diritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Perugia, citando lo studio di un altro illustre cattedratico, studioso di psichiatria, il professor Paul McHugh:

«All’inizio erano solo uomini, sia omosessuali che eterosessuali, che volevano essere operati perché si eccitavano eroticamente all’immagine di se stessi come donne. Poi il fenomeno ha cominciato a coinvolgere le donne. Negli ultimi 15 anni è cresciuto in modo esponenziale, tanto che anche adolescenti maschi e femmine hanno cominciato a presentarsi come appartenenti al sesso opposto, rispetto a quello nel quale sono nati. Per questi adolescenti la motivazione non sarebbe erotica. Sono al contrario spinti da una varietà di conflitti e preoccupazioni giovanili di natura psicosociale. Ha dunque preso piede l’idea bislacca secondo la quale il sesso sarebbe appunto una “scelta”, dipendente dall’individuo, una disposizione un modo di sentire più che un fatto naturale in tal modo, lo si concepisce come una realtà fluttuante, che può cambiare ogni momento per qualsivoglia ragione» (p. 17).

Una idea “bislacca” quanto si vuole, ma purtroppo avallata da legislatori ignoranti e da gerarchie ecclesiastiche incapaci di reagire.

(Gianandrea de Antonellis per Corrispondenza Romana del 10 agosto)

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Alcuni vescovi in confusione

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Qui a lato: pauroso scivolone del quotidiano della Cei.  Già in passato il Segretario aveva rlasciato dichiarazioni sconcertanti in tema di lotta all'aborto e di omosessualismo.  Il cattivo esempio di Mons. Galantino immediatamente seguito dal vescovo di Lucca. Un commento di Corrispondenza Romana.

 

 Vescovo di Lucca filo sodomiti: “Necessario un trapasso culturale”

La chiesa di Lucca apre ai gay. Castellani: “Necessario un trapasso culturale”. Il vaticanista Luise: “Omosessualità, un’attitudine umana”

 

“Gay. Ecco, lo confesso: quando utilizzo questa parola sembra che ci sia già un giudizio intrinseco. A usarla ho difficoltà. E’ quindi necessario un trapasso culturale, perché la differenza è ricchezza”.Sono le parole del vescovo di Lucca Italo Castellani. Di fronte ai giornalisti è lui a fare ‘outing’ invocando la necessità di un cambiamento culturale che pare lo coinvolga direttamente. “Sì, utilizzare il termine ‘gay’ ancora mi dà fastidio. Significa che ci vorrà tempo. Ma il cambiamento culturale è necessario”, racconta pubblicamente.

Un’apertura necessaria e di buon senso che ci auguriamo sia lontana dall’approccio ipocrita e demagogico fin troppo diffuso nell’ambiente ecclesiale. Un’apertura ribadita e sottolineata anche dal vaticanista Rai Raffaele Luise, ospite della diocesi insieme ai giornalisti del territorio.

“Sui gay la chiesa è chiamata a una rivoluzione culturale”, ha detto. Dopo le parole espresse da Papa Francesco nel viaggio di ritorno dall’America Latina (“Chi sono io per giudicare un gay che cerca Dio?”) e dopo la sua elezioni a personaggio dell’anno da parte della rivista gay “The Advocate”, Luise tiene a ribadire che “il Papa ha impostato bene la questione, ma è solo. Nessuno lo aiuta. E la rivoluzione chiama la rivoluzione. Ci sono 486 specie animali che contemplano l’omosessualità. Quindi questa non è una caratteristica puramente umana. Non è una devianza, ma fa parte della natura. L’omossessualità è un’attitudine umana. Quindi ci troviamo di fronte a una grande sfida, fuori e dentro la chiesa”.

Secondo quanto riportato da Luise, il dieci per cento della popolazione è omosessuale. Quindi il rapporto di lesbiche e gay è pari nella società civile come nella chiesa. Ma per favore, non parlate di lobby. “In Vaticano non mi risulta ci siano lobby. Sì, esistono massoni che si relazionano ai poteri forte e che si occupano dei rapporti e delle relazioni economiche”,dice Luise. “Sì, ci sono tanti gay attivi e passivi, anche in alto. Ma non ho elementi per dire che esista una lobby massonica e una lobby gay”.E tanto basta.

Il nostro vescovo invoca invece un grande “cambiamento” e un“trapasso” culturale. Affronta la questione della “diversità come una ricchezza”. Del resto “se tutti i fiori fossero ugauali, i prati perderebbero la loro bellezza”, dice Castellani. Che poi racconta episodi che lo hanno coinvolto personalmente. Esperienze di vita vissuta, storie di cittadini e cittadine che hanno a che fare con l’omosessualità. Perché hanno un figlio o una figlia omosessuale. Perché a scuola hanno un alunno gay. “Quel che conta è soprattutto la dignità della persona”, fa ggiunge Castellani.“E mi domando perché i giovani considerino la chiesa come ‘omofobica’…”. 

Be’, forse è perché ad oggi gli omosessuali non possano vivere pienamente la propria fede. Forse perché chi è omosessuale e desidera attenersi alle indicazioni della chiesa trova evidenti contraddizioni. Proprio come accade per le coppie di fatto. Forse perché da anni la chiesa può fare qualcosa e invece non lo fa. Quest’apertura suona come un buon auspicio. Perché prima di essere un problema di fede, questo è un problema strettamente legato ai diritti.

http://www.loschermo.it/articoli/view/61800

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Le incomprensibili affermazioni di mons. Galantino, segretario generale della CEI

Vescovo-GalantinoHanno suscitato sconcerto e disappunto le parole di monsignor Galantino, segretario generale della Cei, il quale in un’intervista rilasciata al giornale online QN ha detto la sua su alcune importanti questione etiche e morali ed in particolare sull’aborto.

Alla domanda dell’intervistatore sui principi non negoziabili monsignor Galantino ha così risposto:Pensiamo alla sacralità della vita. In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche, che praticano l’interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro”.

