Vescovi fifoni: Padova

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

  Scuola cattolica condannata per discriminazione sessuale dalla Diocesi di Padova: qui accanto Mons. Claudio Cipolla, già prete di strada, in ascolto solo dei poveri e degli ultimi, recentemente nominato dal Santo Padre.

Don Giovanni Ferrara,
sacerdote cattolico di Padova,
diffamato dal “Mattino”
e allontanato dalla Diocesi

di Paolo Deotto, per riscossacristiana.it
 

Quando ci si occupa di informazione, la regola minima di correttezza sarebbe dire la verità, oppure, quando non si è certi di ciò che si dice, spiegare con chiarezza che si stanno riportando voci, opinioni, tutte cose, insomma, da verificare.

Naturalmente se non ci si occupa di informazione, ma si ha solo l’intento (o l’incarico) di colpire qualcuno, allora la verità diventa un optional e si possono pubblicare anche tante balle. Non a caso il vecchio Lenin ci insegnava che “E’ verità tutto ciò che giova alla causa del partito”.

È molto istruttivo, per capire l’aria che tira, leggere l’articolo, che riportiamo in calce, del Mattino di Padova di oggi, che dà la notizia del trasferimento a Roma di Don Giovanni Ferrara, corredandola di affermazioni di fantasia. Ossia, di falsità.

Riassumiamo in breve la vicenda.

I lettori di Riscossa Cristiana ricordano il caso di Don Giovanni Ferrara, di cui ci occupammo per la prima volta il 27 luglio dello scorso anno, con l’articolo Quando un parroco rischia grosso? Quando ha la pretesa di essere un prete cattolico.

Don Ferrara, parroco di Sant’Ignazio di Loyola a Padova, era già da tempo nel mirino di quella nuova e singolare generazione di “cattolici” che, ansiosi di vivere in perfetta concordia col mondo, lo rimproveravano, ad esempio, perché “pregava troppo” o “faceva pregare troppo”.

Ma forse questo terribile difetto sarebbe stato perdonabile se Don Giovanni Ferrara a un certo punto non avesse preso la decisione di ospitare nei locali della parrocchia una scuola parentale, nata dall’iniziativa di alcuni genitori che non si rassegnavano al fatto di consegnare i propri figli alla scuola pubblica (o paritaria), che li avrebbe indottrinati ben bene su quel complesso di porcherie che va sotto il nome di “teoria del gender”.

La diocesi di Padova aveva già proclamato il suo incondizionato consenso e la sua cordiale e assoluta collaborazione con la governativa autorità che aveva appena partorito quel pastrocchio di legge denominata “Buona Scuola”. La bontà assoluta e il totale rispetto della libertà di educazione erano garantiti… da chi? Dalla stessa ministra che aveva apposto la sua riverita firma alla legge, la signora Stefania Giannini. Insomma, garanzia rilasciata dallo stesso produttore, e per favore nessuno rompa le scatole. Al proposito è molto istruttivo rileggere la comunicazione del 18 agosto 2015 della diocesi di Padova (clicca qui).

Insomma, il parroco di Sant’Ignazio veniva a rompere l’armonia e la collaborazione col mondo, che, come è noto, è uno dei dogmi della neochiesa.

E per dimostrare quanto era cattivo Don Ferrara, la stampa iniziava a far circolare una voce: la scuola materna della parrocchia, dopo lunghi anni di attività, chiudeva i battenti. E perché accadeva ciò? Perché il temibile parroco aveva deciso di sostituirla con la scuola parentale.

Su questo equivoco, o meglio su questa clamorosa balla, si era molto giocato.

La realtà è un’altra. La scuola materna non ce la faceva più per il motivo più semplice: i costi eccessivi. La decisione non sorprese nessuno, tantomeno le famiglie, che erano a conoscenza della situazione, che si trascinava da anni.

Scrivevamo (clicca qui) il 22 agosto 2015: la decisione di chiudere la scuola è stata presa dal Parroco su indicazioni precise della FISM-federazione italiana scuole materna (che tiene la contabilità della scuola e le offre consulenza su qualsiasi settore) e con l’autorizzazione scritta della Curia di Padova.

Nessuno ha mai smentito questa precisazione, né poteva farlo, perché si trattava della semplice verità.

Inoltre va precisato che la scuola parentale in ogni caso non avrebbe “scacciato” la scuola materna (se quest’ultima avesse potuto continuare la sua attività), perché la parrocchia di Sant’Ignazio dispone di numerosi locali, più che sufficienti per entrambe la scuole.

Ora Don Giovanni Ferrara è liquidato. O meglio, “lascia la comunità di Sant’Ignazio per andare a Roma per gli studi di pastorale della salute”, come ci informa con scarno comunicato “La difesa del popolo”, settimanale diocesano di Padova (clicca qui).

Il compito del killer se lo assume Il Mattino di Padova, che pubblica un articolo che si può definire diffamatorio, poiché attribuisce falsamente a Don Giovanni Ferrara colpe che questi assolutamente non ha.

Leggete l’articolo: subito si dice che il parroco di Sant’Ignazio era “contestato da una larga parte dei fedeli per aver chiuso la storica scuola materna parrocchiale e averla sostituita, di fatto, con una scuola parentale”.

È falso. È diffamatorio. Abbiamo scritto sopra i motivi della chiusura della scuola materna e le modalità con cui questa tale chiusura era avvenuta. Ripetiamoli: La scuola materna non ce la faceva più per il motivo più semplice: i costi eccessivi. La decisione non sorprese nessuno, tantomeno le famiglie, che erano a conoscenza della situazione. Scrivevamo (clicca qui) il 22 agosto 2015: la decisione di chiudere la scuola è stata presa dal Parroco su indicazioni precise della FISM-federazione italiana scuole materna (che tiene la contabilità della scuola e le offre consulenza su qualsiasi settore) e con l’autorizzazione scritta della Curia di Padova.

In chiusura, il breve e velenoso articolo ribadisce la bugia e l’arricchisce con una bugia accessoria: “I locali (della scuola materna, ndr) sono stati destinati a una scuola parentale no-gender.

È falso. È diffamatorio. Come già detto, c’era lo spazio per entrambe le scuole.

Ma nella chiusura dell’articolo è espresso chiaramente il motivo di tanta cattiveria: la scuola parentale è “no-gender”.

