Invasione islamica: i politici virtuosi

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Nella foto a sinistra: manifestazione di forza delle comunità islamiche di Milano davanti al Duomo.

Veneto, approvata la legge anti-moschee. Schiaffo di Zaia e Tosi al patriarca di Venezia: "il consiglio regionale dice sì alla modifica della legge regionale sulle "norme in materia di paesaggio". L'assessore Donazzan: "Abbiamo il dovere di governare questo tempo, che ci richiama a emergenze legate all’islam. Questo è un dibattito ideologico"

Lombardia, nasce l'assessore anti-islam. Maroni: «Stop a chi vuole ammazzarci».
Il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni lo aveva detto: «Voglio rendere la vita impossibile a chi cerca di ammazzarci». Detto fatto. Il primo passo è la creazione dell'assessore anti Islam. L'incarico è stato affidato a Viviana Beccalossi (Fratelli d'Italia), già assessore all'Urbanistica e autrice della cosiddetta legge anti moschee.

Magdi Cristiano Allam: Conosciamo il nemico, mettiamolo fuorilegge. "È ora di dire basta a ignoranza, buonismo, viltà, ipocrisia e vocazione al suicidio di quest'Europa che immagina che per salvarsi dai terroristi tagliagole ci si debba affidare ai terroristi taglialingue, quelli che ci impongono di legittimare l'islam a prescindere dai suoi contenuti e di concedere loro sempre più moschee".

Luttwak: europei vi state suicidando con il vostro buonismo. "Siamo al suicidio della civiltà europea. Ci scontriamo con il sistematico rifiuto di accettare una verità lampante: in questa fase storica l’Islam conduce una «guerra santa» contro l’Occidente. È la seconda invasione dei barbari, dopo quella avvenuta tra il III e il VI secolo. L’Europa riuscì allora a rimettersi in piedi. Può reagire anche oggi. Eppure c’è chi dice che l’Islam è una religione di pace".

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Il “sorpasso” musulmano in Francia: come moschee e come fedeli

di Marco Tosatti per La Stampa, 9 luglio 2017

Resi noti i risultati di uno studio dell’Hudson Institute, che offre un quadro certamente inedito del panorama religioso del Paese

 

In Francia si costruiscono più moschee islamiche, e più di frequente, delle chiese cattoliche, e ci sono più praticanti musulmani che cattolici praticanti nel paese.

Circa 150 nuove moschee sono in costruzione attualmente in Francia, che ospita la più grande comunità islamica in Europa, I progetti sono in diversi stadi di completamento, secondo Moahmmed Moussaoui, presidente del Consiglio musulmano di Francia, che ha fornito questi dati in un’intervista del 2 agosto scorso alla Radio Rtl.

Il numero totale di moschee in Francia è già raddoppiato per superare le duemila nei dieci anni passati, secondo una ricerca intitolata: “Costruire moschee: il governo dell’islam in Francia e in Olanda”. Il più noto leader islamico francese, Dalil Boubakeur, rettore della gran moschea di Parigi di recente ha ipotizzato che il numero totale delle moschee dovrà raddoppiare, fino a quattromila, per soddisfare la domanda crescente.

Al contrario la Chiesa cattolica in Francia ha costruito solo venti nuove chiese negli ultimi dieci anni, e ha chiuso formalmente più di 60 chiese, molte delle quali potrebbero diventare moschee, secondo una ricerca condotta dal quotidiano cattolico francese La Croix.

Sebbene il 64 per cento della popolazione francese (41.6 milioni di persone, su 65 milioni di abitanti) si definisce cattolico romano, solo il 4.5 per cento (circa un milione e 900mila persone) sono cattolici praticanti, secondo l’Istituto francese della Pubblica opinione (Ifop).
Sempre nel campo dei paragoni, il 75 per cento (4 milioni e mezzo) dei circa 6 milioni di musulmani nord-africani e sub-sahariani in Francia si identifica come “credenti”, e il 41 per cento (circa due milioni e mezzo) sostiene di essere “praticante”, in base a un rapporto sull’islam in Francia pubblicato dall’Ifop il 1 agosto scorso. La ricerca afferma che più del 70 per cento dei musulmani francesi dice di osservare il Ramadan nel 2011.

Mettendo questi elementi l’uno a fianco dell’altro, questi dati forniscono un’evidenza empirica della tesi secondo cui l’islam è sulla via di superare il cattolicesimo romano come religione dominante in Francia. Dal momento che i numeri crescono, i musulmani in Francia stanno diventando più assertivi che mai prima. Un caso per tutti: gruppi musulmani in Francia stanno chiedendo alla Chiesa cattolica il permesso di usare le sue chiese vuote come strumento per risolvere i problemi di traffico provocati da migliaia di musulmani che pregano per strada.
In un comunicato dell 1 marzo scorso, diretto alla Chiesa di Francia, la Federazione nazionale della grande moschea di Parigi, il Consiglio dei musulmani democratici di Francia e un gruppo islamico chiamato Collectif Banlieues Respect hanno chiesto alla Chiesa cattolica, in uno spirito di solidarietà interreligiosa, di permettere che le chiese vuote venissero usate dai musulmani per la preghiera del venerdì, così che i musulmani “non siano obbligati a pregare per strada” o “siano tenuti in ostaggio dai politici”.

Ogni venerdì, migliaia di musulmani a Parigi e in altre città francesi chiudono strade e marciapiedi (e di conseguenza, bloccano il commercio locale, e intrappolano i residenti non islamici nelle case e negli uffici) per sistemare i fedeli che non riescono a entrare in moschea per la preghiera del venerdì. Alcune moschee hanno cominciato a trasmettere sermoni e canti di “Allahu Akbar” nelle strade. Questi disagi hanno provocato ira e reazioni, ma nonostante molte lamentele ufficiali, le autorità non sono intervenute finora nel timore di accendere incidenti. La questione delle preghiere di strada illegali è giunta al top dell’agenda politica francese quando nel dicembre 2010 Marine Le Pen, il nuovo leader carismatico del Fronte nazionale le ha denunciate come “un’occupazione senza soldati o carri armati”.

Durante un incontro nella città di Lione, Le Pen ha paragonato le preghiere islamiche nelle strade all’occupazione nazista. Ha detto: “Per quelli che amano parlare un sacco della Seconda Guerra mondiale, possiamo anche parlare di questo problema (le preghiere islamiche in strada, n.d.r.), perché si tratta di un’occupazione di territorio. E’ occupazione di sezioni di territorio, di distretti in cui la legge religiosa entra in vigore. E’ un’occupazione. Naturalmente non ci sono carri armati e soldati, ma non di meno è un’occupazione e pesa fortemente sui residenti”.

Molti francesi sono d’accordo. In effetti la questione delle preghiere di strada islamiche – e la più ampia questione del ruolo dell’islam nella società francese – è diventata un problema di prima grandezza in vista delle elezioni presidenziali del 2012. Secondo un sondaggio dell’Ifop il 40 per cento dei francesi è d’accordo con Le Pen sul fatto che le preghiere per strada sembrano un’occupazione. Un altro sondaggio pubblicato da Le Parisien dimostra che i votanti vedono Le Pen, che sostiene che la Francia è stata invasa dai musulmani, e tradita dalle sue élite, come il candidato migliore per affrontare il problema dell’immigrazione musulmana.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy, la cui popolarità era a luglio al 25%, il dato più basso mai registrato per un presidente uscente un anno prima delle presidenziali, secondo TNS-Sofres sembra deciso a non farsi superare da Le Pen in questa battaglia. Di recente ha dichiarato che le preghiere per strada sono “inaccettabili”, e che le strade non possono diventare “un’estensione della moschea”. E ha ammonito che questo fenomeno può minare la tradizione laica della Francia di separazione fra Stato e religione. Il ministro degli Interni Claude Guéant ha detto ai musulmani di Parigi, l’8 agosto, che invece di pregare nelle strade possono utilizzare una caserma in disuso. “Pregare nelle strade non è qualche cosa di accettabile, deve cessare”.

