Gnocchi-Palmaro, Il pianeta delle scimmie

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Un nuovo libro della coppia più devastante di apologisti cattolici

Gnocchi-PalmaroMario Rossi è un astronauta italiano, spedito nello spazio il 10 ottobre del 1962. Rossi si risveglia dopo un lungo viaggio, sono trascorsi molti anni e si ritrova su un pianeta molto strano, nel quale gli abitanti hanno usi e costumi incredibilmente diversi dalla Terra. Solo dopo molte vicissitudini l’astronauta Rossi scoprirà, con sgomento, di essere atterrato in realtà proprio sulla Terra, trasformatasi in pochi decenni nel “pianeta delle scimmie”, dove gli uomini si sono involuti, rinnegando Dio e tutto ciò che di più bello e sacro essi avevano custodito per secoli.
E’ questa la trama del nuovo, provocatorio e inquietante, libro di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro. A partire dal racconto del viaggio immaginario di Mario Rossi, Gnocchi e Palmaro tornano a parlarci dell’uomo e della donna, della Chiesa e della politica, del lavoro e della famiglia, sempre guidati dalla bussola della dottrina cattolica e dalla critica senza sconti alla modernità. Il tutto condito da una vena umoristica che accompagna ogni pagina e che culmina nell’ormai classico “test finale” per conseguire il “brevetto di astronauta cattolico”.
Per gentile concessione dell’editore, proponiamo di seguito un capitolo del libro.

