Famiglia Cristiana isolata dalla stampa cattolica

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Tutti i quotidiani vicini ad Oltretevere prendono le distanze dalla linea usata dalla rivista di Don Sciortino
L’input che si legge tra le righe sembra essere: «tenersi fuori dalla polemica tra Famiglia Cristiana (FC) e il governo». Lo si intuisce guardando i quotidiani cattolici di ieri: nessuno spazio alla notizia sull’Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede.

Un trafiletto di circa venti righe su Avvenire, quotidiano della Cei. Stessa cosa sui principali blog di stampo cattolico…
Del resto, le parole di Padre Lombardi sono chiare: il settimanale dei Paolini «non ha titolo per esprimere né la linea della Santa Sede né quella della Conferenza episcopale italiana», ribadendo che, per quanto Famiglia Cristiana sia una testata importante della realtà cattolica, le sue posizioni dipendono esclusivamente da scelte della direzione.
In sostanza: il Vaticano è una cosa, Famiglia Cristiana un’altra. E questo a scanso di equivoci o di "facili leggende popolari" per cui, siccome il settimanale dei Paolini è diffuso nelle chiese, significa che riporti direttamente il vatican-pensiero.

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Mons. Maggiolini: via Famiglia Cristiana dalle Chiese!

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FAMIGLIA Cristiana, il settimanale dei Paolini, in questo periodo ha parlato di pericolo del reinsorgere di qualche forma di fascismo in Italia e si è espressa in chiari giudizi politici.
L’Osservatore Romano ha precisato che quanto scritto da Famiglia Cristiana non manifesta la linea della Santa Sede.
Qualche osservazione:

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(OR) Mons. Chaput: Come far politica da cattolici

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Dare a Cesare quel che è suo

Da "L\’Osservatore Romano" del 12 agosto 2008

di Robert Imbelli

Questo nuovo libro dell\’arcivescovo di Denver, Colorado, benché sia rivolto principalmente ai cattolici, servirà anche a promuovere un dibattito molto necessario all’interno della Chiesa e al di fuori di essa. Inoltre, viene pubblicato in un momento particolarmente significativo: la vigilia di una delle più importanti elezioni presidenziali della storia americana recente.

Il testo può essere letto a diversi livelli, che si illuminano a vicenda. Il primo livello ci viene suggerito dal sottotitolo: "Servire la nazione vivendo il nostro credo cattolico nella vita politica".

Al centro della posizione dell’autore c’è il fatto che la fede, sebbene intensamente ed essenzialmente personale, non è però mai privata. Il rapporto con Dio attraverso Gesù Cristo è anche rapporto con altri in Gesù Cristo, come spiega benissimo la scena del giudizio nel venticinquesimo capitolo del Vangelo di Matteo.
Tuttavia, anche a prescindere da questo, la fede biblica ha sempre implicazioni sociali e persino politiche. Chiunque prenda sul serio la tradizione profetica dell’Antico Testamento lo riconosce subito. Il compimento della rivelazione in Gesù Cristo non fa che intensificare la vocazione del credente a promuovere l’avvento del Regno in ogni dimensione della vita umana.

La dottrina sociale della Chiesa cattolica – dalla "Rerum novarum" di Leone XIII, passando per la "Gaudium et spes" del Vaticano II fino al recente discorso alle Nazioni Unite di Benedetto XVI – è l’applicazione permanente di questa tradizione profetica ai contesti mutevoli della storia mondiale. L’arcivescovo Chaput esprime così la propria convinzione: "La Chiesa non rivendica il diritto di dominare la dimensione secolare, ma ha tutto il diritto – di fatto l’obbligo – di impegnare l’autorità secolare e di sfidare quanti la esercitano a soddisfare le esigenze di giustizia. In questo senso, la Chiesa cattolica non può stare, non è mai stata e non starà mai \’fuori dalla politica\’. La politica implica l’esercizio del potere. L’uso del potere ha un contenuto morale e conseguenze umane. Il benessere e il destino della persona umana sono decisamente materia, e speciale competenza, della comunità cristiana" (pp. 217-218).

D’altro canto vi sono personalità influenti, sia negli Stati Uniti sia in Europa, che cercano di ridurre la religione e la fede a un’opzione privata senza un ruolo pubblico da svolgere. Quindi cercano di edificare ciò che un critico definisce "a naked public square", una nuda pubblica piazza, rinchiudendo così la religione tra le pareti domestiche e secolarizzando totalmente la dimensione pubblica. (altro…)

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mons. Negri perplesso circa il periodico Famiglia Cristiana

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L’esecutivo tra applausi e attacchi
di Andrea Tornielli

«Paese da marciapiede, presidente spazzino, guerre tra poveri… Confesso che leggendo l’editoriale di Famiglia Cristiana mi sono chiesto il perché di questi toni».
È perplesso monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino e Montefeltro, dopo l’ennesima polemica suscitata dalle prese di posizione del settimanale cattolico paolino, che da qualche mese ha inaugurato una linea interventista, non risparmiando critiche a nessuno.

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Il motu proprio Summorum Pontificum un anno dopo (seconda parte)

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Il motu proprio Summorum Pontificum; un anno dopo (seconda parte)
Il bilancio di padre John Zuhlsdorf

di Annamarie Adkins  

MINNEAPOLIS (Stati Uniti), mercoledì, 9 luglio 2008 (ZENIT.org).- Nonostante sia apparso solamente un anno fa, il motu proprioSummorum Pontificum” di Benedetto XVI sulla forma tradizionale della Messa ha già avuto un forte impatto, sostiene un esperto di traduzioni liturgiche.

Padre John Zuhlsdorf, ex officiale della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, è un’autorità delle traduzioni liturgiche e del Messale del 1962. Scrive anche l’editoriale “What Does the Prayer Really Say?” (“Cosa dice realmente la preghiera?”) sul quotidiano The Wanderer ed è autore di un popolare blog con lo stesso nome.

Nella seconda parte di questa intervista, padre Zuhlsdorf parla con ZENIT dell’impatto che il “Summorum Pontificum” ha avuto sulla vita della Chiesa in questo suo primo anno. (altro…)

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Non è il sacerdote padrone dei misteri

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L’arte di celebrare il servizio liturgico

Una riflessione alla luce del magistero ecclesiale
di mons. Nicola Bux
 

Il sacerdote, per celebrare con arte il servizio liturgico, non deve ricorrere ad accorgimenti mondani ma concentrarsi sulla verità dell’eucaristia. L’Ordinamento generale del messale romano stabilisce:  "Anche il presbitero…quando celebra l’eucaristia, deve servire Dio e il popolo con dignità e umiltà, e, nel modo di comportarsi e di pronunziare le parole divine, deve far percepire ai fedeli la presenza viva di Cristo". Il prete non escogita nulla, ma col suo servizio deve rendere al meglio agli occhi e agli orecchi, ma anche al tatto, al gusto e all’olfatto dei fedeli, il sacrificio e rendimento di grazie di Cristo e della Chiesa, al cui mistero tremendo possono avvicinarsi quanti si sono purificati dai peccati. Come possiamo avvicinarci a lui se non abbiamo il sentimento di Giovanni il precursore:  "è necessario che egli cresca e io diminuisca"(Gv 3, 20)? Se vogliamo che il Signore cammini con noi, dobbiamo recuperare questa consapevolezza, altrimenti priviamo dell’efficacia il nostro atto devoto:  l’effetto dipende dalla nostra fede e dal nostro amore.

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Il motu proprio “Summorum Pontificum” un anno dopo (1)

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ZI08070803 – 08/07/2008
Permalink: zenit.org/article-14928?l=italian

Il motu proprio “Summorum Pontificum” un anno dopo (I)

Padre John Zuhlsdorf ne analizza gli effetti

di Annamarie Adkins

MINNEAPOLIS (Stati Uniti), martedì, 8 luglio 2008 (ZENIT.org).- Il motu proprio di Benedetto XVI “Summorum Pontificum” sulla forma tradizionale della Messa ha suscitato un aumento dell’interesse nei confronti della liturgia in latino, soprattutto tra i sacerdoti, afferma un esperto di traduzioni liturgiche.

Padre John Zuhlsdorf, ex officiale della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, è un’autorità delle traduzioni liturgiche e del Messale del 1962. Scrive anche l’editoriale “What Does the Prayer Really Say?” (“Cosa dice realmente la preghiera?”) sul quotidiano The Wanderer ed è autore di un popolare blog con lo stesso nome.

Nella prima parte di questa intervista rilasciata a ZENIT, il sacerdote parla del nuovo interesse per la Messa in latino e delle varie questioni sollevate dal motu proprio

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Card. Bagnasco: l’errore fondamentale del socialismo non è di carattere economic

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Non è stata la decrepitezza economica o una "modernizzazione ritardata" a causarne la fine, ma la negazione della "verità sull\’uomo"

Etica e nuovo umanesimo d\’impresa

Genova,
Sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale,
Convegno promosso dall\’ U.C.I.D.,
6 giugno 2008
(fonte:
http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=2307)

Premessa
Esiste una specie di paradosso nel valutare la cultura occidentale. Da una parte si riscontra un certo gusto del negativo e del disfattismo: viene veicolata, quasi con compiacimento, un\’immagine cupa della realtà. Dall\’altra, questo atteggiamento "oscuro" e "critico" non deve superare una certa soglia: non deve mettere in discussione le opzioni di fondo, la convinzione che la direttrice di marcia dello sviluppo storico sia il "progresso indefinito e messianico".
Esprimo tre convinzioni.

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L’ottimismo ingiustificato del card. Martini

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L’“Avvenire” di domenica 27 luglio ha dedicato un’intera pagina ad un articolo del cardinale Carlo Maria Martini dal titolo Quale cristianesimo nel mondo Postmoderno. Lo stesso testo era già stato pubblicato nel maggio scorso sulla rivista “America”, il settimanale fondato e diretto dai gesuiti degli Stati Uniti.

In questo articolo, l’ex Arcivescovo di Milano, che oggi ha 81 anni e dal 2002 risiede prevalentemente a Gerusalemme, esordisce con una domanda: «Che cosa posso dire sulla realtà della Chiesa cattolica oggi?».
La sua risposta è sconcertante: «Se dunque considero la situazione presente della Chiesa con gli occhi della fede, io vedo soprattutto due cose. Primo, non vi è mai stato nella storia della Chiesa un periodo così felice come il nostro. La Chiesa conosce la sua più grande diffusione geografica e culturale e si trova sostanzialmente unita nella fede, con l’eccezione dei tradizionalisti di Lefebvre; secondo, nella storia della teologia non vi è mai stato un periodo più ricco di quest’ultimo. (altro…)

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