Alcune dichiarazioni di leader musulmani sono sembrano destinate a sopire le preoccupazioni dei francesi (e non solo dei francesi). Il Premier turco Tayyp Erdogan per esempio, che ha fatto cpaire che la costruzione delle moschee, e l’emigrazione fanno parte di una strategia di islamizzazione dell’Europa. Ha ripetuto pubblicamente le parole di una poesia turca, scritta nel 1912 dal poeta nazionalista turco Ziya Gökalp. “Le moschee sono le nostre caserme, i minareti le nostre baionette, e i fedeli i nostri soldati”. L’arcivescovo emerito di Smirne, Giuseppe Germano Bernardini, racconta la conversazione avuta con un leader islamico: “Grazie alle vostre leggi democratiche, vi invaderemo. Grazie alle nostre leggi religiose, vi domineremo”.

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Fallimentare la ”politica degli sconti sulla fede”

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 Chiesa in Germania, un crollo.

Qualche giorno fa la Conferenza Episcopale tedesca ha fornito cifre che testimoniano di costante e preoccupante declino del cattolicesimo nella patria di Benedetto XVI.
Nel 2015 l’hanno abbandonata 181.925 persone.
Una strana storia sul discorso del Pontefice ai vescovi.

di Marco Tosatti,19/07/2016

 

Qualche giorno fa la Conferenza Episcopale tedesca ha fornito cifre che testimoniano di costante e preoccupante declino del cattolicesimo nella patria di Benedetto XVI. A dispetto dei numeri, il cardinale di Monaco, Reinhard Marx, ha definito la Chiesa come una “forza energica, il cui messaggio è ascoltato e accettato”.  

La Chiesa cattolica continua a essere il più ampio gruppo religioso in Germania, contando su quasi 24 milioni di fedeli (23.7), il 29 per cento della popolazione. Ma è un contenitore che si sta svuotando a ritmi impressionanti: nel 2015 l’hanno abbandonata 181.925 persone. Nello stesso periodo, sono diventati cattolici in 2685, e 6474 cattolici sono tornati alla fede. La Conferenza episcopale ha sottolineato che il numero dei battesimi e dei matrimoni ha segnato una lieve crescita, rispetto all’anno precedente. Ma se si fa un paragone fra oggi e vent’anni fa – metà degli anni ’90 – si vede che il numero dei battesimi è sceso di un terzo: da 260.000 nel 1995 a 167.000 nel 2015.  

Situazione ancora peggiore per i matrimoni: diminuiti di circa la metà. Da 86.456 a 44.298. E se nel 1995 la pratica domenicale era del 18.6 per cento, adesso è scesa al 10.4 per cento.  

Ma sono soprattutto gli abbandoni il dato clamoroso. I dati sulla confessione non sono noti, ma una ricerca recente affermava che il 54 per cento preti si confessava al massimo una volta all’anno, e anche meno. Fra gli assistenti pastorali, il 91 per cento si confessava meno di una volta all’anno.

Di fronte a queste cifre di abbandoni – un trend ormai stabile da anni – il cardinal Marx ha ribadito la sua strategia: fare sconti sui sacramenti e sulla dottrina.
Abbiamo bisogno di una ‘pratica pastorale sofisticata’ che renda giustizia ai diversi mondi di vita della gente e trasmetta in maniera convincente la speranza della Fede. La conclusione del sinodo dei vescovi dell’anno scorso e l’esortazione apostolica Amoris Laetitia di papa Francesco sono punti importanti”.  

La strategia degli sconti può funzionare? L’evidenza che proviene dalle Chiese protestanti “storiche” sembra negarlo; in realtà può anticipare veramente quella dei saldi di fine stagione.
L’esperienza dei decenni passati infatti ha condotto sia San Giovanni Paolo II che il suo immediato successore, Benedetto XVI, a non seguirla, preferendo l’enunciazione senza ambiguità e compromessi del messaggio evangelico.  

Da notare che nell’ultima visita ad limina dei vescovi tedeschi il Pontefice aveva pronunciato un discorso che è stato definito sferzante.  Ma l’aveva pronunciato? In realtà sembra di no, e pare che abbia parlato a braccio, dicendo: là in fondo sul tavolo c’è il discorso, chi vuole lo prenda. Successivamente. Vi raccontiamo questa storia, riportata da una buona fonte. Durante una riunione dell’assemblea dei vescovi tedeschi Marx ha raccontato di essere andato in udienza dal papa, e di avergli fatto qualche rimostranza per il tono del discorso scritto: “eravamo tutti sereni, in piena comunione, e poi ci arriva un discorso così”. Il cardinale ha affermato ai vescovi che il Papa gli avrebbe detto: “Non l’ho fatto io, non l’avevo letto, non tenetene conto”. Quindi Marx ha detto: andiamo avanti come prima. Ma a questo punto sono intervenuti alcuni (pochi) vescovi, per dire: “Ho il testo del discorso, ed è firmato dal Papa. Lo devo seguire”. -Ma non l’aveva visto! – ha ribattuto Marx. “Questi sono affari suoi, ma l’ha firmato. E d’altronde crede che le altre cose scritte dal Papa siano scritte dal Papa? Come quelle sull’ecologia? Certamente questo discorso lei dice che l’ha scritto la Curia romana; ma quello là l’ha scritta la Curia argentina, e ha più valore di quella romana. E comunque ha la firma del Papa, e io nella mia diocesi lo leggo, lo diffondo e lo do ai parroci. E dico di seguirne le tracce. E’ quello che il Papa ha voluto dire alla Chiesa di Dio che è in Germania”. Altri l’hanno appoggiato. Marx diventando rosso in faccia è passato a un altro punto dell’agenda.

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Amoris laetitia: supplica al Papa di 45 teologi

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 Aumentano nel mondo cattolico le perplessità di fronte ai temi del divorzio, dell'adulterio, delle convivenze, dei silenzi sull'ideologia omosessualista

Critica alla Amoris laetitia di 45 teologi e filosofi cattolici di tutto il mondo

 

Un gruppo di 45 teologi, filosofi e pastori di anime di diverse nazionalità ha consegnato nei giorni scorsi al Cardinale Angelo Sodano, Decano del Sacro Collegio, una forte critica dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris laetitia .

Nelle prossime settimane il documento, in diverse lingue, sarà fatto pervenire ai 218 Cardinali e ai Patriarchi delle Chiese Orientali, chiedendo loro di intervenire presso Papa Francesco per ritirare o correggere le proposizioni erronee del documento. La notizia è stata diffusa da Edward Pentin.

Nel descrivere l’esortazione come contenente “una serie di affermazioni che possono essere comprese in un senso contrario alla fede e alla morale cattoliche“, i firmatari hanno presentato insieme all’appello una lista di censure teologiche applicabili al documento, specificando “la natura e il grado degli errori che potrebbero essere imputati ad Amoris laetitia”.

Tra i 45 firmatari vi sono prelati cattolici, studiosi, professori, autori e sacerdoti di varie università pontificie, seminari, collegi, istituti teologici, ordini religiosi e diocesi di tutto il mondo. 
Essi hanno chiesto al Collegio dei Cardinali che, nella loro veste di consiglieri ufficiali del Papa, rivolgano al Santo Padre la richiesta di respingere “gli errori elencati nel documento, in maniera definitiva e finale e di affermare con autorità che Amoris Lætitia non esige che alcuna di esse sia creduta o considerata come possibilmente vera“.

Non accusiamo il papa di eresia“, ha detto il portavoce degli autori, “ma riteniamo che numerose proposizioni in Amoris lætitia possano essere interpretate come eretiche sulla base di una semplice lettura del testo. Ulteriori affermazioni ricadrebbero sotto altre censure teologiche precise, quali, fra l’altro, “scandalosa”, “erronea nella fede” e “ambigua”.”

Il Codice di Diritto Canonico del 1983 afferma che “In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi [i fedeli] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli” (CIC, can. 212 §3).

