Francesco Agnoli, Storia del Movimento per la Vita. Fra eroismi e cedimenti, Edizioni Fede & Cultura, 2010, ISBN-10: 8864090738, pp. 112, Euro 13.
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"… quando i progetti politici contemplano, in modo aperto o velato, la decriminalizzazione dell'aborto o dell'eutanasia, l'ideale democratico – che è solo veramente tale quando riconosce e tutela la dignità di ogni persona umana – è tradito nei suoi fondamenti (cfr. Evangelium vitae , n. 74). Pertanto, cari Fratelli nell'episcopato, nel difendere la vita 'non dobbiamo temere l'ostilità e l'impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità, che ci conformerebbero alla mentalità di questo mondo' (Ibidem, n. 82)".
Papa Benedetto XVI, ai Vescovi della Conferenza Episcopale del Brasile, 28 ottobre 2010
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PRIMA PARTE: COME È NATO E SI SVILUPPA IL MOVIMENTO PER LA VITA
Il Movimento per la Vita italiano è una realtà molto interessante, fatta di volontari, che nei Centri di aiuto alla vita (Cav) sostengono psicologicamente ed economicamente le mamme in difficoltà di fronte a una gravidanza inattesa o indesiderata, e composta di altri volontari che cercano di portare avanti una visione cristiana del nascere e del morire contrapposta alla cultura di morte che sembra ormai prevalere nella nostra società.
Due bracci: operativo e culturale
Il Movimento per la vita italiano (MpV) nacque tra il 1975, data del primo Centro di Aiuto alla Vita di Firenze, e il 1977, quando Piero Pirovano, Silvio Ghielmi, Emilio Bonicelli ed altre personalità del mondo cattolico milanese e lombardo diedero vita a un'associazione che voleva appunto opporsi alla cultura abortista avanzante. Il MpV ha dunque due bracci: uno operativo, che risponde all'esigenza della carità concreta e operativa, e uno culturale, che invece ha come primo compito quello di dire la verità, tutta la verità (essendo anche questa una forma di carità, non certo secondaria) sul diritto alla vita e sull'iniquità dell'aborto e della varie forme di manipolazione e uccisione dell'embrione umano.
Ebbene all'osservatore attento non sfugge però che il MpV italiano, di cui faccio parte con riconoscenza e orgoglio, è senza dubbio encomiabile per l'attività dei Cav, svolta con generosità e passione da migliaia di persone eccezionali, che dedicano il loro tempo e le loro forze al servizio del prossimo bisognoso, ma è altrettanto innegabilmente mancante dal punto di vista della carità culturale.
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Infine, un altro dei progetti nati all'interno del MpV che hanno permesso di salvare oltre 100.000 bambini sino ad oggi, è il telefono SOS Vita. Il suo fondatore è stato Giuseppe Garrone (a lungo anche dirigente nazionale e presidente del MpV del Piemonte e della Val d'Aosta). Riporto alcuni passi di una intervista che gli feci a suo tempo. È Garrone che racconta la nascita del telefono: nel 1992 promuovo un convegno al quale partecipano grandi personalit à come Jerome Lejeune e Francesco Migliori. In questo convegno nasce una nuova idea: aprire una linea telefonica che risponda 24 ore su 24 per aiutare le coppie bisognose, in tutti i sensi. Per aiutare le mamme che vogliono abortire, quelle in difficoltà economiche, quelle in preda ai rimorsi e alle depressioni tipiche del post-aborto. Così, non senza una certa fatica, riusciamo a realizzare una prima linea telefonica. Siamo ancora nella preistoria dei cellulari. Il nostro pesa un buon chiletto e si porta a tracolla. Per otto mesi lo porto sempre con me, 24 ore al giorno. Col tempo l'iniziativa riesce a riscuotere sempre maggior successo. Oggi vi sono ben quattro linee, tutte con lo stesso numero verde, molto facile anche da memorizzare (8008 13000), con cui copriamo in qualche modo tutto il territorio italiano. Le prime quattro telefonate arrivano il 28 dicembre: per noi è significativo. Si tratta infatti della festa dei santi martiri innocenti, i bambini uccisi da Erode .
Il sito del Mpv si esprime così: ―Che cos'è il telefono 'Sos vita'? È un telefono 'salva-vite', che aspetta soltanto la tua chiamata. Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo. E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita. Il Movimento per la vita lo ha pensato per te. Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d'Italia: componi sempre lo stesso numero 8008 13000. Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica. Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia. Telefono e rete dei Cav e dei Mpv costituiscono un unico servizio.