Appunto. E si torna alla sciagurata realtà quotidiana: se fai qualcosa per difendere i giovani dalle porcherie che vanno sotto il nome di gender, può accaderti di tutto.

Anche di essere diffamato a mezzo stampa, come nell’articolo del Mattino, che qui di seguito riportiamo:

(altro…)

Continua a leggereVescovi fifoni: Padova

Vescovi coraggiosi: Trieste

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

In una segnalazione pubblicata su Il Piccolo, Marina Del Fabbro, presidente dell’associazione cattolica insegnanti medi parla a sproposito dei cosiddetti “principi non negoziabili”. Diamo il nostro contributo per rimettere le idee a posto.

 

Senza principi non negoziabili non si va da nessuna parte.
Una discussione con Marina Del Fabbro

 

Ho letto su Il Piccolo del 22 giugno a pag. 36  la segnalazione di Marina del Fabbro, presidente dell’associazione cattolica degli insegnanti medi di Trieste, dal titolo “Con i principi non negoziabili non andiamo da nessuna parte”.
Poiché, invece, la linea di Vita Nuova è di consenso e appoggio alla dottrina dei principi non negoziabili, tema su cui siamo intervenuti molte volte, mi permetto qualche osservazione.

Leggendo la segnalazione della Professoressa Del Fabbro, mi sono subito chiesto se essa abbia letto due importanti libri scritto dall’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi. Mi riferisco a “Il Cattolico in politica”, che contiene un capitolo dedicato proprio ai principi non negoziabili, e “A compromesso alcuno. Fede e dottrina dei principi non negoziabili”.
Non credo che li abbia letti, perché in essi avrebbe trovate ampie risposte ai problemi che ella pone e una trattazione approfondita e articolata che avrebbe resa inutile la pubblicazione della suddetta segnalazione.

La tesi della professoressa è che “tutti hanno i loro valori non negoziabili” e che proprio per questo c’è la politica, per dialogare e arrivare ad un compromesso.
Quindi, c’è una pluralità di valori non negoziabili – quelli dei cattolici e quelli degli altri – e proprio questo rende interessante e utile la politica. Viceversa c’è invece solo lo scontro.

La tesi suddetta è inaccettabile, per una serie di motivi, tutti molto gravi.

La presenza nella società di diversi valori non negoziabili per le coscienze dei loro portatori non rende automaticamente tutti quei valori oggettivamente non negoziabili.
La professoressa intende i valori solo dal punto di vista soggettivo. Il valore, però, indica qualcosa di apprezzabile oggettivamente, non prodotto della volontà e dalla coscienza ma guida della volontà e della coscienza.
Noi non difendiamo i nostri valori perché sono nostri, ma perché sono veri. Non perché ci piacciono ma perché noi vogliamo piacere ad essi.
Insomma nel ragionamento della Professoressa Del Fabbro manca il fondamento dei valori che è la legge morale naturale (per il laico) e l’ordine del creato (per il credente). I valori di questo ordine non sono desideri o aspirazioni o diritti soggettivi, sono espressione della realtà delle cose.

Se i valori fossero quello che la professoressa suppone, allora la politica sarebbe completamente abbandonata al relativismo, ad un dialogo tra uguali nel quale tutti i valori in campo hanno la stessa dignità.
Ma una tale concezione della politica è terrificante.
Ci sono infatti valori sedicenti tali che sono in realtà disvalori. E dovrebbe essere la politica a decidere quale è un vero valore e quale no? Cosa sacrificare nell’uno o nell’altro caso?
Una simile politica sarebbe onnipotente e, cosa veramente paurosa, sulla base di nessun fondamento se non il dialogo e la discussione. Una politica totalitaria senza motivi per esserlo.

Vuole la professoressa chiamare ugualmente valore aiutare una donna ad abortire o aiutarla ad accogliere la vita?
Vuole chiamare ugualmente valore mettere un bambino fatto nascere da una madre surrogata nelle mani di due persone dello stesso sesso e invece concepirlo tra mamma e papà che poi lo allevano dentro una coppia naturalmente eterosessuale?
Vogliamo delegare tutto questo al dialogo e alla discussione politica?
Vogliamo affidare alla discussione politica di stabilire cos’è vita e cos’è morte?
Cos’è uomo e cosa no?
Per avere senso la politica deve avere dei limiti, come ogni altra cosa del resto.  

C’è poi un altro punto molto preoccupante.
La professoressa parla dei valori “dei cattolici”, sostenendo che ci sono anche i valori “degli altri”.
Ma i valori dei cattolici hanno una pretesa, ossia quella di non essere “dei cattolici” ma di tutti, ossia di essere veri.
Veri perché esprimono l’ordine delle cose, la legge morale naturale.
Condivisibili quindi da tutti.
Qui si si apre il dialogo, perché c’è una base per farlo. La base consiste in qualcosa di oggettivo che diventa termine di confronto nel dialogo, affinché esso non si avviti a vuoto su se stesso. Il dialogo ha senso se c’è una istanza che dà ragione all’uno o all’altro dei dialoganti: questa istanza è la ragione stessa capace di conoscere l’ordine naturale delle cose.
Ma è proprio quello che la professoressa nega accettando come aventi pubblica dignità tutti i cosiddetti valori, e quindi il dialogo diventa impossibile. In altri termini: è proprio sostenendo l’esistenza di principi non negoziabili che è possibile il dialogo politico, altrimenti c’è posto solo per la logica degli interessi. Questo è noto già da molto tempo, almeno dalla polemica di Socrate contro i Sofisti nel V secolo avanti Cristo.

Ci possono essere valori in conflitto tra loro tra i quali bisogna mediare?
Certamente.
Tra lavorare per guadagnare il sostegno della famiglia e conservare la salute bisogna arrivare ad un compromesso. Tra stare in ufficio o far giocare il figlio nella sua cameretta – ambedue valori – si deve trovare una conciliazione.
Però ciò è possibile quando i valori sono positivi, cioè espressi in una formula morale indicano un bene.
Non è mai possibile quando indicano un male.
Non ci può essere mediazione tra il bene e il male. Uccidere è sempre male.

Non si può, con la scusa del compromesso e del dialogo, trattare per la riduzione del numero delle settimane oltre le quali si può interrompere una gravidanza.
La professoressa Del Fabbro non fa nessuna distinzione tra precetti morali positivi (che indicano un bene da fare) e negativi (che indicano un male da evitare) che è uno degli elementi fondamentali di ragione e di rivelazione della morale.
I primi sono di vario genere e si può discutere per trovare la giusta misura.
Ma con i secondi no: essi sono sempre un male e davanti ad essi la politica si deve fermare.