Il documento di 13 pagine cita 19 passaggi dell’esortazione che sarebbero in contrasto con le dottrine cattoliche. Queste dottrine includono la reale possibilità con la grazia di Dio di ubbidire a tutti i comandamenti; il fatto che alcune specie di atti sono errati in ogni circostanza; l’autorità maritale; la superiorità della verginità consacrata sulla vita coniugale; la legittimità della pena capitale in determinate circostanze.
Il documento sostiene anche che l’esortazione pontificia mina l’insegnamento della Chiesa secondo il quale i cattolici divorziati e risposati che non s’impegnano a vivere in continenza non possono essere ammessi ai sacramenti finché permangono in quello stato.

Secondo gli autori, la vaghezza o l’ambiguità di molte affermazioni della Amoris laetitia permettono interpretazioni il cui significato naturale sembra essere contrario alla fede o alla morale. Per questo, il portavoce ha dichiarato:

“È nostra speranza che chiedendo al nostro Santo Padre una condanna definitiva di quegli errori possiamo aiutare a dissipare la confusione che Amoris laetitia ha già provocato tra i pastori e i fedeli laici. Tale confusione infatti può essere efficacemente dissipata solo da un’affermazione esplicita di autentico insegnamento cattolico da parte del Successore di Pietro .”

Le censure dei 45 teologi e filosofi non pretendono di elencare una lista esaustiva degli errori contenuti nella Amoris laetitia ma di identificare nel documento quelle che appaiono essere le peggiori minacce alla fede e morale cattoliche.

L’iniziativa si presenta come la più importante vice critica fin qui espressa nei confronti dell’Amoris laetitia , dopo la sua promulgazione il 19 marzo 2016.

(di Emmanuele Barbieri, per http://www.corrispondenzaromana.it/critica-alla-amoris-laetitia-di-45-teologi-e-filosofi-cattolici-di-tutto-il-mondo/ )

 

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Amoris laetitiae: un Cardinale supplica il Papa

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 Cardinale Carlo Caffarra:
"Schönborn sbaglia, e questo è ciò che vorrei dire al Santo Padre"

Così inizia la folgorante intervista sulla "Amoris laetitia" del cardinale Carlo Caffarra alla studiosa tedesco-americana Maike Hickson, pubblicata l'11 luglio sul blog OnePeter5:

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D. – Lei ha già parlato, in una recente intervista, dell'esortazione papale "Amoris laetitia" e ha detto che specialmente il capitolo 8 non è chiaro e ha già causato confusione anche tra i vescovi. Se lei avesse la possibilità di parlare di questo con papa Francesco, che cosa gli direbbe? Quale sarebbe il suo suggerimento su ciò che papa Francesco potrebbe e dovrebbe ora fare, visto che c'è tanta confusione?

R. – In "Amoris laetitia" [308] il Santo Padre Francesco scrive: “Capisco coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione”. Da queste parole deduco che anche Sua Santità si rendeva conto che l’insegnamento dell’esortazione poteva dare origine a confusioni nella Chiesa. Personalmente, e così pensano tanti miei fratelli in Cristo cardinali, vescovi, e fedeli laici, desidero che la confusione sia tolta, ma non perché preferisco una pastorale più rigida, ma perché semplicemente preferisco una pastorale più chiara, meno ambigua.

Ciò premesso, con tutto il rispetto, l’affetto, e la devozione che sento il bisogno di nutrire verso il Santo Padre, gli direi: Santità, chiarisca, per favore, questi punti:

a) Quanto Vostra Santità dice alla nota 351 ["In certi casi… anche l'aiuto dei sacramenti] del n. 305 è applicabile anche ai divorziati-risposati che intendono comunque continuare a vivere "more uxorio"? E pertanto quanto insegnato da "Familiaris consortio" n. 84, da "Reconciliatio et poenitentia" n. 34, da "Sacramentum caritatis" n. 29, dal Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1650 e dalla comune dottrina teologica, è da ritenersi abrogato?

b) L’insegnamento costante nella Chiesa ed ultimamente rinnovato da "Veritatis splendor" n. 79, che esistono norme morali negative che non ammettono eccezioni, in quanto proibiscono atti, quale per esempio l’adulterio, intrinsecamente disonesti, è da ritenersi vero anche dopo "Amoris laetitia"?

Questo direi al Santo Padre. E se poi il Santo Padre, nel suo sovrano giudizio, avesse intenzione di intervenire pubblicamente per togliere la confusione, ha a disposizione molti modi.

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Ma naturalmente anche il seguito dell'intervista è tutto da leggere.

Ad esempio dove il cardinale Caffarra dice che si rivolgerebbe così a un fedele cattolico confuso sulla dottrina del matrimonio:

"Io semplicemente gli direi: Leggi e rifletti sul Catechismo della dottrina cattolica, ai numeri 1601-1666. E quando senti dei discorsi sul matrimonio – anche da parte di preti, vescovi, cardinali – e tu verifichi che non sono in conformità con il Catechismo, non dare ascolto ad essi. Sono dei ciechi che guidano dei ciechi".

Oppure dove definisce l'esercizio dell'omosessualità "intrinsecamente irrazionale e quindi disonesto", argomentando poi con cura questo giudizio tagliente, specie alla luce della "profetica" enciclica di Paolo VI "Humanae vitae".

Ma di grande interesse è anche la confutazione che Caffarra fa di un passaggio chiave della recente intervista a "La Civiltà Cattolica" del cardinale Christoph Schönborn, l'esegeta della "Amoris laetitia" prediletto da papa Francesco:

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D.– Come commenterebbe la recente asserzione del cardinale Christoph Schönborn secondo cui la "Amoris laetitia" è una dottrina obbligante e tutti i precedenti documenti del magistero su matrimonio e famiglia devono ora essere letti alla luce di "Amoris laetitia"?

R. – Rispondo con due semplici osservazioni.
La prima. Non si deve solo leggere il precedente magistero sul matrimonio alla luce di "Amoris laetitia", ma si deve leggere anche "Amoris laetitia" alla luce del magistero precedente. La logica della vivente tradizione della Chiesa è bipolare. Ha due direzioni, non una.
La seconda è più importante. Il mio caro amico cardinale Schönborn nell’intervista a "La Civiltà Cattolica" non tiene conto di un fatto che sta accadendo nella Chiesa dopo la pubblicazione di "Amoris laetitia". Vescovi e molti teologi fedeli alla Chiesa e al magistero sostengono che su un punto specifico ma molto importante non esiste continuità, ma contrarietà tra "Amoris laetitia" e il precedente magistero.
Questi teologi e filosofi non dicono questo con spirito di contestazione al Santo Padre. Ed il punto è questo: "Amoris laetitia" dice che, date alcune circostanze, il rapporto sessuale fra divorziati-risposati è lecito. Anzi applica a questi, a riguardo delle intimità sessuali, ciò che il Concilio Vaticano II dice degli sposi [cfr. nota 329].
Pertanto o è lecito un rapporto sessuale fuori del matrimonio: affermazione contraria alla dottrina della Chiesa sulla sessualità; o l’adulterio non è un atto intrinsecamente disonesto, e quindi possono darsi delle circostanze a causa delle quali esso non è disonesto: affermazione contraria alla tradizione e dottrina della Chiesa. E quindi in una situazione come questa il Santo Padre, come già scrissi, deve secondo me chiarire. Se dico “S è P” e poi dico “S non è P”, la seconda proposizione non è uno sviluppo della prima, ma la sua negazione.
Nè si risponda: la dottrina resta, si tratta di prendersi cura di alcuni casi. Rispondo: la norma morale “non commettere adulterio” è una norma negativa assoluta, che non ammette eccezioni. Ci sono molti modi fare il bene, ma c’è un solo modo di non fare il male: non fare il male.

