ll testo integrale della lectio magistralis pronunciata dal cardinal Robert Sarah davanti ai lettori della Nuova Bussola Quotidiana nell’evento di Milano.
– IL VIDEO INTEGRALE DEL DISCORSO DI SARAH: https://youtu.be/crDxJezNVAI
Gentili Signori,
Cari Amici,
grazie per avermi accolto qui, grazie a Riccardo Cascioli per avermi voluto invitare a presentare il mio ultimo libro presso questo luogo intitolato alla memoria del Beato Ildefonso Schuster, grande cardinale arcivescovo di Milano per 25 anni, monaco benedettino, grande pastore di anime e fondatore del glorioso seminario milanese di Venegono. Grazie a Voi tutti qui presenti. Mi sento molto onorato della vostra presenza ed amicizia.
“Si fa sera e il giorno ormai volge al declino” analizza la crisi della fede, la crisi sacerdotale, la crisi della Chiesa e il crollo spirituale dell’Occidente. Dopo averlo letto, un giornalista mi ha posto la seguente domanda: “Cosa dice a coloro che potrebbero pensare che il Suo libro sia pessimista, persino allarmista?” Ho risposto che il libro cerca di fare un’analisi e una diagnosi con la massima cautela e una grande preoccupazione per il rigore, la precisione e l’obiettività. E mi sembra di non essere troppo lontano dalla verità e dalla realtà delle cose e delle situazioni. Naturalmente, l’immagine della decadenza dell’Occidente e del mondo può sembrare tetra.
UNA CRISI TANTE CRISI
Ma già lo stesso Papa Benedetto XVI nel 2005 a Subiaco, appena un mese prima della sua elezione alla Sede di Pietro, diceva che l’Occidente stava attraversando una crisi che non si è mai stata verificata nella storia dell’umanità. Ciò che descrive il mio libro è incontestabilmente la realtà. Ciò che è ora uscito allo scoperto ha cause profonde per cui bisogna avere il coraggio e l’onestà per denunciarle con chiarezza.
La crisi che il clero, la Chiesa, l’Occidente e il mondo stanno vivendo è radicalmente una crisi spirituale, una crisi di fede in Dio e di conseguenza una crisi antropologica. Non si può dire che non ci sia crisi di fede, mentre le chiese si stanno svuotando. Per esempio: in Germania ogni anno almeno 200.000 persone lasciano la Chiesa cattolica, e complessivamente 300.000 persone abbandonano le chiese protestanti.
Il declino della fede nella presenza reale di Gesù Eucaristia è al centro dell’attuale crisi e declino della Chiesa, specialmente in Occidente. Noi Vescovi, sacerdoti e fedeli laici siamo tutti responsabili della crisi sacerdotale e della decristianizzazione dell’Occidente. George Bernanos scrisse prima della guerra: “Continuiamo a ripetere, con lacrime di impotenza, pigrizia o orgoglio, che il mondo è decristianizzato. Ma il mondo non ha ricevuto Cristo – non pro mundo rogo – siamo stati noi ad averlo ricevuto per lui, è dal nostro cuore che Dio si ritira, siamo noi che decristianizziamo noi stessi, miserabili!” (Noi francesi in “Scandalo della Verità”, Point/Seuil, 1984).
CHIESA SOCIOLOGA
Invece di affrontare la questione cruciale di Dio, della fede e la missione fondamentale della Chiesa che è la proclamazione del Vangelo e il nome di Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, passiamo molto tempo a parlare di omosessualità, accoglienza dei migranti, dialogo, ambiente, questioni socio-economiche e politiche, e tutta una strategia di pressione è organizzata per cambiare l’insegnamento della Chiesa sul celibato e la morale sessuale.
Non sto dicendo che queste questioni importanti e urgenti debbano essere minimizzate o trascurate, perché la Chiesa deve anche affrontarle candidamente e alla luce della rivelazione. Eppure Dio è messo in disparte.
