Il Card. Caffarra supplica il Papa

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Il grande arcivescovo di Bologna torna a supplicare il Santo Padre di essere ricevuto assieme ad altri membri del sacro collegio cardinalizio.

 Il Card. Caffarra – assieme ad altri tre grandi cardinali – rivolge al Pontefice parole filiali e rispettose. Si può presumere che la loro intenzione sia di cercare di “discernere” meglio e fare chiarezza su alcuni sue opinioni malintese (in particolare per Amoris laetitae, ma non solo), poichè la confusione si allarga nella Chiesa.

 I lettori di totustuus.it sono invitati a pregare perchè questa udienza venga concessa e la confusione abbia fine: i sacerdoti offrendo il Santo Sacrificio eucaristico, le religiose e i religiosi con la recita dell'Ufficio Divino, i laici con il Santo Rosario e la loro azione della società.

 

Di seguito la lettera al papa del Cardinale Carlo Caffarra.

************************************************************************************

Beatissimo Padre,

è con una certa trepidazione che mi rivolgo alla Santità Vostra, durante questi giorni del tempo pasquale. Lo faccio a nome degli Em.mi Cardinali: Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Joachim Meisner, e mio personale.

Desideriamo innanzi tutto rinnovare la nostra assoluta dedizione ed il nostro amore incondizionato alla Cattedra di Pietro e per la Vostra augusta persona, nella quale riconosciamo il Successore di Pietro ed il Vicario di Gesù: il “dolce Cristo in terra”, come amava dire S. Caterina da Siena. Non ci appartiene minimamente la posizione di chi considera vacante la Sede di Pietro, né di chi vuole attribuire anche ad altri l’indivisibile responsabilità del “munus” petrino. Siamo mossi solamente dalla coscienza della responsabilità grave proveniente dal “munus” cardinalizio: essere consiglieri del Successore di Pietro nel suo sovrano ministero. E del Sacramento dell’Episcopato, che “ci ha posti come vescovi a pascere la Chiesa, che Egli si è acquistata col suo sangue” (At 20, 28).

Il 19 settembre 2016 abbiamo consegnato alla Santità Vostra e alla Congregazione della Dottrina della Fede cinque “dubia”, chiedendoLe di dirimere incertezze e fare chiarezza su alcuni punti dell’Esortazione Apostolica post-sinodale “Amoris Laetitia”.

Non avendo ricevuto alcuna risposta da Vostra Santità, siamo giunti alla decisione di chiederLe, rispettosamente ed umilmente, Udienza, assieme se così piacerà alla Santità Vostra. Alleghiamo, come è prassi, un Foglio di Udienza in cui esponiamo i due punti sui quali desideriamo intrattenerci con Lei.

Beatissimo Padre,

è trascorso ormai un anno dalla pubblicazione di “Amoris Laetitia”. In questo periodo sono state pubblicamente date interpretazioni di alcuni passi obiettivamente ambigui dell’Esortazione post-sinodale, non divergenti dal, ma contrarie al permanente Magistero della Chiesa. Nonostante che il Prefetto della Dottrina della Fede abbia più volte dichiarato che la dottrina della Chiesa non è cambiata, sono apparse numerose dichiarazioni di singoli Vescovi, di Cardinali, e perfino di Conferenze Episcopali, che approvano ciò che il Magistero della Chiesa non ha mai approvato. Non solo l’accesso alla Santa Eucarestia di coloro che oggettivamente e pubblicamente vivono in una situazione di peccato grave, ed intendono rimanervi, ma anche una concezione della coscienza morale contraria alla Tradizione della Chiesa. E così sta accadendo – oh quanto è doloroso constatarlo! – che ciò che è peccato in Polonia è bene in Germania, ciò che è proibito nell’Arcidiocesi di Filadelfia è lecito a Malta. E così via. Viene alla mente l’amara constatazione di B. Pascal: “Giustizia al di qua dei Pirenei, ingiustizia al di là; giustizia sulla riva sinistra del fiume, ingiustizia sulla riva destra”.

Numerosi laici competenti, profondamente amanti della Chiesa e solidamente leali verso la Sede Apostolica, si sono rivolti ai loro Pastori e alla Santità Vostra, per essere confermati nella Santa Dottrina riguardante i tre sacramenti del Matrimonio, della Confessione e dell’Eucarestia. E proprio in questi giorni, a Roma, sei laici provenienti da ogni Continente hanno proposto un Seminario di studio assai frequentato, dal significativo titolo: “Fare chiarezza”.

Di fronte a questa grave situazione, nella quale molte comunità cristiane si stanno dividendo, sentiamo il peso della nostra responsabilità, e la nostra coscienza ci spinge a chiedere umilmente e rispettosamente Udienza.

Voglia la Santità Vostra ricordarsi di noi nelle Sue preghiere, come noi La assicuriamo che faremo nelle nostre. E chiediamo il dono della Sua Benedizione Apostolica.

Carlo Card. Caffarra

Roma, 25 aprile 2017
Festa di San Marco Evangelista

(altro…)

Continua a leggereIl Card. Caffarra supplica il Papa

Polonia: niente eucarestia ai divorziati-risposati

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 LA CONFERENZA EPISCOPALE POLACCA CONFERMA IL DIVIETO PER I DIVORZIATI-RISPOSATI.

 Il 7 giugno la Conferenza episcopale polacca ha chiuso i lavori della sua assemblea generale a Zakopane, sui monti Tatra. E secondo quanto ha dichiarato a Katholish.de il portavoce dei vescovi polacchi, Pawel Rytel-Andrianik, i presuli hanno constatato che l’insegnamento della Chiesa per ciò che riguarda le persone che vivono in situazioni di coppie non sacramentali “non è cambiato” dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia.

Una dichiarazione pubblica spiega che i cattolici che si trovano in quel tipo di situazioni dovrebbero essere guidati “Verso una vera conversione e a una riconciliazione con il loro coniuge e i figli di quell’unione”. I vescovi si riferivano esplicitamente all’esortazione post-sinodale di Giovanni Paolo II “Familiaris Consortio”, che permette di avvicinarsi ai sacramenti solo se i divorziati-risposati civilmente vivono una relazione come fratello e sorella.

I vescovi polacchi hanno inoltre annunciato che discuteranno in autunno, durante la prossima assemblea generale, le linee guida realtive alla cura pastorale delle persone che vivono in situazioni di coppia “non sacramentali”, e la loro integrazione nella vita della Chiesa. Le nuove linee guida spiegheranno in concreto come dovrà essere svolto l’accompagnamento dei divorziati-risposati.

Questa presa di posizione ufficiale, dopo quelle di segno contrario delle conferenze episcopali della Germania e del Belgio, rende sempre più evidente lo stato di confusione provocato dall’ambiguità delle norme – e soprattutto delle note a piè di pagina – dell’esortazione post-sinodale “Amoris Laetitia”. Dalla sua pubblicazione si assiste a interpretazioni opposte di cardinali, vescovi,e  conferenze episcopali, mentre la richiesta di chiarimenti rivolta al Pontefice non solo dai cardinali con i “Dubia”, ma da laici, vescovi e studiosi con lettere aperte e petizioni rimane ancora inevasa.

Era prevedibile per altro che la Conferenza episcopale polacca si esprimesse in questa direzione. Già nel novembre scorso mons. Jan Watroba, Presidente del Consiglio per la Famiglia dei vescovi polacchi, aveva dichiarato: “E’ un vero peccato che non esista un’interpretazione unica e un messaggio chiaro del documento, e che si debbano aggiungere interpretazioni a un documento apostolico. Personalmente preferivo documenti come quelli che Giovanni Paolo II scriveva, dove commenti aggiuntivi o interpretazioni relative all’insegnamento di Pietro non erano necessari”. In precedenza il vescovo ausiliario di Lublino Józef Wróbel aveva espresso il suo appoggio ai Dubia. I cardinali “Hanno fatto bene e hanno esercitato correttamente quello che prevede la legge canonica. Credo che sia non solo un diritto, ma anche un dovere. Sarebbe stato giusto rispondere alle loro osservazioni”.

E aveva aggiunto: “Non potevi dare la comunione prima, e non è possibile ora. La dottrina della Chiesa non è soggetta a cambiamenti, altrimenti non si tratta più della Chiesa di Cristo fondata sul Vangelo e sulla Tradizione. Nessuno ha il diritto di modificare la dottrina, perché nessuno è padrone della Chiesa”.

Anche il presidente della conferenza episcopale polacca, mons. Gadecki, nel luglio del 2016 secondo il Tablet aveva negato la possibilità di dare l’Eucarestia ai divorziati risposati. La conferenza episcopale polacca è la prima conferenza episcopale a dichiarare unitariamente che continuerà a seguire l’insegnamento tradizionale della Chiesa sul matrimonio e i sacramenti. In precedenza si erano avute conferenze episcopali regionali, a prendere posizione in merito, e un appello dei vescovi del Kazakhstan al Papa affinché confermasse la prassi immodificabile della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. Altri vescovi in tutto il mondo hanno preso posizione in difesa della dottrina del matrimonio della Chiesa così come è stata enunciata e praticata fino ad “Amoris Laetitia”.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-amoris-laetitiai-polacchial-contro-strappo-20105.htm

(altro…)

Continua a leggerePolonia: niente eucarestia ai divorziati-risposati

Parrocchie da incubo

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Parrocchie da incubo, manuale per fedeli non "buonisti"
 

Don Andrea Brugnoli è un sacerdote di Verona, parroco a San Zeno alla Zai. Da molto tempo ormai si è messo sulla strada del rinnovamento pastorale della Chiesa. Ha fondato le Sentinelle del Mattino e il Café teologico presente in altre diocesi e anche all’estero. E ha creato Una luce nella notte. Ha scritto libri sulla rivitalizzazione pastorale ed è stato invitato da varie Conferenze episcopali – dalla Spagna a Taiwan – a parlare ai preti di nuova evangelizzazione e pastorale giovanile.

