Matrimoni omosessuali: Ma la CEI, dov’era?

Cosa c'è da ridere... ?Ma la CEI, dov’era?

di Marco Tosatti

Sarà una domanda che forse fra qualche decennio gli studiosi della Chiesa si porranno, scrivendo la storia della fine del concetto naturale di famiglia nel Paese. Intanto circolano voci autorevoli in Vaticano sulla possibilità che mons. Galantino sia scelto come Vicario per il Papa della città di Roma e Presidente della CEI

 

Ma la Cei dov’era, mentre una gran parte del mondo cattolico – e non solo – si batteva contro una legge che apre la strada, come affermano apertamente i suoi ispiratori, Scalfarotto e De Giorgi, la new entry LGBT nello staff di Palazzo Chigi all’eguaglianza fra matrimonio naturale e altre forme di unione?  

Sarà una domanda che forse fra qualche decennio gli studiosi della Chiesa si porranno, scrivendo la storia della fine del concetto naturale di famiglia nel Paese.  

Il Presidente della Cei, Bagnasco, si è espresso chiaramente. Alcuni vescovi coraggiosi anche; ma a differenza di altri momenti non c’è stato uno sforzo comune, coordinato, di sostegno ai laici che combattevano contro una legge sospetta di incostituzionalità, e fatta passare a approvare violando regole e prassi della democrazia così come l’abbiamo conosciuta finora in questo Paese. Una triste anteprima di quello che sarà il futuro se il trend imposto da Renzi e avallato dai suoi alleati e valvassori continuerà indisturbato.  

Ieri abbiamo sentito a TV2000 il Segretario Generale della CEI, mons. Nunzio Galantino, esprimersi cosi: “…il governo ha le sue logiche, le sue esigenze, probabilmente avrà anche le sue ragioni, ma il voto di fiducia, non solo per questo governo ma anche per quelli passati, spesso rappresenta una sconfitta per tutti”.   

E poi ha parlato della “ necessità di politiche che siano più attente, e che davvero mettano al centro l’importanza della famiglia, fatta di madre, padre, figli”.  Sentitelo, e ditemi che impressione ne ricavate.  

Non so, forse a dispetto dell’età sono un po’ ingenuo: Ma a fronte di una legge che sconvolge radicalmente l’impianto sociale – e costituzionale – del concetto di famiglia, e grazie ai giudici compiacenti ha già aperto e aprirà alla legittimazione surrettizia “post factum” dell’utero in affitto, non mi sembrano parole di fuoco, e neanche di fuocherello; un cerino tutt'al più.  

Una diversa posizione non sarebbe stata coerente: il segretario della CEI ha contribuito anima e corpo affinché mancasse il sostegno della globalità dei vescovi alla battaglia.  

Tutti sconfitti? Molti certamente, a cominciare dal Parlamento, che non ha potuto dibattere su una legge divisiva e problematici; ma ci sono diverse qualità nella sconfitta. Chi si è battuto e ha perso, ha perso, ma non è stato sconfitto. Gli sconfitti, in partenza, sono quelli che non si battono.  

Ma rassegniamoci: se è possibile, come mi sostengono voci autorevoli in Vaticano che abbiamo fra un po’ mons. Galantino Vicario per il Papa della città di Roma e Presidente della CEI, avremo altre sorprese.  

(altro…)

Continua a leggereMatrimoni omosessuali: Ma la CEI, dov’era?

Matrimoni omosessuali “Per senso di responsabilità”…

Lupi e Quagliariello al amily day“Per senso di responsabilità”…

by Massimo Viglione · 11 maggio 2016

 

Nella storia, come nella vita, i nodi vengono al pettine. E oggi un grosso nodo del demonio sta arrivando al pettine, ma non possiamo dare la colpa solo al demonio o ai suoi servitori immediati e palesi. Eh no! Troppo comodo.

Quando gli uomini commettono un male nella società, vi sono quasi sempre quattro entità complici, ognuno al suo grado di responsabilità e corresponsabilità. Normalmente, quasi tutti pensano che ce ne siano due. Qualcuno arriva a capire che ce ne sono tre. Ma a quattro… molto pochi ci arrivano.