La crisi spirituale che stiamo attraversando è quasi globale. Ma ha la sua origine in Europa. Il rifiuto di Dio è nella coscienza occidentale. Non solo Dio è respinto, ma Frédéric Nietzsche, che potrebbe essere considerato il portavoce dell’Occidente, dice: “Dio è morto! Dio rimane morto. E siamo stati noi ad ucciderlo… Siamo gli assassini di Dio”. A questa morte di Dio nel mondo degli uomini, Nietzsche opporrà la profezia del “superuomo”, capace di sostituire Dio. Ed ecco che la profezia di Nietzsche si realizza con il Transumanismo. L’uomo si fa Dio.
In questo rifiuto di Dio, e in questa crisi di fede, non si tratta principalmente di un problema intellettuale o teologico nel senso accademico della parola. Si tratta di ritrovare una fede viva, una fede che permea e trasforma la vita. Se la fede non riacquisterà una nuova vitalità diventando una profonda convinzione e una forza reale attraverso l’incontro personale e intimo che stabilisce con Gesù Cristo, tutte le riforme della Chiesa che intraprendiamo rimarranno inefficaci e vuote e noi ci avvieremo alla rovina totale. Questa perdita del senso di fede è la fonte e la radice della crisi della civiltà, della crisi della Chiesa e del sacerdozio che stiamo vivendo oggi.
Come nei primi secoli del cristianesimo, quando l’Impero Romano crollò, tutte le istituzioni umane oggi sembrano essere sulla via della decadenza. Perdendo il significato di Dio, le fondamenta di tutta la civiltà umana sono state indebolite e si è aperta la porta alla barbarie totalitaria.
L’uomo separato da Dio è ridotto alla sua unica dimensione orizzontale. Questa amputazione è proprio una delle cause fondamentali del totalitarismo che ha avuto conseguenze tragiche nel XX secolo. Oscurando il riferimento a Dio, lasciamo spazio al relativismo e a una concezione ambigua della libertà, che finisce per collegare l’uomo agli idoli. Se Dio perde il suo carattere centrale, se l’uomo nega il Primato di Dio, l’uomo perde il suo posto legittimo, non trova più il suo posto nella creazione, nei rapporti con gli altri. Il moderno rifiuto di Dio ci racchiude in un nuovo totalitarismo: quello del relativismo e del liberalismo assoluto che non ammettono nessuna legge diversa da quella del profitto economico e politico.
CELIBATO SOTTO ATTACCO
Il sacerdozio stesso è entrato in una crisi senza precedenti, unica nella storia della Chiesa. Il celibato sacerdotale è considerato una realtà disumana, impossibile, un’imposizione crudele di cui bisogna liberarsi. Non credo che in passato abbiamo visto accuse così pesanti e orribili come quelle attualmente dirette contro cardinali, vescovi, sacerdoti talvolta persino condannati a pene detentive. Certamente il clero non è sempre stato esemplare nella sua condotta.
Ma ciò che viene orchestrato in modo machiavellico e ciò che è reale oggi riguardo al clero è senza precedenti e doloroso.
Nella storia del mondo e dei popoli, non sembra che ci sia stata una civiltà o popoli che hanno legalizzato l’aborto, l’eutanasia o demolito la famiglia e rotto il matrimonio in questa misura, come fa l’Occidente oggi. Eppure questi sono aspetti essenziali della vita umana. Il mondo moderno è in una crisi che minaccia mortalmente il suo futuro e la sopravvivenza dell’umanità.
Naturalmente, non dobbiamo ignorare gli straordinari successi dell’Occidente in termini di scienza e tecnologia. È infatti evidente che il mondo moderno presenta una straordinaria intensità di vita intellettuale con un progresso meraviglioso e prodigioso di tutte le scienze, lo straordinario sviluppo di Lettere e Arti, il progresso fantastico di una moltitudine di tecniche che mettono sempre più risorse a servizio dell’uomo su tutta la superficie del pianeta, il notevole sviluppo di relazioni umane o contatti grazie a tecnologie prodigiose e mezzi davvero eccezionali di comunicazione sociale. Anche se gli uomini possono usare tutto questo progresso per fare il male, diffondere menzogne, incitare dissolutezza morale e violenza, provocare la guerra e distruggersi a vicenda, sarebbe assurdo negare che, di per sé, questi mezzi tecnici sono positivi e sono un vero progresso. Dobbiamo anche notare una proliferazione senza precedenti delle correnti di pensiero e delle ideologie più diverse.