NEOCATECHISMO POLITICAMENTE CORRETTO
Cattolico adulto perfetto
  
Va bene farsi del male, ma fino a un certo punto. Prendiamo, per esempio, il corso “La fatica di credere. Dialoghi tra credenti e non credenti” organizzato dal Centro Pastorale Diocesano di Cremona per l’anno 2007-2008. Fin dal titolo, è evidente che il nefasto spirito della “Cattedra dei non credenti” inventata a suo tempo dal cardinale Martini continua a essere riconoscibile dai frutti che produce. Perciò, gli organizzatori del corso cremonese spiegano: “Quest’anno metteremo al centro dell’attenzione il dibattito sulla figura di Gesù Cristo. Negli ultimi tempi, anche grazie a diverse pubblicazioni di saggistica, si sono moltiplicati gli interventi che interpretano l’uomo Gesù in modi differenti. Chi è l’uomo Gesù di Nazareth? Ha fondamento la sua pretesa di essere chiamato Dio? Come articolare l’adesione di fede oggi dentro una cultura che fatica a ragionare in termini di verità? Tema degli incontri sarà perciò: ‘Gesù di Nazareth: come si può chiamare Dio quest’uomo?’”.
Fermi tutti e un respiro profondo. Se questa concezione della fede allevata nel brodo di coltura del dubbio e cresciuta a furia di punti interrogativi su Nostro Signore Gesù Cristo vi dà l’orticaria, non sapete ancora il seguito. E non fate gli spiritosi chiedendo se siamo in una comunità luterana di Utrecht (Olanda) invece che nella cattolica diocesi di Cremona, Lombardia (Italia). Decenni di neocatechismo in cui si è fatto strame della millenaria dottrina cattolica, oltre che del buon senso, potevano portare solo qui. Dunque, proseguiamo con il comunicato: “Il secondo momento di riflessione sarà sabato 23 febbraio. Tema: ‘La gente chi dice che io sia?’. Interverranno nel confronto il professor Mauro Pesce, ordinario di storia del cristianesimo, e la professoressa Adriana Destro, ordinaria di antropologia culturale”.
Un cattolico che non sia adultissimo, al nome del professor Pesce, autore con Corrado Augias di un pamphlet contro la divinità di Gesù, può anche sobbalzare. Ma gli consigliamo di attendere, perché il bello viene quando si scopre chi sia la professoressa Destro. Il comunicato si limita a spiegare che lavora in collaborazione con il professor Pesce. Non scende in dettagli spiegando, per esempio, che scrivono insieme libri in cui intendono “far emergere dai testi quali erano le forme culturali che Gesù e i gruppi dei primi cristiani scelsero per realizzare e portare avanti i propri progetti religiosi”. Questo non viene detto perché sarebbe subito evidente la comicità di un “confronto” tra due studiosi che lavorano insieme e la pensano allo stesso modo. Come se, scusate l’ardito paragone, mettessero a confronto Gnocchi e Palmaro sulla dabbenaggine di certo mondo cattolico: che confronto sarebbe?
Ma, come alla “Corrida”, nella sarabanda dei dilettanti allo sbaraglio, non finisce qui. Perché il Centro Pastorale Diocesano si guarda bene dal dire nel programma che la professoressa Destro, oltre che collaboratrice, è anche moglie del professor Pesce: si sa, la privacy è sempre la privacy.
Dopo le legittime proteste di qualche cattolico, gli organizzatori hanno aggiunto al ciclo un incontro con un biblista, ben guardandosi dal dar vita al mitizzato “confronto”. In casi come questo, può venire in soccorso solo il genio di Totò: “Ogni limite ha una pazienza”.
Considerazione che vale anche al cospetto della seguente preghiera dei fedeli risuonata nelle chiese milanesi: “Perché le comunità valorizzino sempre di più la stampa di ispirazione cristiana e per il quotidiano Avvenire, perché possa sempre meglio interpretare gli avvenimenti alla luce del Vangelo ed essere maggiormente diffuso. Preghiamo”. 
Proprio così, nelle chiese della diocesi di Milano, vanno in onda i consigli per gli acquisti. Uno, magari, era andato a Messa per assistere al sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo, per adorare Dio, per incontrare il Redentore nell’eucaristia e, invece, si trova a implorare “Vieni, Signore Gesù” per aumentare le vendite di Avvenire, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana a cui provvede già con l’otto per mille della sua dichiarazione dei redditi.
La “preghiera dei fedeli” è un’infallibile cartina di tornasole riconoscere gli effetti del neocatechismo. Questo spazio tra il “Credo” e l’Offertorio, ormai, pullula di intenzioni ispirate a tutto tranne che al Vangelo. Nella terra di Sant’Ambrogio, per esempio, va forte il cosiddetto “sociale”. Così, si prega “Per la nostra società, perché si converta alla solidarietà e sia sempre attenta ai membri più deboli”, mica perché si converta a Cristo. L’impegno sociale diviene persino mistica fonte dell’unione tra quelle che vengono chiamate “diverse denominazioni cristiane”: quindi si prega “perché nella solidarietà con chi è più sofferente, con chi è debole, con chi è piccolo ritrovino la via dell’unità”. Tutto questo può stupire il cattolico ordinario, convinto che sia il Figlio di Dio con la sua regalità sociale a fondare il vivere civile. Probabilmente, il poveretto si è perso la celebre omelia della festa di Sant’Ambrogio del 2004 in cui l’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi citò sessanta volte la parola solidarietà e mai Nostro Signore.
Ma non è che altrove vada meglio. Il 7 gennaio 2008, “La Domenica”, sussidio per la Messa diffuso in tutta Italia ha coniato la categoria di “fanatico cattolico”. In un breve ritratto del cardinale croato Alojzije Stepinac, beatificato da Giovanni Paolo II, il sussidio liturgico illustrava gli anni in cui la Croazia fu governata da Ante Pàvelic, fondatore del movimento Ustascia: “Il ‘duce’ croato, Ante Pàvelic, un fanatico cattolico, impose al neonato stato non solo le leggi razziali presenti in Germania e Italia, ma anche la conversione forzata al cattolicesimo di tutti i cittadini, pena la morte”.
Qui conta poco il giudizio su Pàvelic. Conta che le efferatezze attribuite al suo regime vengano ricondotte al concetto di “fanatismo cattolico”. Ma, ancora di più, conta che siano dei cattolici a concepire un concetto, che, almeno nelle loro teste, dovrebbe essere formato da termini contraddittori. Un concetto in forza del quale crociati, martiri, missionari, confessori e vergini, potrebbero essere messi sul banco degli imputati come “estremisti della verità”.
Di fronte a cotanto sfacelo, il genitore cattolico corre ai ripari trovando per i suoi figli una scuola cattolica: può andar bene, ma può anche andar male. Ecco un piccolo florilegio tratto dalle lezioni di religione di una scuola media cattolica della cattolicissima Lombardia (Italia):
“Per Carlo Magno era normale tirare la Chiesa (il maiuscolo è nostro, ndr) tirare la Chiesa e il Papa dalla sua parte per avere dietro di sé tutto il popolo, come è normale anche per i politici di oggi”.
“Con il Sacro Romano Impero (i maiuscoli sono nostri, ndr) si perse l’autonomia totale del Papa. Prevalse l’aspetto economico rispetto a quello religioso. Alcuni cardinali facevano di tutto tranne che il dovere di preti e guadagnavano una barca di soldi”.
“Le cose si sono sistemate dopo lo scisma d’oriente. Infatti ora ci sono dei preti cattolico-ortodossi e dei pope che fanno voto di celibato, così ci si incontra con più facilità”.
“Alla fine, le Crociate (il maiuscolo è nostro, ndr) sono tutto un commercio di beni sacri perché a quel tempo si pensava solo a quello. Il clero non era giusto come quello di oggi”.
“L’ignoranza spingeva le persone ad avere paura di Gesù. Allora gli vendevano le indulgenze che loro compravano perché erano superstiziose”.
“Quando disse al sultano (il minuscolo è nostro, ndr) che i crociati facevano a bene a combatterlo perché lui bestemmiava Gesù, San Francesco non era ancora un santo ma era un disgraziato. Poi si convertì e divenne un portatore di pace, tornò dal sultano (il minuscolo è sempre nostro, ndr) e andò d’accordo lui”.
 