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Celebriamo il 1517 di Sant’Ignazio, non di Lutero

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 Per un curioso disegno della Provvidenza, proprio il 1517 è l'anno in cui il giovane Sant'Ignazio di Loyola lascia la vita agiata e mondana, iniziando un cammino che – passando per l'eroica difesa in armi di Pamplona – si concluderà con la stesura degli Esercizi Spirituali sotto l'ispirazione della Vergine Maria. Così, proprio mentre lo spretato Lutero, vigliacco e sporcaccione, dava inizio alla più immonda rivolta contro il Redentore, nella solitudine della grotta di Manresa Nostra Signora forgiava il suo campione: la spina dorsale della vera riforma, la Riforma cattolica. Celebriamo dunque i 500 anni di Sant'Ignazio di Loyola!  L'Europa pretenda le scuse da tutte le sette luterane!

La cosiddetta “contro-riforma”. Vera riforma e trionfo di santità

da: Il settimanale di padre Pio, del 5 giugno 2016
di Corrado Gnerre

La perenne vitalità del Cattolicesimo prorompe con più vigore e forza proprio nei periodi più critici, e dimostra che lungo i secoli la Chiesa romana non ha mai perso nulla perché ha sempre conservato il dono della santità, da cui è sbocciata una fioritura ..

 

«Il XVI secolo, tempo di prove terribili nella prima metà, epoca di trionfo nella seconda. Lo storico non mancherà di provare con i fatti che la santità vi appare in proporzione analoga. San Gaetano domina quasi da solo la prima metà; ma non appena scocca l’anno 1550, una fioritura meravigliosa sboccia sui rami dell’albero secolare del Cristianesimo; e mentre il Protestantesimo si arresta finalmente nelle sue conquiste, Dio si compiace di mostrare che la Chiesa romana non ha perduto nulla perché ha conservato il dono della santità. Sarebbe necessario riscrivere una storia cristiana del XVI secolo qualora in essa non si desse giusto rilievo al rinnovamento dei costumi cristiani iniziato da san Gaetano e continuato con tanto vigore e ampiezza da sant’Ignazio di Loyola e dai Santi della Compagnia di Gesù; alla riforma della disciplina formulata nei saggi decreti del Concilio di Trento e resa effettiva da Papi come san Pio V e da vescovi come san Carlo Borromeo; alla rinascita dell’apostolato dei Gentili con san Francesco Saverio e a quello delle città cristiane con san Filippo Neri; alla purificazione dei Chiostri ad opera di Teresa, Giovanni della Croce, Pietro d’Alcantara. È necessario risalire al IV secolo per ritrovare una costellazione di Santi radiosa quanto quella che brillò nel cielo della Chiesa, quando la cosiddetta Riforma ebbe infine stabilito le proprie frontiere».
Queste parole le ha scritte Dom Prosper Guéranger (1805-1875), Abate di Solesmes, nel suo preziosissimo Il senso cristiano della storia. Attenzione a ciò che si detto infine: «È necessario risalire al IV secolo per ritrovare una costellazione di Santi radiosa quanto quella che brillò nel cielo della Chiesa, quando la cosiddetta Riforma ebbe infine stabilito le proprie frontiere».

Non provvedimenti repressivi ma “lievito” per la società

Il periodo della cosiddetta “controriforma” va dalla conclusione del Concilio di Trento fino al XVII secolo. Un periodo difficile per la Chiesa, tanto difficile che da qui è partita una falsità che ha percorso e percorre ancora il divenire storico e gli studi sulla storia, ovvero il fatto che, per reagire al “rinnovamento” protestante, la Chiesa Cattolica avrebbe compiuto un’opera di semplice restaurazione. Da qui il termine “controriforma”. Invece nella cosiddetta “controriforma” non si agì tanto con provvedimenti repressivi quanto con l’influenza sulla società; un’influenza profonda e diffusa per la capacità che il Cattolicesimo stesso ebbe di influire sulla sensibilità collettiva. Un’influenza nel campo dell’arte, nelle forme di devozione popolare, nella cultura e nella vita degli uomini. A proposito della devozione popolare, in quegli anni si sviluppò un forte culto della Madonna e dei Santi. Innumerevoli erano i Rosari recitati in pubblico e i corsi di catechismo per i più giovani.

Un’esplosione di Santi e di Ordini religiosi

Dunque, la “controriforma” fu piuttosto una “riforma” e in essa la Chiesa Cattolica diede il meglio di sé. Ci fu in quel periodo un fiorire di Santi e di Ordini religiosi. Iniziamo dai Santi: sant’Ignazio di Loyola, san Francesco di Sales, san Carlo Borromeo, santa Teresa d’Avila, san Giovanni della Croce, san Francesco Saverio, san Gaetano di Thiene, san Giovanni di Dio e altri ancora… E poi gli Ordini religiosi: i Gesuiti, i Cappuccini, i Teatini, i Barnabiti, le Orsoline… L’Ordine dei Teatini fu fondato nel 1524 da san Gaetano di Thiene per coadiuvare i Parroci. I Cappuccini furono fondati nel 1528 da Matteo da Bascio per la predicazione fra il popolo. I Barnabiti nel 1530 da sant’Antonio M. Zaccaria per l’educazione dei giovani. I Fatebenefratelli nel 1540 da san Giovanni di Dio per la cura degli ammalati. E sempre per la cura degli ammalati in quel periodo san Vincenzo de’ Paoli fondò le Suore della Carità. Nel 1575 san Filippo Neri fondò l’Ordine dei Padri dell’Oratorio (o Filippini), dedito soprattutto all’educazione cattolica dei bambini e dei giovani. Nel 1600 san Giuseppe Calasanzio fondò l’Ordine dei Padri delle Scuole Pie (anche detti Scolopi) per l’istruzione dei giovani. Per non parlare della mistica con i grandi riformatori Carmelitani: santa Teresa d’Avila e san Giovanni della Croce. 

Istruzione per tutti

A proposito dell’istruzione, altro che arretratezza della “controriforma”! Il Medioevo aveva avuto buone scuole, ma non ordinate in classi frequentate da ragazzi della stessa età. Fu invece proprio questo che operò delle innovazioni importanti. Sant’Ignazio di Loyola avvertì l’esigenza di riorganizzare il sistema pedagogico nei collegi retti dal suo Ordine e fissò nel 1599 quello che è stato chiamato “L’ordinamento degli studi” (ratio studiorum). Gli allievi dei collegi passavano da una classe all’altra in base ai risultati acquisiti e percorrevano un itinerario scolastico fondato soprattutto sullo studio delle lingue classiche. Il greco e il latino venivano considerati importanti per la formazione della futura classe dirigente non solo per il valore della loro letteratura o per il fatto che una di esse era la lingua ufficiale della Chiesa, ma come esercizio di ordine mentale e strumento formativo per l’intelligenza dei giovani.
Se il Liceo “moderno” si deve a sant’Ignazio di Loyola, la scuola gratuita per tutti si deve soprattutto a san Giuseppe Calasanzio, il quale nel 1597, dopo aver visitato la Parrocchia di Santa Dorotea in Trastevere, dove si trovava una scuola i cui allievi dovevano pagare una retta, riuscì a convincere il Parroco a rendere gratuita quella scuola e ad accogliere tutti i ragazzi, con preferenza per i ragazzi poveri del quartiere. In cambio si sarebbe fatto carico dell’insegnamento personalmente e con alcuni collaboratori.

Contrastare il fideismo protestante

Dunque, al di là delle differenze, il tratto comune dei Santi della “controriforma”, e degli Ordini religiosi che alcuni di questi fondarono, fu quello di contrastare l’errore protestante sul versante della ricomposizione del rapporto opere-fede. Lutero, infatti, con la sua teoria della sola Fide aveva annullato l’apporto salvifico dato dalle opere riducendo tutto a un puro fideismo.
Ebbene, la Provvidenza rispose donando spiritualità che si esprimevano proprio nella valorizzazione sia delle opere sia della fede in una ricomposizione armonica. Fu una “risposta” per riconfermare le fondamenta della societas christiana, per riconfermare la compenetrazione di natura e soprannatura evitando sia la separazione che la confusione. Fu una risposta della Provvidenza per riconfermare la Fede cattolica.
Dom Prosper Guéranger, sempre ne Il senso cristiano della storia, scrive: «Non si devono tacere i miracoli […] di san Filippo Neri a Roma e di san Francesco Saverio nelle Indie, che nel XVI secolo attestarono clamorosamente che la Chiesa papale, malgrado le blasfemie della Riforma e la decadenza dei costumi, era tuttavia l’unica depositaria delle promesse e roccaforte della fede».