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Trascrivo qui, per far meglio comprendere la funzione di ―SOS vita, una intervista di Giulia Tanel a Maria Pellegrini, pubblicata su www.libertaepersona.org:
―Riportiamo un'intervista fatta alla dottoressa Maria Pellegrini, ostetrica in pensione e oggi pilastro del Telefono Verde SOS Vita (8008 13000). Questo numero verde è nato nel 1992 ed è attivo 24 ore su 24; come scopo ha quello di aiutare le donne che si trovano in difficoltà per via di una gravidanza indesiderata, o che sono bisognose di conforto perché hanno appena compiuto un aborto. Al telefono verde si rivolgono però anche persone che hanno semplicemente bisogno di qualcuno che le ascolti: nessuno è mai stato rifiutato. Ad oggi sono attive quattro linee telefoniche, che rispondono tutte allo stesso numero: una per il Nord-Est, una per il Nord-Ovest, una per il Centro e una per il Sud. Maria Pellegrini risponde alle telefonate che giungono da tutto il Nord Italia; quando le telefoniamo ci sembra quasi di farle perdere del tempo: e se mentre Maria è occupata a parlare con noi c'è una mamma bisognosa di conforto che vorrebbe parlarle? Con la sua innata generosità, Maria ci conforta in tal senso e risponde alle nostre domande, donandoci anche il ricordo di alcune esperienze di cui è stata lei stessa testimone.
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Dottoressa, quante telefonate avete ricevuto al Telefono Verde nel 2009? Non lo so, ma moltissime. Fino alla fine del 2005 le telefonate ricevute erano state 25mila, da tutta Italia. All' inizio del 2008 il numero delle chiamate ricevute ammontava a 32.471.
Mediamente quante telefonate ricevete al giorno? Dipende molto dalle giornate: in alcuni casi arriviamo anche a venti chiamate in entrata al giorno.
Quanti bambini avete salvato dal 1992? I dati precisi non li so. Però posso dirle che ne ho salvato uno anche ieri.
Quante sono le volontarie che rispondono al Telefono SOS Vita? Le volontarie sono otto in tutta Italia. Ovviamente sono stati fatti dei corsi di formazione, per riuscire rispondere nella maniera il più possibile adeguata alle persone che telefonano. In più, io personalmente sono facilitata dal fatto di aver svolto la professione di ostetrica: questa mia competenza specifica mi torna spesso utile.
In genere le persone che telefonano che tipo di problema hanno? Devono abortire, hanno abortito& ? Telefonano molte donne che hanno già abortito, o che devono ancora farlo e che magari sono state nei consultori e hanno già il certificato per l'aborto in mano. Una cosa che accomuna tutte le donne che si rivolgono al Telefono SOS Vita è di certo l'insicurezza; molto spesso esse hanno solo bisogno di qualcuno che sia disposto ad ascoltarle e a confortarle in un momento in cui sono emotivamente e psicologicamente molto fragili. Un'altra costante abbastanza frequente è quella che la maggior parte delle telefonate le riceviamo nel corso della notte: molte donne hanno fatto un incubo, o perché devono abortire o perché l'hanno già fatto. Piangono& Una notte mi ha telefonato una che doveva abortire per la terza volta. Eravamo nel cuore della notte e lei mi ha detto che aveva fatto un incubo e mi ha chiesto se poteva raccontarmelo. Ovviamente le ho detto di sì. La signora aveva sognato che c' erano due bambini che stanno per affogare in un fiume; lei era sulla riva e si rende subito conto che sarebbe riuscita a salvarne solo uno. Allora entra in acqua e cerca di afferrarne uno per portarlo in salvo, ma l'altro bambino le dice: ―No mamma, tu non puoi salvarci perché ci hai già affogato una volta. Dopo questo incubo la signora ha deciso di tenere il suo terzo bambino, di non abortirlo: si può dire che questa creatura è stato salvata dai suoi due fratellini non nati.
È possibile telefonare e mantenere l'anonimato? Certamente, noi lavoriamo sempre nell'anonimato.
Ricevete telefonate anche da parte di uomini? Sì. Alcuni sono molto sensibili e magari non vogliono che la moglie/compagna abortisca. Un giorno mi ha telefonato un giovane e mi ha detto: ―Non ho più lacrime per piangere. Aveva fatto di tutto per dissuadere la sua compagna dall'abortire, ma non ce l'aveva fatta e il giorno seguente era la data stabilita per l'aborto. Allora io ho contattato l'infermiere dell'ospedale dove doveva svolgersi l'intervento e gli ho spiegato la situazione, dicendogli di provare a parlare anche lui con quella donna, perché il suo compagno non era riuscito a convincerla a non abortire. Il giorno dopo questo infermiere mio amico le ha parlato ed è riuscito a portarla fuori dalla sala operatoria prima che abortisse.