Chi sono i quattro complici? È presto detto:

  1. il colpevole materiale;
  2. il mandante (e, fino a qui, è chiaro a tutti);
  3. i sostenitori, ovvero coloro che, per svariate ragioni, pur non essendo mandanti, plaudono ai primi due (o, più ipocritamente, solo ai secondi);
  4. gli ignavi, ovvero coloro che non sono affatto contenti, protestano pure, si infuriano, ma, “per senso di responsabilità” (ovvero, tradotto, per non avere a soffrire alcun rischio personale, danni alla carriera, o, magari, più semplicemente, per non fare la parte antipatica del disturbatore, del “non moderato”, dell’antiquato, del rompiscatole, della persona non seria, ecc. ecc.), alla fine, dopo tante proteste, verbali e scritte, magari su Facebook, non fanno nulla per resistere e accettano tutto, borbottando e minacciando tuoni e fulmini casomai il male dovesse compiere un altro passo in avanti (gli stessi tuoni e fulmini che avevano già tante volte minacciato in precedenza).

Questo quarta entità è la più diffusa, ovviamente. E sono proprio coloro che si sentono i “buoni”, ovvero, andando al sodo, i cattolici che oggi cercano di opporsi alla distruzione della famiglia, della morale, della società, dei bambini. E non mi riferisco solo a qualche deputato traditore (questi sono poche decine in tutto) e nemmeno solo al clero traditore (numericamente molto ma molto più consistente dei deputati); mi riferisco a milioni di persone. A coloro che si battono come possono e lodevolmente perché il male non avanzi, ma si scordano purtroppo come e quanto hanno contribuito in passato a sostenere coloro che oggi fanno avanzare il male direttamente o indirettamente.

Ma c’è di peggio: se per il passato non si può più fare nulla, la verità dolorosa quanto occulta è che non pochi di costoro in realtà sono già pronti, dopo tante minacce di “ciricorderemo”, a rivotare proprio coloro che oggi stanno minacciando di boicottare. Magari non i peggiori (vedi Renzi e soci), ma gli intermediari sicuramente. Sono già pronti, sotto la maschera della rabbia, a mettersi proni dinanzi a quegli ecclesiastici che sono in piena combutta con gli artefici della dissoluzione e che per tenere buono il popolo infuriato di tanto in tanto dicono una parola in difesa dei valori aggrediti suscitando sfrenate lodi e manifestazioni di giubilo e difesa, da bravi manovratori di masse, a loro volta disponibili a farsi prendere in giro per anni e decenni. Sono già pronti a dare fiducia politici e giornalisti che promettono mari e monti, ben sapendo che poi occorre “fare i conti con la realtà”, “isolare gli estremismi”, cercare di cedere qualcosa per tenere ferma una postazione… La quale, ovviamente, sarà ceduta al successivo immancabile attacco. E così via fino alla distruzione di tutto.

Quante volte a costoro è stata data fiducia in passato? Quante innumerevoli volte nel corso degli anni, e per alcuni dei decenni, ci si è volontariamente accecati? Quante volte è stata data fiducia a coloro che a loro volta, presentandosi come cattolici “moderati e seri”, sostengono “moderatamente e seriamente”, per “senso di responsabilità”, gli artefici della dissoluzione? Quante volte ci si è arrabbiati contro coloro che denunciavano tali traditori? Quante volte li si è derisi? Quante volte li si è fatti passare per “estremisti”, “esagerati”, ecc. ecc.? Quante volte non si è loro permesso di scrivere sulle riviste e agenzie importanti e meno importanti? Quante volte, ancora oggi, non si ammette questa lampante verità?

Ed ecco il conto. Oggi è arrivato. Che pagheranno anzitutto i nostri figli, poi la società e l’umanità, e pure noi. Un conto di cui dovremo rispondere a Dio.

Vedo oggi un articolo di Cascioli sulla Nuovabussolaquotidiana che si potrebbe firmare dall’inizio alla fine. Peccato però che per anni – e ancora oggi – tutti coloro che queste cose le dicono da una vita sono stati sempre esclusi da tale agenzia (come da altri giornali e periodici similari) perché estremisti, poco seri, ecc. ecc. Quanto vi sarebbe da dire a riguardo… Ma caliamo il velo. E, comunque, ancora la NBQ continua a non trarre le logiche e immediate conseguenze di quanto ormai si sente costretta a dover suo malgrado denunciare…

Ma cosa si può fare di più di quello che già si fa?