Ora egli dà alle stampe un libro che ha chiamato nel sottotitolo Manuale per cambiare stile di Chiesa. Il titolo suona truce e terrificante: Parrocchie da incubo (edizioni Fede & Cultura 2015). Ma all’interno di terrificante non c’è nulla. Certamente non è un libro tenero, che accarezzi, il nostro don Andrea è deciso e tagliente nelle sue valutazioni e coraggioso e originale nelle proposte. Il suo motto è «o si cambia o si muore». Non apprezza le «nostre riunioni verbose» e i «nostri catechismi antropologici» che, secondo lui, «hanno formato ben pochi cristiani veri, testimoni impegnati a portare le persone in Paradiso».

Secondo don Andrea bisogna cambiare anche i luoghi delle nostre parrocchie. «La chiesa», dice, «è la casa di Dio e Lui solo deve parlare. Non di noi, delle nostre attività: la gente deve vedere che in chiesa si entra per dare gloria a Dio e a Dio solo» Ce l’ha, don Andrea, con le bacheche disordinate, le candele elettriche, i volantini e gli avvisi sparsi ovunque, con il Tabernacolo messo in disparte perché «dopo il Concilio, al posto di Gesù, si sono messi i preti con la loro sedia», lo «scempio»– come lui lo chiama – dei due altari («mai una chiesa ha avuto due altari nello stesso presbiterio»), l’altare rivolto al popolo «così la liturgia si è ridotta da dialogo dell’uomo con Dio a un dialogo tra di noi», l’eliminazione della balaustra dove inginocchiarsi per la Comunione, le aule del catechismo sporche e disadorne, con sedie scomode.
Nella sua chiesa di San Zeno alla Zai a Verona – spiega don Andrea – la facciata è pulita, la bacheca ordinata e c’è solo una grande scritta: “Benvenuto a casa!”. In chiesa c’è sempre una musica di sottofondo in gregoriano, le candele sono di cera, al centro dell’altare c’è un grande crocefisso verso cui si rivolgono sia il celebrante sia i fedeli. Il Tabernacolo è posto al centro. Non è stata ripristinata la balaustra, ma viene data la possibilità di prendere la Comunione in ginocchio, con degli inginocchiatoi mobili, e il 95 per cento dei suoi fedeli fa così. Don Andrea non è un patito della messa antica. Dedica un capitolo del libro alla Messa di Paolo VI, che è stata ed è la sua messa. Però auspica una ulteriore riforma liturgica che unifichi i due riti
La Chiesa ha come ultimo scopo – dice don Andrea – di dare gloria al Signore. Per fare questo ha un obiettivo interno: edificare i discepoli, ed uno esterno: evangelizzare quelli che non conoscono Gesù. Tutto deve essere orientato al grande mandato di fare discepoli. Si incontra Gesù tramite l’incontro con dei cristiani che lo hanno già incontrato, ossia con dei discepoli-missionari. Bisogna formare persone in grado di evangelizzare e per questo, dice don Andrea, ci vuole una “visione”. Quella che lui propone è «Risvegliamo la Chiesa!» e tutta la vita della parrocchia vi ruota attorno, perché la visione deve essere conosciuta da tutti ed espressa in modo conciso e chiaro come la destinazione sul display di un autobus.

La cosa principale è formare una équipe. Anche da zero se necessario, mentre la vita della parrocchia intanto procede. Sono le persone che fanno la differenza, non le attività. Si fanno le attività in base alle persone e non il contrario. Il cristiano modello oggi è il filantropo. Deve tornare a essere l’apostolo che evangelizza. «Vedo diocesi», scrive don Andrea, «dove si organizzano costosi festival, convegni su ogni argomento, assemblee dove il microfono viene dato ai pagani e nemici della Chiesa, presentati come profeti e maestri di quello che dobbiamo fare noi». Ecco che anche il catechismo «si limita a un blando richiamo ai valori antropologici e a un moralismo terzomondista che persino un extracomunitario troverebbe risibile e anti-storico».

A proposito di catechismo. Nel suo libro-manuale don Andrea si sofferma molto sul catechismo, sulla preparazione ai sacramenti, sulla liturgia. Il catechismo – dice – è fatto per chi ha già incontrato il Signore. La catechesi non è l’annuncio, viene dopo di esso. Prima di tutto bisogna suscitare l’atto iniziale di fede nei confronti di Gesù Salvatore. Bisogna pensare a fare il primo annuncio ai bambini e ai ragazzi, tenendo conto che il test per sapere se l’annuncio è arrivato a destinazione è vedere se il bambino (o adulto) adora Gesù, se si inginocchia davanti al Tabernacolo e Gli parla. Se questo c’è, allora la catechesi diventa un cammino di discepolato.

Don Andrea è anche contro la “pastorale del ricatto”, che è l’esatto opposto del primo annuncio: approfittare del fatto che i genitori vogliono battezzare il figlio per obbligarli a un certo numero di incontri. Anche qui: prima ci vuole la fede e la conversione, poi la Chiesa forma i suoi figli. Ci sono tanti tipi di parrocchie. C’è la Parrocchia Addams, dove tutto è in disordine e piuttosto lugubre; c’è la Parrocchia Social, brulicante di volontari, tutti con la barba, i sandali ai piedi e dove si fa un sacco di cose: lavoretti per il Terzo mondo, raccolte equosolidali, vendita di prodotti missionari; c’è la Parrocchia Milàn, dove i preti recitano la messa con l’i-Pad e si fanno progetti pastorali con organigrammi e votazioni in Consiglio pastorale; c’è la Parrocchia Asilo, dove si ospitano i bambini quando i genitori lavorano, si organizzano campi scuola e grest quando le scuole sono chiuse, si fanno feste di compleanno e si ospitano riunioni condominiali e comitati di quartiere.

Don Andrea cerca di costruire una parrocchia diversa. Il suo sogno lo esprime con chiarezza alla fine del libro: «Sogno una Chiesa tutta protesa a formare gli evangelizzatori. Dove tu vai a Messa una domenica e senti un’aria di famiglia; dove tutti si conoscono perché tutti condividono la passione per portare le persone all’incontro con Gesù e quelli che sono nuovi, lì per la prima volta, vengono accolti con un bel sorriso e comprendono subito che quella può essere la loro casa».

di Stefano Fontana *da La Nuova Bussola Quotidiana,
 

(altro…)

Continua a leggereParrocchie da incubo

Padre Manelli: persecuzione continua

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Come già accadde per i Legionari di Cristo, il cui fondatore fu sommerso da calunnie e menzogne, così continua la persecuzione dei francescani dell'Immacolata. In entrambi casi, la grande stima e incoraggiamento di San Giovanni Paolo II per i fondatori…. e in entrambi i casi la cupidigia di appropriarsi dei beni degli Istituti religiosi gioca un ruolo imortante… ma forse il loro tentativo di annientamento ha ragioni ben più gravi.

 

 ULTIMATUM A PADRE MANELLI: MANI IN ALTO, FUORI I SOLDI O TI SANZIONIAMO CANONICAMENTE.

Non ha fine il calvario per padre Stefano Manelli, fondatore dei Frati Francescani dell’Immacolata (FFI), istituto commissariato ormai da quattro anni, senza che sia stata fornita mai dalle autorità competenti una motivazione chiara del provvedimento.

Si parlava di una possibile “deriva lefebvrista”; il che adesso fa un po’ ridere, posto che il Pontefice è più che pronto ad accogliere gli eredi di Marcel Lefebvre con una Prelatura personale nella Chiesa.

L’opinione che si può azzardare dall’esterno è quella di un’identificazione di cause molteplici: ad es. un assalto alla gestione del fondatore da parte di un gruppo di “giovani turchi” che volevano impadronirsi dell’ordine, uno dei più fiorenti –allora – dal punto di vista delle vocazioni (ora devono importarle dalla Nigeria, in spregio alla direttiva vaticana che impone la formazione in loco); e poi i soldi, la “roba”.

E’ un ipotesi che aiuta a capire sia la furibonda, e diffamatoria campagna di stampa che è partita su presunti abusi alle suore ; accuse archiviate nel novembre scorso dalla magistratura.
Ma che avranno probabilmente un seguito, pesante dal punto di vista finanziario e professionale, per alcuni siti web spazzatura e giornali che verranno perseguiti civilmente, con richiesta di danni cospicui, dalle vittime.

E anche le ultime mosse della Congregazione vaticana per i religiosi. Non tanto il Prefetto, il brasiliano João Braz de Aviz, quanto il segretario della Congregazione, José Rodriguez Carballo, francescano, che tiene un rapporto diretto con il Pontefice.
Carballo è direttamente coinvolto nello scandalo finanziario che ha provocato il crack dei Francescani a livello mondiale.
Era Ministro Generale all’epoca dei fatti. Uno scandalo che è stato tale da porre “in grave pericolo la stabilità finanziaria della Curia generale”, come scrisse lo statunitense Padre Michael Perry, responsabile dell’ordine, in una lettera indirizzata a tutti i fratelli.
Il caso è scoppiato dopo la decisione da parte della Procura svizzera di porre sotto sequestro decine di milioni di euro, depositi – pare – investiti dall’ordine in società finite sotto inchiesta per traffici illeciti di armi e di droga.

Tornando ai Francescani dell’Immacolata. Il patrimonio non è indifferente: si parla di 59 fabbricati, 17 terreni, 5 impianti fotovoltaici, 102 autovetture, più numerosi conti bancari.
Posti sotto sequestro all’inizio del commissariamento, la giustizia ha poi deciso che dovevano essere dissequestrati e riaffidati alle associazioni di laici che ne erano titolari, a causa del voto di povertà assoluta praticato dai FFI.

Respinta dalla giustizia ordinaria, la Congregazione vaticana ha aumentato le pressioni sull’83enne padre Manelli, obbligato dal Vaticano a una forma di clausura; che oggettivamente nel 2017 ha un gusto (pessimo) di altri tempi.
Fra le altre cose a padre Manelli, di recente, è stato chiesto formalmente a nome del Pontefice, di confermare la sua fedeltà e obbedienza al Pontefice stesso. Il che ha fatto.

Circa quindici giorni fa padre Manelli ha però ricevuto una lettera da parte della Congregazione per i religiosi in cui gli si chiedeva di mettere in disponibilità della Chiesa i beni temporali adesso sotto il controllo delle associazioni di laici.

Ingenuamente il fondatore dei FFI ha risposto che non poteva mettere a disposizione nulla, perché i beni erano sotto il controllo delle associazioni di laici.