Ci permettiamo di fare alcune considerazioni in merito: innanzitutto, non si capisce quando ed in quali occasioni la Chiesa ed in particolare la Cei abbia trascurato le necessità materiali e spirituali delle persone occupandosi esclusivamente di aborto ed eutanasia, come lascia intendere monsignor Galantino. Ai più  pare semmai il contrario vista la non eccezionale determinazione con cui i vescovi italiani hanno combattuto la buona battaglia in questi ultimi decenni.

Lo stesso Papa Francesco ha inteso prendere le distanze da una certa mentalità dominante arrivando ad affermare in un discorso di pochi mesi fa come non sia coerente chi parla volentieri della fame nel mondo ma non si oppone all’orrore dell’aborto. Inoltre, monsignor Galantino pare dimentico del fatto che è proprio prendendosi particolare cura dei più deboli ed indifesi, minacciati da leggi omicide come la 194/1978, che la Chiesa afferma la dignità intrinseca  dell’essere umano fatto a immagine e somiglianza del Creatore.

Particolarmente sgradevole poi la rappresentazione caricaturale che il segretario generale della Cei fa dei tanti pro life che con dedizione e spirito di sacrificio lottano contro l’assassinio legalizzato dell’innocente e per la vita recitando il rosario fuori dalle cliniche ove si praticano gli aborti. Tale forma di lotta è particolarmente efficace non solamente perché, come dovrebbe ben sapere monsignor Galantino, ha come fine la riparazione dei crimini connessi con l’aborto ma anche perché non di rado salva la vita a molte creature innocenti altrimenti destinate a morte certa.

Ci auguriamo che le sconcertanti parole riportate nell’intervista pubblicata su QN vengano pubblicamente smentite dal segretario generale della Cei, il quale difficilmente può ignorare che identificarsi con quei giovani che lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro vuol dire approvare ed incoraggiare coloro che si battono, in qualunque modo, affinché ad ogni persona venga riconosciuto il principale diritto, senza cui tutti gli altri non hanno ragion d’essere, ossia quello alla vita. Altrimenti se ne dovrebbe dedurre che monsignor Galantino non sia interessato a difendere né gli uni né gli altri.

(A.D.M  in: http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-brevi/le-incomprensibili-affermazioni-di-mons-galantino-segretario-generaledella-cei/)

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Cosa si nasconde dietro l’ideologia del gender?

 Cosa si nasconde dietro l’ideologia del gender

Caterina Giojelli, per Tempi.it

 

«Non è vero – scriveva Pier Paolo Pasolini in Lettere Luterane – che comunque, si vada avanti. Assai spesso sia l’individuo che la società regrediscono o peggiorano. In tal caso la trasformazione non deve essere accettata: la sua “accettazione realistica” è in realtà una colpevole manovra per tranquillizzare la propria coscienza e tirare avanti».

Tirare avanti: fin dove?
Thomas Beatie non è un uomo, ma una donna: si chiamava Tracy Lagondino prima di innamorarsi di Nancy. I due decidono di avere un figlio: grazie alla donazione del seme da parte di un amico e a una inversa terapia ormonale, si procede con una fecondazione assistita eterologa e a portare avanti la gravidanza è proprio Tracy-Thomas. Oggi i due hanno tre figli che hanno una madre che vuole fare il padre (Tracy-Thomas, appunto), una madre “sociale” (Nancy) e un padre biologico (il donatore) grazie al quale è stata innescata l’intera procedura.
Una vicenda resa ancora più complicata dalla separazione, dopo lungo travaglio giudiziario, dei due, un arresto per stalking di Tracy-Thomas nei confronti dell’ex moglie e una intervista rilasciata lo scorso dicembre al Sun in cui l’ormai celebre “pregnant man”, parlando dei suoi figli e dichiarando di volerne altri dalla sua nuova compagna Amber, racconta che il piccolo Austin «aveva i capelli lunghi e ha iniziato a dire che voleva essere una ragazza quando aveva tre anni», mentre Susan, la primogenita, a 7 anni gli ha già chiesto se tutte le ragazze debbano, prima o poi, diventare maschi.

Una storia che è un caso limite? No, una storia con tutti i limiti del caso, piena di risvolti etico-giuridici e paradossi etico-esistenziali di immediata (e drammatica) comprensione.

La vicenda di Tracy-Thomas, una delle molte restituiteci da questi assurdi tempi di opposizione dei diritti/desideri/amori umani all’esercizio stesso del diritto, non è che infatti una delle tante propaggini connesse al tema del pensiero gender, per cui «ciò che è rilevante ai fini della propria identità non è più ciò che uno è, ma ciò che uno ritiene di essere; per cui ci si può percepire come maschio, come femmina, come entrambi o come nessuno dei due», un pensiero radicato in un soggettivismo etico, che combinato agli sviluppi tecnoscientifici conduce in fretta «a tutta una complicata e insolita tipologia fenomenologica che, invece di mettere in evidenza il diritto rivendicato, espone sotto gli occhi di tutti quanto il diritto, nella sua essenza strutturale, venga semmai violato».

Non manca il coraggio della verità ad Aldo Rocco Vitale, autore dell’efficace Gender questo sconosciuto (Ed. Fede & Cultura, 12 euro), 133 pagine e 30 capitoli che rispondono ai tanti punti oscuri sul pensiero poco conosciuto, sottovalutato e da più parti negato come invenzione propagandistica della Chiesa cattolica: il gender, appunto, andato configurandosi nella storia come quel «momento di negazione della differenza sessuata dell’essere umano, o meglio, come pensiero teso a elidere il dato dell’elemento biologico-naturale per sostituirlo con l’elemento psicoculturale».
Avvocato, firma preziosa di numerose testate online (fra cui Tempi), socio dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, Vitale si destreggia tra storia e casi di cronaca, mostrando con chiarezza per ciascuno di essi paradossi e problemi antropologici e biogiuridici che il pensiero gender porta inevitabilmente con sé, arrivando ad esprimere «il livello più avanzato di annientamento radicale dell’essere dell’uomo».