Nonostante tutti questi aspetti positivi e questi immensi successi scientifici e tecnologici, non possiamo onestamente negare il deficit cronico del tasso di natalità soprattutto in Occidente, la programmata demolizione delle fondamenta della famiglia e del matrimonio, i vizi contro natura, gli atti di pedofilia o abuso sui minori, gli atti omosessuali e gli orrori della pornografia che dissacrano e avviliscono il corpo maschile e femminile. Tutto ciò manifesta una profonda crisi antropologica.
L’ideologia di genere esacerba la crisi antropologica. Questa ideologia suggerisce che ognuno possa crearsi da sé, fino el genere sessuale, a scegliere di essere un uomo o una donna o una persona neutra. L’ideologia del genere è in qualche modo superata quando si parla ora di androginia e persone “senza genere” tra le altre categorie che si moltiplicano nel discorso contemporaneo. Così potremmo essere tutto o niente secondo gli stati d’animo interiori di ciascuno e mascherare il nostro corpo giocando con la differenza sessuale. Un modo per rimuovere l’uomo dai limiti della sua condizione umana, mentre tutti noi dobbiamo riceverci nel nostro corpo come un uomo o una donna.
Noi siamo donati a noi stessi, invece di credere che ci doniamo a noi stessi. Ecco perché un uomo non diventerà mai una donna e una donna non diventerà mai un uomo, a meno di non mentire a se stessi o di giocare con le apparenze.
Come siamo arrivati a tanta follia, a una crisi di questo tipo. Questo perché abbiamo respinto in modo schiacciante Dio. Dio non ha più un posto nelle nostre società. L’unico luogo in cui è tollerato e posto agli “arresti domiciliari” è nel dominio privato. L’uomo ha preso il posto di Dio.
Egli emana nuove leggi in totale opposizione alle leggi di Dio e a quelle della natura. Gli uomini occidentali credono e permettono agli uomini di “sposarsi” legalmente l’un l’altro, e le donne anche tra di loro, e a questi partner dello stesso sesso di poter adottare bambini, rimescolando radicalmente e offuscando l’intero sistema di filiazione e parentela.
Mentre si ha l’impressione che ci sia una lotta per la sopressione o l’abolizione della pena di morte, allo stesso tempo l’assassinio di bambini nascituri è diventato legale. L’aborto è persino diventato un “diritto” delle donne.
Gli anziani o i malati possono venire legalmente eutanasizzati in alcuni Paesi europei.
Mentre combattiamo ovunque contro le mutilazioni genitali, una pratica disumana diffusa in alcuni Paesi, stiamo legalizzando congiuntamente la mutilazione di persone che vogliono cambiare sesso in Occidente.
Oggi viviamo in confusione e in un vero e proprio cambio di usanze e costumi. C’è il rifiuto di accettarsi come creature di Dio.
IL RIFIUTO DELLA PATERNITA’
Il crollo spirituale, la confusione nell’insegnamento dottrinale e morale della Chiesa e l’erosione della fede cristiana hanno quindi caratteristiche puramente occidentali. Vorrei sottolineare in particolare il rifiuto della paternità.
Abbiamo convinto i nostri contemporanei che, per essere liberi, non si deve dipendere da nessuno. Questo è un tragico errore. Gli occidentali sono convinti che ricevere sia contrario alla dignità della persona umana. Eppure l’uomo civilizzato è fondamentalmente erede; riceve una storia, una cultura, una lingua, una religione, una fede, un nome, una famiglia, una tradizione, una patria ecc. È questo che lo distingue dal barbaro. Rifiutarci di aderire a una rete di dipendenze, eredità e parentela ci condanna ad entrare nella giungla della concorrenza di un’economia lasciata a se stessa. Poiché si rifiuta di accettare se stesso come erede, l’uomo si condanna all’inferno della globalizzazione liberale, senza parametri morali o etici, dove gli interessi individuali si scontrano senza alcuna legge diversa da quella del profitto a tutti i costi.
