Ricordando Plinio Corrêa de Oliveira

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          Un giorno come oggi, il 3 ottobre 1995, il grande leader cattolico prof. Plinio Corrêa de Oliveira lasciava questa vita per entrare nell’eternità. Confortato dai Sacramenti e avendo ricevuto la Benedizione Apostolica, portando nella mano destra un Crocefisso e in quella sinistra il Santo Rosario, egli andò incontro a Colei che, nel suo testamento spirituale, aveva definito “la luce della mia vita”: Maria Santissima.

         Sulla sua tomba volle un epitaffio che riassumesse la sua lunga vita: Fuit vir Catholicus, Apostolicus, plene Romanus – fu un uomo cattolico, apostolico, pienamente romano.

         Nel ricordare il ventunesimo anniversario del transito di Plinio Corrêa de Oliveira, proponiamo ai nostri cari amici alcuni testi che descrivono aspetti della sua profonda pietà nei confronti di Santa Romana Chiesa. In un’epoca in cui la Fede viene posta a durissime prove, possano queste pagine aiutarci a continuare con animo sereno la “buona battaglia”:

Testamento spirituale: http://www.atfp.it/2005/76-ottobre-2008/223-testamento-spirituale.html
I miei vincoli con la Chiesa: http://www.atfp.it/rivista-tfp/2011/96-marzo-2011/484-plinio-correa-de-oliveira-e-la-chiesa.html
Vir Catholicus:http://www.atfp.it/2005/76-ottobre-2008/232-vir-catholicus-apostolicus-plene-romanus.html 
Ecco un video del solenne Pontificale celebrato nella chiesa di Santo Spirito in Sassia da S.Em. il cardinale Alfons Maria Stickler: https://www.youtube.com/watch?v=v8xuZ6s7Ams
Alla Messa seguì un convegno nell’Hotel Columbus:https://www.youtube.com/watch?v=LlWUskkNxxI
Per una breve biografia illustrata, in formato flipbook, cliccate: http://www.youblisher.com/p/1206756-Plinio-Correa-de-Oliveira-Breve-biografia-illustrata/

Julio Loredo

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Un autoritratto filosofico

[Nel 1976, dietro richiesta del gesuita Stanislas Ladusans che allora preparava una Enciclopedia del Pensiero Filosofico Brasiliano in vari volumi, il prof. Plinio Correa de Oliveira scrisse una prima versione del suo autori tratto filosofico. Nel 1989, lo stesso sacerdote gli chiese di aggiornare il testo. A causa dei molteplici impegni però riuscì a farlo solo nel 1994, quando il sacerdote era ormai scomparso. Si tratta quindi di uno scritto rimasto finora inedito].

 

Sono tomista convinto. L'aspetto della filosofia che più mi interessa è la filosofia della storia. In funzione di essa trovo il punto d'unione tra i due generi di attività ai quali mi sono dedicato durante la mia vita: lo studio e l'azione.

Quest'ultima l'ho esercitata in un campo ben definito: la propaganda dottrinale, realizzata tanto con carattere di dialogo come pure di polemica. Per quanto la nozione e la parola sembrino anacronistiche, mi sento pienamente a mio agio nel fare questa affermazione. Il saggio nel quale condenso l'essenziale del mio pensiero spiega anche il senso della mia azione ideologica. Si tratta del libro Rivoluzione e Contro Rivoluzione.

Uno dei presupposti di questo saggio è che, al contrario di ciò che pretendono tanti filosofi e sociologi, il corso della storia non è tracciato esclusivamente o precipuamente dai fattori materiali. Essi influiscono, senza dubbio, sull'attività umana. Ma la direzione della storia appartiene all'uomo, dotato di un'anima razionale e libera. In altri termini, è lui che, operando alcune volte più profondamente ed altre meno sulle circostanze nelle quali si trova, e lasciandosene del pari influenzare, in modo variabile, modella il corso degli avvenimenti.

Orbene, l'azione dell'uomo si sviluppa, normalmente, in funzione delle sue concezioni sull'universo, su se' stesso e sulla vita. Se ne può dedurre che le dottrine religiose e filosofiche dominano la storia, e che il nucleo più dinamico dei fattori che condizionano le grandi trasformazioni storiche si trova nelle attitudini dello spirito umano di fronte alla religione ed alla filosofia.

Civiltà cristiana: in completa consonanza con i princìpi basilari e perenni della Legge naturale e divina

Passo ad un altro presupposto di Rivoluzione e Contro Rivoluzione. Una concezione cattolica della storia deve tener conto del fatto che la Legge Antica e la Legge Nuova contengono in sé non soltanto i precetti secondo i quali l'uomo deve modellare la sua anima per imitare Cristo, preparandosi in questo modo alla visione beatifica, ma anche le norme fondamentali della condotta umana in conformità con l'ordine naturale delle cose.
Così, man mano che l'uomo si eleva nella vita della grazia, nel contempo va elaborando, con la pratica della virtù, una cultura, un ordine politico, economico e sociale, in completa consonanza con i princìpi basilari e perenni della Legge Naturale e della Legge di Dio. È ciò che si chiama Civiltà Cristiana.

È ovvio che la buona disposizione delle cose terrene non si limita a questi princìpi basilari e perenni, ma contiene anche molto di contingente, transitorio e libero. La civiltà cristiana abbraccia un'incalcolabile varietà di aspetti e sfumature. Ciò è tanto vero che, sotto un certo punto di vista, si può anche parlare di "civiltà cristiane" e non soltanto di civiltà cristiana. Tuttavia, data la comunanza dei princìpi fondamentali inerenti a ogni civiltà cristiana, la grande realtà che le riempie tutte è una potente unità, che merita il nome di Civiltà Cristiana per antonomasia. L'unità nella varietà e la varietà nell'unità sono elementi di perfezione. La civiltà cristiana continua ad essere una in tutte le varietà delle sue realizzazioni, dimodochè si può dire, nel significato più profondo della parola, che c'è una sola civiltà cristiana.

Però è così prodigiosamente variegata nella sua unità che, facendo uso di una legittima libertà di espressione, si può affermare, da un certo punto di vista, l'esistenza di diverse civiltà cristiane.

Fatto questo chiarimento – che d'altronde vale in modo analogo per il concetto di cultura cattolica – preciso che impiegherò le espressioni civiltà cristiana e cultura cristiana nel loro significato maior, che è quello dell'unità.

Mi esimo dal comprovare le suddette affermazioni riportando le citazioni dai testi di San Tommaso o del Magistero della Chiesa, in quanto sono tanto numerose e così conosciute da coloro che studiano seriamente questi argomenti, che il lavoro risulterebbe allo stesso tempo fastidioso e superfluo. Questa osservazione vale ugualmente per altre considerazioni che appariranno in questa prima parte della presente esposizione.

In funzione dei citati presupposti, è facile definire il ruolo della Chiesa e della civiltà cristiana nella storia.

Le nazioni possono raggiungere la perfetta civiltà soltanto mediante la conformità alla grazia ed alla Fede

È vero che, benché l'uomo possa conoscere con salda certezza e senza errore ciò che nelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla ragione umana, per effetto del peccato originale gli è impossibile praticare durevolmente la Legge di Dio [Denzinger-Schoenmetzer, 33ed, N°. 3005]. Vi arriverà soltanto per mezzo della grazia. Anche così, per proteggere l'uomo contro la sua propria cattiveria e la sua propria debolezza, Gesù Cristo dotò la Chiesa di un Magistero infallibile che gli insegnasse, senza errore, non soltanto le verità religiose, ma anche le verità morali necessarie per la salvezza.

L'adesione dell'uomo al Magistero della Chiesa è frutto della Fede. Senza di essa, l'uomo non può praticare durevolmente e integralmente i Comandamenti.

Ne deriva che le nazioni possono raggiungere la perfetta civiltà, che è la civiltà cristiana, soltanto mediante la conformità alla grazia ed alla Fede, il che include un fermo riconoscimento della Chiesa Cattolica come l'unica vera, e del Magistero ecclesiastico come infallibile.

Così, il punto chiave più profondo e centrale della storia consiste nel fatto che gli uomini conoscano, professino e pratichino la Fede cattolica.

Nel dire questo non nego, evidentemente, che siano esistite civiltà non cristiane di alto livello. Tuttavia, esse furono tutte deformate da questi o quei tratti che contrastavano in maniera aberrante con la elevatezza dimostrata in altri campi. Basti ricordare l'ampia diffusione della schiavitù nonché la condizione servile imposta alla donna prima di Gesù Cristo. Non vi fu alcuna civiltà che presentasse l'eccelsa perfezione propria della civiltà cristiana.

Allo stesso modo non contesto il fatto che, in paesi con popolazione a predominanza scismatica od eretica, la civiltà possa contenere importanti tratti di tradizione cristiana. Tuttavia, la pienezza della civiltà cristiana può fiorire soltanto con la Chiesa Cattolica e può conservarsi integralmente soltanto in popoli cattolici.

"Fu già un tempo che la filosofia del Vangelo governava gli Stati…"

Ma qualcuno si chiederà: quando ci fu storicamente questa perfetta civiltà cristiana? È realizzabile la perfezione in questa vita?

La risposta a queste domande indisporrà e irriterà molti lettori. Tuttavia, devo affermare che vi fu un tempo nel quale gran parte dell'Umanità conobbe questo ideale di perfezione e tese verso di esso con fervore e sincerità. A causa di questa tendenza nelle anime, i tratti basilari della civiltà divennero tanto cristiani quanto lo permettevano le circostanze di un mondo che stava sollevandosi dalla barbarie. Mi riferisco al Medioevo di cui, malgrado questa o quella pecca, Leone XIII scrisse eloquentemente: "Fu già un tempo che la filosofia del Vangelo governava gli Stati, quando la forza e la sovrana influenza dello spirito cristiano era entrata bene addentro nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in tutti gli ordini e ragioni dello Stato; quando la religione di Gesù Cristo posta solidamente in quell'onorevole grado che le conveniva, traeva su fiorente all'ombra del favore dei Principi e della dovuta protezione dei magistrati; quando procedevano concordi il Sacerdozio e l'Impero, stretti avventurosamente fra loro per amichevole reciprocanza di servizi. Ordinata in tal guisa la società recò frutti che più preziosi non si potrebbe pensare, dei quali dura e durerà la memoria, affidata ad innumerevoli monumenti storici che niuno artifizio di nemici potrà falsare od oscurare". [Leone XIII, enciclica Immortale Dei, dell'1-11-1885, in ASS, vol. XVIII, p. 169.]

Questo giudizio sull'ampiezza dell'influenza della Chiesa nel Medioevo lo troviamo anche nel seguente testo di Paolo VI, riguardo il ruolo del Papato nell'Italia medievale: "Non dimentichiamo i secoli durante i quali il Papato ha vissuto la sua storia [d'Italia], difeso i suoi confini, custodito il suo patrimonio culturale e spirituale, educato a civiltà, a gentilezza, a virtù morale e sociale le sue generazioni, associato alla propria missione universale la sua coscienza romana ed i suoi migliori figli". [Allocuzione al Presidente delle Repubblica Italiana, 11 gennaio 1964. Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. II, p. 69.]

La civiltà cristiana non è quindi un'utopia. Essa è realizzabile, e difatti fiorì in un'epoca determinata, sussistendo in certa maniera ancora, dopo il Medioevo, al punto che il papa San Pio X poté scrivere: "Non si deve inventare la civiltà, né si deve costruire la nuova società tra le nuvole. Essa è esistita ed esiste: è la Civiltà cristiana, è la società cattolica. Non si tratta che di instaurarla e restaurarla incessantemente nelle sue naturali e divine fondamenta, contro i rinascenti attacchi della malsana utopia, della rivolta e dell'empietà: Omnia instaurare in Cristo", [S, Pio X, Lettera Notre Charge Apostolique, 25 agosto 1910, in AAS, vol. II, pp, 615-619.]. Dunque, la civiltà cristiana possiede grandi vestigia, ancora vive ai nostri giorni.

Le crisi non nascono dalla mente di alcun pensatore, ma dalle passioni disordinate, istigate dal Potere delle tenebre

C'è chi immagina che tutte le crisi della cultura e della civiltà nascano necessariamente da qualche pensatore, dalla cui vigorosa mente scaturirebbe sempre la scintilla rischiaratrice – o distruttrice – destinata a propagarsi, in primo luogo, negli ambienti di alta cultura, conquistando poi tutto il corpo sociale.

