Che cosa accade a un sacerdote che, a ogni messa, riempie la chiesa di fedeli?
Non è mica detto che riceva gli elogi dai suoi superiori.
Per esempio, don Antonio, parroco di Santa Maria Maggiore, centro di villeggiatura della Val Vigezzo, diocesi di Novara, si è visto recapitare una reprimenda a firma del pro vicario generale.
Motivo: ha applicato, a partire dall’11 luglio, il Motu proprio con cui Papa Benedetto XVI liberalizza la Messa di San Pio V.
In compenso, i fedeli, tra cui molti villeggianti, arrivano mezz’ora prima in chiesa per prendere il posto. Chi arriva tardi si sistema negli altari laterali o in una chiesina adiacente alla parrocchia. Seguono sui foglietti che riportano il testo della Messa in latino con relativa traduzione e sono contenti. Quando escono, sul sagrato, invece che parlare dell’Inter, del Milan o della Juventus, discutono di ciò a cui hanno appena partecipato. «Don Alberto, l’ha spiegato» dicono a un capannello. «È questione di fede. Avete sentito che silenzio? E avete visto che ordine? Come quando eravamo piccoli».
Ma sbaglierebbe chi pensasse che tra i cinquecento fedeli che stipano la parrocchia ci siano solo degli anziani. Qui c’è un sacco di ragazzi con i jeans, gel in testa e magliette firmate. Uno di loro, che viene da Milano dice: «Non sapevo che ci fosse questa messa. Qui, finalmente, riesco a pregare». Don Alberto è sereno: «Questa messa dà un senso al mio sacerdozio, non posso tornare indietro».
Però viene da chiedersi se valeva la pena di snocciolare subito il problema, invece che attendere il 14 settembre, data da cui il Motu proprio di Benedetto XVI entrerà in vigore. Don Alberto, su questo non ha dubbi: «Il Motu proprio stabilisce che questa messa non è mai stata abolita, dunque si poteva celebrare anche prima. Un confratello che ha detto a un giornale di Novara che avrebbe voluto cominciare a celebrare questa Messa dal 14 settembre ha ricevuto una reprimenda esattamente come la mia con la sola diversità della data».
Eppure basta venire una domenica alla Messa di don Alberto, vedere come celebra, assaporare quell’atmosfera di compostezza e di preghiera a cui non si era più abituati, per capire che in questa parrocchia si vedono già i frutti auspicati da Benedetto XVI.
Se ne sono accorti in molti e c’è chi ha già scritto al vescovo di Novara, monsignor Renato Corti. Il chierichetto, un ragazzino di 10 anni, è indaffarato sull’altare. Ha sulla faccia una gran sbucciatura. «Son caduto dalla bici» dice alla mamma all’uscita. Ma si vede che gli importa poco. L’indomani mattina deve essere pronto per la messa delle nove.
© Copyright Il Giornale, 13 agosto 2007