Roberto de Mattei, Pio IX, Piemme 2000, ISBN-13: 9788838448935, pag. 253, Euro 14,50
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1861-1878: SCONFITTO O VINCITORE?
(proponiamo un estratto del capitolo terzo)
I. La questione romana: da Cavour a Porta Pia
Tutto l’ampio ventaglio di forze rivoluzionarie che confluisce nel "fascio" risorgimentale, dal neoguelfismo al liberalismo "cattolico", fino alle punte più accese del radicalismo democratico, trova il suo momento catalizzatore e aggregante nel mito della Roma "rigenerata" e "riformata", perché liberata dal principato civile del Pontefice. «La capitale del mondo pagano e del mondo cattolico – scrive De Sanctis, uno degli autori più rappresentativi dell’Italia risorgimentale – è ben degna di essere la capitale dello spirito moderno. Roma è dunque per noi non il passato, ma l’avvenire. Noi andremo là per distruggervi il potere temporale e per trasformare il papato» 3.
La "questione romana" è dunque realmente la "questione" del Risorgimento, di cui costituisce non un’appendice politico-diplomatica, ma il filo conduttore e il compimento. «La Rivoluzione attuale – scriveva Giuseppe Montanelli – mosse da Roma e prima o poi a Roma dovrà compirsi» 4. Il 1870, «l’Ottantanove d’Italia» 5, rappresenterà l’epilogo e il simbolico compimento del Risorgimento, o addirittura, per le società segrete, come affermerà il Gran Maestro della Massoneria italiana Adriano Lemmi, «il più memorabile avvenimento della storia del mondo» 6. «Siate tranquilli sul conto nostro – confiderà Cavour a Henry d’Ideville – noi impiegheremo cinquant’anni per compiere il nostro Ottantanove, evitando le scosse e gli eccessi attraverso i quali siete passati voi» 7.
La posizione di Pio IX sulla "questione romana" è ormai netta. Con le allocuzioni concistoriali Novos et ante 8 del 28 settembre 1860, Iamdudum cernimus 9 del 18 marzo 1861, Maxima quidem 10 del 9 giugno 1862, il Papa reitera la sua condanna delle pretese rivoluzionarie, sostenuto dall’adesione dell’episcopato cattolico, rinnovata al Pontefice nel Concistoro del 9 giugno 1862 da più di trecento arcivescovi o vescovi di tutto il mondo. Nelle sole province meridionali intanto il governo in pochi mesi processa e confina sessantasei vescovi (più della metà), tra i quali i cardinali arcivescovi di Napoli Sisto Riario Sforza, e di Fermo Filippo De Angelis 11, mentre le popolazioni del meridione resistono sotto forma di "brigantaggio" all’invasione piemontese 12. «La battaglia che si fa contro il Pontificato Romano – ribadisce Pio IX – non tende solamente a privare questa Santa Sede e il Romano Pontefice di ogni suo civile Principato ma cerca anche di indebolire e, se fosse possibile di togliere, totalmente di mezzo ogni salutare efficacia della Religione cattolica: e perciò anche l’opera stessa di Dio, il frutto della redenzione, e quella santissima fede che è la preziosissima eredità a noi pervenuta dall’ineffabile sacrificio consumato sul Golgota» 13. Due anni dopo, nel Sillabo dell’8 dicembre 1864, vengono esplicitamente condannate due proposizioni che si riferiscono al principato civile del Pontefice romano. Sono la 75: «Sulla compatibilità del regno temporale con lo spirituale disputano fra di loro i figli della cristiana e cattolica Chiesa» e la 76: «L’abolizione del civile imperio che possiede la Sede Apostolica gioverebbe moltissimo alla libertà e felicità della Chiesa». Nel 1865 nella allocuzione Multiplices inter 14, Pio IX, sulla scia dei suoi predecessori, rinnova la condanna e la scomunica delle società segrete, in particolare la Carboneria e la Massoneria, «che con le diversità delle sole apparenze si costituiscono di giorno in giorno e congiurano contro la Chiesa e la legittima potestà, sia in pubblico come in privato» 15.