È chiaro che, a volte, le crisi nacquero in questo modo. Ma la storia non conferma che siano tutte nate così. E, in particolare, non fu così che nacque la crisi che fece declinare il Medioevo e che suscitò l'Umanesimo, il Rinascimento e la Pseudo-riforma protestante.

Proprio perché chiede all'uomo un'austerità di costumi faticosa per la natura umana decaduta, l'influenza della Chiesa sulle anime, sui popoli, sulle culture e sulle civiltà è continuamente minacciata. Le passioni disordinate, aizzate dall'azione preternaturale del Potere delle tenebre, attraggono continuamente gli uomini ed i popoli verso il male. La debolezza dell'intelligenza umana può essere sfruttata da queste tendenze. Facilmente l'uomo genera sofismi per giustificare le cattive azioni che desidera praticare, o che già pratica, così come i cattivi costumi che ha acquisito o che va acquisendo. Lo ha detto Paul Bourget: "Bisogna vivere come si pensa, se no, prima o poi, si finisce col pensare come si è vissuto" (Paul Bourget, Il demone meridiano, Salani Editori, Firenze 1956, p. 395 [ora tra i libri scaricabili gratuitamente da http://www.totustuus.net/ , NdR]).

Orgoglio e sensualità: la loro capitale importanza nel processo di ribellione contro la Chiesa

Due sono le passioni che possono suscitare in special modo la ribellione dell'uomo contro la Morale e la Fede cristiana: l'orgoglio e la sensualità.

L'orgoglio lo porta a respingere qualsiasi superiorità esistente in un'altra persona e genera in lui una voglia di preminenza e potere che giunge facilmente al parossismo, poiché il parossismo è il punto finale verso il quale tendono tutti i disordini. Nel suo stato parossistico, l'orgoglio assume tutti i risvolti metafisici: non si accontenta di scrollarsi di dosso questa o quella superiorità, questa o quella struttura gerarchica, ma desidera l'abolizione di ogni e qualunque superiorità in qualsiasi campo essa esista, L'uguaglianza completa e a tutti i costi gli si presenta come l'unica situazione sopportabile e, dunque, come la suprema regola di giustizia.

In questa maniera, l'orgoglio finisce col generare una propria morale. Al cuore di questa morale orgogliosa, troviamo un principio metafisico: l'ordine delle cose richiede l'uguaglianza, e tutto ciò che è disuguale è ontologicamente cattivo.

L'uguaglianza assoluta è, per colui che chiameremo" l'orgoglioso integrale", il supremo valore al quale tutto deve conformarsi.

La lussuria è l'altra passione disordinata di importanza cruciale nel processo di ribellione contro la Chiesa. Di suo, essa conduce al libertinaggio, incitando l'uomo a calpestare ogni legge ed a respingere come insopportabile ogni freno. I suoi effetti si sommano a quelli dell'orgoglio suscitando nella mente umana ogni specie di sofismi capaci di corrodere dall'interno il principio di autorità.

Perciò, la tendenza svegliata dall'orgoglio e dalla sensualità punta all'abolizione di ogni disuguaglianza, di ogni autorità e di ogni gerarchia.

Due processi: la Fede invita all'amore per la gerarchia; la corruzione, all'ugualitarismo anarchico

È chiaro che queste passioni disordinate, anche quando gli uomini capitolano davanti a esse, possono trovare in un'anima o nello spirito di un popolo contrappesi rappresentati da convinzioni, tradizioni, ecc.

In questo caso, l'anima della persona o la mentalità del popolo rimane divisa in due poli opposti: da un lato la Fede, che invita all'austerità, all'umiltà, all'amore per tutte le gerarchie legittime; dall'altro lato la corruzione, che incita all'egualitarismo anarchico, nel significato etimologico della parola. Come si vedrà tra poco, la corruzione finisce per indurre al dubbio religioso ed alla negazione completa della Fede.

La maggior parte delle volte, l'opzione tra questi poli non avviene all'improvviso, ma a poco a poco. Mediante atti successivi d'amore verso la verità ed il bene, una persona o una nazione può progredire gradualmente nella virtù fino a convertirsi completamente. Fu ciò che successe all'Impero romano sotto l'influenza delle comunità cristiane, delle preghiere dei fedeli nelle catacombe e nei deserti, dell'eroismo che mostravano nell'arena e dei loro esempi di virtù nella vita quotidiana. È un processo ascensionale.

Ma il processo può anche essere di decadenza. L'ondata delle passioni disordinate mina le buone convinzioni, le buone tradizioni perdono la loro presa, i buoni costumi vengono sostituiti da costumi "piccanti", che degenerano in costumi francamente censurabili arrivando, alla fine, a costumi scandalosi.

Principali elementi dottrinali di Rivoluzione e Contro Rivoluzione

Detto questo, possiamo riassumere i principali elementi dottrinali sui quali ho basato Rivoluzione e Contro Rivoluzione:

a) la missione della Chiesa come l'Unica Maestra, Guida e Fonte di Vita dei popoli sulla via della perfetta civiltà;

b) la continua opposizione delle passione disordinate, particolarmente dell'orgoglio e della lussuria, all'influenza della Chiesa;

c) l'esistenza, nello spirito umano, di due poli opposti, verso uno dei quali ci si incammina necessariamente: da un lato la Fede cattolica, che invita all'amore, all'austerità e alla gerarchia; e dall'altro lato, le passioni disordinate, che incitano al libertinaggio, alla ribellione contro la legge, contro la gerarchia e contro qualsiasi forma di disuguaglianza e, alla fine, al dubbio ed alla completa negazione della Fede;

d) la nozione di un "processo" – che non toglie l 'esercizio del libero arbitrio – mediante il quale, gradualmente, gli individui ed i popoli, subendo l'attrazione dei suddetti poli contrapposti, si avvicinano ad uno dei due distanziandosi dall'altro;

e) l'influenza di questo processo morale sull'elaborazione delle dottrine. Le cattive tendenze inducono all'errore; le buone tendenze, alla verità. Le grandi modificazioni nello spirito dei popoli non sono il mero risultato di dottrine elaborate da piccoli cenacoli di intellettuali che elucubrano serenamente al di fuori della realtà. Affinché una dottrina trovi eco in un popolo è necessario, la maggior parte delle volte, che le tendenze di tale popolo siano affini a questa dottrina. E non è raro che la medesima riflessione effettuata dai dotti, in privato, sia più influenzata di quanto si immagini da queste inclinazioni dell'ambiente in cui vivono.

Alcune definizioni fondamentali: Ordine, Rivoluzione, Contro rivoluzione

In base a tutto ciò è facile definire i concetti di:

1) Ordine, che non è semplicemente la disposizione metodica e pratica delle cose materiali ma, secondo il concetto tomista, la giusta disposizione delle cose in base alloro fine prossimo e remoto, fisico e metafisico, naturale e soprannaturale.

2) Rivoluzione, che non è essenzialmente un'agitazione di piazza, una sparatoria o una guerra civile, ma ogni sforzo che pretende disporre gli esseri contro l'Ordine.

3) Controrivoluzione, ogni sforzo che punti a circoscrivere ed eliminare la Rivoluzione.

Rivoluzione A, tendenziale e sofistica; Rivoluzione B, nelle leggi, strutture, istituzioni e costumi

Come si può ben vedere, l'Ordine, la Rivoluzione e la Controrivoluzione possono esistere: I) nelle tendenze; II) nelle idee; III) nelle leggi, nelle strutture, nelle istituzioni e nei costumi.

In questa maniera, chiamo" tendenziale" la Rivoluzione in quanto esistente nelle tendenze. E "sofistica" in quanto si svolge sul terreno delle dottrine, al soffio delle tendenze.

Queste due modalità di Rivoluzione costituiscono un fenomeno eminentemente spirituale, cioè hanno come campo d'azione l'anima umana e la mentalità delle società. Formano un insieme che denomino "Rivoluzione A" .

Quando la Rivoluzione passa dalla sfera in interiore homine a quella degli atti, producendo convulsioni, sconvolgendo le leggi, le strutture, le istituzioni, ecc, costituisce ciò che chiamo "Rivoluzione B".

È chiaro che queste nozioni, esposte così sinteticamente, presentano una serie di premesse ed eccezioni trattate in Rivoluzione e Contro Rivoluzione, e su cui non è qui il caso di ritornare.

Mi limito a chiarire che, delineando in queste righe ciò che vi è di più essenziale nella storia, non pretendo che essa si riduca a questo. La più elementare osservazione mostra che innumerevoli fattori – etnici, geografici, economici, ecc. – condizionano fortemente il corso della storia.

Le inevitabili obiezioni dell'ugualitario contro la Fede

Mi resta da dire una parola sul nesso tra l'ugualitarismo metafisico e la Fede. Chi è radicalmente ugualitario ha, inevitabilmente, obiezioni senza fine contro la dottrina cattolica. L'idea di un Dio personale, perfetto ed eterno, che sovrasta infinitamente dall'alto le Sue creature imperfette e contingenti; dell'ordine soprannaturale che trascende il naturale; della Legge promulgata da Dio, alla quale si deve obbedire; della Rivelazione, che comunica alla mente umana verità superiori alla sua naturale capacità di conoscenza; del Magistero infallibile della Chiesa; degli elementi monarchici ed aristocratici nella sua struttura; tutto, infine, compresa la nozione di un Giudizio nel quale i buoni saranno premiati ed i cattivi castigati, irrita l'ugualitario e lo incita alla negazione.

In contrario sensu, il cattolico apprende in San Tommaso (Summa Theologica, I, q. 47, a. 2) che la disuguaglianza è una condizione necessaria per la perfezione dell'ordine creato. E, di conseguenza, le disuguaglianze di potere, scienza, categoria sociale e di fortuna sono intrinsecamente legittime e indispensabili al buon ordine, sempre che non giungano al punto di negare la dignità, la sufficienza e la stabilità di vita alla quale ha diritto ogni persona per la sua condizione di uomo, per il suo lavoro, ecc.

Prima Rivoluzione: Umanesimo, Rinascimento, Protestantesimo

Così arriviamo al significato profondo della "Rivoluzione A sofistica" e della "Rivoluzione B" che scossero l'Europa nel XV secolo in conseguenza dell'anteriore "Rivoluzione A tendenziale" descritta sopra.

Il declino del Medioevo fu segnato da un'esplosione di orgoglio e sensualità. Questa esplosione generò tendenze ugualitarie e liberali che non fecero che progredire lungo i secoli successivi.

Nell'Umanesimo e nel Rinascimento si rivela l'ostilità al soprannaturale, al Magistero della Chiesa, così come all'austerità dei costumi. Nel Protestantesimo si trovano il libero esame, il minimalismo davanti al soprannaturale, l'impulso al divorzio, l'abolizione dello stato religioso, dell'austerità e della sottomissione espressa nei voti di povertà, castità e obbedienza, e l'eliminazione virtuale della gerarchia ecclesiastica. Effettivamente, in quasi tutte le sette protestanti esiste lo stato ecclesiastico. Ma la differenza limpida e profonda tra l'ecclesiastico ed il secolare, esistente nella Chiesa Cattolica, rimane in esse offuscata in virtù del modo in cui viene inteso il sacerdozio. Inoltre, la struttura gerarchica dello stato ecclesiastico, così come è istituita nella Chiesa, fu anche profondamente mutilata nelle sette protestanti con la negazione dell'elemento monarchico, che è il Papato. Se tra gli anglicani la tendenza ugualitaria non arrivò a sopprimere la dignità episcopale, tra i presbiteriani non vi sono più dignitari con il titolo di vescovo, ma soltanto preti. In altre sette il soffio dell'ugualitarismo giunse fino al punto di abolire perfino lo status sacerdotale.

È chiaro che mettendo in risalto l'importanza del fattore liberale ed ugualitario nell'Umanesimo, nel Rinascimento e nel Protestantesimo, non pretendo negare che abbiano concorso altre cause nella loro genesi e espansione. Dico solamente che, all'origine, nella psicologia, nelle dottrine, in quello che oggi si chiamerebbe successo propagandistico, e nelle attività concrete di queste movimenti, la "Rivoluzione A tendenziale" , di significato radicalmente anarchico ed ugualitario, svolse il ruolo di forza trainante.