In questo mio libro, “Si fa sera e il giorno ormai volge al declino“, voglio ricordare agli occidentali che la vera ragione di questo rifiuto di ereditare, di questo rifiuto della paternità, è fondamentalmente il rifiuto di Dio, il rifiuto di Dio nelle società occidentali. Riceviamo da Lui la nostra natura di uomo e di donna. “Dio ha creato l’uomo a Sua immagine, a immagine di Dio, lo ha creato, uomo e donna, li ha creati” (Gn 1.27). Questo, tuttavia, diventa insopportabile per le menti moderne. L’ideologia del genere è infatti un rifiuto luciferino di ricevere da Dio una natura sessuale.
Così alcuni, in Occidente, si ribellano a Dio e si oppongono al loro Creatore e Padre a testa alta, e si mutilano orribilmente ma inutilmente per cambiare sesso. Ma fondamentalmente non cambiano la loro struttura come uomo e come donna. L’Occidente si rifiuta di ricevere; accetta solo ciò che costruisce da se stesso.
STRADE PER USCIRE DALLA CRISI
Ma – in concreto cosa dobbiamo fare per uscire da queste crisi? Lavorare all’unità della Chiesa, anzitutto. Essa poggia su quattro colonne, che noi siamo chiamati a rinforzare e a ricostruire, ove vacillassero e cadessero, con pazienza giorno per giorno. Queste quattro colonne sono: la preghiera; la dottrina cattolica; l’amore di Pietro; la carità fraterna.
1. Preghiera
Senza l’unione intima con Dio, nella preghiera, la contemplazione e l’adorazione silenziosa, qualsiasi impegno a rafforzare la Chiesa e la fede sarà inutile e dannoso. La preghiera deve diventare il nostro respiro più intimo. Ci rimette di fronte a Dio. Colui che prega si salva, colui che non prega è dannato, ha detto Sant’Alfonso. Una Chiesa che non porta la preghiera come bene più prezioso corre verso la perdita di se stessa. Se non riprendiamo il senso delle veglie lunghe e pazienti con il Signore, lo tradiremo. Gli Apostoli lo fecero: crediamo noi stessi di essere migliori di loro? Senza la preghiera, avremmo l’illusione di servire Dio quando stiamo solo facendo l’opera del Male. Non si tratta di moltiplicare le devozioni. Si tratta di fare silenzio e di adorare. Si tratta di inginocchiarsi spesso davanti il Santissimo.
2. Dottrina cattolica. Non dobbiamo inventare e costruire l’unità della Chiesa. La fonte della nostra unità ci precede e ci viene offerta. Sono ferito di vedere tanti pastori vendere la dottrina cattolica e creare confusione, smarrimento e divisioni tra i fedeli. Dobbiamo al popolo cristiano un insegnamento chiaro, fermo e stabile. Come possiamo accettare che le conferenze episcopali si contraddicono a vicenda? Dove regna la confusione, Dio non può vivere!
L’unità della fede implica l’unità del magistero nello spazio e nel tempo. Quando ci viene imposto un nuovo insegnamento, esso deve sempre essere interpretato in conformità con l’insegnamento di cui sopra. Se introduciamo rotture e rivoluzioni, rompiamo l’unità che governa la Santa Chiesa attraverso i secoli. Ciò non significa che siamo condannati all’immobilismo. Ma ogni evoluzione deve essere una migliore comprensione, uno sviluppo e un approfondimento del passato. L’ermeneutica della riforma nella continuità che Benedetto XVI così chiaramente ha insegnato è una conditio sine qua non dell’unità della Chiesa.
Coloro che annunciano il cambiamento e la rottura sono falsi profeti! Non stanno cercando il bene del gregge. Sono mercenari nell’ovile!
La nostra unità sarà forgiata attorno alla verità immutabile della dottrina cattolica. Non ci sono altri modi. Voler conquistare la popolarità dei media al prezzo della verità è come fare il lavoro di Giuda! Certo, Gesù è esigente. Sì, seguendolo chiede di portare la sua Croce ogni giorno! La tentazione della codardia è ovunque. In particolare, regna sui pastori. L’insegnamento di Gesù sembra troppo difficile. Molti di noi sono tentati di pensare: “Quello che dice qui è intollerabile, non possiamo continuare ad ascoltarlo!” (Gv 6, 60). Il Signore si rivolge a coloro che ha scelto, a noi sacerdoti e vescovi, e ci chiede di nuovo: “Anche tu vuoi andartene?” (Gv 6, 67).