.[Il testo di Dom Gueranger è tra i libri scaricabili gratuitamente da totustuus.it]

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Lutero: un vigliacco sporcaccione

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 Sant'Alfonso M. de' Liguori scrive: "il Demonio, essendo stato ricettato in sua casa in abito di rigattiere, ebbe commercio colla madre, e così ella avesse conceputo questo parto maledetto […]. Lutero era sin d'allora pieno di vizj, superbo, ambizioso, petulante, propenso alle sedizioni, alle calunnie, ed anche alle impudicizie […] In somma dall'anno 1521. sino al 1546, quando morì, egli ne' suoi libri disotterrò tutte le antiche eresie. Il Cocleo, parlando degli scritti di Lutero, scrive: Egli in quelli contamina tutte le cose sacre: così predica Cristo, che conculca i suoi sacramenti: così esalta la divina grazia, che distrugge la libertà: così innalza la fede, che nega le buone opere, ed ingerisce la licenza di peccare: così solleva la misericordia, che deprime la giustizia, e rifonde in Dio la causa di tutti i mali: distrugge in somma tutte le leggi, toglie la forza a' magistrati, concita i laici contra i sacerdoti, gli empj contra il papa, ed i popoli contra i principi".
(Da leggere: http://www.intratext.com/ixt/itasa0000/__P34G.HTM)

A sinistra, un dipinto di Lutero con la moglie Caterina Bora, come lui religiosa che gettò l'abito alle ortiche, dei quali Sant'Alfonso scrive: "Avea già l'altro suo compagno eresiarca e sacerdote Zuinglio presa moglie; Lutero, che non avea minore inclinazion di Zuinglio al matrimonio, se n'era astenuto sino ad allora per rispetto dell'elettor di Sassonia, il quale, quantunque eretico, abborriva i matrimonj de' religiosi, ed erasi dichiarato di non volerne soffrir veruno. All'incontro Lutero si era invaghito di Caterina di Bore, la quale era di famiglia nobile, ma perché povera, si era fatta monaca per disperazione nel monastero di Misnia, ed era giunta ad esserne badessa: avendo elle poi letto un libro di Lutero, che parlava della nullità de' voti religiosi, s'invogliò di parlar con Lutero; Lutero andò a visitarla più volte, e finalmente ebbe l'abilità di farla uscire dal monastero e venire in Vittemberga, ove lo sfacciato, essendo morto già l'elettor Federico che l'impediva, nell'anno 1526 la sposò con gran solennità; ed indi col suo esempio ed insinuazioni tirò anche ad ammogliarsi il gran maestro dell'ordine teutonico. Questi matrimonj diedero poi occasione ad Erasmo di dire, che l'eresie de' suoi tempi si riduceano tutte a commedie, perché le commedie tutte finiscono col matrimonio".

 

«Io non mi lascerò dominare da nulla»

di Cristina Siccardi

La coscienza di ogni individuo che segue i principi del Creatore è quella che segue la Verità, portatrice di libertà (Gv 8, 32); la «libertà di coscienza» di ogni individuo che segue i propri voleri e i propri piaceri è quella che rende la vita avviluppata di problemi e di infelicità. Tuttavia l’individuo, anche cristiano, si ribella e vuole imporre la sua volontà, sfidando Dio e corrompendo, di peccato in peccato, la sua splendente innocenza battesimale.

C’è chi, pur conducendo una vita licenziosa, vuole a tutti i costi vedere legittimati i propri atti dissoluti. Esistono casi eclatanti nella storia, come quello di Enrico VIII, la cui scelta di divorziare da Caterina d’Aragona per contrarre nuovo matrimonio con Anna Bolena originò uno scisma all’interno della Chiesa.

Tuttavia un fatto similare avvenne anche nel Protestantesimo stesso; mentre quest’ultimo, però, si piegò alle voglie di Filippo I d’Assia, la Santa Sede di Roma non si piegò a quelle di Enrico VIII. Fu così che il Parlamento inglese approvò gli atti che sancirono la frattura con Roma nella primavera del 1534. In particolare l’Act of Supremacy stabilì che il Re è «l’unico Capo Supremo della Chiesa d’Inghilterra» e il Treasons Act dello stesso anno rese alto tradimento, punibile con la morte, il rifiuto di riconoscere il Sovrano come tale: molti martiri persero la vita sul patibolo per tale ragione, fra questi san Tommaso Moro.

Alcuni anni prima di tali fatti storici, il Langravio Filippo I d’Assia, dopo poche settimane dal suo matrimonio con la malaticcia e poco piacente Cristina di Sassonia, che probabilmente abusava anche di alcool, commise adulterio e nel 1526 iniziò a considerare l’ammissibilità della bigamia. Scrisse quindi a Martin Lutero per chiedergli la sua opinione in merito, portando come precedente la pratica della poligamia tra i patriarchi dell’Antico Testamento.

Lutero rispose che per un cristiano non era sufficiente considerare gli atti dei patriarchi, ma che, come per i patriarchi, era necessaria una speciale sanzione divina. Poiché nel caso specifico tale sanzione non esisteva, l’eresiarca gli raccomandò di non incorrere in un matrimonio poligamo. Ma Filippo non abbandonò il suo progetto, né tantomeno uno stile di vita basato sul libertinaggio che, per anni, gli impedì di accostarsi alla comunione luterana (memoria dell’ultima cena di Cristo), dove non avviene la transustanziazione, poiché Lutero la negò.

Entrò quindi in scena Melantone con il caso di Enrico VIII: il riformatore propose che le “difficoltà” del Re venissero risolte prendendo una seconda moglie, piuttosto che divorziando dalla prima. Proposta che garbò molto al langravio, avvalorata da alcune affermazioni dello stesso Lutero, contenute nei suoi sermoni sulla Genesi. Tale soluzione parve a Filippo I l’unico “medicinale misericordioso” per curare la sua coscienza malata di vizi e di peccati. Egli quindi pensò di sposare la figlia di una dama di compagnia di sua sorella, Margarethe von der Saale, la quale non voleva a lui unirsi se non con l’approvazione dei teologi di Wittenberg, approvazione che arrivò sotto le minacce dello stesso langravio d’Assia a Rotenburg an der Fulda, dove, il 4 marzo 1540, Filippo e Margarethe vennero uniti in matrimonio. La vicenda, comunque, fu di enorme scandalo per tutta la Germania, tanto che alcuni alleati del langravio smisero di servirlo e Lutero si rifiutò di confermare il proprio coinvolgimento nella questione.

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Come non ricondurre tali vicende alle proposte avanzate all’interno del Sinodo straordinario sulla famiglia conclusosi da poco? L’uomo contemporaneo, tronfio del suo progresso scientifico, culturale, tecnologico e teologico, ripropone gli stessi temi di mezzo millennio fa per andare incontro alle coscienze esigenti non di Verità, ma di soggettiva libertà delle persone: “diritti” per le proprie incontrollate passioni.

«Chi viene a trovarsi in queste ed in altre situazioni del genere, in cui le norme canoniche chiaramente non coincidono con la realtà umana quale si prospetta ad una coscienza deformata, ha diritto all’aiuto ed alla comprensione fraterna ed intelligente del prossimo. Ciò significa non solo trattarli come dei fuorilegge, ma anche aiutarli a giudicare la loro situazione e l’eventuale dissidio fra la norma, da una parte, e l’imperativo della coscienza, dall’altra. In definitiva, si tratta di prestar loro l’attenzione che meritano, facendo sentire inoltre la propria partecipazione alla loro fiducia nell’amore di Dio, che tutto abbraccia e di tutto finisce per avere ragione. Ciò significa anche non impedir loro senza motivo di accostarsi ai sacramenti. Poiché le attuali norme sembrano non consentirlo e non è possibile trovare una via d’uscita neanche ricorrendo all’epicheia, si dovrebbe cercare di riformare queste prescrizioni».