Neppure pretendo affermare che questa forza trainante abbia operato soltanto nelle nazioni che si separarono dalla Chiesa. Il Rinascimento e l'Umanesimo soffiarono con la massima intensità anche nei paesi che si mantennero nominalmente cattolici. E, benché la "Rivoluzione A tendenziale" non fosse arrivata a provocare una rottura esplicita con la Chiesa, svegliò tuttavia forme latenti di protestantesimo, delle quali la principale fu il giansenismo. Questo produsse un progressivo raffreddamento religioso che culminò nello scetticismo. Un attento studio dell'assolutismo monarchico, che in nessun paese protestante assunse forme più radicali che nella Francia cattolica, mostra come la politica dei monarchi assoluti, in tutto ciò che non colpiva la loro propria autorità, era contrassegnata da un certo spirito ugualitario. La riduzione dei privilegi del clero e della nobiltà, progressivamente attuata dai monarchi assoluti, tendeva all'equiparazione politica di tutti i cittadini, ugualmente sottomessi al potere del re. Il continuo appoggio dei re alla parte più attiva e sviluppata delle plebe, cioè alla borghesia, contribuì ancor più all'uguaglianza politica.

Seconda Rivoluzione: Enciclopedismo, Assolutismo, Rivoluzione Francese.

La corruzione dei costumi, che andava crescendo verso la fine del Medioevo, raggiunse nel XVIII secolo un grado tale da allarmare persino qualcuno dei suoi corifei.

La società francese, infiammata dai fattori che nei paesi nordici avevano prodotto il protestantesimo, si avviava, attraverso l'Enciclopedismo e l'Assolutismo, ad una profonda convulsione, la quale non sarebbe stata altro che la proiezione, nella sfera politica, sociale ed economica, e con nuovi sviluppi nel campo religioso e filosofico, di quella che era stata l'essenza del protestantesimo.

Così, quando quest'ultimo, alla fine del XVIII secolo, vecchio e stanco, mostrava di non avere più forza d'espansione, minato interiormente dai progressi crescenti del dubbio e dello scetticismo, conservando alcuni residui di vita grazie principalmente al sostegno dello Stato, le tendenze liberali ed ugualitarie raggiunsero l'apice in Francia. L'Umanesimo ed il Rinascimento erano morti da molto tempo. Nel Protestantesimo, come si è detto, tutto si era logorato. Ma ciò che questi tre movimenti avevano di più dinamico e fondamentale – lo spirito che li aveva suscitati – gli sopravvisse, risultando più forte che mai. Detto spirito doveva gettare la Francia, e poi tutta l'Europa, in un cataclisma liberale ed ugualitario.

La Rivoluzione francese era in tal modo marcata dallo spirito protestante che la Chiesa Costituzionale, da essa creata, non era altro che un mal dissimulato strumento per instaurare in Francia un vero protestantesimo. Il sentimento ugualitario, antimonarchico e antiaristocratico della Rivoluzione francese è la proiezione, nella sfera civile, della tendenza ugualitaria che aveva portato il Protestantesimo a respingere gli elementi aristocratici e monarchici nella gerarchia ecclesiastica. Il fermento comunista, che lavorava all'estrema sinistra della Rivoluzione e che finì per esprimersi in movimenti come quello di Babeuf, non era altro che la versione laica dei movimenti radicali, come quello dei Fratelli Moravi, che germogliarono da ciò che si poteva chiamare l'estrema sinistra protestante. La completa laicizzazione dello Stato, la parodia greco-romana, la continua evocazione delle repubbliche del paganesimo classico, mostravano l'effetto dell'Umanesimo, del Rinascimento e dell'Enciclopedismo sulla Rivoluzione Francese.

Dobbiamo insistere. Il Protestantesimo, l'Umanesimo, il Rinascimento non furono altro che aspetti che lo spirito anarchico e ugualitario adottò nella sua lunga traiettoria storica. Questi aspetti si estinsero in parte perché lo spirito che li aveva suscitati, distruttore per eccellenza, li annichilì per andare sempre più avanti. La Rivoluzione francese non fu se non un nuovo aspetto, ancora più energico, di questo stesso spirito.

La Rivoluzione francese si propagò in tutta l'Europa sulla punta delle baionette napoleoniche

Attraverso vicissitudini storiche ben conosciute, la Rivoluzione francese, apparentemente conclusa con l'instaurazione dell'Impero, si propagò in tutta l'Europa sulla punta delle baionette napoleoniche. Le guerre e le rivoluzioni che contrassegnarono il periodo dal 1814 al 1918, cioè dalla caduta di Napoleone fino alla caduta degli Asburgo, dei Romanov e degli Hohenzollern, formano un complesso di convulsioni nel corso delle quali l'intera Europa si trasformò secondo lo spirito della Rivoluzione francese. I risultati della II Guerra Mondiale non fecero che accentuare ancor di più questa metamorfosi. Attualmente, resta soltanto una mezza dozzina delle antiche monarchie europee e tutte così timide e docili nel lasciarsi modellare sempre di più dallo spirito repubblicano, da dare l'impressione di scusarsi costantemente se sono ancora in vita.

Nell'esporre queste osservazioni, non voglio negare in alcun modo che nelle strutture distrutte esistessero veri abusi, i quali richiedevano di essere corretti. Neppure voglio dire che l'adozione di una forma di governo elettiva e popolare possa essere solo il risultato dello spirito ugualitario e liberale che sto analizzando. Ciò non sarebbe la verità a livello dottrinale e neppure si giustificherebbe di fronte alla storia. Il Medioevo conobbe diverse strutture politiche aristocratiche, anche se non monarchiche, come la Repubblica di Venezia, e varie strutture senza carattere monarchico né aristocratico, come certi cantoni elvetici e città libere tedesche. Tutte queste forme di governo convivevano pacificamente tra di loro, poiché appariva chiara la legittimità delle diverse forme di governo secondo i tempi, i luoghi e le altre circostanze.

La Rivoluzione che scoppiò alla fine del Medioevo era animata da uno spirito completamente differente da quello che portò alla formazione degli Stati aristocratici o borghesi dell'Europa medievale. Questo spirito comportava l'affermazione della libertà assoluta e anarchica e dell'uguaglianza completa come unica regola di ordine e di giustizia, valide per tutti i tempi e luoghi.

Da parte sua, detto spirito minò la società borghese, politicamente ugualitaria, a cui diede origine. E passò, alla fine, a manifestare la più audace delle sue affermazioni nella terza grande Rivoluzione dell'Occidente, che è il comunismo.

I principi del 1789: tendenza verso la completa libertà e uguaglianza

La concezione ugualitaria si espresse nella" Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo" – magna charta della Rivoluzione francese e dell'era che inaugurò – in tutta la sua crudezza: "Gli uomini nascono e permangono liberi ed uguali nei loro diritti". È chiaro che questo principio è suscettibile di una corretta interpretazione. Fondamentalmente, cioè considerati nella loro natura, tutti gli uomini sono realmente uguali. Sono disuguali soltanto per le loro caratteristiche accidentali. D'altra parte, per essere dotati di un'anima spirituale e quindi di intelligenza e di volontà, sono fondamentalmente liberi. I limiti di questa libertà si trovano soltanto nella legge naturale e divina e nel potere delle diverse autorità spirituali e temporali alle quali devono sottostare gli uomini.

Nessuno può negare che in ogni tempo siano esistite autorità che violarono la fondamentale uguaglianza e la fondamentale libertà dell'uomo, ed è evidente che nel corso della storia vi furono, di contro, successivi movimenti di difesa contro gli eccessi dell'autorità per cercare di contenerla nei suoi giusti limiti. Ed è ugualmente indiscutibile che tali movimenti, in quanto circoscritti a questo obiettivo, meritino soltanto plauso. L'uguaglianza e la libertà – rettamente intese – potevano utilmente essere riproposte nel XVIII secolo come in qualsiasi altra epoca.

È certo che, nel 1789, tra i rivoluzionari della prima ora, c'erano persone che non desideravano che un giusto argine al potere pubblico, ed intendevano l'uguaglianza e la libertà promulgate dalla" Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo" nella sua interpretazione più accettabile.

Ma il testo della famosa dichiarazione era troppo generico: affermava l'uguaglianza e la libertà senza porre loro alcuna restrizione, favorendo un'interpretazione elastica e inaccettabile, e quindi un'uguaglianza ed una libertà assoluta e senza freni.

Ovviamente, questa interpretazione era quella che corrispondeva allo spirito della Rivoluzione nascente. Lungo il suo corso si sbarazzò di tutti quei suoi seguaci che non si adeguavano a questo spirito. La caccia ai nobili ed ai chierici fu seguita dalla caccia ai borghesi. Doveva soltanto sopravvivere il lavoratore manuale.

Dopo la caduta del Terrore, la borghesia europea, desiderosa di eliminare le antiche classi privilegiate, continuò ad affermare gli "immortali princìpi" del 1789. Lo faceva in modo ambiguo e imprudente al fine di ottenere l'appoggio delle masse popolari contro il potere del re, dell'aristocrazia e del clero, incurante del fatto che avrebbe suscitato in loro la tendenza verso l'uguaglianza e la libertà complete.

Questa imprudenza facilitò in ampia misura la nascita del movimento che avrebbe sfidato il potere della borghesia.

Se tutti gli uomini sono liberi ed uguali, con quale diritto esistono i ricchi? Con quale diritto i figli ereditano, senza lavorare, i beni dei loro genitori?

Il comunismo utopistico proclama essere una burla l'uguaglianza politica senza quella sociale ed economica

Prima che l'industrializzazione formasse le grandi concentrazioni di sottoproletari affamati, il comunismo utopistico denunciava già come una burla la mera uguaglianza politica istituita dalla borghesia ed esigeva l'assoluta uguaglianza sociale ed economica. L'anarchia, che sognava una società senza autorità, guadagnava terreno. Questi princìpi radicali, che ebbero un numero ristretto di militanti nella fase del comunismo utopistico, raggiunsero più tardi una prodigiosa diffusione in Occidente. A poco a poco minarono anche la mentalità di non pochi monarchi, potenti ed altre personalità civili ed ecclesiastiche. Istillarono così, in ampie frange dei beneficiari dell'ordine allora vigente, una certa simpatia per la "generosità" degli "ideali libertari" ed ugualitari, nonché un "rimorso" riguardo la legittimità dei poteri dei quali erano investiti.

La grande realizzazione di Carlo Marx non fu, a mio parere, l'elaborazione del cosiddetto comunismo scientifico, dottrina confusa e indigesta che pochi conoscono. Il marxismo è tanto ignorato dalle basi comuniste e dall'opinione pubblica dei nostri giorni quanto le elucubrazioni di Plotino o Averroè. Marx riuscì invece, e questo è vero, a scatenare l'offensiva comunista mondiale collegando gli adepti di una tendenza radicalmente ugualitaria e anarchica, ispirata al comunismo utopistico.

In altre parole, se i leader marxisti sono imbevuti di Marx in maggiore o minore misura, i soldati da loro comandati ordinariamente non sono in grado di apprendere la dottrina. Ciò che li porta a seguire i capi sono vaghi aneliti di uguaglianza e di giustizia ispirati al socialismo utopistico. E se i marxisti trovano in certi settori dell'opinione pubblica un'aureola di simpatia, lo devono in fondo all'irradiazione quasi universale dei princìpi ugualitari della Rivoluzione francese e del sentimentalismo romantico inerente al socialismo utopistico.

Un sostrato ugualitario e anarchico continua ad influire profondamente sull'opinione pubblica

Da tutte queste considerazioni risalta con chiarezza il fattore che è la causa principale del caos nel quale va sprofondando l'Occidente e verso il quale sta trascinando il resto del mondo. Questo fattore consiste nell'accettazione assai generalizzata delle tendenze e dottrine di sostrato ugualitario e anarchico che, sebbene interamente démodées nei circoli propriamente intellettuali, continuano tuttavia ad influire profondamente sull'opinione pubblica. E così servono da esca ai comunisti per trascinare dietro di loro, in determinate congiunture politiche, le moltitudini con le quali intendono demolire le ultime vestigia di sacralità e gerarchia della civiltà cristiana ancora esistenti.

Questo non vuol dire che il pensiero di Proudhon e dei suoi correligionari costituisca il grande motore ideologico degli avvenimenti contemporanei. Gli utopisti sono morti e quasi nessuno si ricorda di loro. Essi non furono che una tappa nella grande traiettoria cominciata con i movimenti ideologici e culturali del XV secolo. Contribuirono a universalizzare le aspirazioni di livellamento economico-sociale che la Rivoluzione francese conteneva soltanto in germe. Dette aspirazioni di totale uguaglianza economica e sociale, di cui gli utopisti furono solo i portavoce, raggiunsero un'eco diffusa in tutto il mondo. Questa eco prosegue lungo la storia molto dopo che sono caduti nel dimenticatoio sia loro che le loro opere.