(Continua – clicca su Leggi tutto)

(altro…)

Continua a leggereMatrimoni omosessuali “Per senso di responsabilità”…

Spaemann: “È il caos eretto a principio con un tratto di penna”

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

Il professor Robert Spaemann, 89 anni, coetaneo e amico di Joseph Ratzinger, è professore emerito di filosofia presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera. È uno dei maggiori filosofi e teologi cattolici tedeschi. Vive a Stoccarda. Il suo ultimo libro uscito in Italia è: “Dio e il mondo. Un’autobiografia in forma di dialogo”, edito da Cantagalli nel 2014.
Questa che segue è la traduzione dell’intervista sulla “Amoris lætitia” che egli ha dato in esclusiva ad Anian Christoph Wimmer per l’edizione tedesca di Catholic News Agency del 28 aprile:
> “Ein Bruch mit der Lehrtradition” – Robert Spaemann über “Amoris lætitia”

 

D. – Professor Spaemann, lei ha accompagnato con la sua filosofia i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Molti fedeli oggi si chiedono se l’esortazione postsinodale “Amoris lætitia” di papa Francesco possa essere letta in continuità con l’insegnamento della Chiesa e di questi papi.

R. – Per la maggior parte  del testo ciò è possibile, anche se la sua linea lascia spazio a delle conclusioni che non possono essere rese compatibili con l’insegnamento della Chiesa. In ogni caso l’articolo 305, insieme con la nota 351, in cui si afferma che i fedeli “entro una situazione oggettiva di peccato” possono essere ammessi ai sacramenti “a causa dei fattori attenuanti”, contraddice direttamente l’articolo 84 della “Familiaris consortio” di Giovanni Paolo II.

D. – Che cosa stava a cuore a Giovanni Paolo II?

R. – Giovanni Paolo II dichiara la sessualità umana “simbolo reale della donazione di tutta la persona” e, più precisamente, “un’unione non temporanea o ad esperimento”. Nell’articolo 84 afferma, dunque, in tutta chiarezza che i divorziati risposati, se desiderano accedere alla comunione,  devono rinunciare agli atti sessuali. Un cambiamento nella prassi dell’amministrazione dei sacramenti non sarebbe quindi “uno sviluppo” della “Familiaris consortio”, come ritiene il cardinal Kasper, ma una rottura con il suo insegnamento essenziale, sul piano antropologico e teologico, riguardo al matrimonio e alla sessualità umana.

La Chiesa non ha il potere, senza che vi sia una conversione antecedente, di valutare positivamente delle relazioni sessuali, mediante l’amministrazione dei sacramenti, disponendo in anticipo della misericordia di Dio. E questo rimane vero a prescindere da quale sia il giudizio su queste situazioni sia sul piano morale che su quello umano. In questo caso, come per il sacerdozio femminile, la porta qui è chiusa.

D. – Non si potrebbe obiettare che le considerazioni antropologiche e teologiche da lei citate siano magari anche vere, ma che la misericordia di Dio non è legata a tali limiti, ma si collega alla situazione concreta di ogni singola persona?

R. – La misericordia di Dio riguarda il cuore della fede cristiana nell’incarnazione e nella redenzione. Certamente lo sguardo di Dio investe ogni singola persona nella sua situazione concreta. Egli  conosce ogni singola persona meglio di quanto essa conosca se stessa.  La vita cristiana, però, non è un allestimento pedagogico in cui ci si muove verso il matrimonio come verso un ideale, così come pare presentata in molti passi della “Amoris lætitia”. L’intero ambito delle relazioni, particolarmente quelle di carattere sessuale, ha a che fare con la dignità della persona umana, con la sua personalità e libertà. Ha a che fare con il corpo come “tempio di Dio” (1 Cor 6, 19). Ogni violazione di questo ambito, per quanto possa essere divenuta frequente, è quindi una violazione della relazione con Dio, a cui i cristiani si sanno chiamati; è un peccato contro la sua santità, e ha sempre e continuamente bisogno di purificazione e conversione.

La misericordia di Dio consiste proprio nel fatto che questa conversione è resa continuamente e di nuovo possibile. Essa, certamente, non è legata a determinati limiti, ma la Chiesa, per parte sua, è obbligata a predicare la conversione e non ha il potere di superare i limiti esistenti mediante l’amministrazione dei sacramenti, facendo, in tal modo, violenza alla misericordia di Dio. Questa sarebbe orgogliosa protervia.