Forse avrebbe fatto meglio a chiedere un incontro con i laici stessi e far loro presenti le richieste vaticane; ovviamente poi i laici, che non sono tenuti all’obbedienza avrebbero potuto agire come meglio avrebbero creduto.

Non ha usato questa astuzia, e adesso il Vaticano può usare la sua risposta come una forma di mancata obbedienza al Papa; e quindi ne possono seguire sanzioni canoniche.

A margine c’è da dire che quest’uso dell’obbedienza come un’arma sta diventando frequente. Ricordiamo come fra’ Matthew Festing, Gran Maestro dell’Ordine di Malta, sia stato obbligato dal Pontefice a dimettersi, e a firmare una lettera dai contenuti più che discutibili proprio facendo leva sull’obbedienza. Un brutta abitudine che corre il rischio di cronicizzarsi…

Marco Tosatti da: http://www.marcotosatti.com/2017/06/01/il-vaticano-a-padre-manelli-mani-in-alto-fuori-i-soldi-o-ti-sanzioniamo-canonicamente/

(altro…)

Continua a leggerePadre Manelli: persecuzione continua

Un nuovo libro su Lutero

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Martin Lutero: il lato oscuro di un rivoluzionario, di Angela Pellicciari; ed. Cantagalli, Siena 2016, pp. 206  – da: http://bibbia.verboencarnado.net/

 «Dal 1517 in poi la persecuzione contro la Chiesa fa un salto di qualità perché, dopo Lutero e dietro di lui, molte nazioni diventate protestanti vedono il proprio odio contro Roma (ma anche contro gli ebrei) giustificato dalla predicazione di un ex monaco agostiniano diventato “Mosè tedesco”, ovvero capo spirituale indiscusso della Germania. Lutero e i luterani si battono in nome della libertà e della uguaglianza, concetti che conosciamo bene, ma questi begli ideali servono ora a giustificare un assolutismo sconosciuto in ambito cristiano. Dove arriva Lutero la “Libertas ecclesiae” è un ricordo del passato perché le varie chiese nazionali sono completamente soggette al potere temporale». (pp. 5-6)

Sono queste parole di Angela Pelliciari, nella nuova edizione del suo libro su Lutero: il lato oscuro di un rivoluzionario (la prima edizione era del 2012). Si tratta di un saggio storico, in prima linea, ma accompagnato da utili e profondi riflessioni sul pensiero e la realtà luterana in se stessa, come fenomeno religioso e pure come atteggiamento filosofico. Ne basta un esempio da indicare: «Uguaglianza davanti a Dio e alla chiesa, in quanto che non c’è più gerarchia, anche se poi viene introdotta una diseguaglianza di tipo metafisico, terribile, che vede Dio dispensatore arbitrario ed assoluto del destino eterno degli uomini creati per la morte o per la felicità eterna senza che questi possano, con le loro opere, cercare di cambiare la loro sorte. De servo arbitrio: l’uomo non è libero, è schiavo. La volontà dell’uomo non ha alcun potere». (pp. 6-7)

«Con questo scritto – scrive la Pellicciari – mi ripropongo di tratteggiare le coordinate essenziali per capire la Riforma. Lo faccio, come mia abitudine, a partire dei documenti, esaminando da vicino gli scritti di Lutero, puntando a far emergere le idee forti del “profeta della Germania” a partire dell’analisi puntuali dei testi». (p.11) Ecco perché, inoltre ai commenti inseriti nel testo principale, il volumetto viene accompagnato da tre appendici con testi da Lutero stesso, tradotti, più una piccola collezioni delle immagini e caricature ideate da lui, specialmente ridicolizzando la figura del Papa di Roma.

Pellicciari inizia con un’analisi storica: Dallo scontro fra papato e impero vince, momentaneamente, un re, il re di Francia. Questo si intravvede già con l’accesa di Filippo IV il Bello a partire del 1285, in lotta contro il Papa Bonifacio VIII. Dal 1309 al 1377 avrà luogo il duro esilio dei papi in Avignone, esilio che metterà, in sostanza, il papa sotto scacco e subendo la pressante influenza del re di Francia. (cfr. pp. 20-21) Inoltre, la Chiesa si organizzava (fino a Napoleone) con il sistema dei benefici. Ad ogni “officio”, ad ogni carica ecclesiastica, corrispondeva un rendita che consentiva al titolare dell’officio di svolgere il compito affidatogli. Durante il papato di Avignone si decide che la persona incaricata di un officio debba anticipare la rendita di un anno del beneficio annesso, versandolo alla Santa Sede. Così è stato evidente che diventava vescovo, cardinale, parroco, viceparroco e via dicendo, solo chi disponeva dei risorsi finanziare. Non basta. Dal momento che i ricchi sono pochi, si concentra nelle loro mani un grande numero di offici ed a coloro che possono anticipare le rendite di un anno viene affidato un numero esorbitante di incarichi, succedendo così che alcuni vescovi e parroci diventavano titolari di decine – a volte centinaia – di diocesi e parrocchie. Affidavano ai vicari la cura dei fedeli, e questi, titolari di numerosi vicariati, nominavano sostituti. (cfr. pp. 22-23) Ovviamente, i danni prodotti dalla cattività avignonese sono incalcolabili.

A questa cattività succederà il chiamato scisma di Occidente, con due papi in carica. Il rifiuto del pensiero metafisico porta per sé l’oblio dell’interesse per la sostanza, la qualità e per le essenza delle cose. Cita l’autrice il Papa Benedetto XVI, chi affermava che il patrimonio della filosofia greca, che criticamente purificato, è parte integrante della fede cristiana, viene messo in discussione nella teologia moderna con tre ondate che cominciano con la Riforma del XVI secolo. La Fede non appare più come vivente parola storica, ma come elemento inserito nella struttura di un pensiero filosofico. (cfr. pp. 29-30)

Inoltre a quei motivi storici remoti, che in certo modo, contribuirono a creare il clima propizio perché la Riforma prendesse il sopravvento, ci sono pure delle motivazioni storiche più prossime nel tempo, e in stretto rapporto con la situazione della Germania degli inizi del sec. XVI. Infatti, «alla fine del XV secolo mentre i regni europei, vanno rafforzando il potere del re con marcata tendenza all’assolutismo, in Germania le cose vanno alla maniera antica, secondo l’uso feudale: il potere è ripartito in una moltitudine di soggetti laici ed ecclesiastici». (p. 31) Allo stesso tempo, la vita culturale tedesca è vivace: vengono fondate molte università, il paese possiede delle famiglie di commercianti e banchieri più potenti al mondo, inoltre da Costantinopoli caduta erano arrivati una schiera di studiosi, filosofi, teologi, rabbini, che rendevano familiare lo studio delle lingue: latino, greco, ebraico. Soltanto che dalla ricca, esoterica Firenze, viene contagiato un umanesimo che si rivolgeva minuziosamente alle fonti – compressa la Scrittura – ma molto critico della scolastica ed delle diverse forme di religiosità popolare. In Germania questo umanesimo si colora di nazionalismo. Così, la letteratura di lingua tedesca nasce antiromana e il Dante locale si chiama Lutero che nel 1534 compone la traduzione della Bibbia. (cfr. pp. 32-33) L’originalità di questa traduzione consisté nel scrivere nella “lingua comune”, quella che in Germania capiscono tutti. Questa traduzione è spesso libera al punto che, per esplicitare o enfatizzare meglio alcuni passaggi ritenuti fondamentali, non esita a modificare il testo introducendo parole non presenti nell’originale. Così, in Rom 3,28: Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente delle opere della legge, è tradotto con l’aggiunta dell’aggettivo “sola (fede)” che non è irrilevante ai fini della comprensione del testo. (cfr. nota 36, p.43)

Si è parlato molto dello scandalo provocato per le prediche delle indulgenze, soprattutto in Germania, vale a dire la remissione della pena temporale per i peccati, una volta rimessa la loro colpa, indulgenza che la Chiesa ha il potere di amministrare. E’ vero che quello sia stato un vero scandalo ed è anche un miracolo che la Chiesa sia riuscita a sopravvivere; ciononostante, la riforma luterana non nasce da questo scandalo, come si crede abitualmente.

Martin Lutero, nato il 10 novembre 1483 a Eisleben, in Sassonia, dopo certi studi decide di farsi monaco a causa di un voto fatto a sant’Anna. Pur se sviluppa una rapida carriera sia in campo accademico che ecclesiastico, deve sostenere dure lotte contro le concupiscenze e le tentazioni. E’ nella dottrina della ‘giustificazione per la fede’ dove troverà il fondamento della sua propria teologia. Così scrive: «Nonostante l’irreprensibilità della mia vita di monaco, mi sentivo peccatore davanti a Dio; la mia coscienza era estrematamene inquieta, e non avevo alcuna certezza che Dio fosse placato dalle mie opere soddisfattorie. Perché non amavo quel Dio giusto e vendicatore, anzi, lo odiavo, e se non lo bestemmiavo in segreto, certo mi indignavo e mormoravo violentemente contro di lui».[1] Questo atteggiamento lo porta alla scoperta della nuova esegesi che, secondo lui, bisogna fornire di Rom 1,17: E’ (nel vangelo) che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: Il giusto vivrà mediante la fede. Questa “giustizia” Dio la dona, se il giusto ha fede. Così crede di scoprire in quella giustizia di Dio anche la sua misericordia. (cfr. pp. 39-40)

Già nel 1517 Lutero compone 97 tesi in occasione del baccellierato di Franz Gunther. Ecco qualche saggio: “l’uomo, diventato simile ad un albero marcio, non può non volere né fare altro che male” (tesi n.3); “E’ falso dire che la volontà è libera di decidersi per il bene o per il male. La volontà non è libera, è schiava” (n.5); “Non diventiamo giusti facendo quello che è giusto, ma è quando siamo stati resi giusti, che compiamo la giustizia. Contro i filosofi (n.40); “tutto Aristotele nei riguardi della teologia è come le tenebre nei confronti della luce” (n.50). (cfr. p. 41)

La prima (n.3) è la tesi della natura corrotta totalmente ed essenzialmente dopo il peccato originale. L’uomo non sarebbe più in condizione di raggiungere nessun bene. La seconda (n.5), molto legata alla prima, versa sulla negazione del libero arbitrio e la predestinazione. Nella sua opera De servo arbitrio troviamo le seguente insinuazioni: «L’uomo non è responsabile delle proprie azioni; quindi non ci può essere per lui alcuna ricompensa o alcuna condanna. C’è semplicemente l’imperscrutabile volontà di Dio che dall’eternità destina qualcuno all’inferno, qualcun altro al paradiso. Doppia predestinazione: Dio non predestina tutti alla salvezza, Dio salva o condanna gli uomini senza che questi abbiano alcuna possibilità di sfuggire al loro destino: “Chi, dici tu, s’impegnerà a correggere la propria vita? Rispondo: nessuno può né potrà farlo”, ma “gli eletti e gli uomini pii verranno corretti mediante lo Spirito santo; gli altri periranno senza essere corretti”». (cfr. p. 61)

La terza (n.40) costituirà uno dei capisaldi del sistema luterano: il principio della “sola fede”: “Soltanto la fede senza alcuna opera rende pio e beato”, scrive in La libertà del cristiano. Per non prendere in considerazione il testo della lettera di Giacomo 2, 14-21, che mostra la necessità delle opere per far conoscere la fede, definirà questa lettera come “una lettera di paglia”, rifiutandola del canone (distinguendo tra ‘libro’ e ‘libro’ all’interno della Bibbia; cfr. pp. 73-74).