Se vogliamo, quindi, fermare il cammino verso la nuova catastrofe che incombe, bisogna principalmente eliminare il tragico errore dottrinale che identifica l'uguaglianza assoluta con la giustizia assoluta, e la vera libertà – alla quale la Verità e il Bene assoluto hanno diritto – con il via libera e anche il sostegno a tutti gli errori e a tutti i disordini.

Tutto questo ci conduce a pensare alla Controrivoluzione.

La Contro rivoluzione deve segnalare gli errori metafisici fondamentali della Rivoluzione

Nel corso degli ultimi secoli molti movimenti si sono levati contro il processo rivoluzionario. Tuttavia il loro successo fu effimero e, a volte, addirittura nullo. Non che a questi movimenti mancasse l'appoggio di brillanti talenti, né di persone collocate in posizioni elevate, né di ampi settori popolari. Ma questi movimenti si limitarono, la maggior parte delle volte, a combattere contro l'una o l'altra delle espressioni religiose, politiche, sociali ed economiche della Rivoluzione. Sebbene di tanto in tanto indicassero gli errori rivoluzionari più profondi e di portata metafisica, non insistevano sufficientemente su di loro. Di conseguenza la Rivoluzione continuava imperterrita il suo corso.

Altri giudicavano più abile usare il suo linguaggio e le sue tecniche per fermarla e scagliarsi contro qualcuno degli innegabili abusi che la stessa Rivoluzione denunciava. In questo modo cercavano di "toglierle i pretesti". Certo, combattere gli abusi è sempre meritorio. Ma quanta ingenuità c'era nell'immaginare che la forza della Rivoluzione avesse le radici soprattutto nell'indignazione causata da certi abusi contro i quali si scagliava! La storia ha provato quanto fosse fallace questa tattica. Alcuni abusi, che esistevano alcuni decenni or sono, furono corretti così efficacemente in Europa che Pio XII poté dire ai cattolici riuniti a Vienna per il Katholikentag: "La Chiesa guarda oggi indietro alla prima epoca delle lotte sociali contemporanee. Al centro dominava la questione operaia: la miseria del proletariato e il dovere di elevare questa classe, consegnata senza difesa alle incertezze della congiuntura economica, alla dignità delle altre classi dotate di diritti concreti. Questo problema può essere oggigiorno considerato risolto, almeno nella sua essenza, e il mondo cattolico ha contribuito in modo leale ed efficace a questa soluzione" (Radiomessaggio del 14 settembre 1952. Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. XIV, p. 313). E tuttavia, la Rivoluzione continua a ruggire più minacciosa che mai.

Così, senza negare il carattere meritorio di tanti movimenti di valenza controrivoluzionaria nel passato o nel presente, senza neppure negare ciò che vi è di benemerito nella lotta contro le ingiustizie insite nell'attuale ordine di cose, mi sembra che la grande necessità dei nostri giorni consista nel segnalare gli errori metafisici fondamentali della Rivoluzione e l'intimo nesso esistente tra queste tre grandi ondate che si rovesciarono contro la Cristianità occidentale: in una prima tappa l'Umanesimo, il Rinascimento e la Pseudo-Riforma protestante (prima Rivoluzione); più tardi la Rivoluzione francese (seconda Rivoluzione); ed infine il Comunismo (terza Rivoluzione).

Nel campo delle idee non esistono soltanto l'antico ed il nuovo ma soprattutto, il vero e l'eterno

Nel leggere questo "autoritratto filosofico" sarà venuta in mente a molti, fin da principio, un'obiezione: tutto questo è anacronistico e incapace di attecchire nel mondo in cui viviamo.

I fatti parlano in senso contrario. Nel campo delle idee non esiste soltanto l'antico ed il nuovo come vogliono gli evoluzionisti. Esiste, soprattutto, il vero, il buono, il bello ed il perenne, in irriconciliabile contrapposizione con l'errore, il male ed il mostruoso. E di fronte al verum, bonum e pulchrum significativi settori della gioventù moderna non solo non rimangono insensibili, ma si schierano risolutamente a favore della sua espansione.

La tradizione del perenne non è morte, ma vita. Vita di oggi e vita di domani. Non si spiegherebbe in altro modo l'influsso delle diverse TFP tra i più giovani.

Non pretendo tanto difendere solamente il passato, quanto collaborare – assieme ad altre forze vive – per influire sul presente e preparare il futuro. Sono sicuro che i princìpi ai quali ho consacrato la mia vita sono oggi più attuali che mai e indicano il cammino che il mondo seguirà nei prossimi secoli.

Gli scettici potranno sorridere, ma il sorriso degli scettici non è mai riuscito a fermare la marcia vittoriosa di coloro che hanno Fede.

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Plinio Corrêa de Oliveira, Autoretrato filosófico, in Catolicismo, octubre de 1996; Trad. Italiana in: Supplemento di Tradizione Famiglia Proprietà, periodico d'informazione sulle associazioni per la difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà – TFP. A cura della Fondazione per una Civiltà Cristiana.Trad. Inglese in: http://www.tfp.org/who_we_are/philos_self_portrait.html 

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Francesco: parole chiare sulla famiglia

  • Categoria dell'articolo:Socialismo

 I cattolici di tutto il mondo esultano per le lacrime che i massmedia piangono di fronte alle parole del Papa.
Costoro, abituati a dare risalto ad alcune espressioni poco chiare, si erano recati in massa all'incontro del sabato pomeriggio con gli "agenti di pastorale" (quale più adatto?), con la speranza di poter nuovamente diffondere confusione nel Popolo di Dio.
Ma il 1° ottobre Papa Francesco è stato chiarissimo e ha riproposto la dottrina cattolica.

 

1. Ecco un estratto di ciò che ha detto sulla famiglia (qui il testo ufficiale della conversazione):

La Bibbia ci dice che Dio ha creato l’uomo e la donna, li ha creati a sua immagine (cfr Gen 1,27). Cioè, l’uomo e la donna che diventano una sola carne sono immagine di Dio. […] chi paga le spese del divorzio? Due persone, pagano. Chi paga? […]
Paga Dio, perché quando si divide “una sola carne”, si sporca l’immagine di Dio. E pagano i bambini, i figli.

L'espressione "si sporca l'immagine di Dio" richiama la philosophia perennis, esposta nei due Catechismi universali (Trento e S. GIovanni Paolo II) che la Chiesa Cattolica propone ai fedeli di ogni tempo e luogo.
Eccola: "2384 Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. […]  Il divorzio offende l'Alleanza della salvezza, di cui il matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente".

"Si sporca l'immagine di Dio" non significa soltanto che si fa peccato mortale.
Significa che il divorzio è un atto contro natura. Infatti, la natura umana è stata creata direttamente da Dio; è perciò che l'indissolubilità viene detta "di diritto naturale divino".
Dunque, nessuna eucaristia per i divorziati volontariamente è possibile. Come per nessuna convivenza e libera unione, per nessuna unione civile e matrimonio omosessuale, per nessun omosessualismo, per nessun rapporto sessuale al di fuori del vincolo matrimoniale.

 

2. Ma c'è ancora qualcosa.
La lobby del relativismo massmediatico piange anche per questa seconda frase della conversazione del Papa in Georgia:

[C'è] un grande nemico del matrimonio, oggi: la teoria del gender. Oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio. Oggi ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee. Pertanto, bisogna difendersi dalle colonizzazioni ideologiche.

E' una frase che riprende quanto detto ai vescovi polacchi in tema di "gender": "Papa Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!
Lo riprende e lo migliora, abbandonando la tesi che la diffusione del gender sia fatta per fare soldi e che sia voluta da alcuni paesi.
Ora si capisce meglio: il gender è diffuso in odio a Dio e alla natura umana, ed è promosso dalle centrali relativistiche mondiali.

 

3. Infine, una sottolineatura tutt'altro che scontata: l'invito a "difendersi".
E siccome parla di difendersi da idee distruttive, la frase può essere di sostegno a chi non ha abbandonato la battaglia delle idee e l'apologetica.
Quante espressioni poco chiare del passato sono state corrette in due sole frasi!
La lobby relativistica mondialista piange, e ha commesso un grave errore: segnalare una conversazione del Papa che contiene due utili strumenti per combattere quella stessa lobby.

 

4. Preghiamo e ringraziamo Maria Santissima che ci ha ottenuto una grazia specialissima all'inizio del mese del Santo Rosario.
Preghiamo e chiediamo che ci ottenga una nuova "Loreto", una pastorale subordinata alla dottrina cattolica e incentrata su "l’impegno dei cristiani nella costruzione di una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio".
Preghiamo per avere la forza e l'intelligenza di diffondere, incessantemente, queste frasi per combattere la Rivoluzione.

In alto gli stendardi!
Non è mai finito il tempo delle falangi di Cristo Redentore!

© totustuus.it

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Massoneria: agenti della Rivoluzione

  • Categoria dell'articolo:Fede e ragione

 Massoneria: "Seminare il dubbio" 

 Quasi mai un cambiamento sociale è spontaneo; quasi sempre c'è una minoranza elitaria che prepara il sommovimento: gli agenti della Rivoluzione.
 La massoneria è una di queste minoranze che, prima dell'arcigay e del Partito radicale, ha operato per la dissoluzione d'Italia e dell'Occidente.
 Ancora oggi la sua azione segue un preciso modello organizzativo e operativo che permette di influenzare il nostro modo di pensare. 
 Ancora attualissima l'enciclica "Humanum genus".
 Alcuni recenti e utili informazioni ricavate da una celebrazione.

Massoni, metti una sera a cena con una loggia

In un hotel per i 130 anni della ‘Risorgimento VIII Agosto’ Bisi, il Gran Maestro: «Non si parla di religione e politica»

 

Bologna, 26 settembre 2016 – «Le nostre riunioni sono così segrete che la cena per i 130 anni della loggia si tiene nel ristorante di un hotel, sotto gli occhi di tutti». Sono circa 120 i partecipanti alla festa per un compleanno speciale: quello della loggia massonica ‘Risorgimento VIII agosto’, la più antica di Bologna e quella che oggi conta il numero maggiore di iscritti. Una serata normale, quella di sabato, al Savoia: completi scuri e cravatta per gli uomini, tacchi e giro di perle per le signore.

Le quali, certo, hanno raggiunto i mariti soltanto a cena, perché nella prima parte, quella dei ‘riti’, non sono ammesse. Ed è lì, a metà pomeriggio, che compaiono grembiuli e spadoni. «Cappucci? Ma per favore, sono stati aboliti da anni». In una sala riservata dell’hotel è stato ricostruito un ‘tempio’: 12 colonne, candelabro a 7 bracci, squadra e compasso.
L’età media è alta, ma ci sono anche tanti quaranta-cinquantenni. Molti si avvicinano, stretta di mano e sorriso, pochi aggiungono il cognome dopo il nome. «Eppure tutti sapevano che stasera alla cena avrebbe partecipato l’occhio del Carlino e nessuno ha scelto di non venire». Al vertice della loggia festeggiata c’è un dirigente di banca.

L’unico che per statuto può parlare pubblicamente è Stefano Bisi, Gran Maestro (il capo nazionale) del Grande Oriente d’Italia.
La ‘Risorgimento VIII Agosto’ venne fondata nel 1886 da Carlo Carli, quello che nel 1890 sarebbe poi diventato sindaco di Bologna.
Tra i membri onorari Giosue Carducci, Gaetano Tacconi (sindaco dal 1875 al 1889), Andrea Costa, Quirico Filopanti.

Ora è una delle 13 logge del Grande Oriente sotto le Due Torri. Ha 67 iscritti.
«A Bologna saremo circa 600. Mille e 200 in tutta la regione, divisi in 42 logge», fa i conti Bisi.

I ‘fratelli’ si riuniscono due volte al mese. «Dove? Ma a Bologna lo sanno tutti: in via Castiglione, a fianco di Palazzo Pepoli.
Nei locali ci sono due ‘templi’ e le 13 logge si trovano tutte lì, ruotando a turnazione», prosegue Bisi. Come con il calcetto? Non proprio. «I nomi dei nostri iscritti non sono segreti, sono riservati. Per rispetto della privacy. Del resto, la lista degli iscritti al Pd mica è pubblica. Io non ho mai fatto mistero della mia scelta. Ma c’è tanta discriminazione al contrario e bisogna rispettare chi preferisce non rivelare l’appartenenza a una loggia».