Poche settimane dopo la proclamazione del Regno d’Italia, il conte di Cavour fu colpito da un’apoplessia che lo portò improvvisamente alla morte, la mattina del 6 giugno 1861. Durante il delirio che precede la morte, la vita è ancora così potente in lui che attraverso il vestibolo e due saloni si sentono risuonare le sue ultime parole, prive di senso: «Imperatore! Italia! Niente stato d’assedio!» 16. Un francescano amministra i Sacramenti al conte, scomunicato, senza esigere la ritrattazione degli errori 17.
L’opera di Cavour venne continuata da Bettino Ricasoli 18, il "barone di ferro" toscano, che ispirava la sua azione politica a un profetismo riformatore giustamente paragonato da Spadolini a quello mazziniano 19. Cavour stesso, sul letto di morte, aveva molte volte pronunciato il nome di Ricasoli indicandolo al Re come suo successore. Egli fu il primo della lunga serie di ex collaboratori di Cavour – Rattazzi, Farini, Minghetti, Lamarmora e Lanza – che si succedettero l’uno dopo l’altro alla Presidenza del Consiglio senza avere nessuno l’esperienza e l’abilità dell’artefice dell’unità d’Italia.
Il 24 giugno 1861 Napoleone III riconobbe ufficialmente come "Re d’Italia" Vittorio Emanuele II, con il quale il sovrano francese aveva rotto le relazioni diplomatiche a seguito dell’occupazione delle Marche e dell’Umbria. A partire da questo momento tra il re d’Italia e l’Imperatore dei Francesi, si sviluppò un rapporto ambiguo e contraddittorio sulla "questione romana" destinato ad avere un primo sbocco nella "Convenzione di settembre", stipulata a Parigi il 15 settembre del 1864 tra l’Italia e la Francia 20. Con tale accordo l’Italia si impegnava a non attaccare lo Stato Pontificio e a trasferire la capitale del Regno da Torino a Firenze; la Francia si obbligava a ritirare gradualmente, ma entro lo spazio di due anni, le sue truppe da Roma. La diplomazia pontificia, tenuta all’oscuro delle trattative, era persuasa, come tutti, che Firenze costituisse solo una tappa verso la conquista di Roma. «Chi volesse definire quella Convenzione – scrive la "Civiltà Cattolica" non potrebbe dirla meglio, che Negotium perambulans in tenebris. Nelle tenebre fu concepito e nelle tenebre che proceda» 21.
Il 22 ottobre 1865 si votò per la prima volta in Italia dopo la morte di Cavour. Su venti milioni di abitanti che comprendeva il Regno da poco unito, senza Roma e Venezia, solo 504.263 erano i cittadini aventi diritto al voto, in base ai requisiti richiesti di istruzione e di censo, e solo 271.923 gli italiani che concretamente lo espressero recandosi alle urne. Firenze è da pochi mesi la nuova capitale del Regno unitario.
Nel 1866 il Regno d’Italia, raggiunse frattanto la sua altra meta: l’annessione di Venezia e del Veneto in seguito alla guerra austro-prussiana. Il governo austriaco si disse disposto a cedere Venezia e il Veneto a Vittorio Emanuele attraverso Napoleone III, purché l’Italia rimanesse neutrale. Il governo italiano, mosso dall’avversione antiaustriaca e dal desiderio di mostrare sul campo le proprie qualità belliche, rifiutò però l’offerta e il 20 giugno 1866, sotto la guida di Ricasoli, dichiarò guerra all’Austria. Mentre l’esercito prussiano passava di vittoria in vittoria, quello italiano, guidato dai generali Lamarmora e Cialdini, venne disfatto per terra a Custoza, il 24 giugno, e sul mare, a Lissa, il 20 luglio. Sconfitta sul campo, l’Italia ottenne una vittoria umiliante, accettando di ricevere il Veneto dall’Austria per le mani di Napoleone. La prima guerra nazionale del nuovo Regno d’Italia, da tutti invocata, lasciò uno strascico profondo di amarezze e di delusione.
Immediatamente dopo la proclamazione del Regno, il 25 marzo 1861, il conte di Cavour annunciò alla Camera dei deputati che «Roma sola deve essere capitale d’Italia» 1. L’obiettivo cavouriano, due giorni dopo, venne sancito di fronte a tutta l’Europa dal voto del primo Parlamento nazionale. La caduta del potere temporale del Papa non è più, a partire da questo momento, il programma occulto delle società segrete, ma quello pubblico ed ufficiale del Regno d’Italia appena costituito. Nasce così, come problema internazionale, la «questione romana» 2. (altro…)