Che si tratti di un vero e proprio totalitarismo, «lo si comprende facendo riferimento agli elementi che secondo la più nota ed autorevole teorizzatrice del tema, Hannah Arendt, sono necessari per dar vita, appunto, ad un totalitarismo: l’ideologia, la massa da indottrinare e la polizia politica per tacitare chiunque dovesse resistere all’indottrinamento».
Vitale non ha paura di usare le parole giuste, avvalorare la sua scrittura chiara con i contributi di numerosissimi pensatori, da Karl Marx a Judith Butler, dal professor Francesco D’Agostino a Benedetto XVI, e instrada il lettore sulle vie della nascita e dello sviluppo complesso del gender che lungi dal rappresentare un’invenzione vaticana si afferma in un preciso momento storico, come frontiera ultima ed evoluzione sofisticata del pensiero femminista; svela l’interesse dei sostenitori del gender a promuovere l’equivoco che esso c’entri con l’omosessualità; rimette ordine su ciò che è diritto, fondato, come diceva Cicerone, «non su una convenzione ma sulla natura»; smaschera la pretesa di chi vorrebbe porre quale causa prima della famiglia («quell’istituto riconosciuto dal diritto statuale che su quest’ultimo non si fonda, ma che è fondamento di quest’ultimo») non il diritto naturale – che attiene alla natura dell’uomo ed è dunque accessibile attraverso l’esercizio della ragione – bensì il diritto positivo e statale, e quella di chi vede nell’amore «un principio ordinante del diritto che a sua volta deve disciplinare e ordinare l’esistenza», come è accaduto lo scorso giugno quando Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha statuito che i singoli Stati non potessero rifiutarsi di riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso senza violare la Costituzione: incentrata non sulla razionalità del diritto, ma sulla passionalità dell’amore, «la suddetta sentenza, lungi dall’essere espressione di giustizia rappresenta piuttosto il triste volto di un diritto violato, cioè, in definitiva dell’ingiustizia».

La diffusione del fast-divorce, la proliferazione delle convivenze more uxorio, le richieste di riconoscimento e tutela giuridica di situazioni «che normalmente dovrebbero essere sottratte al diritto per natura (loro intrinseca e del diritto medesimo), come per esempio in matrimonio omosessuale o l’omogenitorialità (cioè la genitorialità come diritto delle coppie omosessuali attraverso l’istituto dell’adozione o le tecniche di procreazione medicalmente assistita)», evidenziano con forza le spinte contrarie e opposte a cui è soggetta l’istituzione famigliare, tra questi marosi è tuttavia possibile distinguere due principali prospettive «quella che in tende la famiglia come uno dei numerosi prodotti sociali che storicamente si vengono a determinare e succedere» (tipicamente sociologica e marxista) e «quella che rivela la famiglia come società naturale evidenziandone la struttura giuridica sostanziale e sottraendola così a tutte le ipotizzabili manipolazioni»: ecco allora come leggere l’articolo 29 della Costituzione Italiana ai sensi del quale «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», ovvero l’unione tra uomo e donna, requisito naturale, essenziale e logico della società naturale.

Uomo e donna: è qui che Vitale affronta i paradossi che derivano dalla negazione della natura propagata dal gender, sostituita dal sentimento e dal desiderio che una volta benedetti dalla politica e dal legislatore approdano facilmente alle storture del caso Beatie, al sostegno delle lobby gender all’industria dell’utero in affitto con la surrogazione di maternità che rappresenta per gli individui LGBT l’opportunità di avere una famiglia.

Dai più recenti casi internazionali a quelli italiani, il libro racconta i problemi biogiuridici legati a omoconiugalità e omogenitorialità giocati sulla pelle di bambini ridotti a prodotti ultimi di una catena di montaggio procreativa: valga per tutti il caso del 31enne omosessuale messicano Jorge che nel 2010 decide di diventare padre senza nemmeno essere fidanzato, usa il proprio seme e l’ovulo donato da un’amica e l’utero della madre: nasce un bambino che è figlio di Jorge e della sua amica, figlio della sua amica e di sua madre, figlio e fratello di Jorge, figlio e nipote della madre di Jorge, «essendo figlio di tutti, paradossalmente, è figlio di nessuno.
È più figlio o più nipote? E di chi è figlio? E si possono avere due madri e un padre? E se il proprio padre è proprio fratello? E se la propria madre è la propria nonna?
Contorsioni esistenziali derivanti da una concezione e da un’applicazione del possibilismo tecnico assolutamente svincolate da ogni paradigma veritativo dell’essere umano».

Un’altra storia che è un caso limite?
No, un’altra storia con tutti i limiti del caso, una delle tante provenienti dagli Stati dove l’ideologia gender, sotto l’ipocrisia della tutela dei diritti riproduttivi (un pensiero unico in cui trova accoglimento anche la promozione del reato di omofobia), va frammentando i ruoli genitoriali e trasformando le tecniche di procreazione medicalmente assistita da rimedio estremo per i casi di sterilità e infertilità in mezzi in cui poter strumentalizzare i figli a soddisfazione dei propri desideri e delle proprie aspirazioni.

Scrive Donna Haraway in “A manifesto for cyborgs: science, technology and socialist feminism in 1980s”, pubblicato nel 1985 sulla rivista Socialist Review: «Il cyborg è una creatura di un mondo post-genere: non ha niente da spartire con la bisessualità, la simbiosi pre-edipica, il lavoro non alienato o altre seduzioni di interezza organica ottenute investendo un’unità suprema di tutti i poteri delle parti. Il cyborg non ha nemmeno una storia delle origini nell’accezione occidentale del termine. (…) Il cyborg definisce una polis tecnologica in parte fondata sulla rivoluzione delle relazioni sociali nell’oikos. (…) Il cyborg non sogna una comunità costruita sul modello della famiglia organica».
E ben si comprende l’orizzonte in cui si muove l’homo faber, che può modificare a proprio piacimento la realtà e la sua stessa natura, raccontato da Vitale.
Un libro per non “tranquillizzare la propria coscienza” e tornare finalmente a ragionare.

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In galera chi cura i gay?

La sinistra vuol punire chi convince i bambini a non diventare gay

Tra i promotori la Cirinnà e Lo Giudice (Pd) Nel mirino psicologi, educatori e pedagogisti

di per Il Giornale

 

Roma Carcere fino a due anni. Multe fino a 50.000 euro. Sospensione per cinque anni dall'ordine professionale e confisca delle attrezzature.