Medici, avvocati, commercialisti, informatici, ingegneri e manager. «Ma non è una cricca, non siamo una élite. È necessario studiare, documentarsi, leggere molto. Avere voglia di coltivare il dubbio. Con una regola: non si parla di religione né di politica».

All’anno, alla Risorgimento VIII Agosto, arrivano 3 o 4 quattro domande. «Ma chi crede di entrare per ottenere favori e prebende, sbaglia di grosso. C’è l’obbligo ad aiutare i ‘fratelli’, ma sempre nei limiti del giusto e del lecito. Noi giuriamo sulla Costituzione italiana».

 

(Da: Il Resto del Carlino del 26/9/2016: http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/massoni-loggia-gran-maestro-bisi-130-anni-1.2546960 )

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Il Governo e la famiglia

 I provvedimenti in tema di Famiglia degli ultimi 24 mesi
del Governo di centro-sinistra

 

2014 novembre: Negoziazione assistita per i procedimenti di separazione e divorzio. Si prevede un accordo da parte dei coniugi dinanzi a un avvocato, o anche solo davanti all’impiegato del Comune, senza necessità di comparire davanti al giudice. Ci si pone sulla strada della privatizzazione della famiglia e della banalizzazione del matrimonio

2015 Aprile: Divorzio breve. La norma prevede una riduzione dei tempi di separazione dagli attuali tre anni a sei mesi se la separazione è consensuale, a 12 mesi se è “giudiziale” (cioè chiesta da solo uno dei due coniugi).  
http://www.tempi.it/divorzio-breve-il-clap-clap-della-stampa-e-una-domanda-perche-non-lasciarsi-via-sms#.V7V25NIw9xB

2015 Luglio: “Legge sulla buona scuola”, che all’art. 1, comma 16, che ha legittimato e confermato un’azione di inserimento della cosiddetta ideologia del “gender” nelle scuole. Si veda anche la Circolare MIUR per la giornata contro omofobia:  “supportare […] sulle delicate questioni legate all’identità di genere o a qualsiasi altra forma di violenza“.
https://www.osservatoriogender.it/miur-promuove-lideologia-del-gender-nella-scuola-italiana/

2015  ottobre: Ius soli – ma soprattutto ius culturae – alla Camera. Approvato alla Camera lo “Ius soli”: lo scopo è il “metticciato culturale”, ridurre l’importanza della cultura occidentale e cristiana, basta nascere sul territorio italiano.
http://www.intelligonews.it/articoli/2-marzo-2016/37872/i-protagonisti-del-30-gennaio-hanno-deciso-parte-il-family-italia

2016 Maggio: “Matrimoni” gay. Approvato in via definitiva l'11 maggio 2016 il disegno di legge “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.
http://www.governo.it/approfondimento/unionicivili/4707

2016 giugno: stepchild adoption.  Avvocatura dello Stato: permessa l’adozione bambini da parte di coppie omosessuali (stepchild adoption).
http://www.loccidentale.it/articoli/141959/e-meno-male-che-avevano-stralciato-la-stepchild-adoption 

2016 Luglio:  promozione dell’ LGBT. Il governo Renzi accelera su gender e omosessualità, lanciando un nuovo portale web nazionale, interamente dedicato alla promozione dell’agenda LGBT.
https://www.osservatoriogender.it/governo-renzi-lancia-portale-nazionale-lgbt/  

2016 Settembre: il bullismo sostituisce la “Scalfarotto”. approvata alla Camera la PDL intesa a punire penalmente “la molestia reiterata… al fine di provocare sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione… aventi per oggetto la razza, la lingua, l’orientamento sessuale
http://www.giurisprudenzapenale.com/2016/09/21/bullismo_cyberbullismo/

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Prossimamente sui nostri schermi:
Teorie omosessualiste nelle scuole: http://www.intelligonews.it/articoli/20-luglio-2016/46594/gender-gandolfini-consegneremo-a-miur-petizione-per-la-liberta-educativa-e-un-dossier-su-abusi-didattici
– Educazione sessuale nelle scuole:  http://www.huffingtonpost.it/celeste-costantino/educazione-sentimentale-legge-_b_10695924.html?utm_hp_ref=italy#
– eutanasia / testamento biologico: http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=41308
– legalizzazione cannabis: http://www.business.it/legalizzazione-cannabis-cosa-prevede-la-legge/
– persecuzione di chi cura l’omosessualità: http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/presentata-al-senato-una-legge-contro-le-terapie-riparative/
– doppio cognome: http://www.romasette.it/adozioni-ok-del-tribunale-di-roma-a-una-coppia-di-donne/ 
– utero in affitto: http://blog.openpolis.it/2016/05/10/progetti-legge-sulla-maternita-surrogata/7871

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In generale: http://www.quotidiano.net/politica/governo-riforme-1.2156512
e: http://www.cultora.it/torriero-la-societa-toglie-dio-dalla-storia-degli-uomini-crisi/  

 

 

 

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Regione Emilia-Romagna: l’aborto è ”dogma”

  • Categoria dell'articolo:Vita

 UN PARTITO DELL’OPPOSIZIONE REAGISCE

 Il 27 settembre 2016 la Regione ER ha bocciato senza neppure discuterlo un progetto di legge inteso a ridefinire il ruolo dei Consultori, mentre due assessori hanno speso un’intera giornata a lavorare per l’Unione donne comuniste (Udi).

Aborto: calano i medici obiettori in controtendenza rispetto al resto d’Italia. L’Udi: “Nel 2016 si è recuperata la situazione di Cento, con l’assunzione di due ginecologi abortisti. In precedenza l’obiezione era al 100%”.

L’assessore Venturi (sanità): “Da noi non è a rischio l’applicazione della 194”.
(La Repubblica 26/9/16)
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Comunicato Stampa. Il progetto di legge sulla riforma e la riqualificazione dei consultori familiari nasce per sottoporre all’attenzione della Regione Emilia-Romagna un tema che sappiamo essere delicato e per nulla comodo. Eppure, in un momento in cui il tema del calo demografico è di grandissima attualità, non possiamo non interrogarci sulla pratica degli aborti volontari, nonostante la difficoltà di tenere questo dibattito fuori dall’ambito strettamente ideologico.

E siccome su questo argomento le considerazioni non sono mai semplici, è meglio che a parlare siano i numeri. A inizio settembre, sono stati distribuiti dall’Assessore alla Sanità i dati sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza (Igv), ovvero gli aborti volontari.
La relazione prende in considerazione il periodo relativo agli ultimi 20 anni dando conto di un fenomeno di enormi dimensioni: dal 1993 a oggi gli aborti volontari in Emilia-Romagna sono stati 200mila, una intera Città di bambini mai nati, una macabra contabilità che non possiamo e non dobbiamo ignorare.
Altro dato significativo è che, a fianco di questi 200mila aborti volontari, il 33% di chi ha scelto questa pratica lo aveva già fatto in passato: una percentuale elevatissima che lascia intendere come il ricorso all’aborto volontario non sia più una drammatica eccezione, ma una sorta di metodo contraccettivo inaccettabile, una routine a cui si ricorre come una pratica ordinaria.

Il nostro progetto di legge, composto da 30 articoli, e neppure esaminato in commissione, aveva la funzione di fissare due principi valoriali.
Da un lato, la Sacralità e l’inviolabilità della vita umana, valore non negoziabile (ammesso che esistano valori negoziabili), che è tale fin dal momento del concepimento, dall’altro il valore della famiglia tradizionalmente intesa. Una non negoziabilità che deve sussistere sempre, senza nessuna sorta di bilanciamento tra la vita della madre e quella del nascituro: e sia chiaro che, con questo progetto di legge, ci siamo assunti la responsabilità politica di introdurre temi che in quest’aula sono considerati vetusti, scomodi.
Lo abbiamo fatto ispirandoci sì a valori cattolici, ma con una visione laica, aprendo al dibattito che avremmo voluto si svolgesse in Commissione con i dovuti approfondimenti.

Del resto, il progetto di legge mirava a ridefinire il ruolo dei Consultori Familiari intesi non più come strutture prioritariamente deputate a fornire, in modo asettico, una serie di servizi sanitari o para-sanitari alle famiglie, bensì vere e proprie istituzioni vocate a sostenere e promuovere la famiglia ed i valori etici di cui è essa portatrice.

Ma ancora una volta, la Regione non ha voluto approfondire il tema, quello del bivio tra una vita che viene interrotta e un’altra che viene alla luce.
Ne prendiamo atto non senza rammarico, non senza un pensiero in più rivolto a quei numeri drammaticamente elevati che dovrebbero essere alla base di un dibattito serio nel quale le Istituzioni dovrebbero svolgere un ruolo attivo.

Avv. Galeazzo Bignami
Capo Gruppo di Forza Italia alla Regione Emilia-Romagna

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La nuova religione di Enzo Bianchi

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Amare la Terra e fare bene da mangiare:
la nuova religione del "priore" Enzo Bianchi

di Antonio Gurrado | Il Foglio 23 Settembre 2016

 

Abbiamo una nuova religione: l'ha appena inventata padre Enzo Bianchi in occasione del Salone del Gusto, aperto a Torino fino a lunedì prossimo.

Non è una religione rivelata ma si basa su “due convinzioni”: la prima è “una sorta di undicesimo comandamento” che recita “ama la terra come te stesso”; l'altra è che il miglior modo di dimostrare amore a una persona sia farle bene da mangiare.
Le parole di "padre" Bianchi mi fanno improvvisamente accorgere di tutti gli anni gettati portando le fidanzate in ottimi ristoranti, quando anziché pagare a iosa mi sarebbe bastato imbastire una decente omelette; ma, più dell'economia, è la teologia che m'interessa.
Mi chiedo se "padre" Bianchi sia persuaso che la terra sia una divinità: una divinità creatrice (“c'è una relazione vitale tra l'uomo e la natura”), una divinità psichica (“la nostra vita interiore non è estranea alla terra”) e una divinità spietata: “Dio perdona sempre, la terra non perdona mai”.

In particolare ho remore sull'undicesimo comandamento. Non l'aveva già dato Gesù, quando aveva detto: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri”?
Adesso emerge che il comandamento nuovo non parla di amare né il prossimo né Dio ma la terra; del resto Gesù non scriveva sulla Stampa, quindi è una fonte meno attendibile.
A questo comandamento nuovo "padre" Bianchi aggiunge un corollario: “Ama la terra come te stesso, e la terra ti ricompenserà”: formula più efficace, nei nostri tempi frettolosi, rispetto alla promessa che “grande sarà la vostra ricompensa nei cieli”; rispetto all'ammonimento “pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra”.

 

Non apprezzo i monaci atei

Livi, autorevole e venerabile teologo di establishment nega la cattolicità del “profeta” Bianchi

di Paolo Rodari | 19 Aprile 2012

 

"Per aver detto ciò che penso su Enzo Bianchi mi danno del cattolico tradizionalista, pigiando con disprezzo sull’aggettivo, ma io non mi sento tale, mi sento piuttosto cattolico punto e basta, uno che senza offendere nessuno cerca di difendere la vera teologia dai falsi profeti, da coloro che dicono di fare teologia e invece altro non fanno che una squallida filosofia religiosa. Bianchi è uno di questi”.

Del clero romano, già decano della facoltà di Filosofia alla Pontificia università lateranense, “il più solido filosofo metafisico che le facoltà teologiche romane e italiane abbiano conosciuto dopo padre Cornelio Fabro” (copyright Sandro Magister), insomma non proprio l’ultimo arrivato, monsignor Antonio Livi spiega al Foglio dove diavolo abbia trovato il coraggio (e soprattutto per quale motivo l’abbia voluto trovare) di attaccare a testa bassa, qualche settimana fa, il monaco più mediatico del panorama ecclesiale italiano, Enzo Bianchi il quale, oltre che fondatore e "priore" di Bose, è scrittore prolifico ed editorialista per Repubblica, Sole 24 ore, Avvenire e Famiglia Cristiana.
Un attacco durissimo e che, vergato sulle pagine del giornale cattolico on line la Bussola quotidiana, ha provocato qualche tempo dopo la reazione, in difesa di Bianchi, del direttore di Avvenire Marco Tarquinio che poi ha lasciato la palla direttamente al monaco bosiano per un botta e risposta con Livi sui generis rispetto al consueto ecclesialese del quale i personaggi di chiesa ammantano il più delle volte il loro parlare.