L’ultima si rapporta con il disprezzo della metafisica e di tutto il sapere razionale umano. Altri capisaldi del pensiero luterano saranno la “sola Scrittura” ed il libero esame, per il quale ad ogni cristiano gli viene di interpretare la Bibbia in modo suo, pure se contro il parere della Chiesa, contraddicendo quanto detto nella seconda lettera di Pietro (2Pt 1, 20-21), anche essa disprezzata dal riformatore.

Tutto quanto detto è stato affermato e vissuto da Lutero in un clima di aperta opposizione al Papa ed al suo Magistero, opposizione che andava ogni volta in crescendo nelle sue diatribe. In una delle sue opere più significative: Ai principi cristiani della nazione tedesca, parte del seguente principio che viene dato per scontato, quando avrebbe dovuto essere dimostrato. Questo è: I “romanisti” – i cattolici – “hanno eretto intorno a sé con grande abilità tre muraglie, con le quali essi si sono fino ad ora difesi di modo che nessuno ha potuto riformarli, e in tal modo l’intera cristianità è orribilmente decaduta”. (p. 63)

L’immagine delle muraglie è un pretesto e una provocazione, perché invitano ad assalirle. Queste muraglie sono: La prima: i pontefici “hanno stabilito e proclamato che l’autorità secolare non aveva alcun diritto sopra di loro ma al contrario, che la spirituale era superiore al temporale”;

La seconda: il papa ha evocato a sé “l’interpretazione della Scrittura”;

La terza: “hanno inventato che nessuno può convocare un concilio se non il papa”;

Lutero rimprovera ai papi di aver svolto il proprio ruolo con coscienza: di aver difeso la libertà della chiesa dal potere temporale. E guadagna, in questo scritto, le seguenti posizioni di principio:

– a Roma c’è l’anticristo;

– Roma è nemica della Germania;

– il ceto dirigente tedesco deve prendere coscienza di questa situazione e regolarsi di conseguenza (p.64).

Lo stacco definitivo della Germania della comunione con Roma lo proclama Lutero in un’altra sua opera: Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, con delle conseguenze che noi conosciamo e che sono arrivati fino a Hitler.[2]

Dopo aver suscitato, in tedesco, l’odio e disprezzo verso Roma, Lutero passa al latino per illustrare, in modo apodittico, quanto siano i sacramenti. Scrive: “Io nego i sette sacramenti; per il momento se ne devono conservare solo tre: il battesimo, la penitenza, l’eucaristia”. Così scrive nel De captivitate Babylonica ecclesiae (p. 66). Rifiuterà il carattere di sacrificio della Messa ed il Battesimo l’accetterà in tanto venga accompagnato di una percezione soggettiva della fede (pp. 67-70).

Ci sarebbe molto da dire e commentare ancora, come il dramma della lotta dei contadini. La propaganda luterana con i suoi fogli volanti, le sue parole di ordine semplice, la diffusione a tappeto delle rozze e violente incisioni antiromane e anticattoliche, fa breccia e raggiunge tutti gli strati della popolazione, anche i più popolari. Così succede che nel 1524 – 1525 i contadini di molte zone della Germania si sollevino contro principi e vescovi, e contro le amministrazioni municipali saldamente in mano alla borghesia. Sollevazioni c’erano state ormai prima, quando il potere padronale (dopo il 1400) si era irrobustito facendo perdere le conquiste delle istituzione medievali dei contadini. Borghi, conventi, chiese e castelli sono saccheggiati e distrutti. I contadini svevi stendono il proclama della rivolta: I dodici articoli dei contadini (cfr. p. 102).[3] Lutero viene chiamato in causa e interviene con il suo opuscolo: Esortazione alla pace, sopra i dodici articoli dei contadini di Svevia. Rimprovera i padroni in nome di Dio ma rimprovera anche i contadini, chiamandoli a comportarsi cristianamente. La sua mediazione fallisce ed è allora che «il popolo va avanti con le sue richieste evangeliche di libertà, uguaglianza e giustizia: Il “papa di Wittenberg” (Lutero) non perdona l’insubordinazione in nome della riforma e scrive un testo di straordinaria violenza: Contro le bande brigantesche e assassine di contadini, nel maggio 1525» (p. 104).[4] A luglio di quel anno le guerre erano finite ed i principi tedeschi, benedetti da Lutero, avevano vinto, nelle maniere più atroci.[5] Da quel momento in poi, Lutero sarà il più acerrimo difensore dei principi elettori che si convertono al protestantesimo, e questi, a sua volta, lo difenderanno dall’imperatore e dal papa.

«I rivoluzionari di tutti i tempi – scrive la Pellicciari – hanno in comune il linguaggio: un linguaggio semplice, chiaro, popolare, lapidario. Un linguaggio che corrisponde alle esigenze della propaganda, facile da ripetere, che fa breccia e si impone con la forza degli immagini, linguaggio che punta al cuore più che all’intelletto e alle viscere più che al cuore. Un linguaggio che, facendo leva sulle emozioni, genera indignazione e disprezzo e scatena odio. Lutero, il grande rivoluzionario dell’epoca moderna, non fa eccezione» (pp. 41-42).

La sua, aggiungiamo noi, è stata una rivoluzione in nome del Vangelo, solo che, come ogni rivoluzione, ha tradito i principi e le fondamenta sul quale diceva ispirarsi; in questo caso, lo stesso Vangelo. Inoltre, come ogni rivoluzione, ha iniziato un cammino di degradazione e ha prodotto come conseguenza, delle rivoluzioni ancora più terribili da quella iniziata da lui; due secoli e mezzo dopo, la rivoluzione francese tornerà sulle orme del sangue e della violenza, questa volta non accettando il Vangelo, ma solo un’idea sfumata di una divinità deista che aveva dato origine a tutto e poi si ne era svincolata. Un secolo e mezzo in più, la strada continuerà, questa volta con il terribile bolscevismo, che ancora sotto lo stendardo rivoluzionario, espellerà definitivamente ogni idea di Dio per parlare di divinizzazione della classe operaria, alla quale, paradossalmente, ridurrà nella più completa schiavitù. E’ la triplice rivoluzione anticristiana, della quale ci parlava con saggie parole il gran sacerdote argentino Julio Meinvielle. E’ il nostro compito, in questo processo, quello di stare sotto lo stendardo di Cristo, al quale appartiene, senza dubbio e come profetato, la vittoria finale (cfr. Ap 19,11ss).

P. Carlos Pereira, IVE., da: http://bibbia.verboencarnado.net/

NOTE

[1] Prefazione alle sue opere completa composta ad un anno prima della morte, nel 1545.

[2] L’autrice riporta il testo in Appendice I, pp. 133-155.

[3] Il testo in Appendice I, pp. 157-158.

[4] Testo in Appendice I, pp. 159-168.

[5] In una predica del 1526, riportata in parte dall’autrice in nota 78, incita Lutero ai principi ad esercitare ogni forma di violenza contro i contadini.

 

Per scaricare l’articolo in PDF, fare click qui.

(altro…)

Continua a leggereUn nuovo libro su Lutero

Benedetto XVI: il potere del silenzio

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Benedetto XVI in campo per sostenere il cardinale Sarah

 

«Con il cardinal Sarah la liturgia è in buone mani». Firmato: Benedetto XVI. Quello che a prima vista può sembrare un semplice atto di stima, è in realtà una vera e propria bomba. Significa infatti che il Papa emerito – pur con il suo stile discreto – scende direttamente in campo a difesa del cardinale Robert Sarah che, come prefetto della Congregazione per il Culto divino, è stato ormai isolato ed emarginato dalle nuove nomine di papa Francesco, e pubblicamente smentito nel suo indirizzo dallo stesso Papa.

Il clamoroso gesto di Benedetto XVI è arrivato sotto forma di post-fazione per un libro del cardinale Sarah, “La force du silence” (Il potere del silenzio), non ancora tradotto in italiano. Il testo di Benedetto XVI dovrebbe essere pubblicato sulle prossime edizioni del libro, ma è stato reso pubblico ieri sera dal sito americano First Things.

In esso Benedetto XVI elogia grandemente il libro del cardinale Sarah e Sarah stesso, definito «maestro spirituale, che parla dal profondo del silenzio con il Signore, espressione della sua unione interiore con Lui, e per questo ha da dire qualcosa a ciascuno di noi».

E alla fine della lettera si dice grato a papa Francesco per «aver nominato un tale maestro spirituale a capo della congregazione per la celebrazione della liturgia nella Chiesa».
È una nota che sa più di blindatura che di vera gratitudine. Non è un mistero infatti che nel corso dell’ultimo anno il cardinal Sarah è stato via via esautorato di fatto, prima con la nomina dei membri della Congregazione che ha avuto l’esito di circondare Sarah di personaggi progressisti apertamente ostili alla “riforma della riforma” invocata da Benedetto XVI e che il cardinale guineano tentava di realizzare (clicca qui).
Poi l’aperta sconfessione da parte del Papa a proposito della posizione degli altari (clicca qui e qui); quindi la nuova traduzione dei testi liturgici che sarebbe allo studio di una commissione creata a insaputa e contro il cardinale Sarah (clicca qui); infine le mosse per studiare una messa "ecumenica" bypassando la Congregazione stessa (clicca qui).