Sfortunato il popolo la cui politica non ha limiti da non oltrepassare.

da: Vita Nuova, periodico della Diocesi

(altro…)

Continua a leggereVescovi coraggiosi: Trieste

Vescovi fifoni: Cagliari

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

La Chiesa che si condanna alla peggiore mondanizzazione

by Corrado Gnerre · 24 giugno 2016

 

Ho ascoltato la breve, ma incisiva, omelia di don Pusceddu (vedasi: https://www.youtube.com/watch?v=_IdVKz0I-20 ).
Omelia ormai diventata famosa perché, “sbattuta” sui media, ha provocato una tale reazione che si parla ormai di oltre 30.000 firme rivolte a papa Francesco affinché si prendano provvedimenti contro il sacerdote.

Ebbene, l’omelia (come potete aver modo di ascoltare), non ha nulla di scandaloso, è condivisibile, e soprattutto risponde pienamente a quello che deve essere il dovere di ogni cattolico, in particolar modo di ogni sacerdote e pastore: predicare la Verità e difendere il gregge da lupi che vorrebbero diffondere gli errori più nefasti.

Intanto il vescovo di Cagliari, monsignor Miglio, è intervenuto, ma non per difendere il sacerdote come era suo dovere, bensì per imporgli il silenzio.

Un atto del genere non solo è un tradimento alla Verità, ma è un ulteriore segno di una pericolosissima deriva, che sembra ormai inarrestabile nella Chiesa contemporanea. Mi riferisco alla deriva di una completa “mondanizzazione”.

Sono tempi, questi, in cui sentiamo “belle parole” contro la ricchezza, contro le tentazioni di potere che minaccerebbero tanti ambienti ecclesiali…
Eppure, mai come in questi tempi, la Chiesa, dai vertici fino al basso, sta patendo la peggiore mondanizzazione che possa esistere.

La mondanizzazione più pericolosa, infatti, non è farsi condurre da un’auto di lusso né tantomeno soggiornare tra arazzi e dipinti rinascimentali, bensì “acconciarsi” alla mentalità del mondo, aver paura del suo giudizio e ridursi al silenzio.
Ubbidire al mondo, piuttosto che lavorare per la sua salvezza.

Ma è mai possibile che non si riesce a capire che con questo atto monsignor Grillo non costringe al silenzio un suo sacerdote ma se se stesso?

Scrivo queste cose nella festa di san Giovanni Battista e mi chiedo: cosa farebbe monsignor Miglio se avesse tra i suoi il Battista, ridurrebbe anch’egli al silenzio?

San Giovanni Battista la cui predicazione era troppo “escludente”.
San Giovanni Battista che non sapeva giudicare tenendo presente i casi particolari.
San Giovanni Battista che pretendeva ammonire l’errante e rammentargli il triste destino della dannazione eterna.
San Giovanni Battista espressione di un cristianesimo troppo “ideologico”, “rigoroso”, poco “misericordioso” e “integrista”.

Ma dove stiamo andando?

Che il Signore e Maria Santissima ci rendano quanto prima la grazia di far sì che nella loro Chiesa possa risplendere pienamente – e senza vergogna alcuna! – la Verità nella sua bellezza e integrità.

 

[Clicca su Leggi tutto per il commento di "Notizie ProVita"]

(altro…)

Continua a leggereVescovi fifoni: Cagliari

G. Barra: una nuova strada…

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

  Soli?

Il Timone – N° 154 – giugno 2016

 

Egregio Gianpaolo Barra,
[…] mi scusi se le porgo una domanda che forse le creerà qualche imbarazzo. Ma è una domanda che faccio a me da tanto tempo e finora non ho trovato risposta: non le sembra che in questi tempi noi cattolici che crediamo ancora all'urgenza di difendere i "principi non negoziabilI" siamo stati abbandonati dai nostri pastori? Mi trema la mano, dico la verità, mentre scrivo: a me sembra, a partire da Papa Francesco e passando per tanti vescovi e tanti preti, che i nostri pastori ci abiano abbandonato in questa battaglia. […]. Scusi lo sfogo, ma tenere dentro queste cose mi fa male e se lei mi aiutasse a capire mi farà un gran piacere. Con immensa stima.
G.B. – e.mail

 

Caro amico,

ho tagliato l'elenco lunghissimo di esempi che lei porta a sostegno della sua impressione. Sono così tanti e ben dettagliati (contando le battute, si potrebbe quasi riempire un mezzo dossier del Timone) da rendere comprensibile l'eventuale passaggio dalla semplice impressione alla fondata certezza.

Che il Santo Padre Francesco e molti vescovi ci stiano indicando una nuova strada, nella quale la prorità di promuovere e difendere i cosiddetti "principi non negoziabili" non occupa più il primo posto, mi sembra un dato di fatto innegabile.

E che gran parte dei nostri pastori – duole dirlo – abbiano letteralmente abbandonato al proprio destino quei cattolici la cui vocazione è testimoniare Cristo anche contrastando quella rivoluzione antropologica che, distruggendo vita, famiglia e libertà di educazione, è un segno visibile dell'odio preternaturale a Dio e alla sua creazione, chi può negarlo?
Non basta, forse, l'esempio del “Family day” di gennaio scorso e della “Marcia per la vita” dello scorso maggio, completamente – o quasi – abbandonate a sé stesse?

Per quanto mi riguarda, allontano da me – a prezzo di qualche fatica, lo confesso – la tentazione di ergermi a giudice di chicchessia dei nostri Pastori. A loro, non a me, lo Spirito Santo ha affidato il compito di guidarci. Di questo risponderanno nel giorno del giudizio.

La constatazione di quello che lei, caro amico, giudica una sorta di abbandono non ci faccia però perdere né l'amore per il Successore di Pietro e i vescovi in comunione con lui, né – ci sia ben chiaro almeno questo – l'impegno a non deflettere di un solo millimetro dalle verità della fede che il Magistero perenne della Chiesa, fondato su sacra Scrittura e sacra Tradizione, ci ha insegnato, comandandoci di metterl e in pratica, e che sono tutte ben delineate nel Catechismo della Chiesa cattolica.

Da qui non ci muoviamo, venisse pure un angelo dal cielo a dirci che adesso è tutto cambiato.