“Enzo Bianchi?”, si è domandato Livi il giorno che ha deciso di aprire il fuoco. “Si presenta come il priore della Comunità di Bose, che dei cristiani ritengono essere un nuovo ordine monastico, mentre canonicamente non lo è, perché non rispetta le leggi della chiesa sulla vita comune religiosa. I cattolici lo ritengono un maestro di spiritualità, un nuovo san Francesco d’Assisi capace di riproporre ai cristiani di oggi il vangelo sine glossa, ma nei suoi discorsi la scrittura non è la parola di Dio custodita e interpretata dalla chiesa ma solo un espediente retorico per la sua propaganda a favore di un umanesimo che nominalmente è cristiano ma sostanzialmente è ateo”.

Tutto è iniziato il 4 marzo, per colpa di un paginone a colori nell’inserto domenicale di Avvenire nel quale Bianchi, all’inizio della Quaresima, commentava il racconto evangelico delle tentazioni di Gesù nel deserto.
Qui, secondo Livi, Bianchi nega esplicitamente la divinità di Cristo, parla del suo “essere creatura” e lo presenta come un simbolo dell’etica sociale politically correct, l’etica dell’uomo che, come scrive il priore di Bose, deve “avere il cuore e le mani libere per dire all’altro uomo: mai senza di te”.
Ma è l’11 marzo che per Livi la misura diviene colma. Quel giorno Bianchi scrive sulla Stampa un pezzo dedicato a Hans Küng, con tanti elogi al “teologo ribelle” e una dura accusa alla Santa Sede: non comprendendo le ragioni del professore svizzero, anzi togliendogli la qualifica di teologo cattolico, la chiesa avrebbe perso un’occasione importante.
Secondo Bianchi, infatti, “le sue posizioni, così stimolanti per i cristiani di oggi e per l’uomo contemporaneo non hanno più avuto come luogo di confronto e di risonanza la comunità cattolica in quanto tale”.

Apriti cielo. Per Livi, da sempre abituato a parlare senza fronzoli e in modo spiccio davanti ai suoi alunni della Lateranense (a lezione non si toglie mai il cappotto), è davvero troppo.
Dice: “Ho recentemente pubblicato un libro, “Vera e falsa teologia” (Editrice Leonardo da Vinci), il cui sottotitolo spiega molte cose. Recita così: ‘Come distinguere l’autentica scienza della fede da un’equivoca filosofia religiosa’. Bianchi non fa teologia, non si rifà al dogma cattolico ma un’equivoca ideologia filosofico-politica che ben poco serve a comprendere e a vivere la verità rivelata da Dio. Da troppi anni il "priore" di Bose non solo gode di grande favore presso gli intellettuali atei ma è anche considerato in alcuni ambienti cristiani un ‘maestro della fede’ e un ‘profeta’ del cristianesimo del futuro: a un certo punto era opportuno che qualcuno facesse notare l’ambiguità di questa operazione culturale. Io non ho nulla contro Bianchi, e tutti hanno la libertà di interpretare il cristianesimo come meglio credono, ma è importante avvertire chi dovrebbe avere responsabilità pastorale (anche giornali come Avvenire e Famiglia Cristiana) che in materia di fede l’unica autorità garantita dalla fede stessa è il magistero della chiesa. La falsa teologia propone soltanto dottrine di uomini, invece di farsi eco della parola di Dio. La teologia è autentica serve alla fede se non contraddice il magistero del Papa e del Concilio, e nemmeno si sovrappone a essi, ma ne tenta un’interpretazione scientifica che risulti affidabile”.

Insomma, sta dicendo lei farebbe vera teologia e Bianchi no?

Io non c’entro. La chiesa ha tanti ottimi teologi anche al giorno d’oggi. Io nel mio libro critico alcuni noti teologi che seguono più Hegel che i concili ecumenici, ma rendo anche omaggio a teologi di fama internazionale come Charles Journet, Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar e Joseph Ratzinger (oltre a italiani come Carlo Caffarra, Inos Biffi, Rino Fisichella). Io uso la mia competenza epistemologica per mostrare qual è l’unico metodo logico per fare vera teologia. La vera teologia è opera di chi crede nella verità rivelata e procede con metodo scientifico a formulare ipotesi d’interpretazione del dogma al servizio della fede della chiesa. Ma, essendo questo il suo statuto epistemologico, essa deve rispettare il proprio limite ermeneutico e non rimettere in discussione ciò che costituisce il nucleo essenziale (sia in senso semantico che in senso aletico) della fede di sempre e di tutti. Procedere diversamente significa fare, non più teologia ma ‘filosofia religiosa’, che è un discorso su Dio e sulla religione ibrido e incoerente, privo di consistenza aletica, cioè veritativa”.

Sostiene Livi che una filosofia siffatta è anche un regresso al razionalismo e al fideismo dell’Ottocento, che già il Concilio Vaticano I aveva dichiarato incompatibili con la fede cattolica.
Dice: “Il razionalismo teologico ha avuto un suo apogeo con Hegel e Schelling, i quali parlavano dei misteri rivelati (l’incarnazione del Verbo, la Trinità) risolvendoli in elucubrazioni meramente filosofiche; nello stesso periodo Kierkegaard esaltava il fideismo. Io dico: tutti sono liberi di non credere a una rivelazione divina e di preferire al Vangelo una sapienza umana, ma non vengano a dire che è teologia, perché questa non è un nutrimento sano della fede ma una specie di sofisticazione alimentare. Chi trasforma la dottrina cristiana in cattiva teoria religiosa, ricorrendo agli artifici della letteratura di moda, allontana i fedeli dall’intelligenza della fede, facendo credere che i dogmi siano d’intralcio alla spiritualità e che la fraternità cristiana consiste nel far proprie, come se fossero sempre valide, tutte le idee dei cosiddetti ‘dissidenti’ e dei contestatori della chiesa-istituzione”.

Alle parole di Livi, Bianchi ha reagito.
Scrivendogli una lettera poi resa pubblica, Bianchi assicura Livi della sua “fede cattolica” e della sua “leale appartenenza alla chiesa”. E ancora: “La fede che professo” ha scritto “è quella del credo che proclamo ogni domenica nella messa. Per me, quindi, Gesù Cristo è il Figlio di Dio, il Signore morto e risorto per la nostra salvezza. Se non lo ritenessi tale, ma solo un uomo, lei pensa che avrei scelto la vita monastica cristiana, che da quasi cinquant’anni tento di vivere, con fatiche e inadempienze certo, ma nella fede in Lui?”.
Dice Livi: “Un conto è dire che si crede in Dio, un altro è continuare a proclamare attraverso i propri scritti un umanesimo ateo. Anche nelle scorse ore Bianchi ha scritto che la resurrezione di Cristo è un simbolo, il simbolo dell’amore che vince la morte. Scrivere così significa buttare ogni cosa della fede – che è il regno del concreto esistenziale – sull’astratto, nell’ideologia. Significa distruggere il dogma e ridurre la chiesa a umanesimo, il tutto mostrandosi, agli occhi dei credenti, come un profeta, portatore di un messaggio in qualche modo divino. Tutto ciò altro non è che un millantato credito di un intellettuale che molti considerano un monaco, un sacerdote e un teologo, mentre queste qualifiche, nei termini in cui vengono usate nella chiesa cattolica, non gli appartengono”.

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Vendemmiati: Per un ritorno al tomismo

  • Categoria dell'articolo:Fede e ragione

 Aldo Vendemiati
IL DIRITTO NATURALE – DALLA SCOLASTICA FRANCESCANA ALLA RIFORMA PROTESTANTE
Urbaniana University press – Via Urbano VIII n. 16 – 00165 Roma – 2016 – pag. 128 – €.14,00

 

 

L’autore, docente presso la Pontificia università Urbaniana, si occupa di temi etici con solida impostazione tomista (legata cioè al pensiero di san Tommaso d’Aquino), in continuità con quella tradizione che anche in un recente passato, ha annoverato, negli atenei pontifici romani, eccellenti figure come i domenicani Raimondo Spiazzi e Reginaldo Pizzorni ed il salesiano don Dario Composta.

Dopo avere affrontato in due precedenti opere, il tema della Legge naturale (1995) in generale e quindi il rapporto tra San Tommaso e la legge naturale (2011), nel suo ultimo libro, Vendemiati tratteggia il complesso itinerario che verso la fine del Medioevo, ha portato all’abbandono della prospettiva tomista.

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Due parole almeno, prima di continuare, per ricordare che, con l’espressione ‘diritto naturale’ si fa riferimento all’esistenza di un insieme di regole di giustizia (diritto alla vita, alla proprietà ecc.) che preesistono agli ordinamenti giuridici dei singoli Stati. Questi pertanto non potrebbero né abrogarle né violarle e le leggi che, eventualmente, fossero emanate in contrasto con esse, dovrebbero ritenersi ingiuste e prive di efficacia anche se sostenute dalla forza coattiva dello Stato.

Si tratta di una concezione (cui si da il nome di gius-naturalismo cioè diritto di natura) che è oggi generalmente rifiutata nel mondo occidentale in cui –tutt’al più- si riconosce al diritto naturale il valore di una vaga aspirazione alla giustizia, in quanto tale però, priva di valore giuridico. Esso è poi del tutto disconosciuto nella pratica degli Stati moderni che non ammettono limiti al proprio legiferare se non quelli che essi stessi si sono imposti e che, ovviamente, sempre possono cambiare anche se nelle costituzioni (come ad esempio, nell’art. 29 di quella italiana laddove si tratta della famiglia) talvolta, si trova l’aggettivo ‘naturale’.

Vano pertanto è sempre rimasto, in Italia ed altrove, il richiamo al diritto naturale da parte di chi si opponeva ad innovazioni legislative che, come divorzio, aborto e, più di recente, matrimoni ed adozioni gay, andavano a toccare strutture essenziali della persona e della società.

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Trascurando la ‘volontà di potenza’ dello stato moderno per rimanere invece su di un terreno più propriamente culturale, bisogna riconoscere che, almeno in un punto, le critiche al diritto naturale trovano un certa giustificazione. Ė vero infatti che i più famosi teorici del ‘moderno’ diritto naturale –il nome di alcuni dei quali è ben noto: Ugo Grozio, Thomas Hobbes, John Locke, Jean Jacques Rousseau, Immanuel Kant– finiscono per fondarlo su basi teoriche assai fragili e così ‘riempirlo’ di contenuti diversi l’uno dall’altro esponendolo alla facile critica di chi lo considera poco più che un vuoto contenitore buono per tutti gli usi. Ė questa ad esempio una delle critiche se non forse, la più pungente che, al concetto di diritto naturale, ha rivolto il noto filosofo del diritto e politologo Norberto Bobbio nel suo saggio più volte ristampato ‘Giusnaturalismo e positivismo giuridico’ (Laterza, 2011).

In realtà, dove l’idea di diritto naturale è nata e si è diffusa, ad Atene grazie soprattutto ad Aristotele ed a Roma con Marco Tullio Cicerone e, più in genere, con un po’ tutti i grandi giuristi dell’epoca (Ulpiano e Gaio in testa), l’idea che se ne aveva era assai meno vaga. Tale diversa concezione, quantomeno nelle sue linee portanti, è rimasta inalterata per oltre un millennio, fino cioè a san Tommaso d’Aquino (1225-1274). Il doctor angelicus –come egli era chiamato nelle scuole medievali- l’ha infatti ripresa inserendola nel suo sistema filosofico fornendole così fondamento e contenuti non esposti a soggettive e sempre mutevoli interpretazioni.

Sintetizzando e pur con il rischio di banalizzare, si può ricordare che la costruzione del diritto naturale per san Tommaso deriva dal riconoscimento del fatto che Dio non ha solo creato il mondo ma l’ha anche, per così dire, ordinato verso un fine. Tutto il reale che ci circonda costituisce cioè un cosmo razionale dotato di proprie leggi. La legge naturale altro dunque non è che l’insieme delle inclinazioni di quella natura umana che vive ed opera all’interno del creato e che, in quanto dotata di ragione, è capace -sia pure entro i limiti del suo essere creatura- di scoprire il fine assegnatogli da Dio e ad esso adeguare i propri comportamenti. Il diritto naturale, non è pertanto rimesso all’arbitrio dei filosofi ma scaturisce/è scritto nella stessa costituzione del reale e può essere appreso dal suo esame. Un po’ allo stesso modo -ci si consenta-  mesi orsono, Antonio Socci, quando fu data notizia della verifica sperimentale dell’esistenza delle cosiddette ‘onde gravitazionali’, notava che, se un secolo prima, il noto fisico Albert Einstein, le aveva già ‘scoperte’ a tavolino, ciò dipendeva dal fatto che esse dovevano esserci necessariamente proprio, anche in questo caso, a causa della natura ‘ordinata’ del cosmo.