Dopo l'aiuto momentaneo della telefonata, quali sono le operazioni che mettete in atto per aiutare la persona che vi ha contattati? Per prima cosa contattiamo i Presidenti dei CAV [Centri di Aiuto alla Vita, N.d.R.] del luogo più vicino alla zona da dove chiama la donna. Poi, se ci sono necessità di carattere propriamente economico o simile proponiamo il Progetto Gemma [consiste nell'―adozione di una mamma da parte di un privato o di un ente pubblico che si impegna a donare 160 euro al mese per 18 mesi [è un progetto nato nel 1994 che ad oggi ha salvato già 16.000 bambini, N.d.R.], oppure l'alloggio in una casa di accoglienza per ragazze madri fino all'anno del bimbo, o anche oltre. Da ultimo ricorriamo alle assistenti sociali, che però non sempre si sono rivelate di grande aiuto. Inoltre noi volontarie abbiamo tutta una rete di persone con competenze specifiche a cui rivolgerci in caso di necessità, anche in base alla zona di provenienza della chiamata: ginecologi, psicologi, e quant'altro.
Dottoressa, lei è uno dei pilastri del Telefono SOS Vita: è disponibile a rispondere 24 ore su 24? Sì, sono sempre disponibile a rispondere alle telefonate.
Che cosa la spinge a donarsi così? Le rispondo con una frase di Madre Teresa di Calcutta: ―Il bimbo abortito è il più povero dei poveri. Inoltre sono fermamente convinta che ognuno di noi abbia un compito su questa terra. Io sono diventata ostetrica per un fatto che mi è accaduto quando avevo nove anni& è stata questa la mia vocazione. Noi tutti siamo strumenti nelle mani di Dio e dobbiamo guardare gli altri con gli occhi del cuore. Di certo fare questo lavoro è una missione e non è facile, soprattutto oggi: ormai l'abortire è percepito dal senso comune come un diritto. Però una cosa certa è che nessuna donna ha rimproverato noi del Telefono SOS Vita per aver salvato il suo bimbo: mai. In caso è accaduto il contrario: donne che avevano telefonato e poi hanno abortito lo stesso, richiamano e dicono: ―Perché non ti ho ascoltata?.
Lei quanti bambini ha salvato? Non li ho contati, tanti. Il numero è grande anche perché quando lavoravo ero caposala e quindi accoglievo io le donne che volevano abortire e parlavo con loro, cercando di far loro cambiare idea. Ricordo che una volta avevo chiesto riposo per il giorno seguente, perché ero stanca. La mattina dopo, però, ero talmente abituata ad andare al lavoro che sono andata lo stesso in ospedale, perché mi ero dimenticata che avevo preso ferie: è stato provvidenziale. Sono entrata in sala e c'era una coppia, il marito mi porge il certificato per l'aborto. Io l'ho guardato, aveva due occhi azzurri bellissimi, così gli ho detto: ―Ma lei, con due occhi così belli, ha il coraggio di portare sua moglie a macellare suo figlio?. Questa frase l'ha colpito moltissimo: sono usciti senza abortire.
Dopo così tanti anni di servizio, sono di più le soddisfazioni o le delusioni? Di certo le soddisfazioni, però anche le delusioni ci sono e spesso per questo mi capita di passare notti insonni. Bisogna far la cultura della vita, far capire cos'è un bambino. Però poi ci sono moltissimi episodi che mi danno entusiasmo. Per esempio, un giorno ho ricevuto la telefonata di un rettore di un seminario del nord est, che mi diceva che la conoscente di una signora che lavorava da loro in seminario voleva abortire e che aveva già il certificato in mano. Io dico al rettore di dire alla donna che lavora presso di lui di stare vicino alla donna che voleva abortire (i motivi erano prettamente economici: la donna aveva già due figli e pensava di non farcela a mantenerne un terzo) e di farle avere il numero del Telefono SOS Vita. Finalmente sono riuscita a parlare con questa donna e le ho detto: ―Signora, il suo terzo figlio ha lo stesso diritto di nascere degli altri due. Perché lo vuole uccidere? Abortire è come infliggere una condanna alla pena capitale: ma che delitto ha commesso il tuo bambino?. I tempi erano molto stretti, mancavano due giorni alla data dell'intervento. Il giorno seguente mi telefona il rettore del seminario per dirmi che la donna è partita per le ferie: ―Ormai& . Io gli rispondo: ―No, questa parola non l' accetto. Faccia pregare i suoi seminaristi: nella mia vita ho visto donne uscire dalla sala operatoria mentre stavano per essere anestetizzate, quindi per me la parola 'ormai'non esiste. Il giorno dopo la donna doveva abortire: la notte non ho dormito e ho pregato. Alle cinque del mattino ho ricevuto la chiamata della signora che voleva abortire che mi ha detto: ―Maria, volevo chiamarti già dalle tre di notte, ma avevo paura di disturbarti. Non abortisco più. Alle sei di mattina chiamo il rettore, che però non mi risponde. Alle sette mi chiama lui e mi dice: ―Maria, il bambino è salvo e io gli ho risposto che lo sapevo già da due ore. Il rettore poi mi racconta che a mezzanotte ha celebrato da solo la Messa e che poi è stato in preghiera fino alle sei del mattino. Qualche mese dopo la signora mi ha mandato le foto del bambino che è nato: ora è felicissima di averlo tenuto.
