Cluny: la rinascita del Medioevo
di Franco Cardini
Gente decisa a trasformare la terra in un’anticamera del paradiso, a somiglianza dei loro orti claustrali odorosi di fiori e di piante che ridonano la salute agli ammalati. Un miracolo. Forse questo è un quadro un po’ troppo colorato: ma non lontano da quella realtà che si squadernò a partire dalla Borgogna del X secolo, da dove partì una riforma monastica che mutò volto non solo alla Chiesa latina, ma a tutta l’Europa occidentale e centrale. Una riforma che segna, quanto meno nei nostri schemi mentali, la linea di passaggio dall’Alto al pieno Medioevo.
Nel X secolo, oltre un millennio fa, l’Europa cominciava a uscire da un lungo letargo. L’impero romano d’Occidente era stato cancellato da circa mezzo millennio, c’erano stati esperimenti di ricostruzione statale ad opera di regnanti barbarici non ignari dell’antichità; il cristianesimo si era diffuso variamente acculturandosi con i costumi pagani celti, germani e slavi; i vescovi di Roma avevano faticosamente e imperfettamente affermato il loro modello liturgico e disciplinare di Chiesa latina coniugandolo con svariate tradizioni locali; il colto e prospero mondo greco-orientale era sempre più lontano, nuovi barbari – ungari, normanni, saraceni – si erano affacciati ai confini, l’islam aveva occupato il Mediterraneo e la penisola iberica recandovi peraltro una cultura, un sapere e una tecnologia allora nettamente superiori rispetto all’occidentale.
Un re germano brutale e lungimirante, il franco Carlo figlio di Pipino ("Carlomagno"), aveva fondato un nuovo tipo d’impero che ambiziosamente avrebbe voluto collegarsi al modello romano ma il suo esperimento, fra VIII e IX secolo, si era andato frammentando nei decenni successivi lasciando posto a quell’esperienza che noi definiamo, impropriamente, "feudalesimo". Alla fine del X secolo, un re sassone – Ottone I – avrebbe ripreso l’esperienza "imperiale" di Carlomagno, fondando una realtà istituzionale fragile, contraddittoria e affascinante che avrebbe resistito in Europa fino all’inizio dell’Ottocento.
Un tempo di lenta e faticosa rinascita, dunque, il X secolo.
Lo sappiamo anzitutto dalle tracce sicure di un miglioramento climatico. Ghiacci artici che si sciolsero, tempo più dolce, quindi raccolti agricoli migliori, contrarsi della piaga della fame, contrarsi della piaga della mortalità infantile, incremento demografico. Il numero crescente di gente in cerca di nuovi insediamenti contadini per lavorare la terra determinò un attacco alle brughiere paludose e alle fitte boscaglie.
Le città antiche tornarono a riempirsi di abitanti; nuovi centri demici – magari in legno e paglia – sorsero dappertutto; si tracciarono nuove strade; si organizzarono ponti e guadi; si radicò un fenomeno già vivo ma ora carico di nuova linfa, il pellegrinaggio, e lungo le vie dei santuari sorsero anche nuovi mercati, magari stagionali e itineranti, in concomitanza con le feste dei santi locali (le feriae, "fiere").
Fu in questo contesto che nel 910 un grande principe della Francia centrale, Guglielmo I duca d’Aquitania e conte di Mâcon, fece dono di un grande possesso fondiario nella località di Cluny in Borgogna a un abate benedettino, Bernone, per costruirvi un monastero che, in omaggio appunto all’autorità del vescovo di Roma, sarebbe stato dedicato ai santi Pietro e Paolo. Il duca rinunziò fin dal principio a qualunque diritto di alta mano sulla nuova istituzione, ponendolo sotto la diretta autorità del pontefice romano e limitandosi a chiedere che in quel luogo si elevassero per sempre riti di suffragio per le anime sua e dei suoi familiari.
Ai grandi successori di Bernone, Oddone (927-942) e soprattutto Maiolo (954-994), venne affidato il compito non solo di perfezionare la nuova abbazia secondo la regola benedettina, ma anche di farne il centro (la "casamadre") di una quantità di affiliazioni monastiche – tra cui l’importante abbazia regia di Fleury – dove alla regola si sarebbero aggiunte le consuetudines, le particolari norme elaborate appunto a Cluny: quella detta "cluniacense" divenne pertanto una particolare "congregazione" all’interno dell’Ordine benedettino (impropriamente si parla di un "Ordine di Cluny").
Cluny e le abbazie o i semplici monasteri che ad essa si affiliarono conobbero nel corso dei secoli X-XI uno straordinario sviluppo, affiancato da immensi donativi fondiari che resero la congregazione ricchissima consentendole una rigorosa ma anche agiata vita monastica incentrata sull’opus Dei – il servizio liturgico accompagnato da una speciale forma di canto e da una caratteristica cultura musicale-, sulla trascrizione di codici, sullo studio e sulla preghiera comune. Nell’abbazia-madre e in quelle affiliate si sviluppò anche una tipica esperienza architettonica, che fu parte fondamentale nell’elaborazione dello stile romanico. La rete delle abbazie e dei priorati cluniacensi giunse a coprire tutta l’Europa, con particolare densità in Francia, Italia settentrionale, ma anche Germania e penisola iberica. Da Cluny vennero novità fondamentali per tutta la Chiesa occidentale, dalla liturgia all’architettura sacra a vere e proprie originali istituzioni, come la festa dei santi e dei defunti del 1°-2 novembre, che riprendeva cristianizzandola un’antica consuetudine celtica.
Gli abati cluniacensi s’imposero poco a poco, con la loro autorevolezza, nella Chiesa romana, divenendo consiglieri di re, di prelati e di papi: venne così a configurarsi una vera e propria Ecclesia cluniacensis, che raggiunse l’apice sotto l’abate Ugo (1049-1109), fondatore della vera e propria potenza non solo spirituale, ma anche politica dell’abbazia, che fu uno dei motori più potenti della riforma morale e istituzionale della Chiesa. Primo cluniacense ad essere eletto papa fu il priore Oddone di Lagery, consigliere di Gregorio VII ed eletto papa nel 1088. Fu a lui che si deve il primitivo impulso del movimento che noi chiamiamo "prima crociata", un pellegrinaggio armato profondamente connesso con le vicende della "lotta per le investiture" e della riforma morale della Chiesa e della società del tempo.