Perché è così delicata la lenta scelta dei nuovi vescovi a Milano e Torino
di Paolo Rodari
L’arrivo alla guida della “fabbrica dei vescovi” del cardinale franco canadese Marc Ouellet, ratzingeriano di ferro fin dai tempi della collaborazione alla rivista Communio fondata in alternativa alla rahneriana Concilium, mescola le carte in tavola in vista delle due nomine italiane più attese: i nuovi arcivescovi di Torino e Milano. Benedetto XVI ha preso dal cardinale Giovanni Battista Re, ex prefetto ai vescovi, capofila della scuola “bresciana” di derivazione montiniana, il dossier delle due prestigiose diocesi e in questi giorni lo consegna nella mani di Ouellet, porporato vergine agli ambienti della curia romana e ai diversi interessi che ruotano attorno alle due ricche diocesi del Nord.
Fino a qualche settimana fa tutto sembrava deciso. Il cardinale Tarcisio Bertone, piemontese che conosce da vicino la realtà di Torino e che non è alieno al mondo curiale-finanziario milanese (il suo primo discorso davanti al gotha della finanza bianca avviene tre anni fa alla Ca’ de Sass, “sancta sanctorum” della Cariplo, oggi di Intesa-Sanpaolo) aveva già fatto intendere le sue preferenze per sostituire Severino Poletto e Dionigi Tettamanzi.
In questi giorni il vercellese vescovo di Alessandria, Giuseppe Versaldi, avrebbe dovuto sostituire Poletto mentre Gianfranco Ravasi, brianzolo, presidente del Pontificio consiglio della cultura, luminare delle sacre scritture e divulgatore della fede capace di farsi ascoltare anche dagli uditori meno vicini alla sensibilità cattolica, teologo cresciuto alla scuola del cardinale Carlo Maria Martini quando questi insegnava al Pontificio Istituto Biblico, era il nome sulla bocca dei più per salire sulla cattedra di Ambrogio dopo Tettamanzi.
L’impressione è che l’arrivo di Ouellet abbia modificato le cose. Anzitutto la nomina del successore di Poletto è slittata a dopo l’estate.
Il candidato principe resta Versaldi, seguito a ruota dagli altri desiderata di Bertone: il nunzio in Italia Giuseppe Bertello, il vescovo di Ivrea Arrigo Miglio, e come ultima chance il vescovo di Vicenza, di scuola ruinina, Cesare Nosiglia.
Nelle ultime settimane, però, questi nomi hanno fatto parlare troppo, e troppo aspramente, le diverse anime della chiesa torinese. Tanto che i continui borbottii da Torino sono arrivati a Roma.
E il risultato è che il Papa ha preso tempo vagliando anche altre ipotesi: tra queste quella di un outsider, un candidato non piemontese come potrebbe essere il rettore uscente della Gregoriana, il canonista gesuita Gianfranco Ghirlanda. Stesso discorso per Milano dove però, visti i tempi più lunghi, l’influenza di Ouellet dovrebbe essere più importante. Tanto che già si ipotizzano candidati oltre a Ravasi: il vescovo di Crema Oscar Cantoni e l’arcivescovo di Pisa Giovanni Paolo Benotto.
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