Pensa che il telefono SOS sia abbastanza conosciuto in Italia? Non tanto. Però se ci si impegna di più nel farlo conoscere di certo le cose miglioreranno. In più sarebbe importante che lo Stato si occupasse di più delle donne: se i soldi investiti per un aborto li dessero alle donne in difficoltà economiche, molte di esse non abortirebbero. Inoltre sono certa che gli aborti sono di più di quelli che dicono. È importantissimo fare una cultura della vita: di fronte a questi morti innocenti 'se non gridiamo noi, grideranno le pietre'.
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Infine, fedeli all'idea che il mondo pro life italiano non è esaurito dal MpV, cito brevemente il telefono rosso10 e la benemerita associazione "La quercia millenaria", dedita al sostegno alla gravidanza patologica e all'aiuto per la ―gestione– di feti terminali (www.laquerciamillenaria.org).
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La questione Piemonte: due modi di fare politica
Arriviamo, per concludere, all'attualità: nel 2010 vi sono le elezioni regionali in Italia. In Piemonte si candida, per la sinistra, appoggiata dall'Udc, Mercedes Bresso: favorevole all'aborto, alla fecondazione artificiale, all'eutanasia, ai matrimoni gay. Una vera radicale integralista dichiarata, sostenuta anche ufficialmente da Emma Bonino e Marco Pannella. Il MpV del Piemonte, Federvita Piemonte, diretto da una pro life storica come Marisa Orecchia, già vice-presidente nazionale del MpV, fa un patto col candidato di centro destra, Roberto Cota, un sincero pro life che si impegna, in caso di vittoria, a sostenere progetti concreti per la vita. Il patto è firmato anche da Mauro Ronco e Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, e Maria Paola Tripoli, volontaria nel sociale e a lungo personaggio storico del MpV, oggi nel direttivo di Federvita Piemonte.
Carlo Casini, invece, non prende posizione pubblica contro la Bresso, sostenuta, lo ripeto, dal suo stesso partito. Molti, nella base del MpV lo notano, irritati: anche perché persino il mensile del Movimento, ―Sì alla vita– del febbraio 2010, non ha speso tre righe sulla candidata radicale (mentre ha dedicato ampio spazio, giustamente, a criticare Emma Bonino, candidata contemporaneamente in Lazio).
Alla fine le elezioni sono vinte da Cota, ma Casini reagisce non esultando, come dovrebbe, ma richiamando Federvita Piemonte, rea di avere ―fatto politica– senza il suo consenso. Marisa Orecchia viene ripresa e risponde chiedendosi perché Casini possa fare politica attiva e partitica dal 1979 e i movimenti locali non potrebbero agire neppure indirettamente nell'agone politico per sostenere i valori della vita (vedi documenti in appendice). Il sospetto nasce spontaneo: forse Casini ha messo la sua appartenenza all'Udc davanti al suo ruolo di rappresentante ufficiale di molti pro life italiani?
Tale sospetto diventa ancora più concreto nel momento in cui si viene a sapere, come denunciato da più giornali (il primo è ―Libero–, 20 giugno 2010), che Valter Boero, dirigente nazionale del MpV, anch'egli dell'Udc, ha rinnegato il sostegno a Cota, appoggiando personalmente la Bresso: lui, però, senza subire alcun richiamo.