Dovrebbe bastare. Qualcuno si chiederà perché non cambiare scuola. Come se fosse facile. Magari per finire nella scuola statale dove un altro figlio era stato messo alla berlina perché aveva osato sostenere che l’uomo ha l’anima e gli animali no.
Ma dove il neocatechismo dà veramente il massimo è, come dice il termine stesso, a catechismo. Lì, la libera creatività di autori di testi e insegnanti fa davvero i fuochi artificiali. Ognuno segue un suo metodo e, quel che più guasta, propina i suoi contenuti. E se qualche pio sacerdote tenta di mettere un po’ d’ordine sono dolori: non sarà mica un lefebvriano?
Per rendersene conto basta andare in una qualsiasi libreria cattolica, scegliere il bancone dei sussidi per il catechismo, chiudere gli occhi e scegliere a caso. Come si casca, si casca bene. O meglio, si casca male. Nel gioco della mosca cieca alla libreria cattolica, noi siamo piombati nel settore Elledici, la casa editrice dei Salesiani. Chissà se don Bosco aveva previsto che i suoi figli sarebbero giunti a tanto.
Eccoci dunque tra le mani il “Supermarket del catechista”, a firma Pino Pellegrino e Daniela Costamagna: sacerdote laureatosi a suo tempo con Emanuele Severino lui e laureanda in architettura lei. Forse vale la pena di precisare che il sottotitolo recita “Come reinventare il catechismo”.
Da buoni “reinventori”, Pellegrino&Costamagna, per prima cosa, distruggono. In particolare se la prendono con il “Catechismo” di san Pio X, il cui autore viene presentato e disegnato come un brutto vecchio incattivito e bilioso intento a propinare pistolotti incomprensibili e noiosi. Poi si passa alla pars construens e si spiega che esistono vari tipi di catechismo: quello in Sms, quello dei fiammiferi, quello del cuore, quello della risata, quello della segnaletica e via di questo passo.
Il catechismo del cuore, per esempio, insegna che il bravo catechista “non si limita a dire parole ‘vere’, neanche si ferma alle parole ‘belle’, ma sparge parole ‘calde’: ‘Ciao, per favore, grazie, coraggio, ce la farai, mi stai simpatico…”. E conclude con “una bella (e garantita!) certezza: il catechista che lascia nella mente e nel cuore dei ragazzi un’impronta d’affetto, può star sicurissimo di non aver lavorato invano! Ti par poco?”.
A noi, in effetti, sembrerebbe poco. Però, se il criterio non più quello della Verità ma quello del calore, le cose cambiano e, invece che don Pino Pellegrino, per il prossimo corso per catechisti proponiamo Fiorello, che almeno fa ridere. 136 pagine per 12 euro tutte su questo tono, compreso un prontuario sulla scelta e l’uso delle barzellette da usare durante la lezione.
Sempre nel settore Elledici, abbiamo pescato “Entriamo nella storia della salvezza”, 64 pagine di schede per tre euro a firma Monica Cusino e don Andrea Fontana. A un certo punto, ci si imbatte in questa passo riservato ai genitori: “Cari genitori, per i vostri figli è ancora difficile cogliere appieno i significato simbolico dell’Ascensione, ma per voi adulti non è così. (…) L’Ascensione non è avvenuta materialmente come viene descritta, ma è un modo per dire che Gesù è tornato a Dio”.
Proprio così. Con tanti saluti agli “Atti degli apostoli”. Del resto, la ditta Cusino&Fontana, in “Progetto Emmaus. Numero Zero” 80 pagine per quattro euro, scrive per esempio: “Non è giusto dire che una religione vale l’altra: il problema è invece trovare quella che mi conduca con più certezza a scoprire il volto di Dio e il senso della mia vita, per viverla in pienezza”. O ancora (neretti e corsivi sono nell’originale): “siccome Gesù Cristo è una incarnazione storica, rappresenta un certo ‘rimpicciolimento’ di Dio: ma quando si manifesterà definitivamente al di là dei limiti presenti, apparirà in tutta la sua pienezza, così come le varie religioni inconsciamente l’hanno conosciuto. Importante è superare i luoghi comuni: ‘le altre religioni sono ricerca umana, il cristianesimo è rivelazione di Dio. Le altre sono sforzo umano purificatore, il cristianesimo è grazia; le altre sono limitate, il cristianesimo è perfezione’. Nulla di tutto questo: ma tutti siamo in cammino verso la verità, che sarà manifesta ‘quando Dio sarà tutto in tutti’”.
Il tutto con entusiastica prefazione di monsignor Walther Ruspi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale e Responsabile del Servizio nazionale del catecumenato.
Aveva ragione Totò.