Si tratta di una deriva che colpisce al cuore lo stesso pontificato di Benedetto XVI che poneva la liturgia al centro della vita della Chiesa. E nel documento ora pubblicato, il Papa emerito rilancia un monito: «Così come per l’interpretazione della Sacra Scrittura, anche per la liturgia è vero che è necessaria una conoscenza specifica. Ma è anche vero della liturgia che la specializzazione può mancare l’essenziale a meno che non sia radicata in una profonda, interiore unione con la Chiesa orante, che sempre di nuovo impara dal Signore stesso cosa sia l’adorazione».
Da qui l’affermazione finale che suona come un avvertimento: «Con il cardinale Sarah, maestro del silenzio e della preghiera interiore, la liturgia è in buone mani».

Questo intervento di Benedetto XVI, che cerca di blindare il cardinale Sarah e rimetterlo effettivamente a capo della Congregazione per la liturgia, è senza precedenti. E seppure la forma è quella di un “innocuo” commento a un libro, a nessuno può sfuggire il significato ecclesiale di tale mossa, che indica la preoccupazione del Papa emerito per quanto sta avvenendo nel cuore della Chiesa.

Benedetto XVI interviene ora sulla cosa che forse maggiormente ha caratterizzato il suo pontificato: «La crisi della Chiesa è una crisi della liturgia», ebbe modo di dire, e tale giudizio è stato rilanciato dal cardinale Sarah.

Ma non bisogna dimenticare ciò che monsignor Georg Geinswein ha affermato in una recente intervista, in modo solo apparentemente innocente: rispondendo a una domanda sulla confusione che c’è nella Chiesa e alle divisioni che si sono create, disse che Benedetto XVI segue con attenzione tutto ciò che avviene nella Chiesa. E ora vediamo che comincia discretamente a muovere qualche passo.

 

di Riccardo Cascioli per http://www.lanuovabq.it/it/articoli-clamoroso-benedetto-xvi-in-campo-per-frenarela-deriva-liturgica-e-sostenere-il-cardinale-sarah-19885.htm

(altro…)

Continua a leggereBenedetto XVI: il potere del silenzio

Omosessualità: tra fake-news e omoeresie

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Negli ultimi giorni, i due termini per antonomasia opposti e inconciliabili, Chiesa ed Omosessualità, sono tornati ad essere prepotentemente accostati e far parlare di sé, per via di due episodi differenti ma analoghi in quanto ad endorsement nei confronti dell’omosessualità: il primo, la decisione di alcune parrocchie italiane di aprire le proprie porte in occasione della Giornata contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia che si celebrerà in tutto il mondo il prossimo 17 maggio; il secondo, le sconcertanti dichiarazioni rilasciate su Facebook da Padre James Martin, consulente della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede per il quale alcuni santi potrebbero essere stati gay.

VEGLIE ECUMENICHE LGBT

La prima iniziativa fa parte di un progetto organizzato dai gruppi di cristiani LGBT promosso in tutt’Europa per la giornata internazionale del 17 maggio contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia che vede parrocchie cattoliche e chiese evangeliche unite assieme dal versetto della Lettera di san Paolo ai Romani: “Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite” (Romani 12,14) in veglie di preghiera ecumeniche.

Una apposita Commissione Fede e Omosessualità delle Chiese Battiste Metodiste, Valdesi ha curato uno Schema di liturgia che è stato proposto alle diverse comunità che, in Italia e in altre città europee, aderiranno all’iniziativa, organizzando veglie o culti domenicali.

“Una liturgia che –  come si legge sul sito del Progetto Gionata vuole fare memoria e essere luce per fugare il silenzio e l’indifferenza, spesso presente nella nostra società e a volte anche nelle chiese, sulle tante violenze contro le persone omosessuali e verso quanti sono considerati più deboli perché più fragili, perché stranieri, perché più piccoli”.

L’elenco delle parrocchie cattoliche che hanno aderito alle veglie di preghiera e alle iniziative conto le discriminazioni di genere è disponibile sullo stesso sito dove si legge come “in tante città da Catania a Trieste, passando da Amsterdam a Siviglia tante comunità cristiane pregheranno con i gruppi di cristiani LGBT per porre un termine all’omofobia, alla transfobia e ad ogni forma di discriminazione e di odio e per contribuire a rendere questo mondo un posto migliore per tutte e tutti”.

Tra le parrocchie che hanno annunciato la loro adesione alla giornata di sensibilizzazione sui temi della omofobia, bifobia e  transfobia vi è la chiesa Santa Maria della Passione di Milano che assieme al Tempio Valdese ha organizzato una veglia di preghiera ecumenica per le vittime dell’omofobia e della transfobia:

Per chiedere a Dio di vincere con l’amore il clima d’odio di cui sono vittima le persone omosessuali e transessuali ci troveremo presso il Tempio Valdese di Via Francesco Sforza 12/A e da lì ci sposteremo con una fiaccolata, verso la chiesa di Santa Maria della Passione, in Via Bellini 2″

Palermo i padri gesuiti e i padri comboniani hanno scelto di schierarsi al fianco della Chiesa evangelica luterana, mentre a Pinerolo, in provincia di Torino la comunità cristiana di base di don Franco Barbero organizzerà una manifestazione in piazza per un “salutare rinnovamento teologico nella Chiesa“.

Genova, sarà la Chiesa di San Pietro in Banchi ad ospitare una Veglia per il superamento dell’omofobia e di ogni discriminazione organizzata dal gruppo Bethel di persone LGBT credenti liguri. 

Oltre a GenovaMilano, Palermo e Pinerolo, altre iniziative sono in programma a Firenze, Reggio Emilia, Catania, Trieste e Bologna.

Secondo Innocenzo Pontillo, referente del progetto Gionata su fede e omosessualità, la Chiesa starebbe lentamente aprendo le proprie porte alla comunità LGBT:

“Mi sembra il segno più evidente di come la Chiesa stia cominciando a interrogarsi seriamente su quanto affermava il Sinodo dei vescovi, circa la necessità di costruire una pastorale di accoglienza per le persone Lgbt e i loro familiari” .

LA REALTA’

Tuttavia, malgrado i titoloni dei quotidiani e di tanti siti web che fiutano lo scoop, riportando il tanto atteso quanto impossibile abbraccio ufficiale tra Chiesa e omosessualità, la realtà è che la posizione della Chiesa cattolica sul tema, al momento, non è cambiata di una virgola.

Se si scorre l’elenco delle veglie in programma, salta intatti all’occhio come la maggior parte di queste siano promosse da chiese evangeliche, protestanti e valdesi e lì dove sono le parrocchie cattoliche (meno di una decina a fronte di circa 26.000 parrocchie presenti in Italia) ad organizzare si tratta chiese gestite da sacerdoti ai margini della Chiesa o addirittura da ex preti che hanno abbandonato lo stato clericale.

Uno di questi, ad esempio è Franco Barbero, della comunità cristiana di base di Pinerolo, noto per le sue critiche alla dottrina, liturgia e magistero della Chiesa cattolica, a causa delle quali fu dimesso dallo stato clericale da Papa Giovanni Paolo II all’inizio del 2003.

LE DICHIARAZIONI DI PADRE MARTIN

Ben più gravi, in quanto provenienti da una voce ufficiale ed autorevole del Vaticano, sono state invece le “esternazioni social” di Padre James Martin, consulente della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, il quale su Facebook ha sostenuto la possibilità di incontrare santi gay in paradiso.

Una piccata e scioccante dichiarazione, scritta al culmine di una querelle sorta il 5 maggio dopo che il sacerdote era stato subissato di commenti negativi per avere pubblicato sulla propria pagina Facebook un post riguardante l’incontro tra il vescovo di Lexington, John Stowe, e i supporter di New Ways Ministry, un gruppo che “sostiene lesbiche, gay, bisessuali e trans cattolici“, commentando così la notizia: “Un altro segno di benvenuto e di costruzione di ponti“.

Di fronte alla reazione di diversi fedeli che hanno prontamente ricordato a padre Martin come la dottrina della Chiesa in materia dica ben altro, il consulente vaticano ha pensato bene di replicare scrivendo:

alcuni santi erano probabilmente gay. Una certa parte dell’umanità è gay. Anche una certa parte dei santi poteva esserlo. Potresti essere sorpreso quando in Paradiso verrai salutato da uomini e donne Lgbt“.

CHIESA ED OMOSESSUALITA’

Eppure se la società, nel corso dei secoli, ha mutato il suo giudizio e atteggiamento nei confronti dell’omosessualità, lo stesso non è avvenuto per la Chiesa cattolica, la quale fedele al suo Magistero dottrinale, non ha mai variato, nel corso di duemila anni, il suo insegnamento in materia che afferma come pratica dell’omosessualità vada considerata come un vizio contro natura, che provoca non solo la corruzione spirituale e la dannazione eterna degli individui, ma anche la rovina morale della società, colpita da un germe mortale che avvelena le radici stesse della vita civile.

Nel corso dei secoli tale insegnamento è stato trasmesso e confermato interrottamente dalla Sacra Scrittura, dai Padri della Chiesa, dai santi Dottori e dai Pontefici.

Nel Vecchio Testamento basta citare il celebre episodio delle città di Sodoma e Gomorra (Gen. 18, 20; 19, 12-13; 19, 24-28) incenerite da Dio a causa dei peccati contro natura di loro abitanti.

Nel Nuovo Testamento il giudizio nei confronti dell’omosessualità viene espresso con parole ancor più chiare  e vigorose.

In particolare, san Paolo, l’Apostolo delle Genti, lo stesso preso a modello dai cristiani LGBT per la promozione delle loro veglie contro l’omofobia, in alcuni passi delle sue lettere, chiarisce i motivi della distruzione di Sodoma e Gomorra, mettendo la “passione infame” dell’omosessualità sullo stesso piano dell’empietà, dell’idolatria e dell’omicidio.