Gianpaolo Barra
Fondatore de: Il Timone, rivista di apologetica

(altro…)

Continua a leggereG. Barra: una nuova strada…

Vescovi coraggiosi: ”non è immigrazione ma invasione”

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

  L'arcivescovo ungherese:
"L'immigrazione porta all'islamizzazione dell'Europa"

In occasione di una conferenza ha spiegato che l'Islam ha come chiaro obiettivo quello di esportare i propri valori.
E che in questo momento i flussi stanno fungendo da vettore per questo loro fine

di Robert Favazzoli

 

L'immigrazione è un veicolo che rischia di portare all'islamizzazione dell'Europa. A dirlo è Gyula Márfi, arcivescovo di Veszprém, una delle principali autorità ecclesiastiche dell'Ungehria.
In occasione di una conferenza dal titolo 'Problemi demografici nel Mediterraneo nel 19° e 20° secolo' non ha usato mezzi termini.

Penso che la migrazione prevalentemente non abbia cause, ma scopi specifici" ha detto.
"Chi parla solo di cause mente o si sbaglia. La sovrappopolazione, la povertà o la guerra hanno solo un ruolo di secondo o di terzo grado nella migrazione.

Presso le famiglie musulmane nascono 8-10 bambini prevalentemente non per amore ma perché loro si ritengono esseri superiori e il Jihad impone loro di conquistare in qualche modo tutto il mondo” ha poi continuato.

Nella Shari’ah possiamo leggere che il mondo è costituito dal Dar al-Islam e dal Dar al-Harb, cioè territorio di guerra che in qualche modo va occupato. Questo è scritto, i musulmani devono solo impararlo a memoria. Discuterne è vietato, loro eseguono solo ciò che devono fare".

Secondo l'arcivescovo l'attualo obiettivo degli islamici sarebbe quello di consuistare l'Europa, che non è pronta a rispondere all'attacco. “Momentaneamente lo scopo è quello di occupare l’Europa, dove momentaneamente tutti credono ciò che vogliono, ma generalmente nessuno crede niente. Questo è un terreno ideale da conquistare per l’islam”.

L'arcivescovo ha poi aggiunto che nessun continente può sopravvivere a lungo senza un’ideologia forte e che bisognerebbe accorgersene e prendere seriamente in considerazione il fatto che la migrazione ha come scopo finale l’islamizzazione dell’Europa.

Bianka Speidl, un’esperta di islam, recentemente ha riferito che ad una conferenza tenuta sull’islam a Londra un professore musulmano americano ha chiesto scusa per gli atti terroristici con cui mettono in cattiva luce l’islam. Gli universitari musulmani presenti in grande numero gli hanno fischiato come risposta. Bisogna meditarci e considerarlo”.

Se l’Europa diventa Dar al-Islam, allora essa cesserà di esistere. Questo lo dobbiamo considerare, come accettare l'idea che ciò porterebbe alla fine della libertà e dell’uguaglianza”.

(altro…)

Continua a leggereVescovi coraggiosi: ”non è immigrazione ma invasione”

Se la Chiesa si fa del male. Da sola.

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Ci sono episodi che fanno pensare che la Chiesa, o almeno qualcuno in essa, soffra di pulsioni autolesionistiche. Combinate però a impulsi di potere centralizzante.

di Marco Tosatti per La Stampa 

E’ di questi giorni la notizia che la Chiesa di Bruxelles, guidata dal neo arcivescovo Jozef De Kesel, creatura di quel card. Danneels gran consigliere del Pontefice, e coinvolto pesantemente in casi di protezione di abusi su minori, ha deciso di non dare più ospitalità alla Fraternità dei Santi Apostoli.
La Fraternità, operante da tre anni, era stata creata il 7 aprile del 2013 da monsignor André-Joseph Léonard, e in tre anni ha attirato 27 membri, sei sacerdoti e 21 seminaristi.  

Tutto questo in un Belgio, e in un’Europa, in cui il cristianesimo, per non parlare delle vocazioni, stanno scomparendo.  

La Fraternità è nata avendo come modello una sacerdote francese, padre Michel-Marie Zanotti-Sorkine, della cui vita avventurosa potete leggere qui.
Alla Fraternità sono state affidate due parrocchie, e il nuovo arcivescovo riconosce che funzionano: del nuovo arcivescovo: “La Fraternità riesce a sensibilizzare i giovani alla bellezza della vocazione e al ministero del sacerdozio diocesano”.
La Fraternità punta molto sulla vita comunitaria e “bisogna sottolineare quanto questa opzione fondamentale sia preziosa per la vita di un prete”. 

Ma il nuovo arcivescovo, forse in opposizione all’opera del suo predecessore, ha deciso che la Fraternità dovrà abbandonare la diocesi e il Paese, perché molti suoi sacerdoti sono francesi. Per i dettagli leggete la storia completa su Tempi .    

Ma sembra quasi che le troppe, tante vocazioni diano fastidio.  

Non si può non pensare al caso dei Francescani dell’Immacolata, fiorentissimo, che – secondo alcuni – si vorrebbero distruggere nella loro identità, per convogliarli in ordini storici in sofferenza di vocazioni.
Una congregazione commissariata senza motivazioni chiare, e bersagliata (soprattutto il suo fondatore) da una campagna mediatica di denigrazione e accuse non provate, forse manovrate da qualcuno all’interno della congregazione stessa.  

Così come era pieno di seminaristi e vocazioni il seminario della diocesi di Ciudad del Este, al confine con l’Argentina, il cui vescovo, Rogelio Ricardo Livieres Plano, fu dimesso, senza chiare motivazioni, e senza aver potuto parlare con il Papa, e morì un anno più tardi, nell’agosto del 2015.  

Ed era ricca di seminaristi – a differenza del resto della Spagna – la diocesi di Saragozza, il cui vescovo, Manuel Ureña Pastor, era appunto accusato di essere troppo largo nell’accogliere vocazioni. “Ma se uno bussa alla mia porta, e non c’è motivo per mandarlo via, perché non devo accoglierlo?” diceva.
Il suo vero problema, a quel che pare, era di non essere “allineato” con i vescovi progressisti, che indicano al Pontefice scelte e strategie in Spagna.  

Decisioni che, se accompagnate da documenti come quello della Congregazione per i Religiosi sui nuovi istituti diocesani e il potere dei vescovi , fanno pensare a un desiderio oscuro di tarpare le ali allo Spirito.  