Dopo san Tommaso, il diritto naturale è stato invece a poco a poco, estratto dal contesto culturale in cui era nato nell’antica Grecia ed al quale il doctor angelicus aveva solo dato solido fondamento, per percorrere un itinerario che Vendemiati descrive con chiarezza. Nel libro si succedono così figure note (come  Duns Scoto, Guglielmo d’Ockham, Martin Lutero e Giovanni Calvino) insieme ad altre che lo sono meno fino ad arrivare al filosofo calvinista Giovanni Althusius (1557-1638). In questa figura, Vendemiati individua il punto di arrivo del suo ‘viaggio’, dal momento che il diritto naturale è oramai ridotto a fatto di coscienza: ‘in forza di una conoscenza impressa da Dio che viene chiamata coscienza […]

 l’uomo è spinto da un misterioso istinto della natura a fare ciò che ha compreso essere giusto o a non fare ciò che ha compreso essere iniquo’ (cit. a pag. 103). Non è dunque difficile vedere come questa riduzione della legge naturale a poco più di un istinto necessariamente soggettivo, apre la porta a giustificarne tutti i contenuti possibili ed immaginabili e quindi, in pratica, a renderlo un concetto evanescente e privo di valore.

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Vendemiati, ovviamente, non è il primo a percorrere questo itinerario che, dalla frantumazione della sintesi tomistica, conduce il diritto naturale fino agli albori dell’età moderna. Già lo avevano delineato, anche solo per uscire dall’ambiente delle università pontificie romane, il belga Georges de Lagarde  (di cui la Morcelliana ha tradotto nel 1961 i primi due volumi con il titolo ‘Alle origini dello spirito laico’) ed il francese Michel Villey, (‘La formazione del pensiero giuridico moderno’, ed. Jaka book, 1986). opere entrambe divenute classiche. Mentre però il primo si muoveva prevalentemente sul terreno della filosofia della politica ed il secondo in quello della filosofia del diritto, merito del nostro autore è di approfondire l’argomento in termini essenzialmente filosofico-teologici.

Certamente il suo libro presuppone un minimo di conoscenza della storia della filosofia: non più però di quanto se ne apprenda generalmente nel triennio dei licei. Lo stile è piano, i tecnicismi filosofici ridotti veramente al minimo e le citazioni degli autori sono sempre in lingua italiana. Tutto questo insieme alle dimensioni contenute del saggio, invoglia alla lettura.

Né si pensi che il tema sarebbe alquanto … esotico: è infatti soltanto un giusnaturalismo ancorato alla natura delle cose ed al loro ordine oggettivo secondo la prospettiva tomista, che potrà aiutare a costruire un terreno comune tra tutti ‘gli uomini di buona volontà’. Lo si è visto del resto quando, su scottanti temi di attualità (aborto, fecondazione artificiale, gender), non sono mancate personalità di rilievo di area laica che hanno difeso l’ordine naturale: non sono state molte, questo purtroppo, è vero però la loro presenza è stata significativa. E perché magari questo possa ripetersi occorre che, anche da parte cattolica l’argomentazione si fondi su solide basi.

Andrea Gasperini

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Calo di presenze dei pellegrini alla Sede Apostolica

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Nonostante la forte attenzione riservata dai massmedia al Santo Padre, sembra che il popolo di Dio stia disertando sempre più i pellegrinaggi alla Sede Apostolica.
I dati delle Udienze Generali, della Confcommercio e CNA.

Altro che Olimpiadi, il vero scandalo è il Giubileo

Piangono alberghi, ristoranti, negozi e trasporto Nell’Anno Santo a picco turismo e consumi
(http://www.iltempo.it/roma-capitale/2016/09/23/roma-altro-che-olimpiadi-il-vero-scandalo-e-il-giubileo-1.1576097)

 

Il conto ufficiale dei pellegrini arrivati nella Capitale in oltre otto mesi di tempo dall’inizio del Giubileo segna 16.348.566; è aggiornato al 18 settembre e cresce di ora in ora. Eppure, questi 16 milioni e più di visitatori non hanno avuto un minimo di impatto economico sulla città: niente segno più per l’occupazione alberghiera, tantomeno per i pubblici esercizi, niente ancora per il commercio al dettaglio né per i trasporti su gomma. Insomma, mancano un paio di mesi alla fine dell'evento giubilare e per le categorie produttive è stato un vero e proprio flop. Tanto da far dare un giudizio unanime: «Saremmo andati molto meglio se il Giubileo non ci fosse stato».

TURISMO

Il più categorico nel suo giudizio è Giuseppe Roscioli, presidente Federalberghi Roma: «Da gennaio 2016 a luglio, gli arrivi sono aumentati dell’1,5% ma l’anno scorso sull’anno precedente nello stesso periodo considerato l’incremento era stato del 4,61%. Questo significa che siamo cresciuti molto di più quando il Giubileo non c’era». È vero, precisa Roscioli, «c’è stato anche l’allarme terrorismo che ha rallentato il flusso turistico, ma in Europa, al netto dell’Italia, il turismo è cresciuto del 5%, quindi il problema sta proprio nella Capitale». Sono i dati dell’occupazione degli alberghi 1 e 2 stelle i più emblematici: avrebbero dovuto raccogliere il maggior numero di pellegrini visto che si tratta di un turismo di qualità bassa. Invece, nel periodo gennaio/luglio 2016 gli alberghi a 1 stella hanno segnato una diminuzione dello 0,08% degli arrivi e dell’1,03% delle presenze mentre quelli a 2 stelle del 2,69% delle presenze e del 2,33% degli arrivi.

EXTRALBERGHIERO

Un po’ meglio è andata al settore extralberghiero, almeno a livello di occupazione delle stanze che sono rimaste tra gennaio e agosto al 70-80%. Ma, spiega Claudio Cuomo, presidente extralberghiero della Confesercenti: «Il Giubileo ha influito negativamente sul fronte prezzi, scesi fino a 35-40 euro a camera. Questo è stato causato dal fatto che la clientela che di solito spende di più ha evitato di venire a Roma proprio perché c’era il Giubileo e quella che è venuta ha una capacità di spesa molto più bassa». In poche parole è stata la qualità del turismo a risentirne maggiormente.

BAR E RISTORANTI

Più turisti che girano e che, si diceva, avrebbero consumato nei bar e nei ristoranti. Almeno così speravano gli esercenti. Tutt’altro. Claudio Pica, presidente Associazione esercenti di Roma e Provincia, parla addirittura di un danno per il settore. «La flessione degli incassi è intorno al 6-8% da inizio del Giubileo ad oggi quando invece avevamo stimato un incremento di almeno il 10% degli affari. Gli esercenti hanno grossi problemi ad essere in regola con i pagamenti ai fornitori e a mantenere gli stessi livelli occupazionali». Anche nell’area attorno ai Musei Vaticani i ristoratori lamentano scontrini medi di 15 euro, segno che il turista che entra si ferma alla bibita e al panino più che consumare seduto al tavolo.

TRASPORTI

Da sempre i pellegrini richiamano i pullman privati che li trasportano da una parte all’altra della città. Per questo Giubileo, tuttavia, il via vai dei torpedoni è stato ridotto proprio all’osso. Parla di vero e proprio flop Paolo Delfini, presidente Cna trasporto: «Prima del Giubileo registravamo una media di 400 pullman al giorno. Oggi siamo al 60/70 per cento in meno, un danno notevole per il settore». Una prova? «Basta vedere che nelle zone a più alta concentrazione di pellegrini, come ad esempio via della Conciliazione o via Gregorio VII, altezza San Pietro, non si registrano per nulla file di pullman o traffico».

SHOPPING

E sul fronte commercio? Peggio che mai. Per David Sermoneta, presidente dell'Associazione Piazza di Spagna «questo turismo non è certo quello che spende nei negozi del centro per fare shopping». Ma neppure nelle vie più periferiche si registra il minimo movimento da poter imputare al Giubileo. 

Damiana Verucci

 

Alle udienze di Papa Francesco si registra un forte calo di presenze.

da: http://www.lalucedimaria.it/alle-udienze-di-papa-francesco-si-registra-un-forte-calo-di-presenze/

Cerchiamo di capire il motivo del vistoso calo di popolarità e di consensi nei confronti di Papa Francesco che secondo questi dati ufficiali riguardanti le presenze alle udienze di Bergoglio mettono in luce questa realtà indiscutibile. Una spiegazione plausibile secondo noi potrebbe essere che molti hanno frainteso le dichiarazioni del Pontefice su alcune tematiche delicate […].

Un’emorragia lenta e costante, che in poco più di due anni ha assunto proporzioni preoccupanti. Il numero delle persone che il mercoledì si reca a piazza San Pietro per assistere all’ udienza del Papa ha iniziato a calare con l’ avvento di Francesco al soglio di Pietro, ed il trend non accenna a cambiare verso.

Da che è diventato Pontefice, Bergoglio ha perso suppergiù due fedeli su tre. I numeri non potrebbero essere più ufficiali: a diffondere il conto delle presenza è stata infatti la Prefettura della casa pontificia, ossia l’ organismo vaticano che ha tra i propri compiti quello di provvedere all’organizzazione delle udienze. L’occasione per la pubblicazione del riepilogo è stata offerta dalla centesima udienza tenuta da Bergoglio questo mercoledì.

I numeri: ai cento appuntamenti di Francesco hanno preso parte in totale 3.147.600 persone.
Interessante il dato disaggregato sui singoli anni. Nel 2013, primo anno di pontificato del Papa argentino, i fedeli presenti sono stati 1.548.500 per un totale di 30 udienze (da tenere a mente che il pontificato è iniziato nel marzo di quell’ anno); nel 2014 alle 43 udienze officiate da Francesco hanno preso parte 1.199.000 fedeli; per l’ anno in corso, dove si contano 27 udienze compresa quella di questa settimana, il totale si ferma a quota 400.100.

Per rendersi conto della portata di questa emorragia è utile fare il calcolo delle presenze medie per udienza: nel 2013 l’ udienza papale media è stata seguita da 51.617 persone, nel 2014 da 27.883, nel 2015 da 14.818. E il trend sembra essere in ulteriore contrazione, dato che dal Vaticano fanno sapere che all’ ultima udienza l’ affluenza si è attestata in circa sulle diecimila persone. In ultima analisi, da quando è diventato Papa Jorge Bergoglio ha perso per strada poco meno di due fedeli su tre.

Il confronto diventa ancora più stridente se si va a fare il confronto con chi lo ha preceduto alla guida della Chiesa. I numeri di Giovanni Paolo II, non a caso passato alla storia come Pontefice tra i più amati di sempre, restano irraggiungibili: nel suo primo anno di pontificato, in sole nove udienze, Wojtyla raggiunse quota 200mila fedeli, arrivando nel corso dell’ anno successivo al picco fatto senare a quota 1.585.000 fedeli. Dopo qualche anno di relativa stanca, il grande exploit con l’ Anno Santo del 2000, quando i pellegrini tornarono ad essere in numero superiore ad un milione e 400mila.

MEGLIO RATZINGER

Se da un Pontefice dal carisma unanimemente riconosciuto come Wojtyla certi numeri non stupiscono, lo stesso non può tuttavia dirsi per un Papa al contrario dipinto come respingente e poco incline a suscitare il carisma delle folle: Joseph Ratzinger.

Negli otto anni di Pontificato, Benedetto XVI ha fatto registrare un totale di 20.544.970 fedeli tra incontri in Vaticano e a Castel Gandolfo. Particolarmente lusinghieri i risultati del 2012 (quando i pellegrini sono stati in tutto 2.351.200), del 2011 (2.553.800, persino meglio dell’ anno che sarebbe seguito) e quelli relativi all’ inizio del pontificato: nei primi otto mesi da guida della Chiesa, infatti, Ratzinger aveva fatto registrare oltre 2 milioni e 800 mila fedeli, con 810mila fedeli in appena nove udienze da aprile (momento dell’ elezione) alla fine dell’ anno.
Un trend che, come detto, in seguito all’elezione di papa Francesco ha conosciuto una brusca ed inattesa inversione di tendenza. E che, visti i dati di questi ultimi mesi, le carte in regola per peggiorare pare averle tutte.