Nella lettera ai Corinzi, l’Apostolo mette in guardia coloro che commettono atti contro natura per i quale le porte del Regno di Dio non si spalancheranno:

Non illudetevi! Né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti (…) erediteranno il Regno di Dio!”. (1 Cor., 6, 9-10)

Più recentemente, il Magistero della Chiesa cattolica ha rinnovato la condanna del sempre più dilagante vizio contro natura attraverso due importanti e chiari documenti pubblicati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede:

In entrambi i documenti, la Congregazione ha ribadito l’impossibilità di legittimare in qualsiasi modo le unioni omosessuali in quanto totalmente in contrasto col disegno divino e quindi anche con la dignità umana.

Al punto 8 della dichiarazione Persona humana si legge:

“le relazioni omosessuali  (…) sono condannate come gravi depravazioni ed anzi vengono presentate come funesta conseguenza del rifiuto di Dio. Questo giudizio della Scrittura (…) attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e che non possono in nessun caso ricevere una qualche approvazione”.

La Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali distingue tra inclinazione e comportamento omosessuale, sottolineando come quest’ultimo non sia in alcun caso accettabile dal punto di vista morale:

“Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in se peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Pertanto, l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata. Di conseguenza, coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia una scelta moralmente accettabile”.

Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, promulgato nel 1992 da Giovanni Paolo II, ha ribadito la ferma condanna del vizio omosessuale, scrivendo:

“Basandosi sulla sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono infatti contrari alla legge naturale, precludono all’atto sessuale il dono della vita, e non sono frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale. Non possono essere approvati in nessun caso” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357)

ACCOGLIENZA O OMOERESIA ?

Sacerdoti come Padre James Martin e tutti coloro che tentano di conciliare Chiesa ed omosessualità si rendono complici di quella che Dariusz Oko, docente di Teologia alla Pontificia accademia di Cracovia, qualche anno fa, efficacemente, definì «omoeresia», ovvero una corrente di pensiero contraria all’insegnamento della Chiesa in materia di omosessualità descritta dallo stesso Oko con queste parole:

«L’omoeresia è un rifiuto del magistero della Chiesa cattolica sull’omosessualità. I sostenitori dell’omoeresia non accettano che la tendenza omosessuale sia un disturbo della personalità. Mettono in dubbio che gli atti omosessuali siano contro la legge naturale. I difensori dell’omoeresia sono a favore del sacerdozio per i gay. L’omoeresia è una versione ecclesiastica dell’omosessualismo».

 

Rodolfo de Mattei, per https://www.osservatoriogender.it/chiesa-ed-omosessualita-tra-fake-news-e-omoeresie/

(altro…)

Continua a leggereOmosessualità: tra fake-news e omoeresie

Canonizzazione di Francesco e Giacinta

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 13 maggio 2017: Papa Francesco, per i cento anni dalle apparizioni della Madonna di Fatima, si recherà sul luogo e canonizzerà Francesco e Giacinta Marto, testimoni diretti, insieme alla cugina, Lucia dos Santos, degli avvenimenti soprannaturali di allora.

 Quel 13 maggio 1917 i tre santi pastorelli descrissero così la Madonna: «Era una Signora tutta bianca, più brillante di un raggio di sole, più chiara e più viva di un calice di cristallo ripieno di acqua limpidissima, penetrato dai raggi del sole più splendente». Una rappresentazione folgorante della Madre di Dio e della Madre della Chiesa, venuta in terra per allertare, ammonire, maternamente sollecitare e per ricordare che soltanto i sacrifici, la preghiera, il Santo Rosario conducono alla Salvezza, riparano i peccati e le offese a Dio. Uno dei divertimenti preferiti da Francesco, Giacinta e Lucia era quello di gridare ad alta voce, dall’alto dei monti, seduti sulla roccia.

Il nome che più echeggiava era quello della Madonna. A volte Giacinta, «quella a cui la Vergine Santissima ha comunicato maggior abbondanza di grazie e maggior conoscenza di Dio e della virtù», come scriverà suor Lucia, recitava tutta l’Ave Maria, pronunciando la parola seguente soltanto quando l’eco riproduceva per intero quella precedente. Innocentissima preghiera di bambina, dove il soprannaturale si sovrapponeva al naturale. E la Madonna scelse proprio lei, suo fratello e la cugina per rivelare a Fatima, nel 1917, i rimedi che l’umanità e la Chiesa avrebbero dovuto prendere per combattere errori e guerre.

Il 12 settembre 1935 le spoglie di Giacinta furono trasportate da Vila Nova de Ourém a Fatima. Quando la bara fu aperta si attestò che il volto della piccola veggente era incorrotto. Venne scattata una fotografia e il Vescovo di Leiria, Monsignor José Alves Correia da Silva ne inviò una copia a suor Lucia che, nei ringraziamenti, accennò alle virtù della cugina. Tale fatto indusse il Monsignore ad ordinare alla monaca di scrivere tutto ciò che sapeva della vita di Giacinta, ed ecco che nacque la Prima Memoria che l’autrice terminò nel Natale dello stesso 1935.

Trascorsero due anni e il Vescovo di Leiria ordinò a suor Lucia di scrivere, in tutta verità, la sua vita e le apparizioni mariane, così come erano avvenute. Suor Lucia obbedì, scrivendo la Seconda Memoria dal 7 al 21 novembre 1937. In una lettera del 31 agosto 1941, indirizzata a Padre Giuseppe Bernardo Gonçalves sj, Lucia spiega come nacque la Terza Memoria: «Mons. Vescovo… mi ordinò di ricordare qualsiasi altra cosa che avesse relazione con Giacinta, per una nuova edizione che vogliono stampare. Quest’ordine mi penetrò nell’anima come un raggio di luce…». Fu proprio con questo scritto che Fatima raggiunse dimensioni internazionali.

Sorpresi dai racconti della Terza Memoria, mons. Giuseppe Alves Correia da Silva e don Galamba conclusero che Lucia, nelle relazioni anteriori, non aveva detto tutto e che nascondeva ancora degli elementi. Dunque, il 7 ottobre 1941, la monaca riceve il nuovo ordine di scrivere qualsiasi altra cosa che avesse potuto emergere dagli accadimenti di Fatima.

Fu così che l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione, dello stesso anno, l’autrice consegnò il manoscritto affermando: «Fin qui, ho fatto il possibile per nascondere quel che le apparizioni della Madonna nella Cova d’Iria avevano di più intimo. Ogni volta che mi vidi obbligata a parlare, cercai di accennarvi di sfuggita, per non scoprire quello che tanto desideravo tener in serbo. Ma ora, che l’obbedienza mi comandò, ho detto tutto! E io rimango come lo scheletro, spogliato di tutto e perfino della vita stessa, messo nel Museo Nazionale, per ricordare ai visitatori la miseria e il niente di tutto quel che passa. Così spogliata, resterò nel Museo del Mondo ricordando a quelli che passano, non la miseria e il niente, ma la grandezza delle Misericordie Divine».

Con schiettezza e semplicità suor Lucia narra in queste pagine le beltà della loro infanzia. Tutti e tre i bambini nacquero ad Aljustrel, in Portogallo. Lucia dos Santos, poi suor Lucia di Gesù, il 22 marzo 1907, morirà a Coimbra il 13 febbraio 2005; Francesco Marto l’11 giugno 1908, morirà a Fatima il 4 aprile 1919 (beatificato con la sorella il 13 maggio 2000); Giacinta Marto l’11 marzo 1910, morirà a Lisbona il 20 febbraio 1920.

___

In quello stesso 13 maggio in cui Maria Santissima apparve a Fatima, nella cappella Sistina, Benedetto XV consacrò Vescovo mons. Eugenio Pacelli, futuro Pio XII. Alla vigilia della proclamazione del dogma dell’Assunzione della Madonna, 1° novembre 1950, proprio Papa Pacelli, passeggiando nei giardini vaticani, assisterà allo stesso miracolo del sole, che si era verificato il 13 ottobre 1917, durante l’ultima delle apparizioni alla Cova d’Iria: una sconcertante danza del sole, con la viva impressione che l’astro dovesse scagliarsi contro la terra.

Il 29 ottobre di quell’anno la statua della Madonna di Fatima era giunta (ultima tappa di un lungo pellegrinaggio per il mondo) a Roma, custodita nella piccola chiesa del Casaletto, dietro i giardini vaticani. Ricordiamo inoltre che, durante un’udienza pubblica in San Pietro, nel giugno dell’anno seguente, quando sarà qui solennemente portata quella stessa statua, i fedeli saluteranno Pio XII con «Viva il Papa di Fatima». Tuttavia, il Papa di Fatima deve ancora arrivare: nessun Pontefice, dal 1917 ad oggi, ha consacrato la Russia, come esplicitamente richiesto dalla Madonna, al suo Cuore Immacolato, così come nessuno ha rivelato totalmente il terzo segreto, che avrebbe dovuto essere divulgato a partire dal 1960.

Eppure, nessun Papa ha mai trascurato le apparizioni di Fatima. Tutti, da allora, in un modo o nell’altro, se ne sono occupati o sono andati alla Cova d’Iria in pellegrinaggio. Anche Papa Francesco andrà. A Fatima la Madonna raccomandò più volte di pregare per il Papa. Papa Francesco, spesso e volentieri, domanda pubblicamente preghiere. Da ultimo all’Angelus di Domenica scorsa, mentre era coronato da quattro novelli sacerdoti, che ha invitato (con i microfoni accesi) autorevolmente, com’è nel suo stile, a salutare la gente.

___

La crisi attuale della Chiesa, instabile e tremante nei suoi principi, nella sua dottrina, nei suoi dogmi, come lo era stato il Sole sul cielo di Fatima nel 2017 e nel 1950 sul Vaticano, lo si nota anche nel come realizza, dal postconcilio in poi, i luoghi di culto alla Trinità. È bene oggi precisare «alla Trinità», poiché l’espressione «a Dio», con la libertà religiosa, l’ecumenismo, la “vocazione” interreligiosa delle gerarchie ecclesiastiche, potrebbe essere intesa in modi soggettivamente diversi.