Questo non è un brano tratto dalle discussioni del Sinodo sulla famiglia; non è neppure il passo di un’intervista rilasciata dal Cardinale Kasper e nemmeno una considerazione di Papa Francesco. Questa è una citazione tratta da un libro di Viktor Steininger pubblicato in Germania nel 1968 e tradotto in Italia, l’anno seguente, con il titolo Divorzio anche per chi accetta il Vangelo? Paradossi dell’indissolubilità matrimoniale (Herder-Morcelliana, pp. 174-175).

Lo stratagemma della Misericordia, privata della Giustizia (Dio è sia Misericordia che Giustizia), muterebbe non solo la pastorale nei confronti dei peccatori adulteri o omosessuali, ma si relazionerebbe a quell’auspicato «sviluppo del dogma» sbandierato dai teologi novatori che aprirono la loro breccia nel Concilio Vaticano II e le cui conseguenze, cariche di zolfo, oggi i cattolici sono costretti a respirare. Sono in molti, nel clero, a scalpitare per “soccorrere” le necessità spirituali dei fedeli.

Ma sono così sicuri di voler soccorrere spingendo le loro anime sempre più nelle sabbie mobili del peccato mortale? E quale misericordia userebbero per Nostro Signore? L’anima, quando riceve la Comunione, diventa Tempio di Dio. Rimembrano ancora i custodi del depositum fidei e coloro che odono più le loro teorie degli imperativi del Signore, ciò che scrive san Paolo nella prima lettera ai Corinzi?

«“Tutto mi è lecito!”. Ma non tutto giova. “Tutto mi è lecito!”. Ma io non mi lascerò dominare da nulla […] il corpo poi non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! […] non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartiene a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!» (1Cor. 6, 12-20).

Se tale insegnamento stride alle coscienze nutrite di libertà soggettive e non oggettive, non è un problema di san Paolo, né di quelli a lui fedeli che continuano tenacemente e con perseveranza a non essere né adulteri, né profanatori del Sacramento della Comunione. La Chiesa si è sempre prodigata con carità verso il peccatore, ma ha sempre combattuto contro il peccato, nemico delle anime. Come né il langravio Filippo I d’Assia, né Enrico VIII potranno mai diventare modelli di vita matrimoniale, così nessun tipo di concessione al peccato potrà mutare la rotta di coloro che sono coscienti di essere stati comprati a caro prezzo.

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Lutero: 500 anni di errori… e anche di orrori

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 "Chi oggi parla di "protestantizzazione" della Chiesa cattolica, intende in genere con questa espressione un mutamento nella concezione di fondo della Chiesa, un'altra visione del rapporto fra Chiesa e vangelo. Il pericolo di una tale trasformazione sussiste realmente; non è solo uno spauracchio agitato in qualche ambiente"
Joseph Ratzinger, Rapporto sulla fede.
In: http://www.paginecattoliche.it/modules.php?name=News&file=article&sid=271

Per i 500 anni di Lutero ora è la Chiesa ad autoaccusarsi

(di Mauro Faverzani, per Corrispondenza romana del 29 giugno 2016)

 

Per l’occasione si è scomodato persino il presidente federale di Germania, Joachim Gauck, che, tra l’altro, è anche un pastore protestante. Proprio lui, lo scorso 18 febbraio, ha incontrato la presidenza del Dekt, Convegno dei protestanti, ed il ZdK, Comitato Centrale dei cattolici, nel corso di un lungo colloquio, durato un paio d’ore.

Si è fatto il punto sullo stato dell’ecumenismo nel Paese, sull’impegno socio-politico dei laici di ambedue le confessioni ed anche sul contributo offerto dai cristiani in generale allo stato di coesione interna della società tedesca. Infine, il discorso è caduto lì e non poteva essere diversamente, ovvero sull’anniversario della Riforma, sulla ricorrenza nel 2017 dei 500 anni dall’affissione delle famose 95 tesi sulla porta della cattedrale di Wittemberg ad opera di Martin Lutero.

Ma non ci si è limitati ad un aggiornamento sui preparativi, si è andati oltre: Gauck ha chiesto espressamente quale fosse il grado di collaborazione ecumenica tra cattolici e protestanti. Se il presidente italiano Mattarella o ancor più quello francese Hollande si fossero spinti a tanto, subito si sarebbe sentito urlare contro lo Stato confessionale.

Immancabile l’intervento del card. Walter Kasper, che non ha mancato di dare alle stampe un libro, Martin Lutero. Una prospettiva ecumenica (Queriniana, Brescia 2016), in cui, nella scia di un iperecumenismo spinto, ha sposato assolutamente la linea del monaco agostiniano, giungendo a definire la sua come un’azione di «nuova evangelizzazione», con toni di feroce biasimo anzi verso la Chiesa cattolica sorda alle sue proposte ed alle sue “innovazioni”.

Il card. Kasper ha collocato anche Lutero nel calderone della misericordia, ormai distribuita a pioggia, ritenendo che il suo «problema esistenziale» di religioso fosse: «Come posso trovare un Dio misericordioso?». E non si capisce come questo possa in alcun modo legittimare l’eresia derivatane, Sua Eminenza non lo spiega, ma tant’è.

Stupiscono anche i toni del comunicato congiunto, licenziato lo scorso primo giugno dalla Federazione luterana mondiale e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, per confermare il coinvolgimento cattolico nelle celebrazioni dei «doni della Riforma» col culmine, che sarà rappresentato dal viaggio di papa Francesco a Lund, in Svezia, il prossimo 31 ottobre.

Ma proprio del Pontefice è stato l’ulteriore, convinto passo verso l’ecumenismo col discorso da lui rivolto alla delegazione del direttivo della Comunione mondiale delle chiese riformate, ricevuta in Vaticano lo scorso 10 giugno.
Riferendosi alla conclusione della quarta fase del dialogo teologico in corso tra tale organismo ed il Consiglio pontificio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha dichiarato: «In questa comunione spirituale, cattolici e riformati possono promuovere una crescita comune per servire meglio il Signore». Ed ancora: «In base all’accordo sulla dottrina della giustificazione, esistono molti campi in cui riformati e cattolici possono collaborare per testimoniare insieme l’amore misericordioso di Dio, vero antidoto di fronte al senso di smarrimento ed all’indifferenza che sembrano circondarci», smarrimento ed indifferenza pari ad una vera e propria «desertificazione spirituale» di fronte alla quale «le nostre comunità cristiane» sarebbero tenute «ad accogliere e ravvivare la grazia di Dio», evidentemente presente in tutte, indistintamente, al di là di ogni distinzione dottrinale, poiché in quest’ottica basterebbe «la fede in Gesù Cristo».

C’è da chiedersi, se si possa ancora parlare di eretici riformati, di “fratelli separati” da ricondurre nella Chiesa Cattolica, specie di fronte a termini come «comune missione», utilizzato espressamente da papa Francesco: «V’è urgente bisogno di un ecumenismo», che «promuova una comune missione di evangelizzazione e di servizio», esortando tutti a «fare di più, insieme, per offrire una testimonianza viva “a chiunque domandi ragione della speranza che è in noi”: trasmettere l’amore misericordioso del nostro Padre, che gratuitamente riceviamo e generosamente siamo chiamati a ridonare», concetto su cui è più volte tornato.

A mischiare ancor più le carte ha provveduto la conferenza-stampa, tenuta lunedì scorso da papa Francesco durante il volo di ritorno dall’Armenia: «Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate – ha dichiarato il Pontefice –. In quel tempo la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente ed ha fatto un passo avanti, giustificando il perché facesse questo. Ed oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato. Lui ha fatto una “medicina” per la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina, in un modo di credere, in un modo di fare, in modo liturgico. Ma non era lui solo: c’era Zwingli, c’era Calvino… Poi sono andate avanti le cose. Oggi il dialogo è molto buono. La diversità è quello che forse ha fatto tanto male a tutti noi e oggi cerchiamo di riprendere la strada per incontrarci dopo 500 anni».