Pesantissime le pene previste per «chiunque faccia uso su soggetti minorenni di pratiche rivolte alla conversione dell'orientamento sessuale» ovvero psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, consulenti, assistenti sociali, educatori e pedagogisti.

Si avventura in un terreno complesso con la pesantezza di un carro armato il disegno di legge depositato a Palazzo Madama da un gruppo di senatori del Pd, primo firmatario Sergio Lo Giudice con Monica Cirinnà insieme a Sinistra Italiana e Misto.

L'intento dichiarato da Lo Gudice è quello di evitare anche in Italia casi come quello dell'adolescente transgender dell'Ohio, Leelah Alcorn. Dopo aver rivelato di voler intraprendere un percorso per cambiare sesso ai suoi genitori il ragazzo era stato costretto dalla famiglia, che non accettava la sua scelta, a sottoporsi alla cosiddetta «terapia di conversione». In sostanza una «cura» per l'omosessualità. Ma non sentendosi accettato di fronte al rifiuto della sua famiglia all'età di 17 anni l'adolescente si è suicidato, diventando così un simbolo per tutte le comunità gay. Di buone intenzioni però è lastricata la via dell'inferno e nel ddl «Norme di contrasto alle terapie di conversione dell'orientamento sessuale dei minori» si entra in modo piuttosto brutale nei rapporto esclusivo tra terapeuta e paziente, oltretutto minore, e lo si fa per condannare una pratica, ovvero la terapia di conversione in realtà già bandita da tutto il mondo scientifico e dagli ordini professionali chiamati in questione. Il ddl si compone di tre soli articoli. Nel primo si specifica che per «conversione dell'orientamento sessuale si intende ogni pratica finalizzata a modificare l'orientamento sessuale di un individuo», inclusi i tentativi di «eliminare o ridurre l'attrazione emotiva, affettiva o sessuale verso individui dello stesso sesso, di sesso diverso o di entrambi i sessi». Ma se il minore è attratto da un individuo adulto? Nel ddl non si specifica l'età. Se il proprio figlio dodicenne ha rapporti con un quarantenne che cosa dovrebbero fare i genitori? E se il terapeuta lo invita a frenare rischia la galera? Nella legge si specifica che non saranno sanzionati «gli interventi che favoriscano l'auto­accettazione, il sostegno, l'esplorazione e la comprensione di sé da parte dei pazienti senza cercare di cambiare il loro orientamento sessuale».

Ma chi stabilirà dove sta il limite tra l'intervento ritenuto lecito e quello fuorilegge? Non dovrebbe essere proprio il terapeuta o lo psichiatra a stabilirlo? Ma con la spada di Damocle di una legge punitiva che pende sulla sua testa non si finirà per impedire qualsiasi tipo di intervento nel timore di ricadere nelle casistiche che prevedono il carcere? Il rischio è di paralizzare l'intero settore delle terapie su bambini e adolescenti.

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In occasione della Giornata Internazionale contro l’Omofobia, Sergio Lo Giudice, senatore del Partito Democratico, ha presentato il disegno di legge n. 2402, intitolato “Norme di contrasto alle terapie di conversione dell’orientamento sessuale dei minoridisegno di legge n. 2402, intitolato “Norme di contrasto alle terapie di conversione dell’orientamento sessuale dei minori”, volto a mettere al bando in Italia le cosiddette “teorie riparative” rivolte ai minori, su richiesta dei genitori.

Il provvedimento, oltre a Lo Giudice, primo firmatario, è stato sottoscritto dai senatori Bocchino, Capacchione, Cardinali, Cirinnà, Dalla Zuanna, De Petris, Gatti, Guerra, Idem, Lo Moro, Lumia, Mastrangeli, Orellana, Palermo, Pegorer, Ricchiuti e Spilabotte.

La premessa del disegno di legge rappresenta un vero e proprioexcursus ideologico della propaganda omosessualista in cui i proponenti hanno messo insieme le conquiste ottenute dal movimento LGBT lungo il “percorso di depatologizzazione dell’orientamento omosessuale” a partire dal fatidico 1973, anno in cui l’American Psychiatric Associationeliminò la diagnosi di omosessualità egosintonica dal DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali. Una derubricazione – è superfluo ricordarlo – frutto non di particolari risultati scientifici raggiunti ma piuttosto del singolare contesto socio-politico di quegli anni.

I firmatari del progetto di legge si richiamano alla politica promossa in materia dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, affermando come “La depatologizzazione dell’omosessualità è un percorso ormai compiuto dai professionisti della salute mentale di tutto il mondo, le associazioni professionali e scientifiche, italiane e straniere, hanno a più riprese dovuto chiarire l’antiscientificità e la pericolosità delle terapie di conversione“.

Il disegno di legge consta solo di tre articoli.

L’articolo 1 fornisce una definizione preliminare di “conversione dell’orientamento sessuale”, specificando che con tale dicitura si intende

(…) ogni pratica finalizzata a modificare l’orientamento sessuale di un individuo, inclusi i tentativi di cambiare i comportamenti o le espressioni di genere ovvero di eliminare o ridurre l’attrazione emotiva, affettiva o sessuale verso individui dello stesso sesso, di sesso diverso o di entrambi i sessi“.

In tale prospettiva le nuove norme vorrebbero addirittura impedire alle figure preposte la libertà di esercitare la propria attività professionale,pena multe salatissime e perfino il carcere. In questo senso, all’art. 2rivolto ai destinatari si legge:

Chiunque, esercitando la pratica di psicologo, medico psichiatra, psicoterapeuta, terapeuta, consulente clinico, counsellor, consulente psicologico, assistente sociale, educatore o pedagogista faccia uso su soggetti minorenni di pratiche rivolte alla conversione dell’orientamento sessuale è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da 10.000 euro a 50.000 euro. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle attrezzature utilizzate.”.

L’art. 3 prevede, per di più, una sanzione accessoria qualora il responsabile del “reato” dovesse essere una figura abilitata dallo Stato per la quale scatterebbe l’immediata sospensione dell’incarico:

Se la condotta è posta in essere nell’esercizio di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dallo Stato, la condanna comporta la sospensione dall’esercizio della professione da un minimo di un anno a un massimo di cinque anni.