Pertanto, i chierici che si attengono all’ordine esistente non condannano nessuno, ma tengono in considerazione e annunciano questo limite verso la santità di Dio. È un annuncio salutare. Accusarli ingiustamente, per questo, di “nascondersi dietro gli insegnamenti della Chiesa” e di “sedere sulla cattedra di Mosè… per gettare pietre contro la vita delle persone” (art. 305), è qualcosa che nemmeno voglio commentare.  Si noti, solo per inciso, che qui ci si serve, giocando su un fraintendimento intenzionale, del passo evangelico citato. Gesù dice, infatti, sì, che i farisei e gli scribi siedono sulla cattedra di Mosè, ma sottolinea espressamente che i discepoli devono praticare e osservare tutto quello che essi dicono, ma non devono vivere come loro (Mt 23, 2).

D. – Il papa vuole che non ci si concentri su delle singole frasi della sua esortazione, ma che si tenga conto di tutta l’opera nel suo insieme.

R. – Dal mio punto di vista, concentrarsi sui passi citati è del tutto giustificato.  Davanti a un testo del magistero papale non ci si può attendere che la gente si rallegri per un bel testo e faccia finta di niente davanti a frasi decisive, che cambiano in maniera sostanziale l’insegnamento della Chiesa. In questo caso c’è solo una chiara decisione tra il sì e il no. Dare o non dare la comunione: non c’è una via media.

D. – Papa Francesco nel suo scritto ripete che nessuno può essere condannato per sempre.

R. – Mi risulta difficile capire che cosa intenda. Che alla Chiesa non sia lecito condannare personalmente nessuno, men che meno eternamente – cosa che, grazie a Dio, nemmeno può fare – è qualcosa di chiaro. Ma, se si tratta di relazioni sessuali che contraddicono oggettivamente l’ordinamento di vita cristiano, allora vorrei davvero sapere dal papa dopo quanto tempo e in quali circostanze una condotta oggettivamente peccaminosa si muta in una condotta gradita a Dio.

D. – Qui, dunque, si tratta davvero di una rottura con la tradizione dell’insegnamento della Chiesa?

R. – Che si tratti di una rottura è qualcosa che risulta evidente a qualunque persona capace di pensare che legga i testi in questione.

D. – Come si è potuti giungere a questa rottura?

R. – Che Francesco si ponga in una distanza critica rispetto al suo predecessore Giovanni Paolo II lo si era già visto quando lo ha canonizzato insieme con Giovanni XXIII, nel momento in cui ha ritenuto superfluo per quest’ultimo il secondo miracolo che, invece, è canonicamente richiesto. Molti a ragione hanno percepito questa scelta come manipolativa. Sembrava che il papa volesse relativizzare l’importanza di Giovanni Paolo II.

Il vero problema, però, è un’influente corrente di teologia morale, già presente tra i gesuiti nel secolo XVII, che sostiene una mera etica situazionale. Le citazioni di Tommaso d’Aquino prodotte dal papa nella “Amoris lætitia” sembrano sostenere questo indirizzo di pensiero. Qui, però, si trascura il fatto che Tommaso d’Aquino conosce atti oggettivamente peccaminosi, per i quali non ammette alcuna eccezione legata alle situazioni. Tra queste rientrano anche le condotte sessuali disordinate. Come già aveva fatto negli anni Cinquanta con il gesuita Karl Rahner, in un suo intervento che contiene tutti gli argomenti essenziali, ancor oggi validi, Giovanni Paolo II ha ricusato l’etica della situazione e l’ha condannata nella sua enciclica “Veritatis splendor”.

“Amoris Laetitia” rompe anche con questo documento magisteriale.  A questo proposito, poi, non si dimentichi che fu Giovanni Paolo II a mettere a tema del proprio pontificato la misericordia divina, a dedicarle la sua seconda enciclica, a scoprire  a Cracovia il diario di suor Faustina e, in seguito, a canonizzare quest’ultima. È lui il suo interprete autentico.

D. – Che conseguenze vede per la Chiesa?

R. – Le conseguenze si possono vedere già adesso. Crescono incertezza, insicurezza e confusione: dalle conferenze episcopali fino all’ultimo parroco nella giungla. Proprio pochi giorni fa un sacerdote dal Congo mi ha espresso tutto il suo sconforto davanti a questo testo e alla mancanza di indicazioni chiare. Stando ai passaggi corrispondenti di “Amoris lætitia”, in presenza di non meglio definite “circostanze attenuanti”, possono essere ammessi alla assoluzione dei peccati e alla comunione non solo i divorziati risposati, ma tutti coloro che vivono in qualsivoglia “situazione irregolare”, senza che debbano sforzarsi di abbandonare la loro condotta sessuale, e, dunque, senza piena confessione e senza conversione.