Possibile che si possa essere ai vertici del MpV e non comprendere la pericolosità dei radicali? La domanda diviene angosciante, eppure non riceve risposta. L'unica attenzione di Casini è minacciare di espulsione la Orecchia e tanti altri membri del MpV, regolarmente eletti, perché appartenenti anche al ―Comitato Verità e Vita–, un altro gruppo pro life critico verso la gestione troppo personalistica e politically correct del Movimento. Chi ha contatti con loro, dice Casini, lanciando una sorta di scomunica, deve andarsene: ma tra i reprobi, vicini a ―Verità e Vita–, ci sono i già citati Silvio Ghielmi, Giuseppe Garrone, Mario Paolo Rocchi, oltre a simpatizzanti come il citato Algranati, e tanti altri benemeriti del MpV, alcuni sin dalla prima ora.
Come si è potuto finire a ostacolare Cota a favore della radicale Bresso, e a scomunicare la parte più nobile della propria stessa storia?
In verità il richiamo a Federvita Piemonte, rea di aver sostenuto ufficialmente Cota, può avere svariati motivi, oltre a quello indicato (l'appartenenza di Casini e Boero all'Udc, alleato con la Bresso). Non è assurdo ipotizzare, infatti, che il successo dell'operazione abbia disturbato alcuni vertici nazionali sia perché così si è ricreato un legame con Alleanza Cattolica, infranto ai tempi del referendum, sia perché Federvita Piemonte è uno dei MpV regionali più attivi e più inclini ad un confronto aperto, al 100%, su legge 194 e legge 40, senza tatticismi ed omissioni.
Il successo di Federvita Piemonte, che viene dopo anni e anni di insignificanza politica, può essere stato dunque interpretato come una sconfitta per la linea più ―morbida– del MpV centrale, oltre che per l'ala minoritaria di Federvita Piemonte stessa (Boero, Vergani, Tibaudi& ).
Tanto più che intorno a Federvita Piemonte si muovono molti importanti pro life italiani, come dimostra per esempio il convegno di Torino sulla 194 del 22 ottobre 2010, che ha visto partecipare, oltre ad Orecchia e Garrone, anche Palmaro, presidente di Verità e Vita, Pino Noia, uno dei medici pro life più attivi e stimati in Italia, e Olimpia Tarzia, ex astro nascente del MpV nazionale, e donna più votata del Lazio alle ultime regionali del 2010, contro la Bonino.
Osservare Federvita Piemonte, infine, è interessante perché vi si rintracciano, in piccolo, le stesse spaccature che vivono anche in tanti altri Movimenti: infatti la linea di Federvita Piemonte, incarnata da Orecchia, Garrone, Tripoli, Ceroni, Cipolla ecc…, come si è detto, è molto chiara e contrasta con la linea morbida di altri piemontesi, che siedono nel direttivo nazionale e che godono della fiducia del presidente, come Vergani, Boero, Tibaudi, Larocca.Lo scontro interno a Federvita Piemonte è su vari aspetti: Boero, per esempio, oltre ad aver condannato l'appoggio di Federvita a Cota, è, insieme a Tibaudi e Vergani, sostenitore di una linea dura con Verità e Vita e di una linea morbida, invece, sulla 194. In più occasioni infatti ha rinfacciato ai suoi compagni piemontesi di avere un approccio oltranzista, poco dialogante. Analogamente, per capire quello di cui sto parlando, Tibaudi, in occasione del direttivo del 19-20 marzo 2010 si è opposto alla proposta di Casini di manifestare, nell'anniversario della 194, con dei passeggini vuoti, in ricordo dei bimbi uccisi con l' aborto, ritenendo che sarebbe ―terrorismo psicologico nei confronti delle donne che hanno abortito– (non si capisce allora, mi si permetta, cosa sia possibile fare per dire che si è contro l'aborto!).
17 Per capire meglio dove sia giunto il minimalismo del MpV centrale sulla 194, è interessante leggere il verbale del 19-20 marzo, al punto ―22 maggio, anniversario della legge 194–. Il presidente Casini riporta al direttivo la richiesta di Piero Pirovano: fare una manifestazione pubblica di massa, intitolata Life Day. Sarebbe la prima grande manifestazione organizzata dal MpV italiano, che, pur essendo forse per numeri il più forte movimento pro vita europeo, non ha mai però preso l'iniziativa di scendere in piazza a manifestare. Casini, che in passato ha preso le distanze più volte da Pirovano, per esempio criticando la scelta di quest'ultimo di mostrare, sul suo sito e in generale negli ambienti del Mpv, le foto raccapriccianti dei bambini abortiti, dichiara che ―è opportuno organizzare una inziativa& ma non è realistico organizzare un gesto paragonabile al Family day o alle marce degli Stati Uniti d'America–. Per cui Casini propone il solito gesto in tono minore: una piccola sfilata con passeggini vuoti per le vie di Roma, per ricordare i tanti bambini che non hanno potuto vedere la vita. Ma nel direttivo nazionale c'è chi è ancora più minimalista del presidente: Boero, Tibaudi, La Rocca, Passaleva, ecc& ―ritengono che la carrozzina vuota sia un segno negativo–. Tibaudi aggiunge quello che si è detto. Insomma, l'anniversario della 194 non deve metterci tristezza, amici del MpV! La moderazione anzitutto! Così piano piano è finita che la gravità di una legge che ha legalizzato l'uccisione di 5 milioni di innocenti non turba più neppure chi è dirigente del MpV!
