(Avvenire) Lo spirito della legge indica la via della società

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SI RIFLETTA SU CIÒ CHE SI STA FACENDO


LA RESA DELLA LEGGE DI FRONTE AI DESIDERI INDIVIDUALI



Carlo Cardia

 Le leggi cambiano, ed è giusto che sia così. Ma le leggi non sono mai indifferenti, esprimono sempre una scelta. Lo spirito delle leggi, diceva Montesquieu, non viene mai meno, perché indica il clima, l’orizzonte nel quale ci si muove, il cammino che si vuole percorrere.
Se questo è vero, riflettere sulle regole che si vogliono introdurre in materia di convivenza non è esercizio inutile, né frutto di ostilità preconcetta. Queste regole risentono in apparenza di un freno che si è posto oggi alle proposte più ardite, ma tradiscono poi il cedimento che si è fatto alla sostanza di queste proposte. Nello spirito delle norme elaborate è scritto che la convivenza si approssima al legame fondato sul matrimonio, e ciò anche quando si dicono cose inutili o superflue. È del tutto inutile parlare di successione quando ciascuno è già libero di disporre delle proprie sostanze con un atto testamentario, a meno che non si abbia un preciso intento ideologico. A questa obiezione nessuno ha mai risposto. Ed è inutile regolare nel tempo e nello spazio rapporti che vogliono essi stessi mantenersi senza vincoli.
Ma queste scelte superflue esprimono appunto uno spirito delle leggi, che vuole dire a tutti pubblicamente, perché la legge è per antonomasia atto pubblico, che a determinati rapporti di convivenza si applica in parte una normativa che per sua natura è diretta a chi è legato da matrimonio, o inserito in un nucleo familiare stabile: si riconoscono soprattutto i diritti e non i doveri. È questo spirito delle leggi che, ove approvato, parlerà a tutti, giovani o meno giovani, dicendo loro che questi due piani, matrimonio e convivenze, famiglia e facsimili, possono essere interscambiabili, sono lasciati alla loro assoluta discrezione senza che la collettività esprima una vera preferenzialità. È l’arrendersi della legge di fronte ai desideri individuali, anche a quelli provvisori.
Nelle proposte, poi, c’è qualcosa di più preoccupante. C’è l’equiparazione di principio dei ra pporti eterosessuali ai rapporti omosessuali, fino a ricomprenderli dentro lo stesso orizzonte, la medesima semantica, della convivenza e della famiglia. Questo è inevitabilmente il nuovo spirito delle leggi che si affaccia e viene fatto penetrare nelle pieghe della società, tra i giovani e gli adulti, tra gli uomini e le donne.
Si è consapevoli di ciò che vuol dire questa scelta strategica? La legge non fa una scelta neutra, né interviene per tutelare le parti deboli di un rapporto di fatto. Essa interviene per elevare l’omosessualità allo stesso livello della eterosessualità. Riportano i giornali che in una scuola del Nord si è effettuato un test per far capire ai giovani se abbiano tendenze omosessuali più o meno latenti, e tranquillizzarli poi perché si tratta di un fatto assolutamente naturale. In Inghilterra tempo addietro si mostrarono in una scuola filmini di amplessi promiscui per invitare poi i ragazzi a scegliere liberamente tra le varie tendenze. Trionfa così nell’educazione l’indifferenza assoluta per ogni opzione affettiva e sessuale.
C’è un nesso tra questi fatti e le norme proposte? C’è, ed è nello spirito delle proposte. Perché una volta equiparati i diversi tipi di rapporti, è inevitabile che si aprano le porte alla loro piena legittimazione, fino all’esaltazione culturale ed emotiva. Inoltre, accettata l’equiparazione, dov’è il discrimine per consentire un giorno l’adozione ad un certo tipo di conviventi e negarla agli altri? Se nello spirito della legge prevale l’eguaglianza delle scelte verranno meno le ragioni per resistere a proposte che oggi si nascondono ma emergeranno non appena il primo impatto psicologico verrà superato.
Si poteva, e si può, fare diversamente? Certamente, se si cambia lo spirito della legge. Se si parte dal fatto non per esaltarlo, ma per lasciarlo alla autonomia dei privati, o per intervenire solo laddove ne derivi la lesione di un diritto. Per questa ragione il giudizio sulle proposte non può limitarsi alla valutaz ione delle singole norme. Ma deve guardare a quel clima, a quell’orizzonte antropologico, che punta al superamento di una tradizione millenaria basata sull’equilibrio tra diritti e doveri, tra libertà e solidarietà. Questa è l’alternativa, pienamente laica, che è di fronte al legislatore.


Avvenire 11-2-2007