Ogni sacerdote che si attenga all’ordinamento sacramentale sinora in vigore potrebbe subire forme di mobbing dai propri fedeli ed essere messo sotto pressione dal proprio vescovo. Roma può ora imporre la direttiva per cui saranno nominati solo vescovi “misericordiosi”, che sono disposti ad ammorbidire l’ordine esistente. Il caos è stato eretto a principio con un tratto di penna. Il papa avrebbe dovuto sapere che con un tale passo spacca la Chiesa e la porta verso uno scisma. Questo scisma non risiederebbe alla periferia, ma nel cuore stesso della Chiesa. Che Dio ce ne scampi.

Una cosa, però, mi sembra sicura: quel che sembrava essere l’aspirazione di questo pontificato – che la Chiesa superi la propria autoreferenzialità, per andare incontro con cuore libero alle persone – con questo documento papale è stato annichilito per un tempo imprevedibile. Ci si deve aspettare una spinta secolarizzatrice e un ulteriore regresso del numero dei sacerdoti in ampie parti del mondo. Si può facilmente verificare, da parecchio tempo, che i vescovi e le diocesi con un atteggiamento non equivoco in materia di fede e di morale hanno il numero maggiore di vocazioni sacerdotali. Si deve qui rammentare quel che scrive san Paolo nella lettera ai Corinti: “Se la tromba emette un suono confuso, chi si preparerà alla battaglia?” (1 Cor 14, 8).

D. – Che cosa succederà ora?

R. – Ogni singolo cardinale, ma anche ogni vescovo e sacerdote è chiamato a difendere nel proprio ambito di competenza l’ordinamento sacramentale cattolico e a professarlo pubblicamente. Se il papa non è disposto a introdurre delle correzioni, toccherà al pontificato successivo rimettere le cose a posto ufficialmente.

 

(di Sandro Magister su L’Espresso) 

(altro…)

Continua a leggereSpaemann: “È il caos eretto a principio con un tratto di penna”

Sarah: oggi i sacramenti sono vittime di deformazioni

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

Il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, insieme con il cardinale Burke, ha presentato il libro di Nicola Bux «Non si scherza con i sacramenti» (Cantagalli), introduzione di Vittorio Messori. «Ho proposto al Papa lo stop alle foto durante le celebrazioni»

I sacramenti sono, oggi, vittime di abusi e «deformazioni» a causa di «cattive decisioni deliberatamente prese da non pochi sacerdoti» che, declassando ad esempio l’eucaristia «a nome di un fantomatico conflitto dei segni», «confondono i fedeli».
E’ la denuncia del cardinale Robert Sarah, prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, che, insieme al cardinale statunitense Raymond Leo Burke, patrono del Sovrano militare ordine di Malta, e all’economista Ettore Gotti Tedeschi, ha presentato il libro «Con i sacramenti non si scherza» (Cantagalli, 222 pagine), prefazione di Vittorio Messori. 

La presentazione, organizzata dalla casa editrice in collaborazione con la Pia Fondazione Paventi di San Bonaventura e avvenuta ieri sera in un’affollata sala dell’hotel Columbus, su via della Conciliazione, è stata moderata da Jacopo Coghe (Generazione famiglia). Al dibattito sono intervenuti Paolo Rodari (Repubblica) e Guillame Ferluc (Paix Ltiurgique). Avevano inviato messaggi di adesione i cardinali Gehrard Ludwig Mueller, Peter Erdo, Mauro Piacenza, oltre al defunto cardinale Georges Cottier, i monsignori Enrico Dal Covolo, Jean Lafitte, Guido Marini, e lo stesso Vittorio Messori, che firma la introduzione, e che parteciperà ad una successiva presentazione del volume che si terrà a Milano il prossimo due maggio.  

Presenti in sala, tra gli altri, i cardinali Walter Brandumuller, Velasio De Paolis, José Saraiva Martins, mons. Agostino Marchetto, mons. Carlo Maria Viganò, mons. Guido Pozzo, e i parlamentari italiani Gaetano Quagliariello e Alfredo Mantovano. 

«Come è possibile anche solo immaginare di prendersi gioco della presenza di Dio?», ha detto Sarah nell’intervento di apertura. «I sacramenti sono segni efficaci, farmaci che rimettono dal peccato: si può scherzare con i farmaci che ti salvano e ti rimettono in salute?».
Eppure, ha proseguito il porporato guineano, «come ci ha più volte ricordato Papa Benedetto XVI, in questi decenni del post Concilio assistiamo a deformazioni della liturgia al limite del sopportabile, in un crescendo che non trova fine». E «per questo Papa Giovanni Paolo II scrisse l’enciclica Ecclesia de Eucharistia, a cui seguì l’istruzione Redemprionis sacramentum, che ribadiva come nei sacramenti è in gioco la lex credendi. La stessa preoccupazione ha mosso Papa Benedetto XVI a promulgare l’esortazione apostolica Sacramentum caritatis e il motu proprio Summorum pontificum».  