Alla fine la manifestazione sarà la solita faccenda per pochi intimi.
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Proposte conclusive per una svolta
Senza avere la presunzione di offrire ricette per la rinascita dell'azione politica e culturale del MpV (essendo invece l'azione pratica dei Cav già estremamente efficace), mi sento però di dover qui riassumere, in conclusione, alcune proposte, concepite grazie all'ascolto e all'amicizia di tanti pro life, vecchi e giovani.
A me sembra che occorrerebbe:
1) Formulare alcune idee , chiare e semplici, intorno a cui aggregare chiunque desideri starci. L'unica idea possibile in un movimento pro life è questa: credere nella sacralità della vita umana, innocente, sin dal concepimento. Senza cedimenti in nome della ―strategia–: perché quando i tatticismi diventano troppi, non è più questione, appunto, di ―strategia–, ma di sostanza. Non siamo più negli anni Settanta, quando qualcuno poteva illudersi di venire a patti con la cultura di morte abortista: stiamo viaggiando a marce forzate verso la clonazione umana, e a forza di compromessi, moltissima gente ha perso persino l'idea di cosa questo possa significare. I compromessi sui ―valori non negoziabili–, non solo ottengono poco, nell' immediato, ma soprattutto sono deleteri nel lungo periodo: perché scardinando il principio, contribuendo ad indebolire la cultura della sacralità della vita umana, aprono le porte ad ogni aberrazione. Basta, dunque, coi minimalismi&
2) Dar vita ad una gestione più collegiale del MpV stesso, affinché tutti coloro che hanno buona volontà ed idee vengano valorizzati e possano dare il proprio personale contributo. Saper fare squadra, delegare, valorizzare i talenti: questo è il compito principale di chi guida una qualsiasi associazione, tanto più se nazionale.
3) Creare un rapporto chiaro con i vertici ecclesiastici : il MpV è un movimento laico, sicuramente di matrice cattolica. Per questo è doveroso l'ossequio al magistero (Evangelium vitae, Dignitas personae), che deve fungere da bussola ideale. Ma esso non comporta che il MpV debba sottostare alle posizioni politiche, spesso cangianti, e non sempre coerenti con lo stesso magistero, di questa o quella Conferenza episcopale o dei suoi vertici.
4) Lavorare per il conseguimento di buone leggi, e non solamente del male minore , il cui perseguimento è lecito, ma solo in determinate circostanze. Per anni i vertici del MpV stesso, pur predicando l'importanza dell' azione politica, non solo non hanno proposto disegni di legge a tutela della vita, ma talora hanno boicottato, oppure non sostenuto, progetti di legge, o candidati pro life, provenienti da altre parti, in nome di una presunta ―non opportunità–.
Un primo esempio solo: su ―Cristianità– n. 237-238 del 1995, l'on. Mantovano, commentando i rapporti in corso tra Carlo Casini e Massimo D'Alema, leader ―di un partito radicale di massa–, notava: ―Nel mese di febbraio del 1989, l'on. Adriana Poli Bortone [futuro ministro, N.d.R.], insieme a tutti i deputati del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale, presentava in Parlamento una proposta di legge di modifica della legge n. 194, articolata in una prima parte di carattere preventivo e di assistenza, che prevedeva interventi a diversi livelli in favore della gestante in difficoltà, e in una seconda parte di dissuasione dell'aborto, senza criminalizzazione della gestante con seri problemi, ma anche senza rinunciare al giudizio di disfavore dello Stato nei confronti della pratica abortiva. Relativamente a questa proposta, ripresentata dalla stessa parlamentare nelle due successive legislature, e sull'importanza dei temi che affrontava, nel mese di giugno del 1991 l' on. Adriana Poli Bortone chiedeva, con una lettera inviata a tutti membri della Camera dei Deputati, sostegno perché venisse avviata la discussione d'urgenza. A tale lettera rispondeva per iscritto l'on. Carlo Casini, il quale, dopo aver affermato la propria condivisione dei punti essenziali della proposta, negava la sottoscrizione all'istanza di discussione d' urgenza sostenendo che i tempi non erano maturi per il dibattito, e aggiungeva che vi erano invece spazi politici per riforme parziali, che avrebbero potuto essere pregiudicate dal desiderio di ottenere subito maggiori risultati. I ¯tempi non sono maturi– è troppo spesso un modo o per defilarsi o per non collaborare con altri& .
