La prima festa di Capodanno di Plinio Corrêa de Oliveira
(Traduzione di Massimo Introvigne di una conversazione del 29 dicembre 1984)
Sapete dove si trova il Trianon nella Avenida Paulista a San Paolo? È dove oggi c’è il Museo di Arte Moderna. E non solo: c’è un terrazzo a vari piani, con altri musei. Non ricordo bene tutto quel che c’era quando ero ragazzo.
E in basso dove il terreno declina ci sono finestre, archi, e li usano per diversi eventi. Anticamente tutta questa parte in basso era utilizzata come un grande salone delle feste. Avevo più o meno 14 o 15 anni, e la buona società di San Paolo si ritrovava lì per il ballo di fine anno. Il tempo in cui ero ragazzo era un’epoca di sfarzo molto maggiore di oggi. San Paolo era una città molto più piccola, ma le persone ricche erano più numerose, e queste persone erano tutte dello stesso ambiente, si conoscevano tutte tra loro. C’era ancora molta distinzione, molta tradizione che in parte veniva ancora dalla nobiltà del tempo dell’Impero. Ma anche coloro che non erano nobili a quel tempo si comportavano in modo più educato.
Ci fu dunque questo ballo al Trianon, cui partecipavano i miei cugini e mia sorella. Io ero uno dei più giovani invitati, e fu quella l’occasione in cui indossai uno smoking per la prima volta. Quando arrivai al ballo, il salone era magnificamente decorato e tutto pieno di piccoli tavoli, con la pista di danza al centro. I tavoli formavano una specie di mezzaluna intorno alla pista di danza, e le famiglie vi si sedevano a mano a mano che arrivavano.
Mi siedo anch’io con la mia famiglia, e cominciano a servirci. L’orchestra suona, i camerieri servono e – sapete bene che a queste cose non sono mai stato insensibile – arriva una galantina stupenda. Che non mi lascia per nulla indifferente, e che completa armoniosamente le impressioni gradevoli della sala e dell’ambiente.
E tuttavia, mentre vedo quanto tutto questo è attraente, sorge in me anche una sensazione opposta. C’è qualcosa di mondano, di superficiale, di vita vuota senza ideali. Lo splendore mi attrae, ma al tempo stesso mi respinge. Resto dunque molto perplesso. A questo punto vedo che tutti si alzano in piedi, perché l’orchestra suona l’inno nazionale. Signore, uomini, tutti in piedi e cantano l’inno nazionale, che è una cosa molto comune a Capodanno in Brasile.
Entra un vecchio – naturalmente un figurante pagato per questo – che rappresenta l’anno vecchio, appoggiato su una stampella, che avanza a fatica, molto stanco. E un ragazzo – anche questo un attore ingaggiato per l’occasione – vestito con uno smoking in verità un po’ liso ma che vuole dare l’impressione di essere uno smoking nuovo, che entra e finge di prendere a calci il vecchio e di cacciarlo via. Vuole rappresentare l’anno nuovo che entra scacciando il vecchio. E intanto suonano di nuovo l’inno nazionale.
E io penso: dove sono capitato, in che tipo di ambiente, con quale mentalità? Quest’anno che finisce l’anno passato era ragazzo. Era il ragazzo che aveva cacciato a calci l’anno anteriore. Tra un anno questo ragazzo sarà il vecchio che ci farà orrore, perché rappresenterà la sofferenza della vita. Ma la gente non vuole sentire queste cose. Temo un po’ di lasciarmi trascinare.
Gli altri continuano a cantare l’inno nazionale e anch’io, in piedi, partecipo rispettosamente a questo gesto. Ma il mio cuore cerca di volare in alto, più in alto del Brasile, e recito mentalmente una Salve Regina a Nostra Signora. In questo luogo, certo inconsueto, formulo il proposito di non lasciare mai passare un Capodanno senza recitare la Salve Regina. Potrei dire di averlo sempre mantenuto. Ma non sarebbe del tutto esatto, perché ho un po’ cambiato le regole dopo avere conosciuto una cosa migliore. A ventidue anni ho scoperto il “Trattato della Vera Devozione” di San Luigi Maria Grignion de Montfort. E ho capito che è molto bello rinnovare la consacrazione alla Madonna a ogni Capodanno. Schiavo di Nostra Signora alla fine, schiavo di Nostra Signora al principio! Non ho abbandonato la Salve Regina. La recito sempre, ma dopo viene la consacrazione.