Per Sarah, «non scherzare con i sacramenti significa mettere al centro il sacramento dei sacramenti, il santissimo, oggi inspiegabilmente declassato a nome di un fantomatico conflitto dei segni, altrettanto è accaduto con la croce.
Ma il tabernacolo fornisce l’orientamento ad Dominum, così necessario in questo tempo in cui tanti vorrebbero vivere come se Dio non esistesse, e fare ciò che vogliono».
Oggi, per il prefetto della congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, «sta avvenendo un passaggio culturale e generazionale nella percezione della liturgia, ma pochi se ne avvertono, malgrado il tanto parlare dei segni dei tempi». E «anche Papa Francesco scrive nella enciclica Lumen fidei che Gesù ci ha toccato», così come «il Concilio vaticano II parla di sacramenti della fede, perché i sacramenti non solo suppongono la fede, ma la nutrono e la irrobustiscono».  

Eppure, ha proseguito Sarah, oggi «si crede così poco nel loro potere di trasformazione. Oggi si va affermando il bisogno di capirli, di spiegarli di nuovo, a causa di deformazioni e cattive decisioni deliberatamente prese da non pochi sacerdoti che confondono i fedeli, i quali finiscono per non capirli». Per il porporato, «alcuni preti hanno modi da conduttore televisivo, capita di assistere a sacramenti trasformati in lunghe didascalie». Ma «per capire i sacramenti non bisogna aprire gli occhi, ma chiuderli. I sacramenti non si capiscono con gli occhi della carne, ma con quelli dello spirito». 

Quindi il cardinale ha aggiunto: «Ho incontrato il Papa sabato e gli ho detto: `se vogliamo ritrovare la vera liturgia Lei ha il potere di cacciare i fotografi dell’altare. Abbiamo trasformato le liturgie in uno spettacolo”». 

Nei loro interventi, il card. Burke ha tra l’altro sottolineato che dopo il Concilio vaticano II «si è diffusa una mentalità mondana, secolare, che ha disprezzato la ricca tradizione della Chiesa». […]

La Chiesa, si legge in una presentazione del volume di Nicolas Bux, «pare voler dissolvere i contorni netti della fede in una sorta di brodo indeterminato e rimescolato dal “secondo me” di certi sacerdoti. Ebbene, della fede, i sacramenti sono l’espressione, il frutto, il dono più alto e prezioso. Ecco, dunque, il nostro liturgista dedicarsi al tema, con la passione consueta. Per ognuno dei sette “segni efficaci” l’autore chiarisce l’oggetto, il significato, la storia. Poi – necessaria, e più che mai attuale – l’avvertenza circa le deformazioni, gli equivoci, le aggiunte o le sottrazioni che oggi minacciano quel sacramento. Dunque, una catechesi in uno stile che sa essere al contempo dotto e divulgativo, seguìta da una sorta di “manuale per l’uso”. Alla base di tutto quanto succede nella Catholica ormai da decenni, c’è quanto l’autore denunciava anche nei libri precedenti: quella “svolta antropocentrica che ha portato nella Chiesa molta presenza dell’uomo, ma poca presenza di Dio!”. La sociologia invece della teologia, il Mondo che oscura il Cielo, l’orizzontale senza il verticale, la profanità che scaccia la sacralità. La sintesi cattolica – quella sorta di legge dell’et-et, di unione degli opposti che regge l’intero edificio della fede – è stata troppo spesso abbandonata per una unilateralità inammissibile». 

(altro…)

Continua a leggereSarah: oggi i sacramenti sono vittime di deformazioni

Insieme per riscrivere la cultura della Vita

  • Categoria dell'articolo:Vita

Mancano ormai pochi giorni alla VI edizione della Marcia per la Vita, che si svolgerà a Roma Domenica 8 maggio con partenza da piazza della Bocca della Verità alle ore 9,30. I motivi per cui vale la pena non solo partecipare ad una delle più importanti manifestazioni pro life d’Europa ma anche diffonderla tra amici e conoscenti sono sempre gli stessi e riguardano essenzialmente la necessità di portare all’attenzione dell’opinione pubblica, seppur per un giorno soltanto, un argomento quasi dimenticato su cui vige la più stretta censura, ma che è cruciale per le sorti presenti e future della nostra civiltà: l’aborto di Stato.