Non si riesce ad evitare un certo sconcerto, raffrontando queste parole con quelle, che, ad esempio, si possono leggere sul Catechismo Maggiore di San Pio X, a proposito della «grande eresia del Protestantesimo, prodotta e divulgata principalmente da Lutero e da Calvino»: «Questi novatori – è scritto –, demolirono tutti i fondamenti della fede, esposero i Libri Santi alla profanazione della presunzione e dell’ignoranza ed aprirono l’adito a tutti gli errori. Il protestantesimo o religione riformata, come orgogliosamente la chiamarono i suoi fondatori, è la somma di tutte le eresie, che furono prima di esso, che sono state dopo e che potranno nascere ancora a fare strage delle anime» (nn. 128-129).

Ciò che più impressiona in questa nuova, frenetica brama di “dialogo” über alles coi protestanti è l’approccio molto sociale, anzi sociologico. Quel continuo richiamo al «camminare insieme» calpesta il fatto che sia escluso dalla grazia di Dio chiunque ne neghi anche un solo dogma, chiunque viva nella dimensione del peccato contro la fede. Di tutto questo non v’è traccia. Con un problema: che un’evangelizzazione solo sociale non è autentica evangelizzazione.

Corriere della sera, 30.10.2008

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Nessuna ”scusa” a Lutero

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 L'eresia che ha distrutto l'unità culturale e spirituale europea.
Il disprezzo dei sacramenti, una delle ragioni della inconciliabilità.

LA MESSA DI LUTERO

Di Matteo Carletti, per Libertà e persona | 26 maggio 2016 

 

Il cuore della liturgia cattolica è costituita dal Sacrificio della Croce di Cristo per la salvezza dell’uomo.
Questo Sacrificio si rende sempre presente, allora come oggi, nella celebrazione Eucaristica ed è destinato a rimanere attraverso i secoli nel modo in cui Gesù stesso l’aveva istituito, contemporaneamente al sacerdozio.
Nell’ultima Cena Egli, non solo ha istituito il sacerdozio, ma lo ha fatto in vista del proprio Sacrificio, poiché esso costituisce la sorgente di tutti i meriti, di tutte le grazie e di tutta la ricchezza della Chiesa.
Quindi non si può comprendere il sacerdozio senza il Sacrificio, poiché il sacerdozio è fatto per il Sacrifico. In questo Gesù stesso è voluto essere anche la Vittima.
Senza la reale presenza di Gesù non può esserci la Vittima e neanche il Sacrificio.
Tutto è unito: presenza reale, Vittima e Sacrificio. Questa (in estrema sintesi!) la liturgia cattolica.

Veniamo a Lutero. Il monaco tedesco, volendo colpire il sacerdozio, diede un colpo definitivo anche a tutta la Chiesa.
Egli sapeva bene che, venendo meno il sacerdote, sarebbe sparito anche il sacrificio e, conseguentemente, anche la vittima e quindi la fonte di tutte le grazie della Chiesa.
Lutero era persuaso che non ci fosse differenza sostanziale fra i preti e i laici, ma che tutti costituissero un “sacerdozio universale”.
Questo era il primo di “tre muri” che circondavano la Chiesa e che, secondo Lutero, dovevano essere abbattuti.
“Se un Papa o un vescovo – sosteneva Lutero – da l’unzione, fa delle tonsure, consacra o da un abito differente ai laici o ai preti, crea degli imbrogli”. Tutti, di fatto, sono consacrati nel Battesimo e, dunque, non può esistere un sacramento speciale per i preti.

Il secondo muro da abbattere era la transustanziazione.
Nella messa luterana viene rifiutata in toto l’idea di “sacrificio” e con essa di vittima e di presenza reale.
Rimane la sola presenza spirituale, un ricordo, tanto che la Messa non può essere indicata più come un Sacrificio ma solamente con i termini di Comunione, Cena, Eucarestia.
Secondo le parole del Vangelo “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” si compie la vera e sola Messa. È per questo che Lutero rifiutò da subito la celebrazione di messe private perché mancanti della comunione col popolo.
Per Lutero l’Eucarestia era “Sacramento del pane” e non più Sacrificio, considerato, ormai,  come elemento di corruzione.

Il terzo ostacolo era rappresentato dal valore espiatorio del Sacrificio della Messa.
Sempre secondo il monaco ribelle l’Eucarestia è un “Sacrificio di lode” ma non un “Sacrificio di espiazione”.
Quindi l’unico scopo della Messa diventa, per Lutero, solamente quello di rendere grazie a Dio.
È dentro questa lettura che oggi alcuni protestanti parlano ancora di “Sacrificio”, ma non come un Sacrifico che rimette i peccati, ma di semplice ringraziamento per l’opera di Dio.

Questi cambiamenti di sostanza hanno generato modificazioni anche nella forma come l’orientamento (coram populo) del sacerdote durante la Consacrazione, l’introduzione della lingua volgare, la Comunione ricevuta sulla mano.
Per non parlare anche delle conseguenze in campo artistico e architettonico. La chiesa concepita come Domus Dei, nella quale tutto (altare, pareti, affreschi, materiali, uso della luce, ecc…) deve parlare di Dio, lascia spazio, nel mondo protestante, ad edifici essenzialmente sobri, se non vuoti di decorazioni e raffigurazioni sacre.
“Scompare – ricorda Francesco Agnoli – il tabernacolo, segno della Presenza divina; scompaiono spesso reliquie, santi e Madonne, abitatori della simbolica città di Dio, la Gerusalemme Celeste; non servono più, a rigore, la pianta a croce, la posizione ad Oriente, l’abside, il coro, il ciborio. […] Anche l’altare perde il vecchio significato e la vecchia forma: diviene mensa, solitamente semplice tavola, non più sopraelevata, distaccata da scalinate e balaustre, bensì posizionata in modo da creare un rapporto più diretto, partecipativo, comunitario, fra celebrante e popolo”.
Un generale e diffuso sentimento iconoclasta si diffonderà nel mondo protestante, soprattutto verso le immagini della Vergine e dei Santi, un ripudio verso questi ultimi, è bene ricordarlo, “che nasce – sempre secondo Agnoli – dal terribile pessimismo antropologico luterano, secondo il quale l’uomo non è capace di compiere alcunché di buono, ma è solo e soltanto un peccatore, senza libertà, conteso tra Satana e Dio”.

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Per approfondire:

1- Roberto Coggi O.P.: RIPENSANDO LUTERO. Biografia sintetica e completa di Martin Lutero, vista nei suoi rapporti con Roma, con Calvino e Zwingli. Padre Roberto Coggi approfondisce anche l’analisi del libro di Lutero intitolato «De servo arbitrio» e quindi tutto il problema della libertà umana. Poi, esamina il concetto di «salvezza dell'anima» nella sua dottrina e la natura della fede.
Il libro si conclude con la riproduzione della Bolla Exsurge Domine, con la quale papa Leone X condannò le «quarantuno proposizioni» di Lutero; di alcuni brani Decreto «Sulla giustificazione» votato dal Concilio di Trento; e infine della «Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione» votata dalla Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale.

2- Mons. Leon Cristiani: La rivolta protestante. "Chi oggi parla di ‘protestantizzazione’ della Chiesa cattolica, intende in genere con questa espressione un mutamento nella concezione di fondo della Chiesa, un'altra visione del rapporto fra Chiesa e vangelo. Il pericolo di una tale trasformazione sussiste realmente; non è solo uno spauracchio agitato in qualche ambiente integrista. […] Il protestantesimo è nato all'inizio dell'epoca moderna ed è pertanto molto più apparentato che non il cattolicesimo con le idee-forza che hanno dato origine al mondo moderno. La sua attuale configurazione l'ha trovata in gran parte proprio nell'incontro con le grandi correnti filosofiche del XIX secolo. E' la sua chance ed insieme la sua fragilità questo suo essere molto aperto al pensiero moderno" (Card. J. Ratzinger, Rapporto sulla Fede, cap. XI, ed. Paoline 2005).