Dio vuole che siamo in grado di rispondergli con San Pietro, pieno di amore e di umiltà: “Da chi andremo Signore? Tu solo hai parole di vita eterna! (Gv 6, 68).
3. L’amore di Pietro. Il Papa è portatore del mistero di Simon Pietro al quale Cristo disse: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). Il mistero di Pietro è un mistero di fede.
Gesù voleva dare la sua Chiesa a un uomo. Per ricordarci meglio, lasciò che quest’uomo lo tradisse tre volte davanti a tutti, prima di consegnargli le chiavi della sua Chiesa. Sappiamo che la barca della Chiesa non è affidata ad un uomo a causa di straordinarie capacità superomistiche. Crediamo, tuttavia, che quest’uomo sarà sempre assistito dal pastore divino per mantenere ferma la regola della fede. Non abbiamo paura! Sentiamo Gesù: “Tu sei Simone. Il tuo nome sarà Pietro! (Gv 1,42). Fin dalle prime ore, il tessuto della storia della Chiesa è stato intrecciato: il filo d’oro delle decisioni infallibili dei pontefici, i successori di Pietro, il filo nero degli atti umani e imperfetti dei papi, successori di Simone.
Cari amici, i pastori sono coperti da difetti e imperfezioni. Ma non è disprezzandoli che costruirete l’unità della Chiesa. Non abbiate paura di esigere da loro la fede cattolica, i sacramenti della vita divina, l’esempio della purezza nella loro condotta morale! Ricordate la parola di Sant’Agostino: “Quando Pietro battezza, è Gesù che battezza. Ma quando Giuda battezza, è ancora Gesù che battezza!” Il più indegno dei sacerdoti rimane lo strumento della grazia divina quando celebra i sacramenti. Guarda fino a che punto Dio ci ama! Egli accetta di mettere il suo corpo eucaristico nelle mani sacrileghe dei preti miserabili.
Se pensate che i vostri sacerdoti e vescovi non siano santi, allora siate santi per loro! Pregate, fate penitenza, digiunate per i loro difetti e la loro codardia. Solo così si può portare il fardello dell’altro!
4. Carità fraterna. Ricordiamo le parole del Concilio Vaticano II: “La Chiesa è il sacramento dell’unità della razza umana”. Nonostante questo, tanto odio e divisione la sfigurano. È ora di trovare un po’ di gentilezza tra di noi. È tempo di annunciare la fine del sospetto! Per noi cattolici è tempo di “entrare in un vero processo di riconciliazione interna”, nelle parole di Papa Benedetto XVI. Cristo ha steso per tutti le braccia sulla Croce affinché da quel momento in poi, la Chiesa potesse aprire le proprie e noi riconciliarci in lei, con Dio e tra di noi.
Il cuore di un cristiano che vive la fraternità e l’incontro trova la sua amalgama nella carità, ovvero l’Amore che Dio ha rivelato. “Una Chiesa senza la carità non esiste”, ha detto Papa Francesco in un messaggio alla Caritas Internationalis.
Un importante filosofo contemporaneo francese, Fabrice Hadjadj, ha coniato una formula geniale parlando delle “eresie della carità” proprie dell’uomo moderno, che confondono la carità con il semplice voler bene (nel migliore dei casi) o con l’elemosina (nei casi peggiori). Ma la carità è l’amore di Dio: è Dio stesso, perché Dio è amore, dice San Giovanni; noi perciò “siamo” la carità, e ci facciamo testimoni della carità verso il prossimo, perché Dio ci ha amati per primi. Così è anche per la misericordia, banalmente intesa da molti come un colpo di spugna sui propri peccati. È vero che Gesù ci precede sempre e ci attende con le braccia spalancate, ma sta a noi avere anche un moto verso di Lui! Gesù è morto in croce, con le braccia aperte verso gli uomini: è morto implorando per noi il perdono del Padre. Chi può fare questo se non Dio stesso? Come facciamo a non riconoscerlo? Sempre Papa Benedetto ha detto che “solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita, solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita”. “Se vedi la carità, vedi la Trinità”, scriveva Sant’Agostino.