Il Santuario di Nostra Signora di Fatima nella borgata San Vittorino di Roma (diocesi di Tivoli), officiata dagli Oblati di Maria Vergine (fondati dal Venerabile Pio Brunone Lanteri, 1759-1830, membro attivo delle associazioni controrivoluzionarie Amicizia cristiana e Amicizia cattolica e particolarmente devoto al Cuore Immacolato di Maria), è la dimostrazione evidente delle profonde problematiche che attraversa la Chiesa contemporanea. Costruito fra il 1970 ed il 1979 su progetto dell’architetto Lorenzo Monardo, venne inaugurato il 13 maggio 1979 dal Vescovo Monsignor Guglielmo Giaquinta. La chiesa, che non appare come tale, si presenta come un grande imbuto capovolto, a pianta circolare. L’ambiente circolare confluisce, leggermente in discesa, verso il centro, dove si trova l’altare, in marmo bianco, collocato sopra una pedana circolare in marmo nero.

La luminosità policroma del luogo è determinata dalle pacchiane vetrate. Un Santuario, come tanti altri luoghi di culto edificati da alcuni decenni, che più che dare maggior gloria a Dio, abbruttiscono le nostre città.

Francesco sarà il quarto Pontefice a calpestare la terra benedetta di Fatima, dopo Paolo VI (1967), Giovanni Paolo II (1982, 1991 e 2000) e Benedetto XVI (2010). La visita si concentrerà esclusivamente alla Cova da Iria, dove il 13 maggio 2013, l’allora Cardinale Patriarca di Lisbona, mons. José Policarpo, aveva consacrato il pontificato del Papa argentino alla Vergine Maria. Proprio alla Cova d’Iria sorge il bel santuario in stile neobarocco, al centro di un colonnato (200 colonne). Al di sopra del portale principale di ingresso si eleva la torre campanaria alta 65 metri.

L’interno è decorato in gusto secentesco e ai lati dell’altare maggiore si venerano le tre tombe dei veggenti. La statua in legno della Madonna è custodita nella cappellina delle apparizioni, scolpita nel 1920, dietro precise indicazioni di suor Lucia, dall’artista portoghese José Ferreira Thedim.

(Cristina Siccardi, per https://www.corrispondenzaromana.it/la-canonizzazione-di-francesco-e-giacinta-di-fatima/ )

(altro…)

Continua a leggereCanonizzazione di Francesco e Giacinta

Mons. Negri: i dubia, Lutero l’arcieresiarca ed altro

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Il bilancio del vescovo Negri. "A Ferrara quattro anni bellissimi e terribili"

Tra poco meno di due mesi lascerà l’incarico ma continuerà a vivere a Santa Maria in Vado. "La mia battaglia continua. Ho parlato al mio successore, monsignor Perego, ma non voglio fargli ombra"

di CRISTIANO BENDIN

 

Ferrara, 20 Aprile 2017 – «Questi quattro anni a Ferrara? Si licet parva componere magnis, riprendendo quanto Paolo VI disse dei suoi anni a Milano, sono stati quattro anni bellissimi e terribili». Dal 3 giugno, quindi tra poco meno di due mesi, monsignor Luigi Negri cesserà di essere amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio (il vescovo eletto è infatti monsignor Gian Carlo Perego, che verrà consacrato il 6 maggio a Cremona) e ne diventerà arcivescovo emerito. Ed è quindi tempo di bilanci, anche come uomo. «Bellissimi – spiega – perché ho contribuito alla ripresa dell’impeto evangelico e missionario e ho ridato al popolo cristiano coscienza di sé: con me è finita la Chiesa del silenzio. Terribili perché questa cosa non si fa senza pagarne le conseguenze e io le ho pagate verso di tutti».

Tra due mesi finisce il suo episcopato: cosa farà dopo?
«Cercherò di onorare un mandato ricevuto da un gruppo di personalità ecclesiastiche alle quali tengo molto: bisogna continuare la battaglia per la difesa dei diritti di Dio e dell’uomo, battaglia più necessaria alla Chiesa che non alla società. Vorrei fare una serie di interventi a vari livelli e, come fondazione Giovanni Paolo II, stavo pensando a una collana di testi catechetici e culturali che sappiano incarnarsi nelle problematiche che il mondo impone alla Chiesa. Accetterò più di prima inviti a convegni perché credo che una diffusione sistematica della Tradizione sia essenziale».

Lei è considerato un tradizionalista: si riconosce come tale?
«Io considero questa tendenza ad etichettare il clero una cosa negativa non solo perché è la risulta di una pressione che, da sempre, la mentalità dominante – e in particolare i mass media – esercitano sulla Chiesa ma anche perché questo modo non cristiano di definire e sentire la Chiesa è ormai una operazione ecclesiastica: segno che la Chiesa si è fatta invadere dal mondo».

In cosa lei è tradizionalista?
«Perché ho difeso la priorità della Tradizione sopra ogni forma pastorale: la Tradizione è la Verità e una pastorale senza Verità è arbitraria, come dice Carlo Caffarra».

Condivide i ‘dubia’ espressi da Caffarra e dagli altri cardinali?
«Condivido il fatto che la questione dovesse essere posta ad una chiarificazione superiore: avere dubbi è sacrosanto, considerare la loro sollevazione come un delitto di lesa maestà è sintomo di debolezza, sarei tentato di dire di regime. Ad esempio non posso accettare che Lutero sia presentato come un grande riformatore, questo per ragioni dogmatiche! Il Concilio di Trento l’ha definito arcieresiarca e i decreti dei concili ecumenici legittimi sono come dichiarazioni di fede definita che nemmeno i 265 papi che hanno preceduto Francesco potrebbero contraddire. Infine ho sempre considerato giusto il rispetto e la promozione della libertà della coscienza personale ma questo non significa l’equivalenza delle fedi. Il rischio è il relativismo da cui ci mise in guardia sin dall’inizio Benedetto XVI».

Tutto ciò la pone in contrapposizione a papa Francesco: non ritiene ci sia tensione dialettica?
«Non vivo ciò come una tensione personale. Il papa è il papa ma un conto è il Magistero papale, manifestato e comunicato in generi letterari che la Chiesa, in duemila anni di storia, ha individuato, sostenuto e difeso; altra cosa sono tweet, telefonate o i pourparler. Ecco, io accolgo il magistero del papa, dò ad esso l’assenso della fede e cerco di leggerlo dentro la tradizone, come ho fatto con Caffarra con la Amoris Laetitia. Francesco non può fare a meno della Tradizione e la Tradizione non può fare a meno di Francesco, alla faccia dei vari turiferari».

Qual è il compito di un vescovo?
«La moralità di un vescovo è saper contemperare la sua cultura, le sue conoscenze e la sua formazione con il compito che gli è stato affidato: in sintesi, egli non può investire il suo compito dei contenuti delle sue convinzioni».

Lei, però, è stato considerato espressione di CL…
«Io provengo da Cl ma le mie decisioni prescindono da ciò, mai ho imposto questa realtà: ho fatto il vescovo a partire dalle mie convinzioni ma non ho mai contrabbandato le mie convinzioni come parte essenziale del magistero che sono chiamato a ricoprire».

Vivrà a Santa Maria in Vado?
«Sì, resterò a Ferarra perché è una città i cui si vive bene e perché vorrei costituire un ambito di lavoro in grado di farmi arrivare all’opinione pubblica. Debbo poi dare spazio anche a Milano, una settimana al mese. Se poi per qualsiasi ragione la situazione diventasse non positiva ne trarrò le dovute conseguenze».

In che senso? Si spieghi.
«Non voglio fare in alcun modo ombra a monsignor Perego. Mi asterrò da quasiasi giudizio e intervento sulla vita della diocesi. Dovremo difenderci tutti e due ma la convivenza, sono certo, si modulerà in maniera positiva».

Ne ha già parlato con lui?
«Quando gli ho comunicato che mi sarei fermato qui lui mi è sembrato contento».

Di cosa avete parlato nei vostri incontri propedeutici?
«Di questioni relative alla vita della diocesi affinché poi agisca come riterrà opportuno. Gli ho parlato a cuore aperto di quella che, in un certo senso, ritengo sia una mia sconfitta: in questi anni è cresciuto il calore anche umano del clero verso il vescovo ma temo che la mia concenzione cristologica, ecclesiologica e antropologica, in connessione con la Tradizione, sia stata sentita ma non accolta fino in fondo da tutti. Ci sono sacerdoti, che pure hanno una funzione notevole sul piano della proposizione intellettuale, che ritengono di non doversi confrontare con me: non li colpevolizzo ma ciò mi dispiace. Poi gli ho parlato della liturgia: equivoci, sacrilegi, manipolazioni sono l’inizio della fine della Chiesa».

A proposito di liturgia, alcune critiche ha sollevato la liturgia che Familia Christi ha introdotto a Santa Maria in Vado, piuttosto tradizionalista per alcuni. Cosa risponde ai critici?
«Ai critici e ai sacerdoti ho detto: ciascuno di voi ha una sua tradizione, non rendete questo incontro uno scontro. Sono anche intervenuto affinché non fosse spostato l’altare. La giusta e leale fedeltà al carisma va coniugata con la tradizione della parrocchia».

Che impressioni ha tratto dal colloquio con Perego?
«Ciascuno di noi fa la propria esperienza e ha una sua formazione e competenza. Io nella ricerca e nell’insegnamento, lui oltre ad aver insegnato ha avuto una grandissima responsabilità nella Fondazione Migrantes, condotta con onestà, serietà e professionalità. Gli ho detto che nessun vescovo può far valere la propria competenza come base della pastorale, la base della pastorale è la vita del popolo di Dio che ha bisogno di sentirsi dire cose chiare e positive e che non può prescinfdere dalla pietà Mariana e dei Santi. Ho recepito in lui una grande disponibilità in questo senso».

Corea del Nord, Siria, Medio Oriente: nel mondo c’è aria di guerra. Che ne pensa?
«Per dirla con Giussani, stiamo assistento al trionfo della mediocrità. L’Italia è ad una svolta, che i mass media e gli intelletuali ritengono irreversibile, costituita dalla vittoria pentastellata: un movimento fondato da un guitto! Allargando lo sguardo, constatiamo che la guerra mondiale può scoppiare per colpa di un imbecille di 30 anni ipodotato intellettualmente. Incredibile che si sia arrivati a tal punto per il delirio di onnipotenza di mediocri che nessuno ferma! Prego la Madonna perché ci sia una presa di posizione ben precisa almeno della Chiesa, anche se sta attraversando un momento di fatica.