Che l’omosessualità non possa essere curata è una delle affermazioni più devastanti della propaganda omosessualista. Fino al 1973 attorno all’omosessualità veniva fatta una seria ricerca scientifica e assumere uno stile di vita omosessuale era un comportamento “sconsigliato” e, in quanto contro natura, giustamente stigmatizzato.

Dal 1973 in avanti la progressiva campagna di sdoganamento dell’omosessualità al motto di “gay is good” ha capovolto la situazione, portando, da un lato, ad arrestare totalmente la ricerca scientifica in materia e, dall’altro, a far sì che la classe medica passasse da un atteggiamento di corretta ed sana prevenzione alla sua promozione secondo lo slogan politically correct di “sei come sei”. Un approccio folle e antiscientifico che induce gli adolescenti più fragili ad assecondare i propri istinti e pulsioni sessuali, per altro confusi e traviati dalla martellante propaganda gender, al di là di ogni legge naturale. Una vera e propria ribellione contro la ragione e la realtà!

In un mondo capovolto, lo stigma sociale nei confronti dell’omosessualità e, poi, l’omofobia interiorizzata sono divenuti le vere cause del malessere delle persone omosessuali e, in conseguenza di ciò, la soluzione proposta è quella di costruire un diverso clima culturale, atto a far sentire finalmente “normali” coloro con pulsioni sessuali verso persone dello stesso sesso. Una soluzione chiaramente ideologica, presa in nome del principio di non discriminazione, che, paradossalmente, nella realtà, finisce per abbandonare al loro involontario e insoddisfatto destino i tantissimi omosessuali in lotta con i propri istinti.

Dopo aver ottenuto la legge sulle unioni civili, tale intollerante ed ideologico provvedimento, assieme al “ddl Scalfarotto”sull’omofobia, costituisce un altro tassello del prepotente, e sempre più aggressivo, piano di “normalizzazione” dell’omosessualità.

(di Rodolfo de Mattei su Osservatorio gender)

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Transessualismo subdolo sui bambini

 Silvana de Mari:
Il medico-scrittore denuncia i libri transgender per i bimbi

PAOLO BIANCHI per  Libero del 6 Aug 2016

 

L'emblema dell'errore secondo Silvana De Mari, medico e scrittrice, è Piccolo uovo, libro per l'infanzia, scritto da Francesca Pardi e illustrato dal notissimo vignettista Altan per le edizioni Lo Stampatello. Secondo lei il testo nega il diritto, anzi la necessità, del bambino ad avere padre e madre. Il libro è uscito cinque anni fa, ma sembra avere aperto la strada a decine di altre pubblicazioni per bambini anche molto piccoli, dove regnano la confusione dei ruoli genitoriali o la negazione di un genitore.

Dottoressa De Mari, lei ha sollevato una bufera sui social. Che succede?

«Sono sempre di più i libri della bambina che vuole essere maschietto e viceversa» spiega De Mari, che è molto nota per i suoi libri fantasy, in particolare la trilogia de L'ultimo elfo, e la saga di Hania, in cui sotto forma di metafora è sempre presente la necessità morale di prendere le parti degli indifesi.

Che cosa c'è secondo lei di sbagliato in questi libri?

"Negano il diritto del bambino ad avere padre e madre, e impediscono la collera e l'elaborazione del lutto dove questo diritto sia stato negato. In Piccolo uovo un ovetto nasce da solo, senza padre né madre, tutta la necessità di un'ascendenza biologica, tutto il dolore quando questa ascendenza viene negata (come ben sanno i valorosi genitori adottivi) è cancellato, come è cancellata la necessità del bambino di avere due genitori di sesso diverso. Non sai chi è tuo padre? Sorridi. L'esistenza di tua madre è stata addirittura negata? Sorridi. Perché hai due mamme?, cinguetta il titolo di un altro libro di Francesca Pardi, il tuo diritto ad avere un padre e a conoscere la tua ascendenza è stato negato perché tua madre in un delirio di onnipotenza ha deciso così? Sorridi!».

Ci sono testi che trattano anche la questione dell'aborto?

«Sì. In Sister apple, sister pig, di Mary Walling Blackburn, non tradotto in Italia. Anche qui: la tua mamma ha abortito? Tranquillo: tua sorella è un fantasma felice, forse è una mela o forse maiale. E invece nella realtà non è così, l'aborto pesa su tutta la famiglia. Il dolore dei bambini qui invece è negato e avvolto nella carta colorata. Non sai di che sesso sei? Hai un tale odio per te stesso che non accetti nemmeno il tuo corpo e il tuo sesso? Ti raccontiamo la favola che sia possibile cambiare sesso (non lo è) e ti facciamo leggere i libri di S. Bear Bergman, uno che si definisce trans e scrive libri per bambini che incoraggiano in loro il cambio di sesso. O ti mandiamo a teatro a vedere Mi chiamo Alex e sono un dinosauro, uno spettacolo prodotto in Sicilia, di Giuliano Scarpinato, dove un bambino è maschio o femmina a giorni alterni».

È possibile che un bambino senta questo desiderio?

«Il fatto di non corrispondere al proprio sesso biologico è un pensiero psicotico.Non si può trasformare un uomo in donna. Anche tecnicamente l’operazione chirurgica è un disastro. Un disastro. Dopo simili interventi, il tasso di suicidio si moltiplica per dieci, eppure esistono movimenti politici per dire che sono una bella cosa.

Dottoressa, lei è critica verso le affermazioni del Manuale Diagnostico dei disturbi mentali (il DSM), redatto dall'American Psychiatric Association, l'Apa. Perché?

Perché lì pare che la pedofilia sia stata sdoganata dal suo ruolo di perversione e portata all'onore di essere semplice orientamento sessuale».

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GenderDiktat: la violenza de Le Rivoltelle

 Il caso della rockband “Le Rivoltelle” rappresenta un ulteriore esempio della dittatura del pensiero unico nella quale siamo profondamente immersi.