3- Altri Cinque libri sono scaricabili gratuitamente da totustuus.it nella sezione apposita: https://www.totustuus.it/modules.php?name=Downloads&d_op=viewdownload&cid=28

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Cardinali coraggiosi: Hong Kong

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 La rivolta di un cardinale cinese.
 Dopo l'umiliazione degli ucraini uniti a Roma, si apre un’altra ferita nella chiesa?

L’ex arcivescovo di Hong Kong: “Se il Vaticano si accorderà con Pechino, dovremo seguire la nostra coscienza”

di Matteo Matzuzzi | Il Foglio 02 Luglio 2016

 

Roma. Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, arcivescovo emerito di Hong Kong, si appella ai cattolici cinesi affinché contemplino l’idea di non considerare valido l’eventuale accordo che la Santa Sede potrebbe raggiungere con le autorità di Pechino, se riterranno che l’agreement “sia contrario al principio di fede”. Il porporato salesiano lo scrive sul suo blog personale, attaccando “i filogovernativi” e “gli opportunisti della chiesa” auspicanti che Roma firmi al più presto “un accordo per legittimare l’attuale situazione anomala”. Zen parte dal presupposto che ogni intesa possibile – che appare probabile, se si leggono le pur prudenti dichiarazioni degli ultimi mesi rese dai principali tessitori del negoziato vaticani – porterà la firma del Papa. Se pace sarà, insomma, lo si dovrà al via libera di Francesco. Di conseguenza, prosegue il cardinale cinese, bisognerà obbedire “a tutto ciò che egli dirà”. Però, aggiungeva, “il criterio ultimo per giudicare come comportarci è la coscienza” e quindi “se secondo la coscienza il contenuto di un accordo è contrario al principio di fede, non va seguito”.

Zen è sempre stato contrario a ogni intesa con Pechino, perché essa significherebbe chiaramente una capitolazione dinanzi ai desiderata dei vertici comunisti che hanno costretto per decenni i cattolici del paese alla clandestinità. Il lavorIo diplomatico procede, lo scorso ottobre il segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin – conoscitore come pochi altri del dossier cinese, avendo avuto un ruolo non indifferente nella preparazione della Lettera ai cattolici cinesi promulgata da Benedetto XVI nel 2007 – ammetteva che “non è la prima volta che una delegazione del Papa si reca a Pechino, fa parte di un certo percorso in vista di una normalizzazione dei rapporti e il solo fatto di poterci parlare è significativo”. Zen, solo pochi mesi prima, aveva detto che “avevo sempre avuto fiducia in Parolin, fino a quando non ho saputo che anche lui era a favore di un accordo che in questa fase sarebbe stato solo una resa incondizionata”. A Pechino, proseguiva, “non c’è volontà di dialogo. Vogliamo sacrificare la nomina e la consacrazione dei vescovi per un dialogo fasullo?”. Il punto dolente è proprio la nomina dei vertici episcopali, che la Santa Sede considera propria prerogativa mentre il governo ritiene essere affare di politica interna. La Lettera firmata da Joseph Ratzinger, a tal proposito, era chiara nell’indicare la linea da seguire: “La dichiarata finalità di attuare i princìpi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della chiesa è inconciliabile con la dottrina cattolica, che fin dagli antichi Simboli di fede professa la chiesa una, santa, cattolica e apostolica”.

Che la questione sia delicata e quanto mai attuale lo dimostra quanto accaduto nelle ultime settimane a Shanghai, con il vescovo ausiliare Taddeo Ma Daqin che, dopo quattro anni di arresti domiciliari per essersi pubblicamente dimesso dall’Associazione patriottica nel momento – fu arrestato il giorno stesso dell’ordinazione – in cui ha pubblicato un articolo confessando i suoi errori ed elogiando “il ruolo insostituibile nello sviluppo della chiesa in Cina” rivestito dall’Associazione, emanazione diretta del Partito comunista. Vi sono dubbi, anche tra chi conosce mons. Ma Daqin, sul fatto che il ravvedimento sia genuino e non, piuttosto, indotto dalle autorità. C’è chi, ad esempio, sostiene che il presule abbia deciso di “umiliarsi” per il bene della diocesi, così da poter tornare a occuparsene in modo attivo e da uomo libero. Conservando nell’intimità la propria indiscussa fedeltà al Papa e manifestando in modo pubblico e visibile il sostegno all’organismo di controllo governativo.
A ogni modo, ha scritto Bernardo Cervellera, direttore di Asia News (portale del Pontificio istituto per le missioni estere), la vicenda pone ulteriori interrogativi: “L’articolo (del vescovo Ma Daqin, ndr) pieno di elogi sperticati verso l’Associazione patriottica, vanifica quanto Benedetto XVI aveva stabilito nella sua Lettera ai cattolici cinesi”.

Lo stupore più grande in molti cinesi, aggiunge Cervellera, “è dovuto al silenzio del Vaticano”, al punto che da più parti se ne chiede un intervento. Il  voltafaccia di mons. Ma Daqin, poi, rappresenterebbe “un fallimento della politica vaticana verso la Cina, secondo quanto osserva Cervellera riportando le dichiarazioni rese ad Asia News da un “professionista di Pechino”. In sostanza, “se l’articolo pubblicato è di mons. Ma Daqin, dobbiamo dire che il Vaticano ha fallito nella sua politica, che cercava il rapporto con il governo ma affermava che l’Associazione patriottica è inconciliabile con la dottrina cattolica. Se non è stato lui a scriverlo, allora è un gesto forzato e di persecuzione, che però nessuno denuncia, nemmeno la Santa Sede”.

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Moschea Milano: ma non ci sono altre priorità?

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 Divorzi. Aborti. Droga diffusa nelle scuole. Scristianizzazione della Diocesi. Abusi liturgici. Invasione islamica sempre più aggressiva e arrogante.
Ma la priorità è un'altra.

"Un luogo di culto agli islamici".
Intesa tra Sala e Scola per la costruzione della moschea

Faccia a faccia tra il neo sindaco e il cardinale di Milano.
"Il dialogo interreligioso sia portatore di integrazione vera".
E concordano sulla costruzione della moschea

– Sab, 25/06/2016

 

Asse tra Palazzo Marino e la Diocesi di Milano per garantire il diritto di culto a tutti i fedeli, dunque anche ai musulmani.

 

Il neo sindaco Giuseppe Sala e il cardinale Angelo Scola hanno concordato sulla necessità di lavorare per garantire alla comunità islamica la costruzione di una moschea nel capoluogo lombardo.

Questa mattina, durante la seconda uscita pubblica del neo sindaco, Sala è andato a trovare Scola alla curia milanese.
Sul tavolo l'emergenza casa, le periferie e la povertà.
Nel faccia a faccia non poteva mancare il nodo moschea.
"Ci siamo impegnati – ha detto Sala, parlando a fianco del cardinale di Milano – a lavorare insieme, ad aiutarci e sostenerci affinché il dialogo interreligioso sia portatore di integrazione vera".

I due hanno, infatti, concordato sul fatto che "un luogo di culto deve essere garantito a tutti, nel rispetto di regole chiare e nella trasparenza, per aver modo di controllare quel che avviene all'interno di questo centro di preghiera".
Come già promesso in campagna elettorale Sala vuole, infatti, premere l'acceleratore per dare il via libera alla costruzione della moschea a Milano.

Durante l'incontro in curia, Sala ha ringraziato il cardinale e la Chiesa cattolica per "tutto quello che hanno fatto per tenere le fila di questo dialogo fra le fedi e non farlo scemare".
Sindaco e arcivescovo sono, infatti, d'accordo sul fatto che "si presti attenzione e sostegno alle fasce più povere della popolazione nelle periferie, anche alle popolazioni immigrate".
"È necessaria – ha sottolineato Scola – una proposta che garantisca sicurezza e nello stesso tempo non rinunci all'accoglienza".

 

Da: Il Giornale.

Clicca su Leggi tutto per la fondamentalista islamica nella giunta del Comune di Milano.

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