A tal proposito, perché si sta scristianizzando l’Europa?
«E’ quello che aveva intuito con profondità Benedetto XVI durante il sinodo sulla nuova evangelizzazione. Il problema è che oggi l’evangelizzazione si è svaporata tra le nostre mani; nell’attuale magistero essa non ha più il peso teorico e pratico che aveva con Benedetto e quindi tutto l’invito ad occuparsi di alcune conseguenze negative del mondo finisce per occupare quasi interamente il discorso ecclesiale».

Che ne pensa di Trump?
«Non sono un politologo ma c’è un fatto: ad una amministrazione Usa, quella Obama-Clinton, totalmente iscritta in una antropologia antireligiosa, è succeduta una presidenza che ogni tanto fa riferimento ai valori religiosi e questo non lo posso vedere se non come positivo. Poi come questo si possa sposare con certo avventurismo e decisionismo non so dare risposte. Certo, ogni tanto più che un presidente Usa mi sembra un guitto pure lui…».

Una opinione o un auspcio per la politica ferrarese?
«Non entro nel dibattito interno al Pd ma non ritengo più giusto che sia dato un credito indiscusso e indiscutibile solo ad esso. Credo sia auspicabile l’inizio di un cammino in cui, a partire da certi principi propri, ciascuno possa fare scelte anche partitiche non a senso unico. Comacchio è l’esempio significativo di come una nuova generazione di giovani freschi e non incartapecoriti nella difesa di una ideologia possa fare bene. Ma anche Bondeno! Spero che anche la città di Ferrara possa esprimere qualcosa di nuovo anche se, onestamente, al momento vedo poco».

Cambiando discorso: le sue dichiarazioni sulle dimissioni di Ratzinger hanno sollevato un vespaio di polemiche!
«Non ho mai parlato di complotto ma la mia coscienza è stata interpellata dal fatto che il presidente Usa abbia detto alla sua intelligence di verificare se fosse vero che l’amministrazione Obama aveva tentato di mettere le mani sulla vita della Chiesa. Io non ho alcuna certezza di complotti! Mi sono limitato a rilanciare un dubbio sollevato da Trump: con la mia uscita ho impedito di ignorarlo e per questo sono stato criminalizzato».

 

da: http://www.ilrestodelcarlino.it/ferrara/cronaca/vescovo-luigi-negri-chiesa-ratzinger-1.3051819

(altro…)

Continua a leggereMons. Negri: i dubia, Lutero l’arcieresiarca ed altro

Insulti ai cardinali e ”nuova Chiesa del popolo”

  • Categoria dell'articolo:Chiesa


 

di Riccardo Cascioli
22-03-2017

 

C'è un’aria sempre più pesante nella Chiesa: chiunque osi soltanto mostrare qualche perplessità su alcuni interventi di papa Francesco o semplicemente ribadisca le verità di fede che la Chiesa ha sempre annunciato, finisce nel mirino dei nuovi giacobini. L’ultimo in ordine di tempo a fare le spese di questo clima è il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Muller, che sarà questa sera a Trieste per un incontro nel quadro dell’iniziativa della cattedra di san Giusto.

Ebbene il suo arrivo è stato preceduto da una lettera di protesta del solito gruppetto catto-comunista, a cui ha fatto da sponda il quotidiano locale (laicista) Il Piccolo: “Raccolta firme contro l’arrivo del cardinale anti-Bergoglio”, titolava il giornale. Inutile ribadire che mai il cardinale Muller si è voluto porre contro il Papa, ma ormai basta affermare la centralità della dottrina nell’appartenenza alla Chiesa per scatenare la caccia alle streghe. E siccome non lo si può dire apertamente, si usa come pretesto la questione pedofilia: in questo caso Muller è diventato il capro espiatorio per le rumorose dimissioni di una vittima di abusi sessuali dalla commissione ad hoc istituita dal Papa (e ci sarebbe da riflettere sull’uso che si sta facendo di un dramma come la pedofilia per regolare i conti con vescovi non proprio in linea con l’attuale pontificato).

Il caso di Trieste comunque è grave, meriterebbe un intervento deciso da parte della Sala Stampa della Santa Sede, ma chissà perché ci sentiremmo di scommettere sul silenzio. Forse perché ultimamente assistiamo, ad esempio, a continue e impunite esternazioni imbarazzanti contro i cardinali che hanno firmato i Dubia, anche ad opera di persone ritenute vicine al Papa. È il caso presentato nei giorni scorsi dal vaticanista Sandro Magister, che ha pubblicato alcuni stralci degli interventi del vescovo Bruno Forte e dello storico della Chiesa Alberto Melloni lo scorso 9 marzo a Roma, in occasione di una conferenza. Se Forte ha indicato i seminatori di dubbi quale causa di «insicurezze e divisioni tra i cattolici e non solo», Melloni l’ha buttata sulla derisione definendo i cardinali «quattro ciliegie che si credono la metà del ciliegio».

Il 25 febbraio c’era stato invece un attacco pesante di don Vinicio Albanesi, fondatore della comunità di Capodarco, che ricevuto in udienza con la sua comunità, aveva invitato il Papa a lasciare perdere «quanti cincischiano con i dubia. Sono un po’ farisei e nemmeno scribi, perché non capiscono la misericordia con cui lei suggerisce le cose. Lei abbia pazienza. È una fatica, ma noi siamo con lei e la sosterremo sempre». Incredibile che si possa parlare così pubblicamente di cardinali davanti al Papa, ma c’è da dire che da parte del Pontefice non c’è stata alcuna reazione.

Un silenzio che può essere interpretato in modi diversi, ma certamente c’è chi lo capisce come un segnale che certi insulti si possano rivolgere tranquillamente. E si comporta di conseguenza. Del resto, duole dirlo, lo stesso papa Francesco nella recente intervista al giornale tedesco Die Zeit, ha espresso parole ben poco lusinghiere nei confronti del cardinale Raymond Burke. Il tema era la vicenda dell’Ordine di Malta, ma l’accusa di incapacità rivolta a quello che resta nominalmente il cardinale patrono dei cavalieri di Malta, è senza precedenti.

Ai Dubia dunque non arrivano risposte, in compenso arrivano insulti a chi li ha formulati. E soprattutto accuse di disobbedienza, di ostilità nei confronti del Papa, di seminatori di zizzania e via di questo passo. Ma per capire questi attacchi vale la pena ricordare chi sono i nuovi inquisitori. Abbiamo citato Alberto Melloni, persona che si picca di essere molto vicino a papa Francesco, e sicuramente tra i più insistenti nell’insulto ai cardinali dei Dubia.

Nell’incontro pubblico di cui all’inizio dell’articolo, Melloni dopo aver definito come «improprio lo strumento stesso delle domande fatte al Papa», afferma che vescovi e cardinali non hanno il diritto di trattare il Papa da imputato. Ora, a parte che i Dubia sono uno strumento previsto e molte volte usato per chiarire il senso di alcuni documenti e non solo; e a parte che nessuno ha trattato il Papa da imputato, bisogna ricordare che il Melloni oggi “papista” è lo stesso Melloni firmatario di un documento di aperta contestazione a san Giovanni Paolo II.

Correva l’anno 1989, Giovanni Paolo II era papa da 11 anni, e teologi e intellettuali di sinistra non potevano sopportare un’interpretazione del Concilio Vaticano II che non andasse nel senso di una rottura con la Chiesa precedente e della fondazione di una nuova Chiesa. Meno che mai potevano sopportare che il Papa nominasse dei vescovi non in linea con la rivoluzione in corso. Così dopo un durissimo testo del teologo moralista Bernard Haring (sarà un caso che ora sta tornando di moda?) che contestava il Papa in materia di morale sessuale, nel gennaio 1989 esce la Dichiarazione di Colonia, un attacco frontale al Papa firmato da 162 teologi di lingua tedesca. Iniziativa che viene poi replicata in Olanda, Spagna, Francia, Belgio e altri paesi.

E in maggio è seguita dalla Lettera ai cristiani di 63 teologi italiani, che non riconoscendosi nel Magistero di Giovanni Paolo II decidono di farsi loro stessi magistero rivolgendosi direttamente al popolo di Dio. Non solo Melloni è tra i firmatari: ovviamente ci sono i suoi soci della “Scuola di Bologna”, il fondatore Giuseppe Alberigo in testa; c’è il priore della Comunità di Bose Enzo Bianchi, c’è l’attuale vice-presidente della Conferenza episcopale italiana e vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla; ci sono i nomi più noti della teologia italiana, i cui testi tuttora fanno scuola nei seminari e nelle università pontificie. E molti di loro sono fra gli attuali “papisti”, censori e fustigatori di quanti ricordano che non esiste la Chiesa di Francesco ma esiste la Chiesa di Cristo.

Ma basta dare un’occhiata alle rivendicazioni di allora per capire cosa sta accadendo oggi: la richiesta di una “svolta pastorale”, libertà dei teologi dal Magistero, nomine dei vescovi fatte dal basso (ovviamente solo se progressiste), lo “spirito del Concilio” contro “la lettera del Concilio”, autonomia delle Chiese locali da Roma.

Allora c’era Giovanni Paolo II; adesso che c’è papa Francesco bandiera della “svolta pastorale”, invece gli stessi personaggi invocano il centralismo romano, nomine dei vescovi dall’alto in barba a tutte le procedure tradizionali, obbligo di una sola linea teologica, punizione severa per chiunque intendesse obiettare.

È l’evidenza che le posizioni di certi “papisti”, turiferari e guardiani della rivoluzione, non hanno niente a che vedere con l’amore per la Chiesa e per l’unità intorno al Papa: è solo un’operazione ideologica per fare avanzare un’agenda che rompe con la tradizione, al fine di affermare una “nuova Chiesa del popolo”. E si sa, quando il popolo lo vuole, non c’è spazio per Dubia.

 

http://www.lanuovabq.it/it/stampaArticolo-insulti-ai-cardinali-e-nuova-chiesa-del-popolo–19320.htm

(altro…)

Continua a leggereInsulti ai cardinali e ”nuova Chiesa del popolo”
Chiudi il menu