Quel verdetto frettoloso degli ebrei contro il Papa
di Massimo Introvigne (il Giornale, 10 agosto 2007)
Il Congresso Ebraico Europeo ha condannato in termini molto duri la cosiddetta «udienza privata» che Papa Benedetto XVI avrebbe concesso a Castelgandolfo a padre Tadeusz Rydzyk, sacerdote dell’ordine dei Redentoristi e direttore dell’emittente radiofonica polacca Radio Maryia. La radio di padre Rydzyk è tanto ascoltata quanto controversa per le campagne contro i «complotti giudeo-massonici», che non di rado trascendono in quello che a molti sembra antisemitismo.
In realtà, il Papa non ha ricevuto padre Rydzyk in un’udienza privata. Ha accolto un gruppo di pellegrini polacchi, di cui faceva parte anche il religioso, cui ha rivolto un brevissimo saluto. Padre Rydzyk aveva sollecitato una vera udienza privata durante il viaggio di Benedetto XVI in Polonia nel 2006. L’udienza era stata rifiutata, e il Papa aveva ammonito Rydzyk a non perseverare in programmi e dichiarazioni di sapore antisemita. Di questi precedenti il Congresso Ebraico Europeo avrebbe forse dovuto tenere conto, prima di attaccare un pontefice che, fin dalla Messa di inizio del suo pontificato, aveva voluto ricordare che cristiani ed ebrei hanno un «grande patrimonio spirituale comune» e che le promesse di Dio nei confronti del popolo ebraico sono «irrevocabili». Con queste parole Papa Ratzinger segnalava la sua piena adesione alla linea critica verso la «teologia della sostituzione» – la dottrina secondo cui con l’avvento del cristianesimo le promesse del Signore agli ebrei sono state sostituite dal nuovo patto fra Dio e i cristiani – che del resto, durante il pontificato di Giovanni Paolo II, aveva personalmente contribuito ad elaborare. Né si possono dimenticare le ripetute affermazioni del Papa sul diritto dello Stato di Israele alla sicurezza. Vale la pena di compromettere il vasto progetto insieme culturale e sociale di una «alleanza» fra cattolici ed ebrei per una stretta di mano del Papa con il discusso padre Rydzyk? No, evidentemente, ed è nell’interesse di tutti che la polemica si spenga quanto prima.
Sgombrato il terreno da ogni polemica esagerata, si potrà anche affrontare con pacatezza la questione di Radio Maryia. Nel 2003 a un congresso internazionale a Vilnius, in Lituania, mi capitò di organizzare la prima tavola rotonda fra sociologi su questo fenomeno radiofonico, specchio della società polacca. Radio Maryia non è né fascista né nazista: la sua ossessione per i complotti ebraici è il residuo di un antigiudaismo cattolico dell’Ottocento di cui purtroppo una parte rilevante della società polacca non si è ancora liberata. Contro questo antigiudaismo i vescovi polacchi e la Santa Sede hanno iniziato a intervenire discretamente. È forse venuto il momento di essere più severi con padre Rydzyk, ma Radio Maryia va riformata, non chiusa: e molti dei suoi avversari vorrebbero liberarsene perché non approvano la sua linea politica di centro-destra, anticomunista e intransigente sulle questioni della vita e della famiglia.