 Il caso “Le Rivoltelle”: una storia di ordinaria “dittatura gender”

di Rodolfo de Mattei

 

Tutti i principali media hanno riportato in questi giorni l'”ordinaria storia di omofobia” che ha coinvolto la rock band cosentina “Le Rivoltelle”, vittima dello “zelo bigotto” che ha spinto gli organizzatori delle celebrazioni in onore di San Pio a Rossano a cancellare il concerto in programma per il prossimo 20 agosto, giorno della festa patronale, a causa della presunta, ma in realtà manifesta, omosessualità, delle quattro musiciste.

LO SFOGO

La leader del gruppo, Elena Palermo, ha sfogato la sua rabbia sulla bacheca Facebook delle Rivoltelle, domandandosi come sia possibile che nel 2016 ci siano ancora in giro persone tanto ignoranti da pensarla diversamente da lei riguardo alla “normalità” omosessuale, scrivendo:

«Mi chiedo come sia possibile che ancora girino a piede libero e soprattutto esprimano liberamente e impunite il loro pensiero persone di tanta ignoranza. (…) Ho voluto raccontare questo episodio per puntare il dito contro un certo tipo di discriminazione, che abbiamo già vissuto sulla nostra pelle in passato. (…) Non sopportiamo più il pregiudizio nei confronti di orientamenti tra l’altro solamente presunti, dal momento che noi non abbiamo mai dichiarato di essere omosessuali e non lo dichiareremo mai. Sono fatti privati che ognuno vive nella propria coscienza. Ed è anche per questo che ci arrabbiamo quando l’ignoranza ci impedisce di esercitare la nostra professione. Nel 2016 cose del genere non possono succedere».

Quindi la rocker calabrese si rivolge direttamente alla parrocchiana rea di aver “fomentato” la protesta, ammettendo come il rock rivoluzionario delle “Rivoltelle” abbia il preciso obiettivo di fare “piazza pulita” di una certa mentalità “retrograda”.

«Maria Antonietta: fino a quando la Calabria sarà abitata da persone come lei sarà ancora più forte e feroce e stimolante la nostra rivoluzione. Quindi grazie!».

“OFFESA ALLA MORALE CRISTIANA”

Che cosa ha detto di tanto scandaloso e inaccettabile la signora Maria Antonietta, “portavoce” del comitato parrocchiale organizzatore della festa di San Pio ? Ecco la dichiarazione riportata dalla stampa:

«Sono quattro lesbiche e questa è una festa religiosa, quindi la loro esibizione sarebbe un’offesa alla morale cattolica di ogni singolo cristiano facente parte di questa comunità».

La motivazione non fa una piega. Non si capisce perché un gruppo rock che ha espresso dichiarate posizioni in aperto contrasto con l’insegnamento della chiesa cattolica debba presenziare ad una importante festa religiosa di paese, partecipatissima da giovani e giovanissimi pronti a subirne l’influenza e raccoglierne il messaggio.

Il caso "Le Rivoltelle": una storia di ordinaria "dittatura gender"
DUE PUNTI SU CUI RIFLETTERE

Poi invitiamo la Palermo che tanto si scandalizza per l’esclusione del suo gruppo a riflettere su questi due punti:

  1. Lei ha candidamente dichiarato di essere favorevole alla “normalizzazione” dell’omosessualità affermando: “(…) Io e ‘Le Rivoltelle’, le mie amiche e compagne di viaggio, siamo state sempre a favore della libertà a 360 gradi. Soprattutto nell’amore e soprattutto nella musica“. Tale dichiarazione è sufficiente per poter constatare come sia stata opportuna e saggia la decisione del comitato parrocchiale di “preferire” un altro gruppo musicale rispetto ad una rockband apertamente a favore della, oggi tanto dibattuta, “agenda gender”.
  2. Che cosa succederebbe se un gruppo musicale (ahinoi oggi inesistente…) contrario all’ideologia gender e all’omosessualizzazione della società e quindi bollato come “omofobo” fosse invitato ad una manifestazione apertamente “rivoluzionaria” ? Poniamo ad esempio il Concerto del primo maggio di San Giovanni o, per fare un’analogia più calzante con la festa patronale, ad una festa dell’Unità di paese ….facile prevedere che la rivolta mediatica sarebbe scontata ed immediata per aver osato invitare un ospite dichiaratamente “bigotto ed omofobo” ad un evento del genere!

PENSIERO A “SENSO UNICO”

Per questo, il caso della rockband “Le Rivoltelle” rappresenta un ulteriore esempio della dittatura del pensiero unico nella quale siamo profondamente immersi. Al punto che non è possibile per un Comitato parrocchiale fare le sue scelte secondo il proprio credo religioso senza finire sotto gli implacabili cingoli delle armate LGBT. In mezzo a tanto clamore mediatico, siamo sicuri però che San Pio dall’alto avrà ispirato e benedetto tale saggia e sacrosanta decisione.

 

Da: https://www.osservatoriogender.it/il-caso-le-rivoltelle-una-storia-di-ordinaria-dittatura-genderil-caso-le-rivoltelle-una-storia-di-ordinaria-dittatura-gender/

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Invasione islamica: maomettani nelle nostre Chiese

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Molti sono stati sacerdoti coraggiosi che hanno rifiutato di far entrare nelle nostre Chiese i seguaci dell'islam, la religione che da 1400 anni è la più contraria al cristianesmo. Ecco alcuni esempi:

 – «Nel mondo c’è tanta violenza in nome del dio dell’Islam. C’è gente che sgozza i preti inneggiando ad Allah».

 – "C'è una legge non scritta: è che non bisogna condannare nulla, ma proprio nulla, se la condanna deve mettere in cattiva luce la religione dell’islam, senza troppo distinguere tra islam considerato moderato e il cosiddetto islam radicalizzato, e senza sottilizzare troppo sulle intenzioni di guerra santa professate dall’autoproclamato Stato islamico. Non bisogna parlare male dell’islam e non bisogna presentare le vittime cristiane dell’islam come vittime e/o come  cristiane"

 – "In Egitto è accaduto che gruppi si siano recati di buon mattino su alcuni terreni della Chiesa copta, abbiano steso il tappeto e pregato, rendendo di fatto impossibile l’edificazione di una chiesa su quell’area che con il loro gesto era stata resa sacra all’islam, cioè INALIENABILE ad altre religioni".