(altro…)

Continua a leggereSe la Chiesa si fa del male. Da sola.

Cardinali coraggiosi: il leone Cañizares

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 All'offesa contro la religione, i cattolici rispondono in forze, con la preghiera. Il card. Cañizares, recentemente attaccato, spiega che è suo compito dire la verità, anche se “politicamente scorretta”. 

Valencia. Dopo i manifesti blasfemi, migliaia di cattolici in piazza per la Vergine

19 giugno 2016 – Federico Cenci per https://it.zenit.org/

 

La Chiesa militante è ancora viva. Lo hanno dimostrato non con sterili profluvi di parole, ma con una testimonianza visibile e massiccia, scandita dalla preghiera, i migliaia di cattolici scesi in strada a Valencia, giovedì scorso, ad onorare Maria Santissima.

Si sono riuniti nel tardo pomeriggio in Piazza della Vergine, rispondendo così alla convocazione del loro Arcivescovo, il card. Antonio Cañizares Llovera, di un atto di riparazione nel quale si è pregato il Santo Rosario, seguito da una Messa celebrata nella Cattedrale della città.

Il porporato ha deciso di mobilitare in questo raduno spirituale i fedeli della diocesi dopo che, nei giorni scorsi, sui muri della città spagnola erano apparsi dei manifesti blasfemi, che ritraevano un bacio tra la Virgen de los Desamparados e la Virgen de Montserrat (due Madonne particolarmente venerate a Valencia e in Catalogna) con la frase “Contro la sacra oppressione. Ama come ti pare”.

La sacrilega rappresentazione era stata affissa per pubblicizzare un “gay pride” nella città. Anche la Conferenza episcopale spagnola era intervenuta con una nota, nella quale si evidenzia che un simile manifesto “va ad alimentare una spirale che attenta contro il libero esercizio della libertà religiosa, così come la libera predicazione del Vangelo in una società pluralista”.

Spirale che aveva conosciuto appena qualche giorno prima un’altra tappa. Il card. Cañizares aveva osato criticare una legge in discussione nel Parlamento della Comunidad Valenciana, la quale, se approvata, obbligherebbe le scuole statali a svolgere corsi di educazione sessuale a bambini anche piccoli, prevedendo persino il cambio di sesso nei confronti dei minori, mediante percorsi farmacologici e chirurgici, anche senza il permesso dei genitori.

Contro Cañizares si era scatenato un fuoco di fila mediatico, come ha riportato ZENIT. La procura di Valencia ha aperto un fascicolo a seguito della denuncia presentata da alcuni gruppi lgbt nei suoi confronti, le toghe hanno confermato di aver avviato l’esame e che entro sei mesi decideranno se procedere o archiviare il caso. L’Arcivescovo di Valencia rischia una pena fino a tre anni, tale è la massima punizione prevista dalla legge per il reato di “incitamento all’odio”.

Malgrado la dura accusa ricevuta, il card. Cañizares giovedì scorso è apparso sereno, intento a rispondere con la preghiera a chi predica ostilità avvelenando il clima sociale e offendendo la sensibilità religiosa.

Egli ha precisato che questo atto di riparazione è offerto “per l’unità e la convivenza”, pertanto non va confuso con un “gesto politico o di protesta”. I fedeli – ha proseguito – si recano a pregare senza brandire alcun vessillo e senza ostentare sigle, ma “semplicemente mantenendo il senso religioso che questo atto richiama”.

L’Arcivescovo di Valencia ha chiesto di pregare per le vittime di Orlando, così come per tutte le vittime di violenze e terrorismo. Inoltre “per tutti coloro che sono perseguitati o maltrattati a motivo della loro fede, per la cessazione di ogni violenza contro la persona umana e la sua dignità”.

Ha sottolineato poi che rendere omaggio alla Virgen de los Desamparados – la cui statua è stata portata in processione – è un gesto in favore di tutti, nessuno escluso, perché questa Madonna “è parte della nostra identità culturale”, anche se taluni vorrebbero cancellarla a colpi di ideologia.

Non è mancato, nella sua omelia, un riferimento proprio all’ideologia gender. Ha ribadito che si tratta della “peggiore di tutte le ideologie della storia”, perché ha la pretesa di eliminare il concetto di “creazione” a beneficio di un’autodeterminazione dell’uomo nei confronti della propria natura.

Ha rilevato che, se avesse timore ad esprimersi così, lui sarebbe “un cattivo vescovo”. Per questo continuerà ad insegnare la verità, “anche se alcuni non lo tollerano”, alludendo a “gruppi politici o poteri economici”. Con riferimento alla legge la cui critica gli è costata la gogna pubblica, il cardinale ha invitato i cattolici a fare obiezione di coscienza.

“Devo andare controcorrente anche se questo è politicamente scorretto, come ha fatto Gesù”, ha soggiunto, ricevendo gli applausi scroscianti dei fedeli accalcati nella Cattedrale.  Al termine della celebrazione, l’Arcivescovo Cañizares ha impiegato molto tempo per uscire, giacché in tanti lo hanno avvicinato per manifestargli il loro sostegno e la filiale obbedienza. A concelebrare insieme a lui, come riferisce l’agenzia spagnola AciPrensa, c’erano quasi cento sacerdoti, tra i quali alcuni vescovi.

(altro…)

Continua a leggereCardinali coraggiosi: il leone Cañizares

Chiesa di Bologna: in marcia verso la povertà!

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Svolta "misericordiosa" anche a Bologna; la priorità va a: dialogo con l'islam, lotta all'omofobia, celebrazione della CGIL e accoglienza a immigrati e carcerati.
 Il plauso del "Manifesto – quotidiano comunista": dalla nuova pastorale sembrano scomparsi divorzio, aborto, droga e valori non negoziabili.
 
Il nuovo arcivescovo di Bologna, insediatosi nel dicembre 2015, procede con decisione a rendere la Chiesa felsinea più povera:
– E' di pochi giorni fa il riconoscimento come difensore della "dignità dell'uomo, dei diritti della persona" rivolto alla più dura delle organizzazioni sindacali comuniste, la Fiom-CGIL.
– Nella stessa occasione, Mons. Zuppi schiera i cattolici nella "lotta contro l'omofobia"
– Prima storica visita di un Vescovo bolognese a una moschea: "costruiamo ponti" con chi fa guerra da 1.500 anni.
– A tal fine la Diocesi ha un grande bisogno di un "Sì alla moschea e feste musulmane nelle scuole".
– Misericordia e comprensione anche verso Marco Pannella, promotore dei maggiori attacchi verso la fede cattolica negli ultimi 40 anni.
– Nuova destinazione per le finanze diocesane: sostegno a chi occupa le case altrui e potenziamento dell'accoglienza di immigrati
– Misericordia senza condizioni anche per chi è colpevole di reati.
– E per il ballottaggio elettorale, nessun riferimento ai "valori non negoziabili".