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Ennesima bufala genderista

 Dopo le decine di falsi casi di intolleranza omofoba, arriva una "bufala culturale": e la attivissima lobby gay la rende virale in tutta Europa.

 E’ virale la bufala della lettera di Leo, bambina transgender di soli 10 anni

di Rodolfo de Mattei, per Osservatorio gender del 21 settembre

 

Sono Leo ho 10 anni e non sono nè maschio nè femmina. Sta facendo il giro del mondo ed accendendo vivaci dibattiti, la lettera che una bambina inglese di 10 anni avrebbe inviato alla “Bbc Magazine” per raccontare la sua storia che l’ha portata a “transitare” da femmina a maschio assumendo il nome di Leo. (Leggi ad esempio qui Gay.it, qui Lettera Donna)

NATA LILY

La realtà è un pò diversa. Leo Waddell, nata Lily, non ha 10 anni ma 15 e, nonostante la giovanissima età, è già un’icona transgender in quanto è stata la protagonista di una serie televisiva britannica che ha raccontato la “normalità” della sua  transizione di genere” nel programma “My Life: I am Leo andata in onda sulla BBC nel 2015. 

 

FARINA DEL SUO SACCO?

Leggendo la lunga lettera, si capisce inoltre che non è certo la giovanissima adolescente l’autrice della lettera, quanto molto più probabilmente persone interessate a promuovere le istanze gender, strumentalizzandone la pietosa storia a cominciare dalla madre Hayley che così si era espressa nel novembre 2014 riguardo i futuri progetti della propria figlia:

 “Leo fermerà le cure bloccanti degli ormoni per un paio di mesi in modo che possa produrre alcuni ovuli da poter congelare. In questo modo, in futuro, quando avrà una relazione e vorranno dei figli, useranno un donatore di sperma per fertilizzare le uova per poi poterle impiantare nel suo partner”.

 

La missiva è uno studiato “concentrato” di tutti quelli che sono i principali clichès e le odierne maggiori rivendicazioni LGBT+: dall’utilizzo del bagno dei maschi all’adozione dei pronomi neutri fino alla liberalizzazione delle cure ormonali per bloccare la pubertà.

 

LA LETTERA

Ecco la lettera completa di Lily/Leo.

“Non sono un bambino. Pensavo di essere un bambino perché non sono totalmente una ragazza. Abbiamo provato per un po’, ma poi ho pensato: “No, non è questa la cosa giusta“. Poi abbiamo fatto alcune ricerche e abbiamo scoperto l’espressione “identità di genere non binaria” e funziona davvero, sono io.

Non ricordo che età avessi quando ho capito che non mi sentivo bene. Parlai di questo alla mia maestra per prima: ero frustrat* e le chiedevo perché nessuna delle bambine riusciva ad avere parti da ragazzo nelle recite che facevamo. Non era giusto. L’ho presa e le ho detto: “Non sono una ragazza“. Lei non pensò che stessi mentendo. Ma siccome ciò non è molto comune, non penso che lei abbia davvero capito come mi stessi sentendo.

Ho continuato la conversazione con mia madre. Sapevo che mamma sarebbe stata totalmente di supporto, ma siccome non sapevo se quello era esattamente ciò che sentivo, pensavo di dover aspettare fino a quando non fossi stat* sicur*. Ero abbastanza nervos*. Mamma era completamente favorevole e interessata alla questione. “Che nome vorresti se fossi un ragazzo? Sei sempre stato attratto dai ragazzi, pensi che saresti gay o etero?“. In alcune famiglie molti si sarebbero semplicemente messi a ridere, non avrebbero creduto a un’affermazione del genere. O non reagiscono perché non sanno come reagire. Per questo sono molto fortunat*. È magnifico avere dei genitori così splendidi.

A scuola tutti erano assolutamente fantastici. La mia maestra lo disse alla classe e tutti i miei amici erano tipo “Oh wow, è davvero interessante“. Perché abbiamo 9-10 anni: questo non cambiava molto le cose. Giochiamo, non parliamo molto di cose personali. Un giorno io e una mia amica stavamo giocando nella sabbia. Lei disse: “Quindi sei un ragazzo?“. “No, non sono un ragazzo o una ragazza, sono non-binario, per cui sto a metà”. “Quindi sei nulla?“.
 
Non credo di essere “nulla”. Sono “entrambi”. Voglio usare il bagno dei maschi perché è più giusto di usare quello delle ragazze. Non sono autorizzat* a farlo e credo che dovrei poterlo fare. Capisco che ci siano un sacco di ragazzi più grandi che usano la toilette che potrebbero essere preoccupati riguardo a qualcuno che sta lì e non ha quello che loro hanno. Credo che “lui” non sia abbastanza corretto. Mi sento più come “loro”, ma questo dirotterebbe l’attenzione su di me e sulla mia identità di genere quando stiamo magari avendo una conversazione normale. Quando sarò più grande prenderò queste decisione e non mi adatterò semplicemente a “lui”. Non c’è un corpo che abbia due generi: mi piacerebbe che ci fosse una via di mezzo tra le due.

Quando crescerò sarà difficile per me dire che non sono una ragazza. Al momento indosso un reggiseno, Ma se indosso una camicia sportiva posso farne a meno. Il seno è la cosa più immediata che notano le persone. Io correggo le persone sia quando usano “ragazzo” che quando usano “lei”. Dico “Mi dispiace, non sono un ragazzo o una ragazza”. E basta. Se mi fanno domande sulla questione rispondo, ma non dovrebbe essere l’unica cosa degna di nota: non è nemmeno la cosa più interessante su di me.

Mi piace l’idea di avere una barba, mi piace molto. Puoi trapiantare i capelli dalla testa al mento, e crescono come barba. Se ci fosse un modo di farlo senza prendere ormoni su ormoni… e poi le persone direbbero “Guarda quella barba da UOMO”. Io non voglio che le persone mi associno con l’uno o l’altro genere. Ma so che lo faranno, Non penso ci sia modo di sfuggire a ciò.
 
Mi sento molto più felice di prima, mi sento molto più rilassat* e mi sento nella facoltà di parlare di ciò senza essere timid*.

Non mi serve che le persone capiscano, voglio solo che non siano cattive con me”.

 

PROPAGANDA TRANS

Nonostante fosse semplice ricostruire la “vera” storia di Lily/Leo, tutti i principali quotidiani e siti web hanno presentato la storia della “bambina Leo” come il toccante caso della bambina di soli 10 anni transgender, socialmente incompresa ed emarginata da una società, evidentemente ancora troppo arretrata e bigotta.

 

OLTRE LA BUFALA

Al di là della clamorosa bufala mediatica, costruita e diffusa dai media LGBT per propagandare il proprio piano ideologico, nessuno si domanda riguardo gli effetti e le conseguenze del messaggio che la vicenda della piccola “Lily” porta con sè.

Il messaggio espresso attraverso le parole messe in bocca alla bimba trans è chiarissimo: non importa se nasci maschio o femmina, il sesso che ti assegna madre natura è un dato puramente biologico di nessun conto. Ciò che fa di te un maschio o una femmina è la tua soggettiva e mutevole volontà di essere l’uno o l’altro.

Nella realtà, Lily, affetta da un disturbo dell’identità sessuale che ha un nome preciso, “disforia di genere”, avrebbe bisogno di cure psicologiche e di essere affiancata da specialisti che l’aiutino a riscoprire la propria vera natura. Questo è l’unico approccio terapeutico ragionevole e di buon senso, un percorso medico un tempo normalissimo e scontato, oggi impossibile e additato come intollerante e omofobo dal mainstream scientifico e mediatico accecato dall’ideologia del gender.

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Cristiani perseguitati sul lavoro: lo conferma un dossier

 Cristiani perseguitati sul lavoro: lo conferma un dossier

Mancano solo le condanne alla pena capitale, per essere in pieno regime del Terrore: ma intimidazioni, discriminazioni, persecuzioni sociali, civili e professionali a danno dei cristiani già ci sono. E pare proprio che vi si faccia ampio ricorso. Lo conferma l’indagine recentemente conclusa in Gran Bretagna e subito ripresa dall’agenzia LifeSiteNews: 2.483 i dipendenti intervistati, tutti concordi nel dire una cosa sola ovvero che i fedeli han sempre più paura di esprimere le proprie convinzioni sul posto di lavoro. Farlo significa nella migliore delle ipotesi essere derisi, nella peggiore essere penalizzati in termini di salario o di carriera, quando non addirittura licenziati. Il caso delle ostetriche cattoliche scozzesi, obbligate nel dicembre scorso dalla Corte Suprema britannica a supervisionare gli aborti effettuati pena la perdita del posto, ne è solo un caso. La loro obiezione di coscienza venne interpretata dai giudici come un elemento comprovante la loro fede e quindi punita. E la Commissione per i diritti umani, benché coinvolta, si astenne dall’intervenire. L’antologia di episodi analoghi è già purtroppo sterminata. Abbastanza da scoraggiare chiunque dall’esprimere pubblicamente la propria identità e la propria fede.

Le forze laiciste pare proprio che abbiano raggiunto i loro obiettivi: intimorire, ridurre al silenzio, disporre di normative da usare come clava, per imporre la nuova ideologia giacobina della secolarizzazione liberticida. Secondo il responsabile della Commissione Uguaglianza e Diritti Umani inglese, Mark Hammond, vi sarebbero diffuse incomprensioni e «confusioni normative» nel rapporto tra datori di lavoro e dipendenti, tali da determinare «risentimenti e tensioni tra gruppi», oltre ad un permanente stato di «ansia». Altro che mobbing! In realtà, non si tratta solo di questo: «Un tema ricorrente – si legge nel rapporto finale – riguarda le pressioni subite, per convincere i lavoratori a metter tra parentesi la propria fede sul lavoro». Pressioni, come derisioni, offese, umiliazioni: «Vengono bollati come ‘bigotti’, li si accusa di predicare, di voler fare proselitismi. Si sentono discriminati», non potendo indossare simboli religiosi, né esprimere le proprie idee quando si tocchino tematiche morali o bioetiche, dal sesso al matrimonio, dall’aborto alle ‘nozze’ gay, dal divorzio all’eutanasia.

Andrea Williams, amministratore delegato del Clc, Centro Giuridico Cristiano, ha chiesto alla politica un «intervento urgente», per far cessare questa forma di persecuzione manifesta contro chi semplicemente si rifiuti di rinunciare o nascondere le proprie convinzioni: «Questa ricerca giunge troppo tardi – ha dichiarato – però sottolinea quanto siano diffuse e differenziate le provocazioni e le ostilità contro i cristiani ogni giorno sul posto di lavoro». In particolare, contro infermieri, medici, magistrati, insegnanti, genitori affidatari, consulenti, funzionari dell’anagrafe, predicatori di strada, educatori, insegnanti, assistenti sociali, gente che ha «affrontato sfide difficili soltanto perché decisa a vivere in modo coerente la propria identità religiosa».

Da una parte lo scherno, dall’altro – si legge nel rapporto – il terrore di violare qualche punto dell’Equality Act, approvato nel 2010, e ritrovarsi così tra capo e collo una denuncia con richieste di risarcimento da capogiro. Evidenti gli abusi, cui si presta la normativa vigente. Un’interpretazione troppo restrittiva del Sexual Orientation Regulations ha comportato, ad esempio, la pressoché totale chiusura delle agenzie cattoliche per le adozioni, operanti in Inghilterra e nel Galles. Il governo pretendeva che accettassero come potenziali genitori anche le coppie omosessuali. Sono rimaste aperte soltanto le poche disposte a secolarizzarsi, quindi, di fatto, a snaturarsi.

Secondo Paul Tully, segretario generale della Società per la Protezione dei Bambini non nati, in troppi casi esprimere le proprie convinzioni religiose – compresa l’obiezione di coscienza all’aborto – viene considerato un atto fuorilegge. Attualmente è in corso una raccolta fondi a sostegno della battaglia legale a favore di un docente cattolico, licenziato per aver distribuito cartoline contro le ‘nozze’ gay tra i colleghi nella scuola ove insegnava.

La Commissione Uguaglianza e Diritti Umani inglese sta mettendo a punto una sorta di guida, per comprendere la normativa, evitando equivoci e malintesi. Ma è ben chiaro, da quanto scritto, come il punto non sia questo e come strumenti di questo tipo servano, in realtà, a poco o niente, a gettar fumo negli occhi, evitando di affrontare il vero problema. Che è ideologico.

da: http://www.nocristianofobia.org/cristiani-perseguitati-sul-posto-di-lavoro-lo-conferma-un-dossier/

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