 – "Tu mi ammazzi un parroco e poi ti inviti la settimana dopo nella mia Chiesa a pregare la tua religione. Anche le altre chiese del mondo oggi saranno invase da musulmani senza che nessuno li abbia invitati"

 – "Potevano dire semplicemente che nella loro preghiera del venerdì, come gesto di solidarietà, avrebbero ricordato padre Hamel, sarebbe stato sufficiente. Anzi sarebbe stata la forma più bella"

 – «Loro si professano nostri fratelli? Non so se possiamo fidarci».

 – Il Vescovo emerito di Isernia: ”L’ Islam si basa sul Corano e prima di affermare che esiste un Islam moderato si legga quel libro. Vi sono pagine spaventose di odio, nelle quali si chiede di uccidere crudelmente chi non crede, gli infedeli e noi per loro tali siamo. E allora che pace è mai questa?”.

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Magdi Cristiano Allam ha invece smascherato l'imam di Bari: "Ecco cosa ha letto in chiesa: ha condannato i cristiani come miscredenti"

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IMPORTANTE. Il liturgista Don Bux ha spiegato in modo semplice e sintetico al Card. Bagnasco perchè si è trattato di una "violazione della communicatio in sacris "

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Imam in chiesa: una grave offesa alla fede e alla ragione

di Roberto de Mattei, per Corrispondenza Romana del 3 agosto 2016

 

Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana Angelo Bagnasco ha criticato quei cattolici che si sono mostrati sconcertati e in molti casi indignati, per l’invito ai musulmani di pregare, domenica 31 luglio, nelle chiese italiane: «Veramente non capisco il motivo – ha detto –.  Il motivo non mi sembra proprio esistente».

A suo dire l’adesione di migliaia di musulmani alla preghiera davanti all’altare vuole essere «una parola di condanna e una presa di distanza assoluta, da parte di chi, musulmani ma non solo, non accetta alcuna forma di violenza».
In realtà come ha osservato monsignor Antonio Livi, sul sito La nuova Bussola quotidiana, la partecipazione dei musulmani alle cerimonie liturgiche, in Italia e in Francia, è stato un atto al tempo stesso, sacrilego e insensato.

Sacrilego perché le chiese cattoliche, al contrario delle moschee, non sono centri di conferenze o di propaganda, ma luoghi sacri, dove si rende il dovuto culto di adorazione a Gesù Cristo, realmente presente «in corpo, sangue, anima e divinità» nell’Eucaristia.
Se si giudicava necessario un incontro per condannare la violenza, quest’atto politico poteva avvenire da qualsiasi altra parte, ma non nella casa di Dio che, per il Papa e i vescovi italiani, non può che essere l’unico vero Dio in tre Persone, combattuto nel corso dei secoli, manu militari, dall’Islam.

A Roma, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere dov’erano seduti in prima fila tre imam della Capitale, due di loro, Ben Mohamed Mohamed e Sami Salem, hanno parlato dal pulpito citando più volte il Corano, però hanno dato le spalle al Vangelo durante l’Omelia, bisbigliando una preghiera musulmana, mentre i cattolici recitavano il Credo.
Nella cattedrale di Bari il cosiddetto Imam Sharif Lorenzini, ha recitato in arabo la prima Sura del Corano che condanna la miscredenza dei cristiani con queste parole: «Mostraci la retta via, la via di coloro che tu hai favorito, non (la via) di coloro che guadagnano la tua ira, né quella di coloro che hanno deviato».

Ciò che è avvenuto è anche un atto senza ragione, proprio perché non c’è alcun motivo per cui i musulmani debbano essere invitati a pregare e a tenere sermoni in una chiesa cattolica.
L’iniziativa dei vescovi italiani e francesi lascia credere che l’Islam, in quanto tale, sia privo di ogni responsabilità, nella strategia del terrore, come se non fosse in nome del Corano che musulmani fanatici ma coerenti massacrano i cristiani nel mondo. Negare che quella in atto sia una guerra religiosa, è come se si fosse negato che negli anni Settanta i brigatisti rossi conducessero una guerra politica contro lo Stato italiano.

Il movente dei terroristi dell’Isis è religioso e ideologico e trae pretesto da un certo numero di versetti del Corano. In nome del Corano decine di migliaia di cattolici sono perseguitati in tutto il mondo, dal Medio oriente, alla Nigeria, all’Indonesia.
Mentre il nuovo numero di Dabiq, la rivista ufficiale del Califfato invita i propri militanti a distruggere la Croce e ad uccidere i cristiani, la CEI libera la religione maomettana da ogni responsabilità, addossando a pochi estremisti i massacri degli ultimi mesi.
È vero esattamente il contrario: è solo una minoranza (23.000 su oltre 2 milioni di islamici ufficialmente registrati) il numero dei musulmani che hanno aderito alla dissennata iniziativa promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana.

Come dar torto alla maggioranza che ha respinto l’invito al mittente, accusando di ipocrisia coloro che lo hanno accettato?
Perché i musulmani, che professano una fede religiosa non solo diversa ma antitetica alla fede cattolica dovrebbero andare a pregare e a predicare in una chiesa cattolica o dovrebbero invitare i cattolici a predicare e pregare nelle loro moschee?
Ciò che è avvenuto il 31 luglio è, sotto tutti gli aspetti, una grave offesa sia alla fede che alla ragione.

(Roberto de Mattei)

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Bologna si conferma punta di diamante della dissoluzione

 Pochi giorni fa Papa Francesco ha condannato in modo fermissimo le teorie omosessualiste:
"In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche.
E una di queste – lo dico chiaramente con “nome e cognome” – è il gender! Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. […]
Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile.
Parlando con Papa Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E’ intelligente!
Dio ha creato l’uomo e la donna; Dio ha creato il mondo così, così, così…, e noi stiamo facendo il contrario
". (Papa Francesco, ai vescovi polacchi 27/7/2016).