 E i fedeli? Plaudono all'arcivescovo emerito Card. Caffarra e al Card. Biffi:

Dibattito fra mons. Caffarra e l'ex prete di strada, Zuppi, sulla figura del cardinal Biffi

Bologna, duello fra arcivescovi
Una Chiesa più povera di cultura è solo più ignorante

 di Alessandra Nucci 

 

«Una chiesa più povera di dottrina non è più pastorale ma solo più ignorante». Sono parole scandite con sorridente vigore da Carlo Caffarra, cardinale emerito di Bologna, e scatenano uno scroscio di applausi spontanei molto significativi. Siamo nella sala dello Stabat Mater dell'Archiginnasio di Bologna, per la presentazione di Ubi Fides Ibi Libertas [Ed.Cantagalli 2106] libro commemorativo nel primo anniversario della scomparsa del cardinale Giacomo Biffi.

Sono presenti, assieme per la prima volta, l'attuale arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Maria Zuppi e, appunto, l'arcivescovo emerito, Cardinal Caffarra, che ha potuto lasciare la guida della diocesi soltanto l'ottobre scorso, due anni dopo aver raggiunto l'età pensionabile.

Il moderatore, il giornalista Paolo Francia, aveva introdotto l'evento come una disfida fra il principe della Chiesa, qual è il cardinal Caffarra, e «il principe laico di Bologna», Fabio Roversi Monaco, rettore del nono centenario dell'Alma Mater e padre del museo della città, Genus Bononiae. Ma gli applausi all'etichetta di «ignorante» assestata da Caffarra alla «Chiesa più povera di dottrina» segnalano piuttosto l'inizio di un derby fra i due leader della diocesi, cordiali e distesi entrambi ma così diversi da rappresentare il carattere delle due diverse Bologne che convivono da settant'anni in un'unica città.

«Si assiste a una progressiva delegittimazione della cultura», sale sul ring l'emerito. «In nome di un impegno supposto più pastorale. Ma una Chiesa più povera di dottrina non è più pastorale, è solo più ignorante, e quindi più soggetta alle pressioni del potente di turno». È chiara a tutti, e sottolineata dal battimani, la sfida alla Chiesa di Bergoglio, di cui mons. Zuppi è chiaramente figlio.

Ma non basta. Nell'epoca degli altolà all'evangelizzazione, a rischio proselitismo, e regnante papa Francesco, che è arrivato di recente a paragonare la propagazione dell'islam con la spada, predicata da Maometto, con il comando missionario di Gesù, Caffarra ricorda anche che «l'impegno precipuo di Giacomo Biffi era di annunciare a tutti, compresi i musulmani, lo splendore della verità». Per concludere infine focalizza l'importanza della tradizione, come definita da T.S. Eliot: «È il momento presente del passato».

Dal suo angolo, anche il padrone di casa Zuppi scende in campo sul terreno della tradizione, invitando a guardarsi dalla tentazione alla «conservazione», sia individuale sia collettiva. Anche le sue sono accuse indirette: «La tradizione non è solo fissità», «La tradizione non deve pensare solo per stereotipi» dice, e soprattutto: «La tradizione non è paura delle differenze». In conclusione un'apertura: «Si eredita qualcosa che è stato seminato da altri, è questo il vero senso della tradizione».

La celebrazione cade in un momento particolarissimo per la città di Bologna, sia sul piano laico (che domenica vede un inedito ballottaggio per il sindaco) sia sul piano religioso, per l'ancor recente insediamento dell'«ex-prete di strada» assurto a guida di una Curia che per taluno è stata la più conservatrice d'Italia, in una città un tempo vetrina del più potente partito comunista d'occidente.
Così ognuno ha capito il duello di ingegni intorno alla figura oggi più nota fra i successori di San Petronio, Caffarra giocando in casa e Zuppi, che il cardinal Biffi non lo ha conosciuto, sulla base di letture e con frequenti riferimenti all'ex-segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, seduto in prima fila. Nel contributo al testo infatti Bersani si dichiara grato per la «sorridente brutalità» biffiana, la cui sferza influì sui suoi anni da presidente della Regione.

La leale contesa non si chiude qui, perché l'11 luglio, alla messa per l'anniversario della morte di Giacomo Biffi, l'arcivescovo in carica ha offerto all'emerito (cioè Caffarra) di tenere lui l'omelia, e l'emerito ha accettato.

 

(altro…)

Continua a leggereChiesa di Bologna: in marcia verso la povertà!

Diocesi Cuneo. Sindrome giovanilistica clericale?

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

 Cristo è rock? L'ennesimo scempio (a)liturgico a Cuneo 
 (Riflessioni di un giovane studente pubblicate dal blog
messainlatino.it)
 
Vinadio è un ridente paese della Valle Stura, tra le Alpi Marittime e Cozie, a pochi chilometri dal confine francese, nel territorio della Diocesi di Cuneo.
Qui tutto è circondato dalla bellezza maestosa delle montagne; al centro del paese si erge lo straordinario Forte Albertino, capolavoro di ingegneria militare voluto da Carlo Alberto nel 1834 a difesa delle valli circostanti.

Ecco il luogo scelto per l'infausto evento che si è tenuto sabato 4 giugno: per l'ennesima volta il gruppo della Pastorale Giovanile della Diocesi di Cuneo ha proposto come momento culmine dell'Anno Pastorale, e in attesa della GMG, una fantomatica Messa “rock”.
Sì, proprio quella… e pensare che siamo nel 2016, non nei lontani anni Settanta!
Speravamo di non dover più dare risonanza a simili deprecabili fatti, ma purtroppo la storia si ripete, come ad Albiano (TN) nel 2012 ed in molte altre diocesi italiane.
 