Nel nome della legge 194 sono stati uccisi migliaia, milioni di esseri umani innocenti e tale genocidio viene attuato giorno dopo giorni negli ospedali italiani, sotto i nostri occhi.  Il problema, ovviamente, non è solo italiano ma europeo e mondiale; si calcola che hanno superato il miliardo le vittime della pratica degli aborti legalizzati nel mondo intero. Non a caso, la Marcia italiana anno dopo anno vede la partecipazione sempre più massiccia di delegazioni straniere che combattono assieme a noi la buona battaglia, in comunione di idee e obiettivi.

Ma quest’anno c’è una ragione in più per partecipare alla Marcia: la Polonia si appresta a varare, con il sostegno della Chiesa Cattolica polacca, una nuova legge sull’aborto la cui ratio si ispirerebbe ai principi della legge naturale e che pertanto porterebbe a qualificare come reato la pratica dell’aborto volontario, senza compromessi né eccezioni di sorta. Occorre considerare che l’attuale legge sull’aborto in vigore in Polonia non è paragonabile a quella italiana, essendo piuttosto restrittiva. Eppure, il governo polacco sembra intenzionato a varare una nuova legge che contiene il divieto assoluto d’aborto e che quindi vada a prendere il posto di quella attuale, che seppur restrittiva rimane pur sempre una norma iniqua.

Ora, il sottoscritto non intende entrare nel merito della questione polacca né mettere in luce le analogie e le profonde differenze con quella italiana. E’ sufficiente prendere atto del fatto che invertire la rotta è possibile e che il governo di un Paese europeo, resistendo alle enormi pressioni delle lobby europeiste, è intenzionato a mettere nero su bianco che l’aborto è un omicidio e non un diritto della donna. Uno degli inganni più pericolosi che hanno limitato e tuttora limitano la lotta all’aborto consiste proprio nel far credere alle persone che indietro non si può tornare, che rappresenta un atto dovuto quello di considerare irreversibile il “progresso” morale e culturale di una società. In realtà, oltre al fatto che il progresso è un concetto filosofico e non un dogma (a cui sembrano sottomettersi anche le gerarchie ecclesiastiche …), bisogna dire che le leggi che regolamentano l’uccisione dell’innocente nel grembo materno non possono essere considerate il frutto del progresso, inteso come il miglioramento nel tempo delle capacità non solo tecniche ma anche umane di una comunità, ma semmai il contrario, ossia esse costituiscono l’evidenza dell’imbarbarimento morale ed intellettuale di un popolo e di una nazione.

Pertanto, vietare l’aborto significa dare il giusto valore alle cose, riconoscere l’intrinseca dignità della persona umana e dunque rimettere sulla strada giusta l’uomo e l’intera società, che altrimenti continuerebbe a procedere spedita verso il baratro. Gli ultimi dati Istat danno conto di una nazione, quella italiana, che sta letteralmente morendo: le nascite sono in costante diminuzione e sono decisamente insufficienti a garantire il necessario ricambio generazionale. L’aborto, e con esso la mentalità abortista antiumana, è indubbiamente la causa principale dell’inverno demografico del nostro Paese e dell’Europa intera, per cui al danno morale si aggiunge il danno pratico, concreto e misurabile. Di quale progresso si parla, dunque, se l’uomo corre spedito verso l’autodistruzione?

La Provvidenza moltiplicherà le nostre forze e quello che oggi sembra un miraggio domani potrà essere realtà. La cultura di morte imperante può essere combattuta e vinta, proprio come dimostra la storia passata e recente. L’aborto di Stato è il crimine dei crimini, la causa principale di tutte le altre derive morali, pertanto la battaglia per la vita è cruciale per le sorti dell’umanità: come possiamo combattere con coerenza gli assalti che provengono dalla teoria del gender e dall’eutanasia, dal proliferare della pedofilia e delle deviazioni sessuali se non rimettiamo mano alle leggi che pretendono di legittimare l’omicidio dell’innocente? Se non sradichiamo l’idea che la vita nascente non è manipolabile e che non vi può essere un reale diritto dell’adulto ad uccidere la creatura che porta nel grembo?

L’appuntamento è a Roma il prossimo otto maggio, per dire sì alla vita senza eccezioni, senza compromessi. Consapevoli del fatto che è in questo modo che si può veramente cominciare a riscrivere la storia.