Un secondo esempio . Qualcosa di analogo è successo anche alle elezioni politiche del 2008: Giuliano Ferrara, che con ―Il Foglio– aveva contribuito fortemente alla vittoria nel referendum del 2005, lancia una lista ―Aborto? Non grazie–. È l'occasione per riaprire il dibattito: televisioni, giornali radio, riprendono a parlare di aborto, legge 194, dopo trent'anni esatti di silenzio. Non è qui il luogo per discutere sull'opportunità o meno di tale lista. Quello che stupisce è però ancora una volta la reazione del vertice del MpV, in disarmonia con molti membri della base: Ferrara non solo non viene aiutato, ma la sua iniziativa viene ufficialmente criticata e boicottata perché inopportuna! ―Sì alla vita– del marzo 2008, in un lungo articolo pre-elettorale intitolato ―Il popolo della vita alle urne–, ribadisce che sì, l' iniziativa di Ferrara è lodevole, però strategicamente non opportuna. Al punto che vengono illustrate le posizioni di cinque partiti, con relativo simbolo: il Pdl, il Pd, l'Udc, la ―Sinistra arcobaleno– e ¯la Destra– di Francesco Storace. L'unico simbolo e l'unico programma a non comparire è quello della lista ―Aborto? No grazie–! Quanto all'Udc se ne parla come di un partito ¯coerentemente schierato su posizioni pro vita– e si lascia grande spazio all' onorevole Luca Marconi, alle sue ottime idee sulla vita, che in verità, all'interno del partito sono minoritarie esattamente come quelle dell' ottimo Luca Volontè e dello stesso Casini. Eppure, a leggere il box dedicato appunto all'Udc, si viene a sapere che tale partito ha progetti per una ―rivisitazione della legge 194–: progetti che in verità nessuno mai porterà avanti, neppure per pura testimonianza. Quanto alla lista Ferrara, dunque, invece di approfittare della situazione, quantomeno per ampliare il dibattito e rilanciarlo, si invitano i militanti del MpV a tenersi lontani dall'iniziativa. Il sottoscritto ricorda le botte, gli insulti, le minacce a cui andarono incontro alcuni candidati della lista, e fatica a dimenticare che proprio dai vertici del MpV non arrivò alcuna vera solidarietà. Quale fu il motivo dell'ostracismo? Forse non si volle appoggiare una lista diversa da quella cui apparteneva il presidente del MpV? O forse non si gradì che la bandiera della vita, seppure con una posizione non del tutto pro life, fosse innalzata anche da altri? Non riesco ancora a spiegarmelo&
Continuando: la battaglia di un movimento ideale non è solo quella di portare a casa risultati immediati, ma quello di prepararli: presentare disegni di legge che magari non avranno successo, è comunque una operazione importante, perché apre il dibattito e crea, gradualmente una mentalità. I radicali, che sono sempre stati quattro gatti, hanno fatto sempre questo: proporre e riproporre, anche in tempi ―inopportuni–, idee che prima erano in minoranza, e poi sono divenute maggioritarie.
È inoltre necessario capire che non esiste solo la politica in senso stretto , cioè come azione parlamentare. È politica anche portare la battaglia nelle scuole, sui giornali, in televisione, alla radio (dove invece i pro life sono completamente assenti, e non solo per ostracismo altrui). Per fare questo però occorrono lo spirito giusto e la capacità di delegare, di dividere i compiti, di non accentrare tutto nelle mani di pochi (privi, tra il resto, del dono dell' ubiquità). In questo il MpV è ancora estremamente debole, come ha dimostrato ad esempio il referendum del 2005: all'epoca della battaglia culturale infatti ci trovammo senza strumenti e senza bioeticisti, giornalisti, mezzi per affrontare la discussione. Non è un caso che i più efficaci nel difendere le buone ragioni della legge 40, ad eccezione di alcuni (lo stesso Carlo Casini, i vice presidenti nazionali Pino Morandini e Lucio Romano), erano tutti di provenienza esterna al Mpv (o fuoriusciti dallo stesso): da Dino Boffo a Giuliano Ferrara, da Mario Palmaro a Claudia Navarini e Lucetta Scaraffia, da Tommaso Scandroglio a Samek Lodovici, da Renzo Puccetti a Francesco Ognibene, da Assuntina Morresi a Eugenia Roccella, sino a padre Giorgio Carbone.