L'iniziativa ha goduto di ampia risonanza a livello diocesano, a cominciare da una massiccia campagna di promozione sui cosiddetti social networks, fino alle pagine della locale stampa “cattolica”.
Le voci contrarie, come sempre in questi casi, sono state prontamente zittite da coloro che, pur professando liberalità, si dimostrano intransigenti e chiusi ad ogni forma di confronto con opinioni diverse dalle loro e con tutto ciò che possa essere tacciato di eccessiva “cattolicità”.
Chiunque conosca minimamente la situazione ecclesiale piemontese, marcata da anni di progressismo sfrenato e senza regole, saprà benissimo delle difficoltà che si incorrono nel professare la fede cattolica nella sua integrità, quando si tenta di smontarla quotidianamente e di far passare per buono soltanto l'eterodosso. 
 *
Come sempre in questi casi, non mancano potenti mezzi organizzativi: uno spot promozionale (come se ci fosse bisogno di questo per invitare ad una Messa!) è stato caricato su YouTube ed è già tutto un programma.
Così sentenzia lapidariamente un commento al video: “Questo spot non ha nulla di religioso”. Eppure l'eco a livello diocesano non sembrava sufficiente, quindi è intervenuta la Pastorale Giovanile della CEI a promuovere la celebrazione sul suo sito internet e a livello nazionale, in barba ad anni di Magistero Papale e di documenti sulla Sacra Liturgia: se addirittura il sito ufficiale della Chiesa Italiana ha creduto di dover dare risonanza a tale spettacolo, siamo messi proprio male. 
Il card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, interviene spesso (e molti interventi sono puntualmente ripresi da Messainlatino.it) a difesa della giusta interpretazione della liturgia e contro ogni abuso, ma pare che il clero modernista non faccia caso a certi discorsi, pronto com'è a tirare sempre dalla propria parte il Santo Padre e avendo dimenticato (o mai imparato) anni di insegnamenti sulla liturgia che ci sono stati impartiti da San Giovanni Paolo II (come non pensare in modo particolare all'istruzione Redemptionis Sacramentum), da Benedetto XVI-Joseph Ratzinger, prima da cardinale e poi da papa col costante esempio nella prassi liturgica, e non da ultimo da Francesco, che ha voluto al Culto Divino una persona autorevole in materia come il card. Sarah. 
Sarebbe salutare che certi sacerdoti meditassero su questa affermazione del cardinale Prefetto, rilasciata durante un'intervista per l'Osservatore Romano (12 giugno 2015): “Attuare la liturgia non è dunque altro che attuare l’opera di Cristo. La liturgia è nella sua essenza 'actio Christi': l’'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio" (n. 5). 
È Lui il grande sacerdote, il vero soggetto, il vero attore della liturgia (cfr. n. 7).
Se questo principio vitale non viene accolto nella fede, si rischia di fare della liturgia un’opera umana, un’autocelebrazione della comunità.”
A giudicare dalle fotografie pubblicate sulla pagina Facebook dell'evento, possiamo affermare che questa Messa “rock” è stata proprio un'autocelebrazione, non tanto della comunità, che pure è accorsa attirata forse da un senso di “novità provincialotta” (cit.), quanto dei sacerdoti che hanno organizzato l'evento, non disdegnando danze e sceneggiate che nulla hanno a che vedere con la liturgia, ma che possono definirsi semplicemente delle pagliacciate.
Perché, se la locandina appositamente preparata per sponsorizzare la Messa dice che la “bellezza è rock”, beh a noi sembra che ben poca bellezza traspaia da queste immagini. 
O allora i nostri canoni di bellezza sono diversi e non siamo sufficientemente “rock” per comprenderli. 
Non si illudano gli organizzatori, che avranno a loro favore il numero impressionante di persone giunte per l'occasione (sono stati organizzati addirittura dei viaggi in pullman): chiediamoci piuttosto quanti di quei giovani frequenteranno almeno una tantum, per non osare dire assiduamente, la Santa Messa domenicale nelle loro parrocchie d'origine?
Quantità non è sempre sinonimo di qualità. 
Eppure, a ben pensarci, quei fedeli che hanno partecipato magari con fede all'evento non ne possono nulla se sono stati così tratti in inganno da pastori tramutati in lupi, che inculcano ai semplici una fede, e in questo caso un senso della liturgia, a buon mercato.
D'altra parte spesso è il clero che sradica il desiderio del sacro che alberga nei cuori dei fedeli, relegando in un angolo quel Cristo che definiscono irruente come il rock, per fare spazio all'uomo, all'io e ai suoi capricci. 
I giovani meritano di più di questa gente: meritano sacerdoti che comincino a prenderli sul serio, che non si limitino ad offrire solo cose basse ed in linea con la moda del momento, ma li spingano alla ricerca delle realtà ultraterrene.
Finché non si abbandonerà quest'ottica terrena, che poi altro non è che la “mondanità” contro la quale quotidianamente si scaglia il Santo Padre, ecco che il Forte Albertino sarà forse pieno in occasione della Messa “rock”, ma le chiese resteranno tristemente vuote la domenica mattina e i seminari diocesani abbasseranno le serrande per mancanza di manodopera.
Che non sia questo il desiderio di taluni? 
 
AP

(altro…)

Continua a leggereDiocesi Cuneo. Sindrome giovanilistica clericale?

La TV dei Vescovi o gay.tv?

  • Categoria dell'articolo:Chiesa

  Ho visto anche io la trasmissione su TV2000, e sono rimasto basito. Mentre scorreva la trasmissione mi assaliva lo sconforto, lo smarrimento. In un primo momento ho pensato che fosse stato tutto inutile.
Tutto! Fosse stato tutto vano muoversi in questi due anni ad incontrare le persone, a discutere di gender, partecipare e preparare incontri pubblici, centinaia di telefonate, sopportare spese e sacrifici per organizzare pullman per il primo Family Day (contro il gender) ed il secondo (contro il matrimonio omosessuale).
E allora? Ho pensato che fosse stato tutto illusorio se l’emittente della CEI, quella dei vescovi italiani, alle dirette dipendenze di mons. Galantino, segretario della CEI, mette in onda una trasmissione sull'amore omosessuale, che viene, dunque, sdoganato.

di Sabino Paciolla
Fonte: CulturaCattolica.it
La trasmissione: https://www.youtube.com/watch?v=mkxUbJF6HX0

La trasmissione si chiama “Il diario di papa Francesco”; sul maxi schermo, che fa da sfondo allo studio, figura il papa che apre la Porta Santa; in studio tre giovani omosessuali, un prete ed una suora di una associazione “di frontiera”; un conduttore che “conduce le danze”; ciascuno con in mano la copia di pagine della esortazione apostolica AMORIS LAETITIA.
Il conduttore che inizia dicendo che si parlerà dell’AMORIS LAETITIA insieme agli ospiti omosessuali. Il genitore di uno dei giovani scrive che non vi è alcuna differenza tra l’amore di suo figlio per il suo compagno, e quello tra un uomo ed una donna.