Dunque, l’amore di Dio non è un afflato sentimentalistico, ma una esperienza che dà vita nell’incontro con la persona di Gesù Cristo. Poiché siamo tutti figli di un unico Padre, nel battesimo siamo anche tutti fratelli. Il nostro amore gli uni per gli altri deriva dunque dalla paternità di Dio in Cristo. Se Dio è Amore (1 Gv 4; cfr. enciclica Deus Caritas est), Egli – come ricorda Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio – “chiamando l’uomo all’esistenza per amore, l’ha chiamato allo stesso tempo all’amore” (FC, n. 11). Gesù ha detto: “Amatevi come io vi ho amato” (Gv 13,34). Ritengo che proprio in quel “come io ho amato voi” possiamo trovare tutte le ragioni per la specificità del nostro modo di vivere personalmente la carità, perché il metro di misura, è dunque Cristo, quello che Lui ha rivelato con la sua parola e la sua vita. In Lui, che è la fonte e la radice della carità cristiana, risiede tutta la densità teologica del nostro agire. Se manca questa prospettiva propriamente teologale e teologica, cadiamo in un orizzontalismo che alla fine penalizza la persona, perché la considera solo nei termini della sua relazione alla società, e non della sua integralità.
AMORE TOTALE A DIO
In conclusione, carissimi amici, il punto di partenza è solo l’amore totale verso Dio. Non esiste altra soluzione. Noi possiamo amare il prossimo come Dio ci ha amati, solo perché Dio ci ha amati per primi. Perciò, anche quando parliamo dell’amore, non facciamo riferimento a un sentimentalismo astratto e passeggero, ma all’amore duraturo ed eterno, quello che ci viene donato da Dio. L’amore è un termine talmente abusato e violentato nella società contemporanea che dovremmo avere almeno un po’ di pudore nel pronunciarne il nome.
Che bella la frase più famosa e conosciuta del Cardinale Schuster: “L’amore lo si riconosce dal dono. E poiché ogni dono proviene dall’amore, il primo, tra tutti i doni, è l’amore”.
Se possiamo rispondere umilmente, semplicemente: “Signore, tu sai tutto, sai bene che ti amo”, allora egli ci sorriderà, allora Maria e i santi del cielo ci sorrideranno e, a ciascuno di noi Dio dirà, come disse una volta a San Francesco “Vai a riparare la mia Chiesa!”
Andate, riparatela con la vostra fede, con la vostra speranza e la vostra carità. E non con le vostre polemiche, discussioni ed opposizioni.
Andate a ripararla con la vostra preghiera e la vostra fedeltà. Come ha scritto Benedetto XVI nella Deus caritas est: “l’amore è divino perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia ‘tutto in tutti’” (1 Cor 15,28). Ma l’amore di Dio e l’amore del prossimo sono inseparabili: la Chiesa stessa è una storia d’amore. L’amore è esigente! Amare veramente è amare fino alla morte e alla morte di croce.
L’uomo oggi è scoraggiato di fronte al cammino che lo attende, perché non capisce più i motivi per cui vive: egli ha bisogno di obiettivi alti, vuole obiettivi alti, perché la sua meta è la santità. Uno scalatore punta alla vetta, perché sa, che lì, troverà pace e ristoro; ma se ascoltasse le voci di chi lo scoraggia, cadrebbe nel dirupo. Il punto è che, oggi, appare più comodo, non impegnarsi per le vocazioni nobili, esigenti e grandi: siamo nella società polverizzata, nella cultura del desiderio che si fa diritto. L’uomo deve capire che la santità è un cammino, che si percorre, offrendo quotidianamente a Dio, il valore delle cose che si compiono: in famiglia, nel lavoro, nella vita sociale e comunitaria.
Questo ci insegnano i grandi santi della Chiesa. E non c’è niente di più bello.
Vi ringrazio!
*PREFETTO DEL CULTO DIVINO E DELLA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI