15 maggio 2011 – Quarta domenica di Pasqua

Quarta domenica di Pasqua

LETTURE
Atti 2,14,36-41
Salmo 23
1Pt 2,20-25
Giovanni 10,1-10

TEMA DELLE LETTURE

Nel contesto liturgico dei misteri pasquali, celebriamo, oggi, Gesù Cristo come Buon Pastore. Il Maestro usa questa immagine in riferimento a sé nel Vangelo di san Giovanni. Egli è la Porta; tutti coloro che passano attraverso la Porta saranno salvati. Egli è il Buon Pastore che conduce il suo gregge su pascoli sicuri, perché né briganti né ladri possano rubare, sopprimere o distruggere il gregge.

Il salmo 22 ripropone l’immagine bucolica del Signore quale pastore e custode. Anche se può accadere di dover subire la persecuzione dei nemici, il salmista sperimenta un senso di sicurezza, grazie alla presenza e alla protezione del Signore.

La prima Lettera di san Pietro sembra riecheggiare le parole del capitolo 53 del libro del profeta Isaia, quando ricorda che tutti noi eravamo erranti come pecore, ciascuno perso per la propria strada. Gesù si assume il compito di radunare il gregge, quale pastore e custode delle nostre anime.

Gli Atti degli Apostoli riferiscono di Pietro che rivela come far ritorno al gregge del Signore, attraverso il pentimento personale, la purificazione del Battesimo e mediante l’accoglienza dello Spirito Santo.

MESSAGGIO DOTTRINALE

Il sacerdozio ministeriale. Le letture di oggi richiamano un aspetto centrale del sacerdozio ministeriale di Gesù: il sacerdote come pastore. La metafora deve essere compresa correttamente. Il sacerdote è uno che, in virtù della sua consacrazione, vive per gli altri. Il titolo "Padre", come "Pastore", essenzialmente esprime un rapporto aperto agli altri, così come il suo modo di essere per gli altri ben più di chi svolge una semplice e anonima funzione. È questo intenzionale (ed autentico) modo di essere per gli altri che anima tutto ciò che egli fa, dai sacri ministeri alle faccende più ordinarie. Questo spirito di carità è parte essenziale della santità e della fedeltà del sacerdote.

Riferimenti nel Catechismo: i paragrafi 1544-1553 trattano dell’unico sacerdozio di Cristo e del servizio ministeriale di carità.

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III Domenica di Pasqua

Terza domenica di Pasqua

 

Atti 2,14,22-33;
Salmo 16;
1Pt 1,17-21;
Luca 24,13-35

 

TEMA DELLE LETTURE
Nella lettura degli Atti degli Apostoli e nel salmo 15 viene messo in evidenza un collegamento tra l’Antico ed il Nuovo Testamento. Il salmo esprime l’affidamento che un cristiano fa della propria vita a Dio. Il Signore guida il salmista perfino "di notte", e questi sa che anche di fronte alla morte stessa il Signore proteggerà la sua vita e lo condurrà alla gioia piena ed eterna al suo fianco. San Pietro parla di un senso profetico del salmo di David. L’adempimento della promessa del Signore si è pienamente realizzato in Gesù Cristo, che fu messo a morte per decisione umana ed è risorto dai morti per la potenza di Dio. Lo Spirito di Dio è stato effuso nei cuori dei cristiani. È questo Spirito che muove noi cristiani, lungo il nostro pellegrinaggio qui sulla terra, a temere e a sperare nel Padre, dopo aver conosciuto la risurrezione di Gesù.

San Luca narra quanto accadde ai due discepoli che procedevano sulla via per Emmaus. Quel che è specialmente interessante sono i diversi livelli di conoscenza. Ai due discepoli viene prima chiesto di riferire i fatti della passione di Gesù, avvenuti nei giorni precedenti. Ed essi lo fanno quasi con distacco, con disincanto, limitandosi ad esporre i semplici fatti. Il "viandante" poi illumina, a loro beneficio, il significato scritturale di quegli stessi fatti, ad un secondo e più alto livello di conoscenza. Alla fine, la presenza di Gesù si rivela visibilmente ai loro occhi alla frazione del pane: un’esperienza che aveva avuto inizio lungo la strada (´Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?ª, v. 32), e che manifesta il senso personale di quegli stessi fatti.

 

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II DOMENICA DI PASQUA “della Divina Misericordia”

Seconda Domenica di Pasqua

LETTURE
Atti 2,42-47;
Salmo 118;
1Pt 1,3-9;
Gv 20,19-31

TEMA DELLE LETTURE

Il Vangelo di oggi narra l’impatto della presenza di Gesù Cristo, risorto dai morti, sui pavidi discepoli, timorosi del mondo. Nel linguaggio simbolico tipico di san Giovanni, il Vangelo riferisce del saluto di Gesù, del suo alitare sui discepoli e di come impartì loro lo Spirito Santo insieme al potere di rimettere i peccati. Il successivo racconto dell’apparizione di Gesù a Tommaso serve a dar rilievo al merito di coloro che, pur non avendo visto Gesù, crederanno nella sua presenza e nel suo insegnamento. Solo così il credente "avrà la vita" (v. 31).

Gli Atti degli Apostoli riportano le semplici caratteristiche della vita cristiana; la preghiera ed il sacrificio eucaristico, l’istruzione nella fede, la vita e le proprietà in comune. Questa genuina semplicità è motivo di ammirazione da parte degli altri.

Il salmo 117 narra di come il salmista si allieta della presenza e della potenza del Signore. In particolare, Egli ha protetto e salvato il giusto dalle persecuzioni e dagli attacchi dei nemici. Il rifiuto e l’apparente fallimento del salmista, che paragona se stesso ad una pietra, scartata dai costruttori, sono stati trasformati dal Signore in successo e rivendicazione, cioè in una pietra angolare.

La prima lettera di san Pietro parla di un’eredità che è garantita per coloro che rinascono come cristiani. Già ora i cristiani sono ricolmi di una gioia che è "indicibile e gloriosa" (v. 8). Con questa gioia si possono affrontare le prove della vita terrena, le quali purificano e fortificano la fede nella nostra eredità futura: la vita eterna.

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24 aprile – Pasqua

\"\"IL SANTO GIORNO DELLA PASQUA

di Dom Prosper Gueranger O.S.B.

MESSA
L\’ora di terza ha riunito nella Basilica tutti gli abitanti della città. Il sole, levatesi radioso, sembra riversi una luce più viva; l\’impiantito della Chiesa è tutto cosparso di fiori.
Al disotto dei mosaici dell\’abside, il cui smalto scintilla di nuovo splendore, i muri sono tappezzati di drappi preziosi; ghirlande di foglie, come archi trionfali, si snodano in festoni tra le colonne della navata centrale, prolungandosi, poi, fino a quelle laterali; numerose lampade, alimentate dall\’olio più puro, ardono intorno all\’altare, sospese al ciborio; sorretto dalla sua elegante colonna, il cero pasquale, che dopo le prime ore di ieri sera non è stato più spento, innalza la sua fiamma sempre viva, imbalsamando l\’aria del luogo santo col profumo di cui è impregnato. Simbolo misterioso della luce di Cristo, esso rallegra lo sguardo dei fedeli e sembra dire a tutti: "Alleluia! Il Cristo è risorto".
Ma ciò che più di ogni altra cosa interessa la folla è il folto gruppo dei neofiti in vesti bianche, simili agli Angeli che apparvero al sepolcro; ed è in queste nuove e nobili reclute, che più vivamente si riflette il mistero di Cristo uscito dalla tomba. Ancora ieri essi erano morti a causa del peccato; adesso, invece, sono ripieni di una vita nuova, che è il frutto della vittoria del Redentore sulla stessa morte. E fu un\’idea felice della santa Chiesa quella di aver scelto per la loro rigenerazione lo stesso giorno, in cui l\’Uomo Dio conquistò per noi l\’immortalità.
La Stazione.
A Roma, nei tempi scorsi, la stazione si teneva nella Basilica di S. Maria Maggiore. Con mirabile delicatezza, era stata designata per le sacre funzioni di quel giorno la regina di tutte le numerose chiese dedicate alla Madre di Dio.
E Roma faceva omaggio della solennità pasquale a colei che, più di ogni altra creatura, aveva diritto di provarne le gioie, sia per le angosce che il suo cuore materno aveva dovuto sopportare, sia per la sua fedeltà a conservare la fiducia nella risurrezione, durante le ore che il suo Divin Figliuolo passò nel sepolcro.
Poi la cerimonia della Messa Papale fu trasferita alla Basilica di S. Pietro, più vasta e più adatta alla folla dei fedeli che, venendo ad assistere a Roma alle solennità pasquali, vi rappresentano tutto il mondo cristiano.
Nondimeno il Messale Romano seguita ad indicarci S. Maria Maggiore come la Chiesa della Stazione odierna; e le indulgenze sono restate le stesse in favore di coloro che prendono parte alle funzioni che vi si celebrano.
 
EPISTOLA (1Cor 5,7-8). – Fratelli: togliete via il vecchio fermento. affinché siate una nuova pasta, come siete, senza lievito: poiché la nostra Pasqua, Cristo, è stata immolata. Facciamo dunque festa non col vecchio lievito, né col lievito della malizia e della malvagità, ma con gli azzimi della purità e della verità.
 
Dio aveva ordinato agli Israeliti di mangiare l\’Agnello Pasquale con pane azzimo, ossia senza lievito, insegnando loro per mezzo di questo simbolo che, prima di cibarsi di quel pasto misterioso dovevano rinunciare alla vita passata, le cui imperfezioni erano raffigurate dal lievito. Noi Cristiani, attratti da Cristo verso questa vita nuova di cui Egli ci ha aperto la via risuscitando per il primo, dobbiamo, d\’ora in poi, tendere solo ad opere pure, ad azioni sante, azzimo destinato ad accompagnare l\’Agnello Pasquale, che diviene oggi nostro nutrimento.
Per accrescere la gioia dei fedeli, la Santa Chiesa aggiunge ai suoi canti ordinari un\’opera poetica nella quale si respira il più vivo entusiasmo verso il Redentore uscito dalla tomba. Questa è stato chiamata SEQUENZA, perché è quasi una continuazione ed un prolungamento del canto dell\’Alleluia. Viene attribuita a Wippon († 1050), cappellano degli imperatori Corrado II ed Enrico III.
 
Alla Vittima Pasquale offrano lode i cristiani.  
L\’Agnello redense le pecorelle: Cristo, innocente, riconciliò col Padre i peccatori.
  
In meraviglioso duello si son battute la morte e la vita: l\’autore della vita, morto, regna vivo.  
Dicci, Maria, che hai veduto per via?  
Ho visto il sepolcro di Cristo vivente e la gloria di lui risorto,  
Gli Angeli testimoni, il sudario e le vesti.  
È risorto Cristo, mia speranza; vi precederà in Galilea.  
Sappiamo che Cristo è veramente risorto da morte. O Re vittorioso, abbi pietà, di noi. Amen. Alleluia.
 
La Santa Chiesa oggi prende da san Marco, preferendolo agli altri Evangelisti, il racconto della Risurrezione. Egli fu discepolo di san Pietro; a Roma scrisse il suo Vangelo, sotto l\’ispirazione del Principe degli Apostoli. È quindi conveniente che in una simile solennità si oda, in certo modo, la voce di colui che il Divin Risuscitato ha proclamato la Pietra fondamentale della sua Chiesa ed il Pastore supremo delle sue pecorelle e dei suoi agnelli.
 

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17 aprie – Domenica delle palme o II di Passione

DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE  
Da l\’Anno Liturgico di Dom Prosper Gueranger

LETTURE: Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27,66

La partenza da Betania.

Di primo mattino, Gesù lascia a Betania Maria sua madre, le due sorelle Marta e Maria Maddalena, con Lazzaro, e si dirige a Gerusalemme in compagnia dei discepoli. Trema la Vergine, nel vedere così il Figlio avvicinarsi ai suoi nemici, che bramano versare il suo sangue; però oggi, Gesù, non va incontro alla morte a Gerusalemme, ma al trionfo. Bisogna che il Messia, prima d\’essere sospeso alla croce, sia, in Gerusalemme, proclamato Re dal popolo; e che di fronte alle aquile romane, sotto gli occhi dei Pontefici e dei Farisei rimasti muti per la rabbia e lo stupore, la voce dei fanciulli, mescolandosi con le acclamazioni della cittadinanza, faccia echeggiare la lode al Figlio di David.

Avveramento della Profezia.

Il profeta Zaccaria aveva predetta l\’ovazione preparata dalla eternità al Figlio dell\’uomo, alla vigilia delle sue umiliazioni: "Esulta grandemente, o figlia di Sion, giubila, o figlia di Gerusalemme; ecco viene a te il tuo Re, il Giusto, il Salvatore: egli è povero, e cavalca un\’asina e un asinello" (Zc 9,9). Vedendo Gesù ch\’era venuta l\’ora del compimento di questo oracolo, prende in disparte due discepoli, e comanda loro di portargli un\’asina ed un puledro d\’asina che troveranno poco lontano di lì. Mentre il Signore giungeva a Betfage, sul monte degli Olivi, i due discepoli s\’affrettano ad eseguire la commissione del loro Maestro.

I due popoli.

I santi Padri ci han data la chiave del mistero di questi due animali. L\’asina figura il popolo giudeo sottoposto al giogo della Legge; "il puledro sul quale, dice il Vangelo, nessuno è ancora montato" (Mc 11,2), rappresenta la gentilità, non domata da nessuno fino allora. La sorte di questi due popoli sarà decisa da qui a pochi giorni: il popolo giudaico, per aver respinto il Messia, sarà abbandonato a se stesso e in suo luogo Dio adotterà le nazioni che, da selvagge che erano, diventeranno docili e fedeli.

Il corteo del trionfo.

I discepoli stendono i mantelli sull\’asinello; allora Gesù, perché fosse adempita la figura profetica, monta su quell\’animale (ivi 11,7) e s\’accinge così ad entrare nella città. Nel contempo si sparge la voce in Gerusalemme che arriva Gesù. Mossa dallo Spirito divino, la moltitudine dei Giudei, convenuta d\’ogni parte nella santa città per celebrare la festa di Pasqua, esce ad incontrarlo, agitando palme e riempiendo l\’aria di evviva. Il corteo che accompagnava Gesù da Betania si confonde si confonde con quella folla trasportata dall\’entusiasmo: ed alcuni stendono i loro mantelli sulla terra che Gesù dovrà calcare, altri gettano ramoscelli di palme al suo passaggio. Echeggia un grido: Osanna! E la grande nuova per la città è, che Gesù, figlio di David, vi sta facendo il suo ingresso come Re.

Regalità del Messia.

In tal modo Dio, con la potenza che ha sui cuori, approntò un trionfo al Figliol suo in questa città, che di lì a poco doveva a gran voce reclamare il suo sangue. Questo giorno fu un momento di gloria per Gesù; e la santa Chiesa vuole che tutti gli anni noi rinnoviamo tale trionfo dell\’Uomo-Dio. Al tempo della nascita dell\’Emmanuele, vedemmo arrivare i Magi dal lontano Oriente e cercare e chiedere, in Gerusalemme, del Re dei Giudei per offrirgli i loro doni; oggi è la stessa Gerusalemme che si muove al suo incontro. Questi due fatti sono in rapporto ad un unico fine: riconoscere la regalità di Gesù Cristo: il primo da parte dei Gentili, il secondo da parte dei Giudei. Mancava che il Figlio di Dio, prima di soffrire la Passione, ricevesse l\’uno e l\’altro omaggio insieme: e l\’iscrizione che presto Pilato farà collocare sul capo del Redentore, Gesù Nazareno, Re dei Giudei, esprimerà il carattere indispensabile del Messia. Invano i nemici di Gesù si sforzeranno in tutti i modi di far cambiare i termini di quella scritta; non ci riusciranno. "Quel che ho scritto ho scritto", risponderà il governatore romano, che, senza saperlo, di sua mano dichiarò l\’adempimento delle Profezie. Oggi Israele proclama Gesù suo Re; domani Israele sarà disperso in punizione del suo rinnegamento; ma Gesù da lui oggi proclamato Re, tale rimane nei secoli. Così s\’adempiva esattamente l\’oracolo dell\’Angelo che parlò a Maria, annunciandole le grandezze del figlio che doveva nascere da lei: "Il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe" (Lc 1,32-33). Oggi comincia Gesù il suo regno sulla terra; e se il primo Israele non tarderà a sottrarsi al suo scettro, un nuovo Israele, sorto dalla porzione fedele dell\’antico, e formato da tutti i popoli della terra, offrirà a Cristo un impero più vasto, che mai conquistatore sognò.

Tale è il mistero glorioso di questo giorno, in mezzo alla tristezza della Settimana dei dolori. La santa Chiesa oggi vuole che siano sollevati i nostri cuori da un momento di allegrezza, e che salutiamo Gesù nostro Re. Ella ha perciò disposto il sevizio divino di questa giornata, in modo da esprimere insieme la gioia, unendosi agli evviva che risuonarono nella città di David; la tristezza, tornando subito a gemere sui dolori del suo Sposo divino. Tutta la funzione è suddivisa come in tre atti distinti, di cui successivamente spiegheremo i misteri e le intenzioni.

La benedizione delle palme.

La benedizione delle palme, o dei rami, è il primo atto che si svolge sotto i nostri occhi; e se ne può giudicare l\’importanza dalla solennità di cui fa pompa la Chiesa. Si disse per tanto tempo, che il Sacrificio veniva offerto con l\’unico intento di celebrare l\’anniversario dell\’ingresso di Gesù in Gerusalemme. L\’Introito, la Colletta, l\’Epistola, il Graduale, il Vangelo e lo stesso Prefazio si succedevano come a preparare l\’immolazione dell\’Agnello senza macchia; ma arrivati al triplice: Sanctus! Sanctus! Sanctus! la Chiesa sospendeva queste formule solenni, e per mezzo dei suo ministro procedeva alla santificazione dei rami che sono lì accanto.

Dopo la recente riforma, appena cantata l\’antifona Osanna, questi rami, oggetto della prima parte della funzione, ricevono, in virtù di una sola preghiera seguita dall\’incensazione e dall\’aspersione di acqua benedetta, una forza che li eleva all\’ordine soprannaturale e li rende capaci di santificare le anime, di proteggere i nostri corpi e le nostre case. Durante la processione, i fedeli devono tenere rispettosamente in mano questi rami e portarli poi nelle loro case come segno della loro fede e promessa dell\’aiuto divino.

Antichità del rito.

È superfluo spiegare al lettore, che le palme ed i ramoscelli di olivo che ricevono in questo momento la benedizione della Chiesa, stanno a ricordare quelle con le quali il popolo di Gerusalemme onorò l\’entrata trionfale del Salvatore; ma è opportuno aggiungere qualche parola sull\’antichità di questa tradizione. Essa cominciò presto in Oriente, probabilmente dalla pace della Chiesa a Gerusalemme. Nel IV secolo san Cirillo, vescovo di questa città, pensava che ancora esistesse nella valle del Cedron il palmizio che fornì i rami al popolo che andò incontro a Gesù (Catechesi, x); quindi, niente di più naturale che prendere da ciò occasione per istituire una commemorazione anniversaria di questo avvenimento. Nel secolo seguente si vede questa cerimonia, non solo fissata nelle chiese d\’Oriente, ma anche nei monasteri, di cui erano popolate le solitudini dell\’Egitto e della Siria. Arrivata la Quaresima, molti santi monaci ottenevano il permesso dal loro abate d\’internarsi nel deserto, per passare questo tempo in un profondo ritiro; ma dovevano rientrare al monastero per la Domenica delle Palme, come sappiamo dalla vita di sant\’Eutimio, scritta dal suo discepolo Cirillo. In Occidente, questo rito non si stabilì così presto; la prima traccia la riscontriamo nel Sacramentarlo di san Gregorio: il che equivale alla fine del VI secolo, od all\’inizio del VII. Man mano che la fede si propagava verso il Nord, non era più possibile solennizzare tale cerimonia in tutta la sua integrità, poiché in quei climi non crescevano né palmizi né oliveti. Fu giocoforza sostituirli con rami d\’altri alberi; però la Chiesa non permise di cambiare nulla delle orazioni che erano prescritte nella benedizione di questi rami, perché i misteri che si espongono in queste belle preghiere si fondano sull\’olivo e sulla palma del racconto evangelico, figurati dai nostri rami di bossolo o di lauro.

La processione.

Il secondo rito di questa giornata è la celebre processione che segue alla benedizione delle palme. Essa ha lo scopo di rappresentare al vivo l\’avvicinarsi del Salvatore a Gerusalemme ed il suo ingresso in quella città; appunto perché nulla manchi all\’imitazione del fatto descritto nel santo Vangelo, le palme benedette vengono portate da tutti quelli che prendono parte a detta processione. Presso i Giudei, tenere in mano dei rami d\’albero significava allegria; e la legge divina sanzionava loro quest\’uso. Dio aveva detto nel libro del Levitino, stabilendo la festa dei Tabernacoli: "Nel primo giorno prenderete i frutti dell\’albero più bello, dei rami di palma e dell\’albero più frondoso, dei salici del torrente, e vi rallegrerete dinanzi al Signore Dio vostro" (Lv 23,40). Fu dunque con l\’intenzione di manifestare l\’entusiasmo per l\’arrivo di Gesù fra le loro mura, che gli abitanti di Gerusalemme, compresi i bambini, ricorsero a tale gioiosa dimostrazione. Andiamo incontro anche noi al nostro Re, e cantiamo Osanna al vincitore della morte ed al liberatore del suo popolo.

Nel Medio Evo, in molte chiese, si portava in processione il libro dei santi Vangeli, che per le parole che contengono rappresentano Gesù Cristo. A un punto stabilito e preparato per una stazione, la processione si fermava: allora il diacono apriva il sacro libro e cantava il passo ov\’è narrato l\’ingresso di Gesù in Gerusalemme. Quindi si scopriva la croce, fino allora rimasta velata; e tutto il clero veniva a prostrarsi solennemente in adorazione, depositando ciascuno ai suoi piedi un frammento di ramoscello che teneva in mano. Poi la processione ripartiva preceduta dalla croce, che rimaneva senza velo, fino a che il corteo non fosse rientrato in chiesa.

In Inghilterra e in Normandia, nell\’XI secolo, si praticava un rito che rappresentava ancora più al vivo la scena di questo giorno a Gerusalemme. Alla processione veniva portata in trionfo la santa Eucaristia. Difatti a quest\’epoca era scoppiata l\’eresia di Berengario contro la presenza reale di Gesù Cristo nell\’Eucaristia; ed un tale trionfo della sacra Ostia doveva essere un lontano preludio dell\’istituzione della Festa e della Processione del Ss. Sacramento.

A Gerusalemme, nella Processione delle Palme, si pratica anche un\’altra usanza, sempre allo scopo di rinnovare la scena evangelica. L\’intera comunità dei Francescani, che sta alla custodia dei luoghi sacri, si reca di mattina a Betfage, ove il Padre Guardiano di Terra Santa, in abiti pontificali, monta un asinello adorno di vestiti e, accompagnato dai religiosi e dai cattolici di Gerusalemme, tenendosi tutti in mano la palma, fa l\’ingresso nella città e smonta alla porta della chiesa del Santo sepolcro, dove si celebra la Messa con la maggiore solennità.

Abbiamo qui riuniti, secondo il nostro costume, i differenti fatti che possono servire ad elevare il pensiero dei fedeli ai diversi misteri della Liturgia. Queste manifestazioni di fede li aiuteranno a comprendere come nella Processione delle Palme, la Chiesa intenda onorare Gesù Cristo, presente al trionfo che oggi gli tributa. Cerchiamo dunque con amore "quest\’umile e mite Salvatore che viene a visitare la figlia di Sion", come dice il Profeta. Egli è qui in mezzo a noi: a lui s\’indirizzi l\’omaggio delle nostre palme, insieme a quello dei nostri cuori; egli viene a noi per diventare nostro Re: accogliamolo anche noi, dicendo: Osanna al figlio di David!

L\’entrata in chiesa.

La fine della processione, prima della recente riforma, si distingueva per una cerimonia improntata al più alto e profondo simbolismo. Al momento di rientrare in chiesa, il corteo trovava le porte serrate. S\’arrestava la marcia trionfale; ma non venivano sospesi i canti di gioia; un lieto ritornello risuonava nell\’inno speciale a Cristo Re, fino a che il Suddiacono batteva con l\’asta della croce la porta; questa s\’apriva, e la folla, preceduta dal clero, rientrava in chiesa, glorificando colui che, solo, è la Risurrezione e la Vita.

Questa scena sta ad indicare l\’entrata del Salvatore in un\’altra Gerusalemme, di cui quella della terra è soltanto la figura. Quest\’altra Gerusalemme è la patria celeste, di cui Gesù ci ha aperte le porte. Il peccato del primo uomo le aveva chiuse; ma Gesù il Re della Gloria, ce le ha riaperte in virtù della Croce, alla quale non hanno potuto resistere.

Il canto in onore di Cristo Re è stato conservato, mentre invece è stato soppresso il particolare della porta chiusa. Continuiamo pertanto a seguire i passi del Figlio di David; egli è pure Figlio di Dio e ci invita a partecipare al suo regno.

Nella Processione delle Palme, commemorazione dell\’avvenimento realizzatosi in questo giorno, la santa Chiesa solleva la nostra mente al mistero dell\’Ascensione col quale termina, in cielo, la missione del Figlio di Dio sulla terra. Ma, ahimé, i giorni che separano l\’uno dall\’altro questi due trionfi del Figlio di Dio, non sono sempre giorni di gioia; infatti, è appena terminata la processione con la quale la Chiesa s\’è liberata per un attimo della sua tristezza, che già iniziano i gemiti e i lamenti.

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10 aprile – Quinta domenica di quaresima

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

Testi
I Lettura: Ez 37,12-14;
Salmo: Sal 129;
II Lettura: Rm 8,8-11;
Vangelo: Gv 11,1-45

Tema

Il tema della resurrezione è presente nelle letture di oggi, sebbene su diversi livelli di significato. Il profeta Ezechiele parla agli israeliti esiliati a Babilonia, al tempo dell’assedio e della distruzione di Gerusalemme. Sembra predire il futuro ritorno degli esiliati nella loro terra d’Israele. Quando il profeta dice che il Signore "aprirà le loro tombe e li risusciterà dai loro sepolcri" (v. 13) il senso immediato di queste parole sembra sottintendere la fine dell’esilio a Babilonia.

Il Vangelo di Giovanni completa il concetto di risurrezione con l’eloquente episodio della rianimazione di Lazzaro. Sembra che l’intenzione di Gesù sia soprattutto quella di mostrare "su scala ridotta" la risurrezione finale dei credenti alla fine dei tempi, "nell’ultimo giorno" (v. 24). Così, prefigura anche la sua stessa risurrezione dai morti, che si compierà di lì a breve. Dimostra, infine, la profondità del suo affetto per Lazzaro, Marta e Maria ed il suo riguardo per il loro dolore.

San Paolo ricorda ai cristiani di Roma il potere dello Spirito di Dio, che "darà la vita ai loro corpi mortali" (v. 11). Lascia così intendere che questa vita nuova non comincerà solamente nell’ultimo giorno, ma sta avendo effetto nelle loro vite già da ora. Per questa ragione li incoraggia a vivere già da ora secondo lo Spirito.

Il Salmo 129 chiede al Signore di dare ascolto al gemito del cuore del salmista. Egli sa anche che il perdono e la misericordia sono doni di Dio per coloro che li cercano, e perciò confida nelle parole del Signore.

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3 aprile – Quarta domenica di quaresima

QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

Testi
I Lettura: 1Sam 16,1-4,6-7,10-13;
Salmo: Sal 22;
II Lettura: Ef 5,8-14;
Vangelo: Gv 9,1-41

Per quanto sia difficile trovare un tema comune, le letture convergono su diversi punti simili. Nel primo libro di Samuele, il profeta è chiamato a cercare un nuovo re al posto di Saul. La lettura sottolinea la sorprendente scelta di Dio, che preferisce un pastorello, il più giovane dei figli di Jesse. David diventerà il re più celebre d’Israele. Al profeta Samuele viene rammentato che la visione di Dio va più in profondità, al di là dell’aspetto esteriore.

Il Vangelo di Giovanni presenta un triste racconto di un miracolo di guarigione. Invece di rallegrarsi per il miracoloso risanamento di un uomo nato cieco, i capi religiosi si riempiono di ostilità e si rifiutano ostinatamente di accettare l’idea che sia stato fatto del bene. Il loro atteggiamento è ancor più triste perché la verità è così evidente. Il profeta Isaia aveva definito la guarigione dei ciechi quale segno rivelatore del Messia (Is 35,5). Il povero mendicante è emarginato dalla comunità religiosa. Gesù lo cerca e rivela la propria identità. L’uomo vede e crede. Gesù rimprovera i farisei perché si illudono di sapere e di vedere. È proprio questa presunzione che li acceca.

San Paolo esorta i cristiani di Efeso a vivere una vita che rifletta la luce di Cristo che hanno ricevuto. Essi non sono più accecati dall’oscurità dell’ignoranza. È la luce di Cristo che fa loro vedere la via della "bontà, giustizia e verità".

Nel salmo 22 il salmista parla del Signore come del suo pastore e difensore. Anche in tempi di difficoltà e pure di fronte all’ostilità e alla persecuzione, la protezione del Signore non verrà mai meno.

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27 marzo – III domenica di quaresima

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

Testi
I Lettura: Es 17,3-7;
Salmo: Sal 94;
II Lettura: Rm 5,1-2,5-8;
Vangelo: Gv 4,5-42.

Letture
Le letture di oggi usano una metafora comune per descrivere l’esperienza di Dio del cristiano. Il Signore ispira l’intervento miracoloso di Mosè per trovare l’acqua per il suo popolo, che aveva già cominciato a pentirsi di aver abbandonato le certezze della sua schiavitù in Egitto. Il salmo 94 ricorda questo indurimento del cuore, pur dopo gli straordinari segni della potenza di Dio, ed il salmista invita tutti a adorare e ad aver fiducia nel Signore: Egli governa il modo. San Paolo ricorda ai cristiani di Roma che l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo.

Anche l’episodio evangelico ruota intorno ad una richiesta di acqua. Con un evidente utilizzo di significati duplici, Giovanni descrive l’incontro di Gesù con una donna samaritana. C’è un attento dialogo che muove dalla sete naturale alla sete latente di Dio, e dall’acqua naturale all’esperienza di Dio in Gesù Cristo quale soddisfazione di tutti i desideri umani. Gesù spiega alla donna che per ricevere questa "acqua" occorre abbandonare il peccato. Egli si rivela quale Messia e spiega che Dio va adorato in spirito e verità, non mediante un mero attaccamento alle abitudini. La donna corre a dire agli altri della sua esperienza e li porta a Gesù. Intanto, il Maestro spiega ai suoi apostoli che quest’opera di conversione, e non il cibo, costituisce il suo vero scopo e la sua missione. Chiarisce pure che il raccolto delle conversioni, seminato dai profeti, è pronto per la mietitura. Il lungo brano si conclude con la nota circa il fatto che molto Samaritani vennero e credettero che Gesù è il Redentore del mondo.

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20 marzo – II domenica di quaresima

Seconda Domenica di Quaresima

Testi
I Lettura: Gen 12,1-4;
Salmo: Sal 32;
II Lettura: 2 Tim 1,8-10;
Vangelo: Mt 17,1-9.

Tema

Ci sono due eventi drammatici riferiti dai brani delle Sacre Scritture oggi proposti. Nella Genesi, Dio invita Abram a lasciare la sua terra natia e la casa di suo padre per un paese nuovo che il Signore gli indicherà. Egli farà di lui una grande nazione ed il suo nome diventerà una benedizione. Il Signore si identificherà così con Abram ed i suoi discendenti, al punto che il modo in cui questi verranno trattati dalle altre nazioni determinerà il favore del Signore verso queste altre nazioni. Attraverso Abram tutte le nazioni saranno benedette. Abram dà ascolto, obbedisce e parte. Il salmo 32 esprime la fiducia di coloro che temono Dio e l’ascoltano. Il Signore adempie le sue promesse e provvede ad ogni difficoltà.

Il brano dal vangelo di Matteo presenta il singolare evento della trasfigurazione dell’aspetto esteriore del Signore Gesù, la presenza momentanea di Mosè ed Elia e il risuonare della voce di Dio. Soltanto tre degli apostoli assistono a questa rivelazione, circa la quale il Signore comanda loro di tacere fino alla risurrezione di Gesù dai morti.

San Paolo chiede a Timoteo di sopportare insieme con lui le fatiche e le prove della predicazione del Vangelo. È il proposito di Dio quello che essi stanno compiendo con il loro lavoro. Gesù ha sconfitto la morte e ha conquistato la vita eterna per tutti.

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13 marzo – I domenica di quaresima

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA 

Testi
I Lettura: Gen 2,7-9;
Salmo: Sal 50;
II Lettura: Rm 5,12-19;
Vangelo: Mt 4,1-11

Tema
Questa prima domenica di Quaresima ci conduce all’interno di verità più grandi per la nostra vita. La Genesi narra il misterioso stravolgimento della vita dell’uomo a causa di una libera decisione di Adamo, il capostipite della nostra razza. Una profonda rottura si genera nel suo intimo, quando sperimenta l’inganno del male. Il diavolo ha persuaso Adamo ed Eva ad allontanarsi dalla verità. Essi sperimentano la perdita dell’innocenza, la conoscenza di qualcosa di perduto, una conoscenza che, come hanno poi modo di scoprire, non valeva la pena di avere. Il Salmo 50 lamenta l’esperienza del peccato commesso, ma in una più ampia visione non solo di perdita individuale, ma della consapevolezza di avere offeso Dio. C’è anche la speranza che Dio può e vuole purificare il cuore del peccatore e restaurare la gioia dell’innocenza. San Paolo gioca su un contrasto tra il peccato di Adamo, che ha la morte come conseguenza, ed "il dono gratuito" (v. 15), la "giustizia salvifica" (v. 17), e la "giustificazione e la vita" (v. 18) portati da Gesù. In Cristo siamo stati liberati dal peccato e dalle sue conseguenze, quali la morte.

Il Vangelo di Matteo presenta questa realtà spirituale nelle circostanze della vita di Gesù. Vediamo la lotta drammatica con il male; in un periodo di preghiera e digiuno, Gesù viene misteriosamente avvicinato dal diavolo, che lo incita all’azione in tre modi. Lo tenta suggerendogli di mutare le pietre in pane perché, quale Figlio di Dio, Gesù ha il potere di farlo. Lo esorta a gettarsi giù dal pinnacolo del tempio, dal momento che la Sacra Scrittura dice che gli angeli lo proteggeranno. Gli promette il dominio sui regni del mondo, se prima adorerà lui, il diavolo. Quasi a legittimare ciascun invito, viene sempre citata la Scrittura (Deuteronomio). Gesù non vacilla. Egli respinge queste offerte e dimostra che il Suo scopo è un altro.

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