Il sacerdote, partendo dal passo della Amoris Laetitia n. 250, afferma che l’esortazione “insiste che non è possibile continuare con una ingiusta discriminazione nei confronti di queste persone, vanno accolte, vanno accolte, a partire dalla loro identità, da quello che sono, dalla loro esperienza. Probabilmente non abbiamo ancora compreso, come Chiesa, l’esperienza dell’amore che può sorgere tra due persone omosessuali, stiamo cercando di capire che cosa significa, lo possiamo chiamare amore o no, vediamo, ma lo dobbiamo mettere sul tavolo, discuterlo.” (…) “Non possiamo noi, a partire da qualche principio teologico, dire questo è amore o questo non è amore. Dobbiamo sentire le loro esperienze, ascoltarli, dire che cosa vivono quando sono in coppia, quando vivono dalla mattina alla sera insieme, come se fossero famiglia, PERCHÉ PROBABILMENTE SONO FAMIGLIA. Allora noi che cosa abbiamo da dire a queste esperienze? Dobbiamo solo portare delle regole? Delle norme che dicono: voi non state vivendo quello che in realtà vediamo, ma è in realtà una illusione? Non possiamo andare avanti così. Non è questo quello che dice l’Amoris Laetitia, non è questo quello che dice il Papa”.

In questo crescendo rossiniano: “Come Chiesa, non abbiamo ancora compreso”, “stiamo cercando di capire”, “dobbiamo discuterlo”, “probabilmente sono famiglia”… che cosa si potrebbe concludere? Che l’amore omosessuale E’ FAMIGLIA?

Il passo dell’AMORIS LAETITIA, il n. 250, citato nella trasmissione a sostegno del matrimonio omosessuale dice: “Nei riguardi delle famiglie si tratta invece di assicurare un rispettoso accompagnamento, affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita”. Attenzione, dice testualmente, la “volontà DI DIO nella loro vita”, non quella degli uomini. Non quella che io mi costruisco a mia immagine e somiglianza.

Che cosa c'entra il modo di trattare l'argomento "amore omosessuale" di questa trasmissione con il catechismo della Chiesa cattolica?
Cosa c'entra il messaggio di questa trasmissione con la sapienza millenaria della Chiesa?
Dove è finito il catechismo che, al n. 2331, dice « Dio creò l'uomo a sua immagine; […] maschio e femmina li creò » (Gn 1,27); « Siate fecondi e moltiplicatevi » (Gn 1,28). Al 2335 dice: “L'unione dell'uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare, nella carne, la generosità e la fecondità del Creatore”. Al 2336 dice: “Gesù è venuto a restaurare la creazione nella purezza delle sue origini. Nel discorso della montagna dà un'interpretazione rigorosa del progetto di Dio: « Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio" (Mt 5,27-28) (“atti impuri” nella nuova formulazione catechistica).
Al 2357 dice: “La Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono INTRINSECAMENTE DISORDINATI ». Sono CONTRARI ALLA LEGGE NATURALE. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. IN NESSUN CASO POSSONO ESSERE APPROVATI”.
Al 2361 dice: ”La sessualità si realizza in modo veramente umano solo se è parte integrante dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte ».
Infine san Paolo ci ammonisce: "Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Egualmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne" (Romani 1, 26-28).

In quindici minuti di trasmissione viene "fatta fuori" la tradizione millenaria della Chiesa; viene "sbriciolata" la Familiaris Consortio di san Giovanni Paolo II. E questo è il segno di un dramma che stiamo vivendo!

Perché illudere quei giovani? Perché far loro un discorso sentimentale, evitando di andare alla verità del significato dell’amore? Quando (ad esempio) si parlerà di “paternità” e “maternità”, cosa si dirà a quei giovani? Gli si dirà la verità che dice il Catechismo? Quella che al n. 2378 recita: “Il figlio non è qualcosa di dovuto, ma un dono. Il « dono più grande del matrimonio » è una persona umana. Il figlio non può essere considerato come oggetto di proprietà: a ciò condurrebbe il riconoscimento di un preteso « diritto al figlio»”. Perché la verità bisogna dirla, se l’amore omosessuale è intrinsecamente sterile, allora si apre la strada della “fabbricazione” dei figli, e si dovrà dunque ammettere un immaginato « diritto al figlio».

Ho ovviamente un grande rispetto per gli omosessuali, poiché a tutte le persone è stata donata la stessa dignità, e sono dunque contro qualsiasi discriminazione.
Ma sentire in trasmissione il sacerdote dire: “Non possiamo noi, a partire da qualche principio teologico, dire questo è amore o questo non è amore” ma “DOBBIAMO DISCUTERLO”, senza che qualcuno lo contraddica, con tutto il rispetto per la persona del sacerdote, ma questo discorso non potrebbe prestare il fianco ad una critica di "protestantesimo"?,

Fu proprio don Giussani a dire che "il mio parere è che certa teologia cattolica ha assunto accenti protestanti. Da dove nasce questo spirito protestante? Dalla riduzione del cristianesimo a parola (non più Dio che si fa carne, ndr.) (…) Se il cristianesimo fosse solo Parola di fronte al problema “Qual è l’ultima cattedra per interpretare questa Parola?” non si potrebbe che rispondere come ha risposto l’epoca moderna: la coscienza individuale. Questo è il protestantesimo" (da “L’io, il potere, le opere”, pag. 206).

Dicevo all’inizio che mentre scorreva la trasmissione sono stato preso dallo scoramento. Mi è però di conforto il ricordo delle parole di Paolo VI dette a Jean Guitton, l’8 settembre 1977, pochi mesi prima di morire: "C'è un grande turbamento in questo momento nel mondo della Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: "Quando il Figlio dell'Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla Terra?".

Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo, secondo me, è strano. Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi sempre pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo. Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia".

Paolo VI parlava di libri, oggi, purtroppo, dovremmo aggiungere “trasmissioni”.

(altro…)

Continua a leggereLa TV dei Vescovi o gay.tv?