(di Alfredo De Matteo su Radio Spada.org)

(altro…)

Continua a leggereInsieme per riscrivere la cultura della Vita

Sinodo; come lo lavoro…

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

Citarsi non è fine, lo so. Però…
di Marco Tosatti


Pubblicato il 28 aprile 2016 sul blog dell'Autore, San Pietro e dintorni,
in calce riportiamo la nota pubblicata da Tosatti il 20 settembre 2014:
Sinodo; come lo lavoro…
 
 
Citarsi non è fine, lo so. Però in certi casi è utile a capire come si siano formate certe situazioni. Mi riferisco all’esortazione post-sinodale del Pontefice, e delle controversie che sta – giustamente – sollevando su un punto che il Pontefice stesso non considera centrale, rispetto al tema più ampio della famiglia e del matrimonio; ma tant’è continua a monopolizzare l’interesse e le polemiche. 

La cosa abbastanza interessante e straordinaria, di questo documento, e che lo rende anomalo rispetto ai testi, magisteriali, dei precedenti pontefici in tema, è la sua possibilità di essere interpretato in maniera totalmente opposta. C’è chi sostiene che si tratta di una conferma della dottrina bimillenaria della Chiesa in tema di matrimonio, adulterio e divorzio. E chi invece sostiene che siamo di fronte a un qualche cosa che cambia tutto; un partito che accomuna alcuni dei più accesi sostenitori delle innovazioni e le ali più conservatrici della Chiesa. 

Per questo un vescovo, mons. Schneider, ha giustamente chiesto un’interpretazione autentica del documento [«Amoris Laetitia»: chiarire per evitare una confusione generale]; che sgombri il campo da ambiguità e confusioni. Speriamo che avvenga; ma siamo molto pessimisti. Perché nelle sue risposte sull’aereo di ritorno dal Messico il Pontefice non è stato chiaro; e ha rimandato alla conferenza stampa di un cardinale, per avere una lettura corretta del documento.  

Il che è una novità, e non da poco: cioè il rimando a una conferenza stampa, non a un testo ponderato e studiato, per risolvere i dubbi dei fedeli in punta di dottrina. 

Ma forse c’è un motivo; e qui veniamo alla citazione. In una cena dell’estate 2014, il personaggio principale di entrambi i Sinodi sulla Famiglia, quello dell’ottobre 2014 e dell’ottobre 2015, rivelava, conversando, in una cena elegante e alla presenza di laici e prelati, quale sarebbe stata la strategia per condurre i lavori dove si voleva. Vedete il testo completo: Sinodo; come lo lavoro….   

Ma per quanto riguardava il documento finale, il succo delle sue esternazioni, due anni e mezzo prima che Amoris Laetitia vedesse la luce erano: “E in effetti non tanto il Sinodo, sarà importante, ma la sintesi che ne verrà preparata, e che porterà la firma del Papa come “Esortazione post-sinodale”. E’ molto probabile che non sarà un testo chiaro e definitivo, ma basato su un’interpretazione “fluttuante”. In modo che ciascuno leggendolo, possa tirarselo dalla parte che più gli fa comodo. Cioè un testo diretto non a fare chiarezza, ma ad alimentare confusione.
Il tutto annunciato con un largo anticipo.
 
[Continua: clicca su Leggi tutto]

(altro…)

Continua a leggereSinodo; come lo lavoro…

Tempi.it – Un libro dall’inferno coreano

  • Categoria dell'articolo:Socialismo

Tempi.it

Corea del Nord. Il paradiso più crudele del mondo 

Aprile 30, 2016 Leone Grotti

La dénonciation: sette racconti di tragica vita quotidiana in Corea del Nord. Il capolavoro di uno scrittore nordcoreano dissidente che si nasconde ancora nel suo paese

«Vivo in Corea del Nord da cinquant’anni/ Come un automa parlante/ Come un uomo attaccato a un giogo/ Ho scritto queste storie/ Mosso non dal talento/ Ma dall’indignazione/ E non mi sono servito di piuma e inchiostro/ Ma delle mie ossa e delle mie lacrime di sangue/ [Le storie] sono aride come il deserto/ Dure come una terra selvaggia/ Misere come un malato/ Sgraziate come un rozzo utensile di pietra/ Ma, caro lettore/ Ti prego, leggile!» (Bandi, La Dénonciation)
 

(altro…)

Continua a leggereTempi.it – Un libro dall’inferno coreano