Nell’udienza in Vaticano, ricevendo il riconoscimento, il Papa ha ribadito la necessità di «definire lo statuto giuridico dell’embrione»
Da Roma Salvatore Mazza
La difesa della vita, la libertà religiosa, il lavoro e la casa, la non discriminazione, la solidarietà, la partecipazione alla vita politica. Diritti inalienabili che appartengono a ogni persona, la cui affermazione e tutela sono «parte del ministero» del Papa. Diritti nei quali «si rispecchia la nativa dignità» dell’umanità, chiamata per questo a progredire «ulteriormente» nella loro «presa di coscienza» così che «il nuovo secolo, con il quale s’è aperto un nuovo millennio, possa registrare un sempre più consapevole rispetto dei diritti dell’uomo, di ogni uomo, di tutto l’uomo.
C’è tutto il pensiero e l’ansia pastorale espressi nei suoi venticinque anni di ministero petrino nel lungo discorso che, ieri mattina, Giovanni Paolo II ha tenuto in occasione del conferimento della laurea honoris causa in giurisprudenza attribuitagli dall’Università “La Sapienza” di Roma. Un riconoscimento per «l’opera svolta nel corso di tutto il suo magistero, per l’affermazione del diritto e per la tutela dei diritti umani in tutte le loro forme storiche – com’è scritto nella motivazione letta dal rettore Giuseppe D’Ascenzo – sia per quanto concerne la persona e i suoi diritti individuali, sia con riferimento ai rapporti tra i popoli e al diritto internazionale».
In un’aula delle udienze traboccante di gente, porpore cardinalizie ed ermellini, presente tra gli altri il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Giovanni Paolo II ha passato in rassegna diritti riconosciuti «pur se spesso disattesi», e i «molti altri» che «mi sono sforzato di mettere in luce, chiedendo che venissero espressi in norme giuridiche obbligatorie».
Nel primo elenco il diritto alla vita, nel quale è compresa la promozione dei portatori di handicap e la cura per anziani e malati, e dev’essere esteso all’embrione che «è un individuo umano e, come tale, è titolare dei diritti inviolabili dell’essere umano», motivo per il quale «la norma giuridica è chiamata a definire lo statuto giuridico de ll’embrione quale soggetto di diritti che non possono essere disattesi né dall’ordine morale né da quello giuridico». Accanto a questo primo, il diritto alla libertà religiosa, da considerarsi «non uno fra gli altri diritti umani, ma il più fondamentale».
Più lungo il secondo elenco. Che inizia dal diritto a «non essere discriminati per motivi di razza, di lingua, di religione e di sesso», seguito da quello «alla proprietà privata «che – per il Papa – è valido e necessario ma non va mai disgiunto dal più fondamentale principio della destinazione universale dei beni». Quindi il diritto alla libertà di associazione, di espressione e d’informazione, e quello – «che oggi è anche un grave dovere» – di «partecipare alla vita politica». E ancora il diritto all’iniziativa economica, all’abitazione, a costituirsi una famiglia e ad avere un lavoro adeguatamente retribuito; il diritto all’educazione e alla cultura, e quello delle minoranze «ad esistere» e «a preservare e sviluppare la propria cultura», il diritto al lavoro e i diritti dei lavoratori; fino ai diritti della famiglia, per proclamare e difendere «apertamente» i quali «dalle intollerabili usurpazioni della società e dello Stato», «ho posto – ha detto il Papa – una cura particolare».
Giovanni Paolo II ha spiegato come «negli anni di servizio pastorale alla Chiesa, ho ritenuto che facesse parte del mio ministero dare largo spazio all’affermazione dei diritti umani, per la stretta connessione che essi hanno con due punti fondamentali della morale cristiana: la dignità della persona e la pace». È Dio infatti che «creando l’uomo a sua immagine e chiamandolo a essere suo figlio adottivo, gli ha conferito una dignità incomparabile – ha affermato il Pontefice – ed è Dio che ha creato gli uomini perché vivessero nella concordia e nella pace provvedendo ad un’equa distribuzione dei mezzi necessari per vivere e svilupparsi. Mosso da questa consapevolezza, mi sono adoperato con tutte le forze a servizio di tali valori».
Ed è per questo che, se l’affermazione e la tutela di tali diritti sono «parte del ministero» del Papa, è un «dovere» di tutti i cristiani «lavorare senza tregua per meglio valorizzare la dignità che l’uomo ha ricevuto dal Creatore e unire le loro forze con quelle degli altri per difenderla e promuoverla».
«Indubbiamente – ha spiegato Giovanni Paolo II – la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 non presenta i fondamenti antropologici ed etici dei diritti dell’uomo che essa proclama. In questo campo la Chiesa cattolica ha un contributo insostituibile da offrire, poiché essa proclama che è nella dimensione trascendente della persona che si trova la fonte della sua dignità e dei suoi diritti inviolabili. Perciò la Chiesa è convinta di servire la causa dei diritti dell’uomo quando, fedele alla sua fede e alla sua missione, proclama che la dignità della persona umana ha il suo fondamento nella sua qualità di creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio. La Chiesa è convinta che nel riconoscimento di tale fondamento antropologico ed etico dei diritti umani stia la più valida protezione contro ogni loro violazione e sopraffazione».
Avvenire 18-5-2003