Ma per tornare alla politica in senso stretto : il futuro politico del Movimento sta nella applicazione, dovunque possibile, della intelligente strategia promossa proprio nel 2010 da Federvita Piemonte: non è più il tempo di chiedere ai candidati governatori un generico impegno, senza alcuna implicazione pratica, lasciando i propri elettori senza alcun segnale concreto (dire infatti ―votate per chi si dichiara, a parole, per la vita–, non significa nulla). Occorre anzitutto unire le forze pro life, per pesare di più, esattamente come ha fatto Federvita Piemone coalizzandosi con i pro life piemontesi di Alleanza Cattolica; poi, in secondo luogo, mostrata la propria forza, si deve chiedere un impegno scritto, preciso e circostanziato, in difesa della vita, e non più vaghe promesse cui i politici sono ben avvezzi. In Piemonte il candidato Cota ha firmato degli impegni, e poi, una volta vinte le elezioni anche grazie alla mobilitazione dei pro life, li ha onorati, partecipando coraggiosamente, tra le invettive della stessa Bresso, ai convegni a difesa della vita e prendendo subito provvedimenti concreti per aiutare le famiglie in difficoltà dinanzi ad una nuova vita.
5) Avere una maggior apertura nei confronti dei gruppi pro life che condividono il fondamento ideale del MpV, anche se non ne fanno parte. Non è più il tempo di mettere davanti alla battaglia della difesa della vita ragioni politiche e ideologiche, né, tanto meno, piccoli protagonismi. Il MpV ha la forza e i soldi per collaborare con ―Verità e Vita–, ―Il Dono–, ―Due minuti per la Vita–, l'associazione Giovanni XXIII, il Medv, ecc… senza più le divisioni che si sono viste sino ad oggi, legate spesso ai personalismi.
6) Valorizzare maggiormente il braccio culturale del MpV . È necessario che i cospicui finanziamenti che giungono al MpV centrale dalla Cei siano gestiti anzitutto in modo più trasparente e in secondo luogo, dal momento che ai Cav vanno solo le briciole, quando va bene, in modo da favorire veramente il crearsi di una cultura della vita (aiutando, anche economicamente e in generale non lasciando soli, i piccoli Movimenti locali e i Cav che possono contare solo sul volontariato e su finanziamenti anch'essi volontari).
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Va potenziato il mensile del MpV, aprendolo a più collaboratori (non sempre gli stessi) e valorizzando maggiormente i giovani. I soldi del MpV dovrebbero poi servire a finanziare, oltre ai MpV locali:
a) gruppi di studio composti di medici , che affrontino per esempio lo stress e il trauma post aborto sulle donne. Sembrerà paradossale, ma in questo campo il MpV, in trent'anni, non ha fatto quasi nulla, e la migliore pubblicazione in materia, Quello che resta (Ed. Vitanuova), è nata per una iniziativa dell'associazione Il Dono. Con la collaborazione anche di medici del Mpv, ma senza l'appoggio economico, culturale, politico, del MpV stesso! Eppure lanciare un testo simile, così chiaro, scientifico, inequivocabile, avrebbe il suo effetto e il suo significato. Non si può fare, infatti, una battaglia culturale efficace, anche dal punto di vista scientifico e mediatico, se non si possiedono gli strumenti adatti;
b) gruppi di giuristi chiamati a lavorare sulle leggi , a elaborare progetti di modifica della 194, a verificare davvero, quantomeno, la sua applicazione, e nello stesso tempo a difendere quei giornalisti, quei medici, o quelle ostetriche obiettrici, che finiscono talvolta sotto la persecuzione della cultura dominante, e che poi rimangono soli! Non è possibile che il MpV lasci indifesi gli operatori del settore, coloro che sono in prima fila, come è successo tante volte in passato (quanti sono i medici pro life inquisiti ad esempio per non aver prescritto la pillola abortiva, che devono affrontare la difesa e le spese processuali senza l'aiuto, doveroso, del MpV nazionale?).
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In conclusione occorre una svolta, nel mondo pro life italiano, perché la battaglia culturale per la difesa della vita e della legge naturale è la prima trincea dell'attuale guerra contro la nuova ideologia di morte: quella dell'abortismo, della manipolazione genetica, della distruzione della famiglia&
Non si può andare in guerra fingendo di essere ad un gran galà. Non ce lo permettono i milioni di bambini uccisi; le milioni di donne che hanno vissuto, con l'aborto, una sorta di suicidio di se stesse; le innumerevoli famiglie rovinate in tanti anni dalla 194 e dalle logiche del male minore.