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Ieri, come al solito a Bologna, il sindaco Merola (PD Partito Democratico – SeL)  ha "unito civilmente" (sic!), la prima coppia di lesbiche (foto a sinistra): è un evento epocale, una violenta rottura con l'identità occidentale: le parole di Papa Francesco siano sprone e incoraggiamento a quanti, ancora indecisi, possono dedicare tempo e cuore nella lotta contro la dissoluzione.
Poniamo dunque nel cuore le parole del Besto Giuseppe Toniolo: laico, padre di famiglia, insegnante ed economista:
"Sarai tu soldato di Dio? E scorgi tu ciò che formò l'obbiettivo lungo i secoli dei massimi eroismi? In tal caso, io sono sicuro che tu non assisterai impassibile agli attacchi che da ogni parte scuotono quanto nel mondo v'è di più prezioso della tua stessa vita, cioè il tuo Dio e la tua religione. Sì, Dio e la Chiesa domandano anche oggi dei difensori, ma dei veri difensori che non abbandonano mai il loro posto, fedeli alla consegna fino alla morte, abituati a tutte le asprezze della disciplina, pronti sempre alla battaglia. Ah! La debolezza, le scissure, le codardie dei buoni provengono dall'aver essi abbandonato l'armatura dei forti e la disciplina degli eroi; ed è questo che forma la forza dei cattivi".
(Prefazione al volume di Dom Pollien «Siate cristiani», in http://www.paginecattoliche.it/modules.php?name=News&file=article&sid=1832 )

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Come siamo arrivati a legalizzare le “unioni civili”

di Tommaso Scandroglio, per Corrispondenza Romana del 27 luglio 2016

 

Approvato il decreto ponte sulle Unioni civili dal Consiglio di Stato, a Castel San Pietro, piccolo comune nel bolognese, Elena e Deborah si sono unite civilmente nonostante manchino ancora i decreti definitivi. La prima coppia omosessuale che ufficialmente istituisce una unione civile. Poco importa se ci potrebbero essere stati alcuni vizi formali, ha fatto sapere qualche costituzionalista, l’importante è la sostanza. E la sostanza sta nel fatto che anche in Italia i para-matrimoni gay sono diventati legge dello Stato.

Ad essere sinceri anche noi tutti – cattolici eterosessuali – ci abbiamo messo del nostro per far tagliare al Bel Paese questo traguardo di inciviltà. Molti sono stati i fattori adiuvanti provenienti dagli ambienti cattolici – appoggio pieno, ignoranza dottrinale dolosa e colposa, catto-progressisimo e catto-liberismo culturale, quiescenza, spirito omertoso, opportunismo politico, secolarismo pastorale etc. – ma qui vogliamo soffermarci su una causa particolare.

Le pratiche eutanasiche che hanno portato a morte l’istituto di diritto naturale del matrimonio.
Il primo colpo di scure inferto alle radici di questo splendido albero è stata la perdita della dimensione sacramentale del vincolo nuziale. «Per il battezzato non ci può essere altro matrimonio che quello sacramentale» (Codice di diritto canonico, can. 1005, § 2). Cristo ha elevato a sacramento una realtà naturale e il battezzato non può che vivere questa realtà nella dimensione voluta da Cristo stesso. Tanto che se una delle parti contraenti o entrambe escludono con un positivo atto della volontà la dignità sacramentale del matrimonio, questo è nullo, cioè non è venuto mai ad esistenza (can. 1101 § 2).

In questo senso i matrimoni dei cattolici spesso possono essere considerati “religiosi” solo perché sono stati celebrati in una chiesa e niente più. Sono in realtà vincoli laici, sia nella preparazione, sia non di rado nella celebrazione stessa, sia infine e inevitabilmente nella successiva vita di tutti i giorni. Nel giorno della nozze si celebra alla fine un amore puramente umano, impoverito sull’asse orizzontale di un nuovo umanesimo.

Ma, e qui passiamo al secondo colpo di scure, c’è da domandarsi se questi matrimoni in chiesa almeno siano ricchi di affetto solo umano. Al netto di necessarie generalizzazioni, la risposta che ci verrebbe da dare è di segno negativo.
Se noi stacchiamo i tralci dalla vite ovviamente questi muoiono (cfr. Gv 15, 5). È per questo che la Chiesa insegna che per i battezzati non ci può essere altro matrimonio che quello sacramentale, cioè quello che prende linfa vitale dalla sua dimensione trascendente. O lo vivi integralmente il matrimonio così come voluto da Cristo oppure non ti è data la possibilità di viverlo a metà, a mezzo servizio.

Quindi tutte quelle virtù che innervano il matrimonio rinsecchiscono se la vita coniugale non è innestata in una ricerca in tandem della santità.
La prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza muoiono nel matrimonio se non ci sono la fede, la speranza e la carità. In parole più povere, la tenerezza, la capacità di ascolto, l’atteggiamento di fare un passo indietro per far compiere all’altro coniuge un passo in avanti, il perdono, la comprensione, la fedeltà, la responsabilità delle scelte compiute, la maturità di giudizio e molte altre virtù sponsali evaporano al sole di una esistenza vissuta non con gli occhi fissi verso l’alto ma solo verso l’altro.

Ciò che rimane del matrimonio – i dati Istat su separazioni e divorzi lo confermano di anno in anno – è solo un cumulo di macerie. Questo perché l’ “amore” matrimoniale è scolorito a mere emozioni, a slanci affettivi, a spontaneismi interiori, se non a piaceri sensuali. Va da sé che l’edificio della vita coniugale non tiene se questi sono i mattoni di cui è fatto.
Ora se il matrimonio è solo affetto, piacersi, stare bene insieme, non si vede il perché queste caratteristiche dovrebbero essere appannaggio delle sole coppie eterosessuali.
Se il matrimonio ha perso per strada le sue finalità – procreazione, educazione e aiuto reciproco – se è stato amputato di tutte le sue più alte ed onerose esigenze naturali e preternaturali ed ha puntato tutto sul mero benessere della vita a due, questi due possono essere benissimo una coppia omosessuale.

Siamo dunque anche noi cattolici che per paradosso abbiamo contribuito a preparare la strada alle Unioni civili, quando abbiamo depauperato il vincolo nuziale della sua dignità sacramentale e di conseguenza di tutte le sue proprietà di carattere naturale.

Il precipitato di questa operazione di scrematura, è una sostanza liquida, incolore e insapore buona per tutti i palati, anche quelli delle persone omosessuali. Siamo perciò stati anche noi che abbiamo confezionato un abito nuziale dal taglio unisex

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